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D I deficit di cui ai criteri A e C non sono spiegabili sulla base di un preesistente (stazionario o in evoluzione) disturbo neurocognitivo e non si verificano in un contesto di grave riduzione de

CAPITOLO 4: TECNICHE ANALGESICHE LOCO-REGIONALI ECOGUIDATE IN ORTO GERIATRIA

“Through US guidance, you only see what you know.” (Prof. Richard Moriggl, Medizinische Universität, Innsbruck 2019)

4.1 – Analgesia multimodale in ortogeriatria

Nel 1979 una commissione istituita dalla Società Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) definì il dolore come “spiacevole esperienza emotiva e sensoriale

dovuta a effettivo o potenziale danno tissutale”. Il dolore acuto risulta dalla

stimolazione dei nocicettori, si tratta di uno stimolo transitorio che innesca una serie di meccanismi fisiologici con significato difensivo e che cessa, a grandi linee, al cessare della causa che lo genera. Da esso, o dalla noxa che lo ha originariamente determinato, possono scaturire una o più forme di dolore cronico. Quest’ultimo interviene con un meccanismo differente: si tratta della risposta patologica ad uno stimolo che non cessa o all’alterazione data dal determinante del dolore acuto sulle strutture e sul sistema nocicettivo stesso.

La frattura di femore è un evento associato alla comparsa di dolore dal momento del trauma sino al post-dimissione; la sintomatologia può perdurare per settimane, mesi o cronicizzarsi secondo diversi meccanismi d’azione. Lo strumento più importante di controllo del dolore consiste nell’osteosintesi della frattura, anche nei casi in cui non si può auspicare la ri-verticalizzazione del paziente. Il riallineamento e la sintesi dei capi ossei consente un nursing e una gestione dignitosa anche in quei pazienti completamente dipendenti da caregivers o istituzionalizzati e si configura come intervento urgente e imprescindibile, il che chiarisce una serie di contenziosi facilmente intuibili che potrebbero sorgere in materia di consenso informato. Le problematiche associate al controllo del dolore nel paziente anziano sono già state precedentemente accennate e consistono nel

71 rischio di sedazione eccessiva con inibizione del drive respiratorio, negli effetti emodinamici dei farmaci, che possono portare a ipotensione o aritmie e sovrapporsi all’ipovolemia (non infrequente negli anziani dato uno stato di cronica disidratazione), negli effetti metabolici soprattutto renali e nel rischio di delirium.

La prima grande categoria di farmaci da prendere in esame è quella degli oppioidi, che trovano ampio utilizzo in orto-geriatria per induzione e mantenimento di AG, sedazione in respiro spontaneo, anestesia loco-regionale (ALR) e terapia del dolore post-operatorio. L’efficacia di questi farmaci è da soppesare all’elevata incidenza di effetti collaterali, primo fra tutti un’ipersedazione e la comparsa non infrequente di nausea, prurito e vomito. Cionondimeno, sono molti gli studi che mettono in relazione l’insorgenza di delirium e POD in pazienti con terapia antalgica oppioidea post-operatoria. In uno studio prospettico multicentrico americano del 2003 si evidenziò come, in un campione di oltre 500 pazienti, il delirium era nove volte più frequente nella popolazione in cui il dolore non veniva sistematicamente rilevato e trattato. Fra coloro che ricevevano continui assessments del dolore e terapia mirata il dosaggio di oppioidi risultò direttamente proporzionale alla frequenza di comparsa del POD65.

