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Capitolo I: La questione ambientale in una prospettiva sociologica

2. La svolta riflessiva della modernità

La teoria della modernizzazione riflessiva viene proposta da Ulrich Beck e ripresa da An- thony Giddens (si vedano ad esempio Giddens, 1991, 1994; Beck, Giddens, Lash, 1996; Beck, 1996a, 1996b, 1997a, 1997b, 1998a) ed è esplicitamente incentrata sulle relazioni che intercor- rono tra il processo di modernizzazione in corso su scala globale, la nuova concettualizzazione di vita e natura che ne consegue e sulle trasformazioni democratiche in corso. Il termine ‘rifles- siva’ si riferisce ad una svolta ricorsiva della modernità su se stessa. Sia Beck che Giddens con- cordano sul fatto che stiamo assistendo non tanto all’epilogo di sviluppo e modernizzazione, ma piuttosto la modernità si trova oggi a dover “scendere a patti” con se stessa, siamo nella fase della sua radicalizzazione finale (ibidem). La modernità “rimbalza” su se medesima divenendo in tal modo riflessiva. Ciò implica una forma collettiva di auto-riflessività rispetto alla nostra identità collettiva di individui, di cui prima non disponevamo poiché erano la linearità e il ri- spetto delle regole, insieme ad un set di ruoli prestabiliti a caratterizzare il funzionamento degli individui e delle istituzioni pre-riflessivi (la famiglia, il gruppo etnico di appartenenza, le agen- zie educative, etc).

Ma nell’attuale società tali istituzioni entrano in crisi e le funzioni che un tempo si ovviavano nell’interfaccia di ruoli ed istituzioni ora si collocano “più vicini” al soggetto: i ruoli e le norme un tempo unidirezionali sono stati progressivamente “denormalizzati” alla luce della nuova ri- flessività non lineare. Ciò che ne consegue non è caos o irrazionalità, bensì una riorganizzazione in cui i soggetti si relazionano alle istituzioni mediante la loro stessa riflessività e non più attra- verso il rispetto di norme e ruoli. In questo quadro, la riproduzione dei ruoli e delle strutture so- ciali viene soppiantata dalla ricerca individuale di significati personali.

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Pensiamo ad esempio alle catene alimentari, oggi in grado di connettere praticamente ogni angolo del mondo, ma che così facendo incrementano il rischio di vulnerabilità sia dei produttori sia dei consumatori su scala globale, in un complesso meccanismo di domanda-offerta.

Il concetto di individualizzazione è la base su cui Beck costruisce la sua visione della nuova modernità, di una nuova sperimentazione personale e di una innovazione culturale, in uno sce- nario sociale denso di crescenti rischi, pericoli, di riflessività e di globalizzazione25. Il concetto di individualizzazione viene sviluppato principalmente nel quadro delle trasformazioni che han- no investito le istituzioni della società moderna: con l’avvento della modernizzazione avanzata non si espande solo la categoria di rischio, ma si espande anche quella delle scelte: crescenti porzioni della vita sono fuoriuscite e sganciate rispetto al solco della tradizione, il che significa che gli individui della società moderna di oggi sviluppano un legame altro sia con la sfera inti- ma sia con gli aspetti più pubblici della loro vita, precedentemente governati da tradizioni e da norme ben riconoscibili. La disintegrazione di tali norme porta le persone ad avere ventagli di scelte enormi rispetto alla loro vita e ai futuri corsi d’azione. Se le vie tradizionali non sono più percorribili le persone devono scegliere percorsi di gratificazione che richiedono pianificazione, razionalizzazione ed impegno: un impegno attivo con se stessi, con il proprio corpo, nelle rela- zioni e nel lavoro, seguendo quella che Beck chiama “la dialettica della disintegrazione e della reinvenzione”, che governa il processo di individualizzazione nello scenario della società del rischio (Beck, 1992a, 1996c).

Collettivamente, il processo di individualizzazione va a creare vincitori e vinti. Nei primi rientrano quei soggetti in grado di provvedere a se stessi, attivando reti sociali, accedendo a buoni livelli di istruzione, raggiungendo livelli di ricchezza dignitosi ed assicurandosi una sicu- rezza personale. I vinti invece sono coloro che sempre di più sono esposti ai rischi, che vedono diminuire la propria sicurezza economica a lungo termine, che difficilmente riescono ad accede- re alle opportunità di istruzione ed al mercato del lavoro. La spaccatura che emerge, ci dice Beck, colpisce la più ampia collettività con conseguenze socialmente indesiderate: l’incremento di attività e comportamenti criminali, il collasso della società civile e della partecipazione, la creazione di classi socialmente disfunzionali, etc (Beck, 1992a).

