La storia di Benedetto e della sua Regula è profondamente intrecciata con l’eredità e la trasmissione della memoria del suo primo biografo, Papa Gregorio Magno, e con le origini del monachesimo occidentale. Nel corso del XX secolo, la ricostruzione piana e ordinata, che aveva fino ad allora rassicurato gli studiosi benedettini e orientato le loro ricerche, venne investita da due dispute inaspettate. 1. La prima grande discussione si aprì alla fine degli anni ’30 con i lavori del monaco di Solesmes Augustin Génestout1. Facendo seguito alle sue ricerche sulla tradizione manoscritta del codice benedettino, egli inaugurava una complessa e animata stagione di studi che non solo ribaltava il rapporto di dipendenza fra la
Regula Magistri e la Regula Benedicti (d’ora in avanti rispettivamente RM e RB),
ma sembrava rimettere in dubbio le fonti della RB, l’attribuzione a Benedetto e la sua storicità. La RM, la più lunga fra le antiche regole latine, non era il risultato di una tarda rielaborazione e di un ampliamento della più efficace e sintetica RB, ma il contrario. Era stato Benedetto a riassumere la RM: ne aveva copiato il
Prologo e i primi capitoli, aveva ripreso le prescrizioni liturgiche, riassunto la parte
disciplinare ed eliminato le lungaggini e i riferimenti teorici2.
A sostegno di questa tesi venivano avanzate sia considerazioni interne all’opera sia problemi legati alla trasmissione manoscritta. La RM risultava più fedele alle sue fonti, in particolare le Sacre Scritture e Cassiano, e le intepretava in senso letterale. Inoltre, pur nella sua prolissità, evidenziava una struttura linguistica e dottrinale molto unitaria. La RB, al contrario, non prediligeva gli approfondimenti teorici ma riconosceva uno spazio importante all’attuazione pragmatica dei pre-
1A. G
ÉNESTOUT, La Règle du Maître et la Règle de S. Benoît, in « Revue d’Ascétique et de Mysti-
que » XXI (1940), pp. 51-112; IDEM, Les plus ancien témon manuscrit de la Règle du Maître: le Parisinus
latin 12634, in « Scriptorium » I (1946-1947), pp. 129-142. Si veda anche IDEM, Die Magisterregel –
eine würdige Grundlage der Regel des hl. Benedikts?, in K.S. FRANK(Hrsg.), Askese und Mönchtum in
der Alten Kirche, Darmstadt 1975, pp. 327-348.
2B. JASPERT, Die Regula Magistri-Regula Benedicti Kontroverse, Hildsheim 1975; A.DEVOGÜÉ,
Le Maître, Eugippe et S. Benoît, Hildesheim 1984.
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cetti della vita monastica: il governo del monastero, la disciplina individuale e comunitaria, l’opus Dei, l’equilibrata scansione della giornata fra la preghiera e il lavoro facevano di quella di Benedetto una regola più efficace e semplice da applicare alla vita dei monaci e alle esigenze dei diversi monasteri.
La storia della tradizione manoscritta portava altri argomenti a favore di questa inversione di priorità. Il più antico esemplare della RM risaliva ad appena alcuni decenni dopo la morte di Benedetto e poteva contare su un numero esiguo di codici3, mentre la RB, il cui più antico testimone si datava a circa un secolo dopo la composizione della Regula stessa, vantava una lunga e ricchissima tradi- zione manoscritta. La RM era dunque il testo originario da cui Benedetto aveva estrapolato la propria regola e che solo nell’età carolingia aveva avuto il suo rico- noscimento ufficiale e la sua diffusione nei cenobi d’Italia e dell’Occidente. Prima di quella data, la RB era una delle tante regole diffuse in Italia, adottata dal monastero di Montecassino o al più da qualche altro monastero in Italia4.
Si accettò con fatica, soprattutto negli ambienti di studio monastici, questa tesi perché nel disconoscere la priorità di Benedetto quale autore di una regola per l’Occidente se ne metteva in dubbio la storicità. Il tentativo di conciliare la tra- dizione con le nuove proposte scientifiche diede adito alle più diverse interpre- tazioni5. Si ipotizzò che Benedetto avesse scritto la RM in età giovanile a Subiaco e, a distanza di parecchi anni, nella maturità, la RB intesa come una sua rielabo- razione sintetica6; si individuò il luogo d’origine della Regula nella Francia meri- dionale; si attribuì a Cassiodoro la paternità della RM.7Altri ancora pensarono che la RM fosse stata composta nel monastero giurassiano di Condat come rielabo- razione di testi provenienti da altri ambienti, mentre la RB stessa sarebbe stata scritta in vari momenti, alcuni dei quali databili a un’epoca successiva alla distru- zione di Cassino del 580 ca. e all’emigrazione dei monaci a Roma.