Alcuni dei più comuni farmaci utilizzati per la gestione del dolore acuto non trovano indicazione appropriata nel paziente fragile e anziano; un esempio fra tutti è quello del Ketorolac (Toradol) che provoca un impairment della funzione renale in pazienti al disopra dei 70 anni rendendone sconsigliabile l’utilizzo routinario e la prescrizione giornaliera nel perioperatorio in soggetti ad alto rischio. Questa considerazione ovviamente non ha valenza universale sul dato anagrafico (età del paziente), ma dev’essere recepita come direttiva da seguire in dipendenza delle caratteristiche del paziente stesso: cardiopatia concomitante, patologie renali precedenti, diabete mellito, creatininemia elevata, stima del filtrato glomerulare; ricordando che il danno risulta reversibile se la posologia viene titrata adeguatamente sulla funzione renale e la somministrazione non supera i 5 giorni di durata. In uno studio del 2016 si è rilevata un’incidenza di acute kidney injury (AKI)

72 di oltre il 4% in pazienti senza precedente evidenza di compromissione della funzione renale sottoposti a protesi totale d’anca, questo dato è stato correlato a un aumento della lenght of stay; è dunque opportuno valutare la somministrazione di questo farmaco e di altri FANS caso per caso66. Ad oggi molti protocolli antalgici includono inibitori delle COX-2 e FANS tradizionali affiancati in modo da ridurre le rispettive posologie. Il Paracetamolo continua a far parte degli schemi di terapia multimodale arrivando a presentare ben poche controindicazioni o limitazioni all’uso, sebbene nel paziente ipovolemico possa correlarsi all’insorgere di episodi ipotensivi di rilievo.

Il grande capitolo degli adiuvanti al controllo del dolore è andato a diversificarsi ed ampliarsi negli anni col sempre più frequente impiego loco- regionale dando inizio a una moltitudine di studi che stanno ancora cercando di stabilire quale sia la metodica di somministrazione migliore. Sino ad oggi quelli più impiegati, sia per via endovenosa che come iniezione perineurale, sono i cortisonici (Desametasone presso la ns. sede), il magnesio solfato e la clonidina, e si associano a una riduzione del ricorso alle terapie antalgiche rescue, a un prolungamento dell’azione dei farmaci a cui sono affiancati (soprattutto in caso di blocchi antalgici) e modesta sedazione nel caso degli alfa2-agonisti.

4.2 - Anestesia e analgesia loco-regionale

Per ALR s’intende l’interruzione alla conduzione dello stimolo nervoso mediante l’utilizzo di specifici farmaci ad azione reversibile, gli anestetici locali (AL). Questa interruzione può essere ottenuta in ogni distretto dell’organismo le cui strutture nervose possono essere raggiunte per via percutanea. Nel controllo del dolore post-operatorio non esiste metodica più appropriata dell’ALR, l’impiego degli AL abbinati alla somministrazione di farmaci per via endovenosa, intramuscolare o per os rappresenta quell’approccio multimodale che offre il trattamento più efficace nei confronti del paziente in termini di: controllo del dolore, precoce

73 mobilizzazione, ripresa della nutrizione, effetti secondari psicologici ed emotivi. E’ proprio il controllo del dolore a contribuire con un ruolo primario alla riduzione dello stress perioperatorio e al ritorno alle condizioni di partenza del paziente. Sono questi i motivi per cui l’ALR sta acquisendo consenso internazionale crescente, anche in rapporto allo sviluppo di percorsi ERAS (Enhanced Recovery After Surgery) e FTS (Fast Track Surgery).

Il primo caso d’impiego degli ultrasuoni nei blocchi periferici risale al 1978, quando LeGrange localizzò con tecnica doppler l’asse succlavio per eseguire un blocco del plesso brachiale con accesso sovraclavicolare. Nel 1997 ci fu il primo studio che comparava le techiche blind con quelle eco guidate (Mahrofer et al.), il cui campione riguardava proprio i pazienti con frattura di femore: ne risultò che l’onset time e l’efficacia del blocco aumentavano con l’utilizzo degli ultrasuoni. Lo studio di Casati del 2007 ha portato forti evidenze di come fosse possibile ridurre il volume dell’anestetico iniettato di oltre il 40% a parità di efficacia usando l’ecoguida. La letteratura si è orientata soprattutto sull’identificazione del rapporto dosaggio/volume più vantaggioso, fino a stabilire una relazione fra la superficie (in scansione trasversale) del nervo e i ml necessari a un blocco ottimale. Attualmente esistono 34 RCTs che enunciano la superiorità dell’utilizzo di ultrasuoni a sé stanti o affiancati alla tradizionale neurostimolazione in termini di efficacia o sicurezza. Molti studi hanno utilizzato il blocco del nervo femorale come paradigma per la sua semplicità e ripetitibilità.

