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Sviluppo sostenibile

LE ALTERNATIVE

Nelle ere passate poteva anche essere comprensibile parlare di

necessità riguardo il consumo di prodotti di origine animale, oggi

affermazioni di questo tipo risultano piuttosto eufemistiche. Se si può essere discordi sull'effettiva esigenza naturale dell'essere umano di cibarsi o meno di questo alimento, certo non si può negare che la quantità di carne che siamo abituati a mangiare ai nostri giorni è oltre che eccessiva, persino dannosa. E lo stesso vale per i prodotti caseari e le uova.

5.1. Sviluppo sostenibile .

La motivazione cardine per la quale è necessario trovare delle alternative ad una dieta composta in così larga parte da prodotti di origine animale è indubbiamente la salvaguardia dell'ambiente. Sempre più individui hanno accesso a queste tipologie di alimenti, aumentandone la produzione e contribuendo di conseguenza ad inquinamento, deforestazione e cambiamenti climatici. Se per certi versi l'ampliamento delle possibilità alimentari può essere indubbiamente considerato un aumento dello sviluppo, per altri tale sviluppo reca effetti positivi da un lato, negativi dall'altro.

Ciò che è necessario non è ai giorni nostri una crescita fine a se stessa, senza regole ne accorgimenti di alcun tipo, ma uno sviluppo che possa essere definito sostenibile.

Sono state molte le definizioni di Sviluppo Sostenibile date dai vari autori, politici o intellettuali che ne hanno discusso nel corso del tempo. La più famosa è probabilmente quella nata in seno alla Commissione Mondiale per l'Ambiente e lo Sviluppo nel 1987; in questa data la Commissione stilò un rapporto chiamato Rapporto Brundtland, dal nome

del direttore della Commissione stessa, ai tempi primo ministro norvegese, che enuncia:

“lo Sviluppo Sostenibile, lungi dall'essere una definitiva condizione di armonia, è piuttosto processo di cambiamento

tale per cui lo sfruttamento delle risorse, la direzione degli investimenti, l'orientamento dello sviluppo tecnologico e i cambiamenti istituzionali siano resi coerenti con i bisogni futuri

oltre che con gli attuali.”119

Nel tempo questa è diventata la definizione base dello Sviluppo Sostenibile, grazie alla sua capacità di sottolineare contemporaneamente sia la presa di coscienza dell'impossibilità di giungere ad una situazione di definitiva e completa armonia tra l'uomo e l'ambiente, sia d'altro canto l'impellente necessità di cambiare lo stile di vita odierno, per giungere ad uno sfruttamento del pianeta il meno invasivo possibile e ad una migliore situazione per tutti. Un tentare quindi di non compromettere ulteriormente una situazione già problematica, indirizzando il sistema mondo verso una strada migliore, percorribile anche in futuro.

È un concetto che abbraccia moltissimi campi di sapere creando così un'interconnessione tra questi, non solo a livello globale ma anche locale, fino a comprendere persino i singoli Paesi. Questo perché le conseguenze dello sviluppo si riversano poi su moltissimi aspetti, influenzando l'ambiente, il diritto, l'economia e più in generale le condizioni di vita degli esseri umani, la possibilità di poter soddisfare i propri bisogni e veder garantiti i propri diritti fondamentali.

Questa definizione riflette bene il principio secondo cui dovremmo tentare di consegnare alle generazioni future un ambiente quantomeno non peggiore di quello che abbiamo trovato noi quando siamo arrivati a questo mondo:

119 C. M. Daclon, Geopolitica dell'ambiente: sostenibilità, confitti e cambiamenti globali, Franco

“Possiamo intendere quindi lo Sviluppo Sostenibile come un modello di sviluppo che porti ad un uso più consapevole delle risorse e ad un miglioramento generale della condizione umana, garantendo uno stile

di vita dignitoso a tutti.”120

Uno sviluppo in cui per il raggiungimento di maggior benessere porta a produrre carne, latte e uova e di conseguenza vengono aumentati vertiginosamente i gas serra, l'inquinamento delle falde acquifere e la desertificazione del suolo, non può certamente essere considerato sostenibile.

5.2.1: Zootecnia sostenibile

L'aumento di domanda di carne sarà intorno al 2050 del +73%, dei prodotti caseari del +58%. In un rapporto chiamato “Livestock in food

security”,121 la FAO introduce il concetto di zootecnia sostenibile come unica via per uno sviluppo che non dissipi più risorse di quanto possiamo permetterci. In questo testo vengono spiegate alternative su come limitare l'inquinamento derivante dalle deiezioni animali, come poter riciclare il più possibile gli scarti di modo da renderli non più in costo ma un qualcosa da cui trarre profitto. Viene data inoltre molta importanza all'uso di energie rinnovabili al posto dei combustibili fossili per i grandi impianti utilizzati negli allevamenti, cosa che porterebbe oltre che un grande risparmio energetico, anche una forte riduzione dell'impatto ambientale di queste industrie.