Oggi l’anteriorità del Maestro rispetto a Benedetto viene comunemente rico- nosciuta8. Si sono moltiplicate le ricerche sulla tradizione manoscritta e le analisi linguistiche, delle fonti e della normativa monastica hanno attribuito alla RM una
3Il più antico codice della RM si data al 580 ca. (Cod. Paris. Lat. 12364), ma presuppone, a causa del suo carattere antologistico, un testo integrale redatto molti decenni prima.
4Il più completo studio sulle origini del monachesimo italiano rimane quello di G. J
ENAL, Italia
ascetica atque monastica. Das Asketen- und Mönchtum in Italien von den Anfängen bis zur Zeit der Langobarden (ca. 150/250-604), I-II, Stuttgart 1995, mentre per il monachesimo benedettino rimando,
anche per una utile rassegna bibliografica, al recente lavoro di J.G. CLARK, The Benedictines in the
Middle Ages, Woodbridge UK 2011, in particolare pp. 5-59. 5G. P
ENCO, Storia del monachesimo in Italia. Dalle origini alle fine del Medioevo, Milano 1995.
6G. P
ENCO, San Benedetto può essere autore anche della Regula Magistri?, in « Benedictina » XXIV
(1987), pp. 521-30.
7R. Grégoire, La “Regula Magistri” tra San Benedetto e Cassiodoro, « Inter Fratres » XXXVII (1987), pp. 71-104.
8Non manca, però, ancor oggi chi, come M. DUNN, The Emergence of Monasticism. From the Desert Fathers to the Early Middle Age, Oxford-Malden MA 2000, pp. 113 ss., difende la tesi tradizionale.
62 Pietrina Pellegrini
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elaborazione precedente, organica e autonoma rispetto alla RB. La RM sarebbe stata composta agli inizi del VI secolo nell’Italia centrale, in una zona d’influenza romana9.
2. E la Regula Benedicti? La prima e più importante fonte sull’abate di Mon- tecassino è il II libro dei Dialogi di Gregorio Magno. I Dialogi ci raccontano che Benedetto nacque a Norcia intorno al 480 da famiglia agiata; dopo aver iniziato gli studi a Roma se ne allontanò, disgustato dalla corruzione morale della città. Ritiratosi nel silenzio e nella solitudine delle montagne del Lazio, condusse ini- zialmente vita eremitica e in seguito fondò a Subiaco la prima comunità monastica. Si trasferì quindi a Montecassino dove rimase fino alla morte (550 ca.) compo- nendo per i monaci una regula esemplare per equilibrio, discrezione e chiarezza10. Ma una nuova minaccia intaccava la storicità di Benedetto e della sua Regula. Agli inizi degli anni ’80 Francis Clark riapriva uno dei capitoli più controversi della storiografia benedettina mettendo in dubbio l’autenticità dei Dialogi11. Lo studioso inglese, riprendendo in esame le perplessità avanzate dalla storiografia protestante già a partire dal XVI secolo, sosteneva che i Dialogi fossero l’opera di un falsario che fra il 670 e il 680, avendo modo di accedere allo scrinium latera- nense, redasse il testo utilizzando materiale inedito dello stesso Gregorio presente negli archivi pontifici, integrandolo con racconti sui santi italiani. I Dialogi erano un collage di testi autentici di Gregorio, di appunti o scritti inediti conservati nell’archivio pontificio e passi dell’anonimo scriniarius che, per dare verosimi- glinza alla sua opera, la attribuì a Papa Gregorio.
Le prove raccolte da Clark per dare sostegno alla sua proposta riguardavano sia elementi interni ai Dialogi – la differenza di stile fra i diversi passi dell’opera, le distanze ideologiche e dottrinali rispetto alla restante produzione gregoriana, gli anacronismi – sia su prove esterne atte a dimostrare come i Dialogi fossero sconosciuti non solo nell’età di Gregorio Magno, ma anche negli anni a seguire. Non era quindi un caso che le prime sicure attestazioni dei Dialogi si datassero alla fine del VII secolo: proprio in questo periodo, in coincidenza con la tarda com- posizione dei Dialogi, cominciò a diffondersi insieme al culto di Benedetto la sua
Regula che a partire dall’VIII secolo si irradiò in tutti gli ambienti monastici.
9Cf. A.
DEVOGÜÉ(éd.), La Règle du Maître (SCh 105-107), Paris 1964-1965.
10A.
