3. LE FATTORIE SOCIALI
3.2 Lo sviluppo rurale come nuovo modello di welfare locale
L’Agricoltura Sociale si configura come uno dei processi di rivitalizzazione della campagna o di sviluppo rurale. Si tratta, infatti, di un processo che non è mosso unicamente dai mercati e dalla tecnologia, ma anche da altre forze propulsive, come la flessibilità dell’organizzazione sociale e la rigenerazione di quei valori del mondo rurale compatibili con i cambiamenti culturali derivanti dalla crisi dell’economia fordista. Con la Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e sottoscritta nel marzo 2007 da numerosi paesi, si è sancito l’impegno degli stati a “promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro inerente dignità”.
Garantire concretamente le pari opportunità per le persone indebolite da contesti non inclusivi significa introdurre forti innovazioni nello svolgimento delle attività produttive e nell’organizzazione delle imprese, per fare in modo che il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali di coloro che versano in una condizione di svantaggio sia l’esito diretto di tale ristrutturazione.
I percorsi di Agricoltura Sociale offrono molteplici possibilità per sperimentare una siffatta riorganizzazione se sono concepiti come processi politici autonomi in grado di coinvolgere una pluralità di soggetti, che possiedono un proprio sapere, hanno degli scopi e si danno un programma per realizzare degli obiettivi.
Al fine di valorizzare queste potenzialità è, tuttavia, necessario implementare processi di sviluppo che promuovano le pari opportunità
per le persone svantaggiate in un determinato territorio, inteso come spazio centrale di coordinamento tra attori che elaborano strategie di utilizzazione di risorse specifiche. È in questo senso che l’Agricoltura Sociale si configura come uno dei processi di rivitalizzazione della campagna o di sviluppo
Proprio perché l’Agricoltura Sociale assume questi connotati può aprire prospettive inedite alla sperimentazione di nuovi modelli di welfare. La possibilità è data dall’esigenza di fronteggiare un punto di debolezza e dall’opportunità di far leva su di un elemento di forza, entrambi presenti nelle aree rurali. Da una parte, la riduzione delle risorse pubbliche per assicurare servizi adeguati ai bisogni della popolazione, benché generalizzata, rischia di ripercuotersi con maggiore evidenza nelle aree rurali, dove i costi dei servizi sono più elevati a causa di un insediamento abitativo più rarefatto e di una presenza di anziani più elevata.
Dall’altra, sono le stesse aree rurali a presentare potenzialità più corpose per attivare modelli di welfare locale in grado di agire sulle reti tradizionalmente diffuse di accoglienza, di reciprocità e di mutuo aiuto. Queste reti spesso sono già abbozzate a livello rudimentale e, dunque, si tratta solo di rivitalizzarle e gestirle in modo imprenditoriale, in forte connessione con le economie locali legate alla domanda di ruralità che proviene dalle aree urbane come espressione appunto di bisogni profondi, valoriali.
La specificità dei percorsi di sviluppo rurale da promuovere – è bene ribadirlo – impone che queste attività si integrino sempre più con la conoscenza tecnica “non esperta”, che si crea attraverso il normale processo di socializzazione e riguarda il modo di interagire delle persone nelle esperienze di Agricoltura Sociale e nelle reti che si stanno costruendo.
Una rete importante è quella che fa capo allo Sportello informatico promosso da Acliterra, ALPA, AIAB, CIA di Roma, CNCA Lazio e Rete Fattorie Sociali e che si avvale della collaborazione dell’Università degli Studi della Tuscia e di altri centri di ricerca e di alta formazione nazionali ed europei. L’AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) sta realizzando con un finanziamento del Ministero della Solidarietà Sociale una rete di bio-fattorie sociali, valorizzando il nesso tra biologico e sociale. Le Province di Roma e di Pordenone hanno istituito il Forum per la promozione delle fattorie sociali che vede la partecipazione di decine di soggetti coinvolti in iniziative di Agricoltura Sociale. L’ARSIA, che è l’Agenzia della Regione Toscana per lo sviluppo e l’innovazione in agricoltura, ha da qualche anno avviato una interessante attività di animazione e di coordinamento delle esperienze di Agricoltura Sociale nel territorio regionale L’ARSIAL, che è l’omologa Agenzia operante nel Lazio, ha organizzato recentemente un Tavolo tecnico tra organizzazioni agricole, rappresentanze del Terzo Settore e dirigenti di diversi Assessorati regionali (agricoltura, politiche sociali, sanità, lavoro, formazione) per avviare iniziative condivise di animazione sulle tematiche dell’Agricoltura Sociale. Infine, l’INEA ha predisposto le Linee guida “Promuovere la responsabilità sociale delle imprese agricole e agroalimentari”, come primo tentativo di applicazione delle teorie sulla RSI – fatte proprie dall’UE – al settore agroalimentare italiano. L’istituzionalizzazione delle pratiche di Agricoltura Sociale, se da una parte può consentire di rafforzare un sentiero di lavoro interessante e utile per la società, dall’altra potrebbe – se non gestita con attenzione – svuotare di significato le iniziative in atto e snaturare gli elementi di reciprocità e di dono che sono alla base delle scelte di gran parte degli operatori che operano in questo campo.
Da qui l’opportunità di costruire un dialogo attento tra operatori sociali pubblici, del privato sociale e operatori agricoli, capace di sviluppare comprensione, ed evitare tanto le paure della privatizzazione dei servizi alla persona da parte del soggetto pubblico, quanto quelle della pesantezza dei vincoli istituzionali da parte dei privati.
In un siffatto contesto l’Agricoltura Sociale appare come una innovazione organizzativa che può arrecare vantaggi in più direzioni: verso il servizio pubblico che risparmierebbe l’investimento sulle strutture; verso le imprese agricole che vedrebbero dilatarsi le opportunità di valorizzare le risorse aziendali; verso le persone “deboli”, per le quali si aprirebbero nuovi orizzonti in vista del pieno riconoscimento della propria dignità.
Rafforzare ed espandere le reti relazionali ha, inoltre, una valenza più ampia nel processo di sviluppo rurale perché potrebbe rivelarsi un’operazione cruciale nel determinare la capacità di attrazione e la reputazione dei sistemi locali. Le aree rurali difficilmente riescono ad esprimere tutto il proprio potenziale attrattivo se si limitano a valorizzare in modo esclusivamente commerciale le componenti della ruralità – l’offerta turistica, i valori della tipicità – e non puntano con l’Agricoltura Sociale a favorire la rigenerazione di valori immateriali che sono alla base della domanda di ruralità. In questo senso, anche le imprese agricole interessate a strategie più complessive di internazionalizzazione hanno la convenienza a mantenere uno stretto rapporto con il territorio e, dunque, a favorire iniziative di sviluppo sociale per far sì che quel territorio medesimo conservi una sua peculiarità e non diventi uno dei tanti.
Fare interagire il sistema della conoscenza con le esperienze di Agricoltura Sociale è fondamentale per sviluppare nuove iniziative. L’organizzazione di un sistema di regole volte a garantire il
funzionamento di un vero e proprio nuovo modello di welfare locale deve porsi l’obiettivo di stimolare l’interesse dei singoli e di proteggerne gli aspetti motivazionali ed etici, evitando l’adozione di schemi procedurali rigidi e di cadere nella semplice monetizzazione dei servizi resi.
Le organizzazioni sottolineano l’esigenza di promuovere progetti per rivitalizzare le reti di accoglienza e di mutuo aiuto e gestirle in modo imprenditoriale in forte connessione con le economie locali legate alla nuova domanda di ruralità.