Inoltre, sostiene che un aumento del benessere animale porterebbe anche al minor uso di antibiotici, a minor erosione del suolo in pascoli di

120 P. Lafratta, Strumenti Innovativi per lo Sviluppo Sostenibile, Franco Angeli, Milano, 2004, p.

48.

121 World Livestock 2011 - Livestock in food security

dimensioni maggiori, e un miglioramento generale del prodotto finale.122 5.2. Internalizzazione dei costi

Considerando la già citata insostenibilità matematica del consumo di prodotti di origine animale, che continua a crescere rapidamente, è comprensibile che si inizi a cercare metodi validi per escogitare come limitare la domanda di questi beni.

Alzare i prezzi è sicuramente un metodo efficace, ma difficile da istituire nel mercato liberale e globalizzato in cui ci troviamo oggi, anche a causa del forte potere delle industrie di questi tipi di alimenti. Una manovra così forzata poi andrebbe ad evidenziare aspetti di diseguaglianza sociale, colpendo chi non può più permettersi determinati cibi, ma lasciando indenni le fasce più abbienti.

Giungere ad un innalzamento dei prezzi per equilibrare situazioni da sempre sbilanciate però più che una manovra forzata sarebbe un portare finalmente tuttI i pro e i contro in gioco, e questo è ciò che avverrebbe internalizzando i costi ambientali nei prodotti.

L'internalizzazione dei costi è una teoria secondo la quale tutti i costi, ambientali, sociali e così via, devono essere quantificati e inseriti, internalizzati nei prezzi dei beni finali, principio teoricamente ammesso ed accolto anche dalla stessa OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) già dal 1974.123

Si propone quindi con questa teoria di internalizzare le esternalità, ossia gli effetti non voluti che nascono nella produzione di un determinato bene, per esempio attraverso un sistema di tassazione sulle esternalità negative, prime tra tutti quelle relative all'inquinamento ambientale.

Inoltre, con questa teoria si sostiene se chi fa un danno può non pagare i costi, non solo non avrà un disincentivo a non compiere una seconda volta lo stesso danno, ma in più farà ricadere i costi relativi su

122 Ibidem

123 S. Gardiner, S. Caney, D. Jamieson, H. Shue, Climate Ethics: Essential Readings, Oxford

altre persone, cose o animali. In questo modo migliora se stesso peggiorando gli altri, creando così un iniquità in espansione”.124

Applicando questo principio agli allevamenti intensivi, andrebbero calcolati nel costo finale del prodotto anche tutto l'inquinamento che è stato creato per averlo, dall'inquinamento delle acque al riscaldamento globale, l'impoverimento delle terre nei Paesi in via di Sviluppo, e così via. Inglobando tali costi si avrebbe un effetto a catena per il quale da un lato la domanda di queste tipologie di alimenti diminuirebbe (e con essa di conseguenza l'offerta); dall'altra i produttori si troverebbero costretti a trovare metodi più sostenibili per poter abbattere i nuovi prezzi. Oggi invece assistiamo esattamente al fenomeno opposto.

I cibi biologici, prodotti in maniera più sana e ambientalmente più sostenibile, sono molto più cari rispetto ai loro corrispettivi di qualità inferiore, e dunque non competitivi sul mercato. Il liberalismo sfrenato porta a tali conseguenze, dove è la domanda a fare il prezzo, non l'effettivo costo che è stato sostenuto per avere un determinato cibo.125 Così la farina integrale costa molto di più rispetto a quella raffinata, e i prodotti di origine vegetale, come le bevande o le “carni” vegetali a base di soia ad esempio, hanno un prezzo di gran lunga maggiore rispetto alle tradizionali.

Seguendo questo principio muterebbe oltre che l'ambientale anche il piano economico, diventando così più equo e più sensato: un mondo in cui, per fare un esempio, sarebbe più conveniente acquistare gli ortaggi del più vicino produttore, e non gli ortaggi di un altro stato che grazie al libero mercato costano meno. Questo appunto perché non viene considerato nel prezzo il costo ambientale del trasposto del prodotto. È quindi evidente il radicale cambiamento che l'internalizzazione di tutti i costi provocherebbe.

124 S. Gardiner, S. Caney, D. Jamieson, H. Shue, Climate Ethics: Essential Readings, Oxford

University Press, New York, 2010, p. 103.

125 S. Castiglione; L. Lombardi Vallauri, Trattato di biodiritto. La questione animale,

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