DE VOGÜÉ (éd.), Benoît de Nursie. La regle de Saint Benoît (SCh 184-186), Paris 1971;
S. PRICOCO, Introduzione, in Gregorio Magno. Storie di santi e di diavoli, I-II, Milano 2005-2006, vol. I,
pp. XI-LXX. 11F. C
LARK, The Authenticity of Gregorian Dialogues: A Reopening of the Question?, in J. FONTAINE
- R. GILLET- S. PELLISTRANDI (édd.), Grégoire le Grand. Atti dei Colloques internationaux du Centre
National de la Recherche Scientifique (Chantilly, Centre cuturel Les Fontaines, 15-19 septembre 1982),
Paris 1986, pp. 429-443. La tesi venne sviluppata in The Pseudo-Gregorian Dialogues, I-II, Leiden 1987 e ripresa in una nuova edizione del libro, The ‘Gregorian’ Dialogues and the Origins of Benedictine
Monasticism, Leiden-Boston 2003, concepita come replica a tutte le critiche che erano state mosse
all’autore.
63 Benedetto da Norcia e le origini del monachesimo occidentale
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Le critiche alla tesi Clark non si lasciarono attendere e tutti i maggiori spe- cialisti gregoriani si sentirono chiamati in causa e presero posizione12. Le conclu- sioni cui giungeva lo studioso inglese imponevano non solo di riscrivere alcuni aspetti della personalità di Gregorio, ma chiedevano di ripensare gli studi sulle origini di un monachesimo costruito intorno alla figura di Benedetto, fortemente legato alla sua Regula e irradiatosi dall’Italia centro meridionale nel resto dell’Eu- ropa. Negare l’autenticità dei Dialogi non voleva dire solo rifiutare la paternità di un’opera e valutarla nell’ambito della produzione del suo autore. Il suo peso e centralità nella formazione della spiritualità monastica benedettina, la fortuna di cui godeva la vita di Benedetto nella letteratura agiografica, non solo occidentale, facevano dei Dialogi un’opera nodale per la storia della religiosità del Medioevo. Spostarne le coordinate cronologiche, significava riconsiderare un patrimonio di fonti, riferimenti storici e culturali ricchissimo13.
La tesi di Clark, insomma, investiva direttamente la figura di Benedetto e la sua Regula. Come era possibile, si domandava lo studioso, che Gregorio ricono- scesse un ruolo così considerevole a Benedetto già nel VI secolo quando le testi- monianze del suo culto si riscontrarono solo molti anni dopo? Fu Gregorio a intuire l’importanza della figura di Benedetto molto prima che venisse riconosciuta come tale, oppure fu la diffusione della RB a dare risalto a Gregorio? Perché il Papa che aveva raccontato ed esaltato Benedetto non aveva lasciato traccia della
regula nella sua età? Questa non era in vigore nel monastero di Sant’Andrea ad Clivum Scauri fondato da Gregorio, dove egli prima ancora di divenire Papa,
era stato monaco, e nemmeno accompagnò nel 596 la missione di Agostino e dei suoi monaci inviati dal Papa in Inghilterra per evangelizzare gli Angli. Nonostante il grande impegno che durante il suo pontificato profuse per promuovere e rego- lare la vita monastica, Gregorio non propose mai di adottare la RB e non fece
12Ricordo fra i primi a intervenire A.
DEVOGÜÉ, Grégoire le Grand et ses « Dialogues » d’après deux
ouvrages récents, in « Revue d’histoire ecclésiastique » LXXXIII (1988), pp. 281-348 (= IDEM, Regards
sur le monachisme des premiers siècles, Studia Anselmiana 130, Roma 2000, pp. 341-411), R. GODDING,
Les Dialogues... de Grégoire le Grand. A propos d’un livre récent, in « Analecta Bollandiana » CVI (1988),
pp. 201-229; P. MINARD, Les Dialogues de saint Grégoire et les origines du monachisme bénédictin.
À propos d’un livre récent, in « Revue Mabillon » 61 (1986-1988), pp. 471-481; P. MEYVAERT, The Enigma
of Gregory the Great’s Dialogues: A Response to Francis Clark, in « Journal of Ecclesiastical History »
XXXIX (1988), pp. 335-338; S. PRICOCO, La proposta di Francis Clark sull’atetesi dei Dialogi, in « Rivista
di storia del Cristianesimo » I (2004), pp. 149-174. Sugli altri numerosi e autorevoli studiosi che si sono pronunciati sul libro si rimanda a P. PELLEGRINI, « Differences in Ecclesial and Religious Perspective »
fra le opere di Gregorio Magno? Un contributo di storia sociale al problema dell’autenticità dei Dialogi,
in « Mediterraneo Antico » VI (2003), pp. 537-568.