L’associazione della guida ecografica con la neurostimolazione permette di superare uno dei limiti più grandi della tecnica a ultrasuoni: sebbene il pericolo dell’iniezione intrafascicolare sia facilmente riconoscibile una volta visualizzato lo spread dell’AL, rimane sempre difficile prevederlo prima d’idro-locare la punta del nostro ago. Evitare di iniettare quando viene evocato un twitch al disotto dei 0.2-0.3 mA d’intensità può ridurre ulteriormente il rischio di complicanze. Questo è vero soprattutto per quanto riguarda i blocchi più complessi, come quello del plesso brachiale per via interscalenica: in questo caso la visione ecografica non consente

74 un’univoca identificazione del nervo frenico, che tuttavia è facilmente elicitabile con neurostimolazione.

Come per ogni tecnica anestesiologica, anche in anestesia loco-regionale il monitoraggio su più fronti è strumento cruciale per evitare errori e complicanze; ecco perché ad oggi il gold standard corrisponde all’associazione fra ultrasuoni, neurostimolazione e monitoraggio della pressione d’iniezione, effettuato con appositi sensori che s’interpongono tra la siringa e la prolunga d’iniezione collegata all’ago da blocco periferico, e che impediscono di esercitare una forza potenzialmente destruente per i fascicoli nervosi.

Per quanto riguarda le caratteristiche dei blocchi eseguiti con tecnica esclusivamente eco guidata o in duplice-triplice guida le evidenze ad oggi sono numerose: abbiamo a disposizione 40 RCTs che dimostrano il miglioramento della qualità e una riduzione dell’onset del blocco ecoguidato (medie: 4-22 minuti nell’arto superiore, 5-14 minuti nell’arto inferiore). La superiorità degli ultrasuoni è dovuta a una miglior distribuzione del blocco, come enunciato in 9 RCTs su 16 che trattavano questo argomento nel merito dei blocchi dell’arto inferiore. Non ci sono invece dati riguardanti la durata del blocco che, com’è noto, dipende da altri fattori come le caratteristiche intrinseche e il dosaggio di AL utilizzato.

Le complicanze neurologiche a lungo termine dopo blocco periferico si attestano, negli ultimi 10 anni, attorno alle 2-4 ogni 10000 procedure, dato non dissimile da quello relativo agli anni in cui gli ultrasuoni non trovavano impiego. L’estrema rarità di questi eventi rende difficile dimostrare un profilo di sicurezza migliore con l’impiego di ultrasuoni, poiché si necessiterebbe di campioni estremamente numerosi. I sintomi neurologici transitori, quali parestesie e blocco residuo, sono comunemente osservabili nei primi giorni fino a qualche mese post- operatorio e interessano sino al 19% dei pazienti. Raramente esitano in danno neurologico o in limitazione funzionale clinicamente evidente o non compensata rapidamente. L’incidenza passa infatti dallo 0-2.2% a 3 mesi allo 0-0,2% a un anno.

75 E’ stato dimostrato che la fisiopatologia di tali disturbi è multifattoriale, ascrivibile a tecnica chirurgica e sito d’iniezione, oltre che alla pressione d’iniezione. Come già ricordato, non è stato ancora evidenziato che la possibilità di visualizzare l’iniezione intraneurale durante la procedura ecoguidata contribuisca a ridurre il tasso d’incidenza di danno neurologico periferico. Questo è dovuto in parte al limite delle macchine ecografiche, che spesso non sono in grado di discriminare l’iniezione intrafascicolare da quella extrafascicolare67.