Nell’idea di risk society proposta da Beck non c’è necessariamente un mondo più pericoloso, piuttosto una società più preoccupata rispetto al futuro e alla sicurezza. Ma, come abbiamo vi- sto, la società del rischio non è soltanto gestione dei rischi e dell’ansia, ma anche espansione delle possibilità. Lo sviluppo tecnologico in primis tende ad ampliare il ventaglio di scelte e possibilità, pensiamo ad esempio alle nanotecnologie o alle manipolazioni genetiche e alle pos- sibilità che queste pratiche aprono nel campo della scienza e della medicina, ma anche il contri- buto che esse possono fornire alla produzione di energie pulite ottenute per mezzo di tecnologie che sfruttano sole, vento ed acqua. Allo stesso modo la fine della tradizione, osserva Giddens, contribuisce ancora di più ad ampliare le scelte. Quest’ultima osservazione si avvicina

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Gli elementi che per Beck più minano la modernità e la modernizzazione sono irrilevanti se presi singolarmen- te, ma complessivamente decisivi. Essi includono cinque processi interrelati: 1) globalizzazione; 2) individualizza- zione; 3) la rivoluzione di genere; 4) la sottoccupazione e 5) i rischi globali (ecologici, finanziari) (Beck, 1998a).

all’analisi condotta da Habermas (1986) sulla distruzione della tradizione attraverso i crescenti livelli di razionalità strumentale raggiunti. Sia per Beck che per Habermas questi processi mo- strano come gli assunti ed i valori dati per scontati nel passato diventano, usando Habermas, “virtualizzati”, motivo per cui la loro implicita validità viene oggi tematizzata, problematizzata e dunque messa in discussione, aprendo infiniti scenari di azione.

I sentimenti di ansia ed incertezza collettivi della seconda modernità si sviluppano proprio attraverso la reciproca influenza tra i meccanismi di individualizzazione causati dalla suddetta rottura delle tradizionali istituzioni adibite all’integrazione sociale da un lato, e la crescente di- pendenza degli individui da istituzioni altamente razionali come scienza e tecnologia dall’altro.

Scrive Beck a proposito della modernità riflessiva (1996b: 28):

[Il concetto di modernità riflessiva] does not mean reflection (as the adjective ‘reflexive’ seems to suggest), but above all self-confrontation. The transition from the industrial to the risk epoch of modernity occurs unintentionally, unseen, compulsively, in the course of a dynamic of modernization which has made itself autonomous, on the pattern of latent side-effects. One can almost say that the constellations of risk society are created because the self-evident truths of industrial society (the consensus on progress, the abstraction from ecological consequences and hazards) dominate the thinking and behaviour of human beings and institutions.

Risk society is not an option which could be chosen or rejected in the course of political debate. It arises through the automatic operation of autonomous modernization processes which are blind and deaf to consequences and dangers. In total, and latently, these produce hazards which call into question – in- deed abolish – the basis of industrial society.

Nelle dinamiche autonome e compulsive della modernità riflessiva, ci dice Beck, «c’è una sorta di cecità rispetto ai rischi e ai pericoli, che prendono forma e si esplicano automaticamente conducendo le persone e la società ad un ‘autoconfronto’, in cui la società, nell’orizzonte del contrasto tra la vecchia routine e la nuova consapevolezza rispetto alle conseguenze e ai rischi, diviene auto-critica» (Beck, 1998a: 81).

Motivo per cui, secondo Beck, nell’era della modernità riflessiva il mondo scientifico si deve preoccupare di rinnovare il suo rapporto con la politica, con la sfera pubblica e la dimensione informativa e comunicativa.

Per mantenere il progresso raggiunto, le società moderne non potranno ignorare a lungo ter- mine le esternalità negative che, come un boomerang, si ripercuotono sulle società stesse in ter- mini di crescenti costi sociali ed ambientali e di nuovi rischi che minacciano la sopravvivenza stessa della specie umana e del pianeta. Le conseguenze socio-ambientali della modernità rifles- siva esulano il controllo razionale che finora i governi in primis hanno esercitato, manipolando la natura attraverso sistemi di conoscenza astratti. Questa aspra critica che Beck muove a scien- za e tecnologia può essere ricondotta alle cosiddette teorie della controproduttività (si veda il

cap. I) che rintracciano nelle radici di scienza e tecnologia le cause principali della degradazione sociale ed ambientale. Tuttavia non bisogna dimenticare come la resistenza sociale rispetto all’urgenza delle questioni ambientali, così come le richieste orientate a modi di produzione e consumo più sostenibili, necessitino della medesima tecnologia e delle argomentazioni ed in- formazioni scientifiche che vengono formulate proprio da esperti (o contro-esperti): in quest’ottica a nostro parere, sia scienza che tecnologia assumono un ruolo chiave nel passaggio verso una società più ecocompatibile.