13Alcune posizioni sostenute da Clark sono state accolte da una parte della critica, pur partendo da presupposti diversi. Nel 1996 A. DEVOGÜÉ, L’auteur du Commentaire des Rois attribué à saint
Grégoire: un moine de Cava?, in « Revue Benédectine » CVI (1996), pp. 319-331, ha attribuito l’Expositio in librum I Regum non più a Gregorio Magno, come tradizionalmente si riteneva, ma a Pietro, monaco
di Cava e poi abate di Venosa, vissuto nel XII secolo, confermando l’inattendibilità del più antico riferimento alla Regula Benedicti presente in I Reg. IV 70, come Clark aveva sostenuto.
64 Pietrina Pellegrini
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nessuna menzione di essa nelle sue lettere. Gli atti dei due sinodi romani del 601 e del 610 in cui si dava approvazione formale alla RB, il primo presieduto da Papa Gregorio Magno e il secondo da Bonifacio IV, erano risultati in realtà spuri.14 Era pure una leggenda riportata da Paolo Diacono che, in conseguenza della distruzione di Montecassino per mano longobarda intorno al 580, i monaci fug- gissero portando con sé a Roma la copia originale della Regula e che qui la comunità benedettina avesse continuato a dimorare fino a quando nel 717, durante il pontificato di Gregorio II, una colonia di monaci fosse tornata a Mon- tecassino con il bresciano Petronace per iniziare la restaurazione dell’abbazia e riorganizzare la vita cenobitica reintroducendo la Regula. La fuga dei monaci cassinesi, in realtà, non lasciò tracce di fondazioni benedettine né nell’Italia subur- bicaria né altrove.
Le prime sicure testimonianze della RB si ebbero fuori dall’Italia e solo oltre mezzo secolo dopo la morte di Benedetto. Risalgono a Venerando, fondatore e abate del convento di Altaripa nell’Aquitania, che in una lettera inviata fra il 610-630 a Costanzo, vescovo di Albi, dava istruzioni per l’introduzione ad Altaripa di una nuova regola monastica definita Regula sancti Benedicti abbatis romensis che doveva sostituire quella adottata fino ad allora15. Durante tutto il VII secolo le testimonianze della RB furono occasionali e tali da non riconoscerle un ruolo prevalente rispetto alle tante regole adottate nei diversi monasteri16. In quegli anni era Colombano ad esercitare una grande influenza nelle comunità cenobitiche anche se la sua regola, inizialmente troppo rigida e costruita su un severo codice disciplinare, col tempo si aprì ai precetti sull’obbedienza, sull’amore, sul silenzio propri della RB trovando in questo modo una più facile diffusione in Italia set- tentrionale, in Gallia e poi in Inghilterra17.
Nel 672 i monaci di Fleury furono coinvolti in questo rinnovato interesse per la figura di Benedetto e inviarono una delegazione a Montecassino per cercare le reliquie del santo rinvenute l’11 luglio 673 (o 674): questa data venne celebrata come la festa della deposizione del santo nei numerosi monasteri in tutta Europa che si riconoscevano nella tradizione benedettina. Nel 717 l’abbazia di Monte- cassino venne riedificata e divenne un centro di vita monastica fervida che attirò pochi decenni dopo i Franchi che in quegli anni si stavano avvicinando alla civiltà romana e alla Chiesa di Roma. I sinodi del 743 e del 744 decretarono l’adozione della regola benedettina in tutti monasteri franchi e quando Ludovico il Pio pro-
14K. H
ALLINGER, Papst Gregor der Große und der heilige Benedikt, in B. STEIDLE(Hrsg.), Com-
mentationes in Regulam sancti Benedicti, Roma 1957, pp. 231-319, in particolare p. 235, n. 16. 15La storia della tradizione manoscritta della RB fu esemplarmente condotta da L. T
RAUBE, Text-
geschichte der Regula S. Benedicti, München 1898.
16G. MOYSE, Monachisme et réglementation monastique en Gaule avant Benoît d’Aniane, in Sous la Régle de Saint Benoit. Structures monastiques et sociétés en France du Moyen Age à l’époque moderne,
Genève 1982, pp. 3-19.
17M. TOSI, La presenza della RB nel monastero di San Columbano in Bobbio, in « Ravennatensia » IX (1981), pp. 47-99.
65 Benedetto da Norcia e le origini del monachesimo occidentale
NOMELAV: SAN BENEDETTO E L’EU PAG: 8 SESS: 6 USCITA: Fri Mar 11 10:49:20 2016 SUM: 58E328D6 /first/TIPOGRAFIA/LIBRI/LEV−SAN−BENEDETTO−E−L−EUROPA−NEL−50o−DELLA−PACIS−NUNTIUS/07−Pellegrini
gettò di ridurre a unità legislativa tutti i monasteri dell’impero, convocò l’abate Benedetto di Aniane e con il concilio di Aquisgrana dell’817 impose l’osservanza della regola benedettina quale strumento disciplinare e liturgico divenendo valida e obbligatoria per tutti i monasteri d’Occidente.
3. Oggi la maggior parte degli studiosi riconosce la paternità gregoriana dei
Dialogi18; ma la discussione avviata da Clark ha aperto nuove proposte storiogra- fiche. Esiste un legame forte, una storia profondamente intrecciata che si snoda in un percorso di eclisse e rinascita fra la trasmissione della memoria di Benedetto, quella del suo biografo e la diffusione della RB.
Il Papa che si era così alacremente adoperato per definire i rapporti fra mona- chesimo e clero secolare e che aveva scelto la vita attiva, ma desiderato quella contemplativa, dopo la sua morte e per più di due secoli a Roma era stato dimen- ticato19. Giovanni Diacono racconta che nel 604, alla morte del pontefice, una folla inferocita si era recata verso il palazzo Laterano per bruciare i suoi libri e soltanto per poco si evitò il peggio. Venne eletto al soglio pontificio Sabiniano, rappre- sentante di quegli ambienti ecclesiastici più vicini alla Curia romana che non si erano riconosciuti nella politica di Gregorio. Si accusava il pontefice di aver favo- rito la carriera dei monaci affidando loro posti di responsabilità nella Chiesa a discapito dei laici e del clero20. E proprio Roma e il suo clero fecero calare il velo dell’oblio su quel primo monaco-Papa accusato di favorire i monaci e di aver formato un centro di potere alternativo a quello ecclesiastico tradizionale inde- bolendo, anche dal punto di vista teologico e politico, la sede di Roma rispetto alle altre sedi vescovili e imperiali. Quando, alla metà del VII secolo, il clero aveva vinto la sua battaglia e l’eclissi del potere monastico sembrava assicurata, cadde il silenzio pressoché assoluto su Gregorio e con lui anche sui Dialogi che, attraverso Benedetto, celebravano la vita monastica.
Il recupero della memoria del pontefice si ebbe lontano da Roma, anche se nelle terre culturalmente a Roma più vicine: la Spagna, la Francia, l’Inghilterra.
18R. G
ODDING, Tra due anniversari: Gregorio Magno alla luce degli studi recenti (1991-2003),
in AA.VV., Gregorio Magno nel XIV centenario della morte (Roma, 22-25 ottobre 2003), Roma 2004,
pp. 89-106, in particolare pp. 99-102. 19P. L
LEWELLIN, The Roman Church in the 7thCentury: The Legacy of Gregory I, in « Journal of
Ecclesiastical History » XXV (1974), pp. 363-380, il quale ha sottolineato proprio come la fama di Gregorio abbia avuto due diversi sviluppi. In Inghilterra, e attraverso il mondo carolingio nei riformatori della Francia del IX secolo, è prevalsa l’immagine del Papa che, con la conversione degli Anglosassoni, ha fondato la chiesa nazionale. A Roma, invece, c’è un completo silenzio sulla figura del Papa fino alla biografia di Giovanni Diacono. Cf. anche dello stesso Rome in the Dark Ages, London 1971. Vedi inoltre
J. RICHARDS, Il Console di Dio. La vita e i tempi di Gregorio Magno, tr. it., Firenze 1980, pp. 383-394.
20A. SENNIS, s.v. Sabiniano, in Enciclopedia dei Papi, Roma 2000, I, pp. 574-577; J. RICHARDS,
The Popes and the Papacy in the Early Middle Ages, 476-752, London 1979, pp. 260-263; T.S. BROWN,
Gentlemen and Officers. Imperial Administration and Aristocratic Power in Byzantine Italy A.D. 554-800,
Roma 1984, pp. 12-42.
66 Pietrina Pellegrini
NOMELAV: SAN BENEDETTO E L’EU PAG: 9 SESS: 6 USCITA: Fri Mar 11 10:49:20 2016 SUM: 5311D75F /first/TIPOGRAFIA/LIBRI/LEV−SAN−BENEDETTO−E−L−EUROPA−NEL−50o−DELLA−PACIS−NUNTIUS/07−Pellegrini
Fino al IX secolo, le uniche menzioni di Gregorio risalgono al 642 da parte del vescovo Taio di Saragozza, che constatava lo stato di abbandono in cui erano