Figura 21: Triple guidance per analgo-anestesia loco-regionale.

I blocchi in orto-geriatria consentono, se adeguatamente scelti e performati, di ottenere un efficace controllo del colore post-operatorio in assenza di grossolani e pericolosi effetti collaterali, ma soprattutto di evitare l’anestesia generale o ridurne la componente oppioidea: L’AG è fonte d’importante squilibrio cardiovascolare, polmonare e neurologico nel paziente fragile. Nel caso della frattura di femore le alternative loco-regionali per il controllo del dolore sono molteplici: la tecnica più diffusa è quella del blocco del nervo femorale (BNF), seguita dal blocco della fascia iliaca (FIB)68, di cui si è dimostrata l’efficacia nel ridurre il dolore dei pazienti durante il posizionamento per l’esecuzione di anestesia spinale, e dal più recente PEricapsular Nerve Group block (PENG)69, sul quale le evidenze si limitano a piccoli studi e case report ma la base anatomica risulta coerente e interessante. E’ altresì possibile ipotizzare il ricorso ai blocchi centrali,

76 nella fattispecie all’analgesia peridurale con o senza tecnica combinata in caso di approccio anestetico con iniezione subaracnoidea, ma queste tecniche si rivelano di difficile applicazione e gestione data la fragilità di questi pazienti, i disturbi della coagulazione acquisiti e la scarsa compliance al mantenimento di un cateterino. Stessa problematica si ripropone per quanto concerne i cateteri perineurali periferici, che trovano utilizzo meno ampio a causa di problematiche posizionali (alto rischio di dislocazione in paziente non cooperante) e infettivo.

In un RCT del 201770 si è studiato l’impatto del BNF one shot pre-operatorio sul controllo del dolore (scala VAS) e sul consumo di oppioidi nel peri-operatorio in pazienti con frattura di femore. Per la prima volta sono stati inclusi in un grande studio i pazienti con demenza di base. Lo studio ha interessato 266 pazienti di età superiore ai 70 anni nei quali si è valutato il VAS (Visual Analog pain Scale) pre-BNF e dopo 12 ore, che si è rivelato essere molto inferiore rispetto ai controlli, con ricorso alla rescue therapy oppioidea nettamente ridotto. Un anno prima uno studio caso-controllo francese aveva evidenziato come, nei pazienti che ricevevano FNB continuo (con catetere perineurale), gli effetti indesiderati degli oppioidi si riducessero a parità d’impiego71. E’ già noto da anni come l’impiego del BNF in Pronto Soccorso si accompagni a riduzione dell’intensità del dolore a breve e media distanza dalla procedura (misurato con scala VAS)72, che mostra un profilo di sicurezza adeguato e una curva di apprendimento molto rapida anche in caso di operatori nuovi all’utilizzo degli ultrasuoni73. Una review sistematica del 2016 che ha riunito 9 RCTs effettuati negli ultimi 20 anni ha concluso che i blocchi dell’arto inferiore sopracitati sono in quasi tutti gli studi associati a riduzione del consumo di oppioidi e miglior controllo del dolore quando applicati nel setting del Pronto Soccorso74.

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4.3 - Blocco del nervo femorale: sonoanatomia e tecnica67

Tutti i blocchi del plesso lombare hanno in comune il fatto che il decorso delle strutture nervose interessate avviene in un comparto perivascolare e perineurale. Questo spazio, analogamente a quello epidurale, dovrebbe favorire la diffusione dell’AL ai vari nervi. Il blocco inguinale perivascolare è stato descritto per la prima volta nel 1973 da Winnie come blocco “tre in uno”, che si proponeva d’includere in una singola iniezione appena distale al legamento inguinale il blocco dei nervi femorale, otturatorio e femorocutaneo laterale della coscia. Uno studio mediante controllo RMN ha dimostrato che la diffusione dell’AL con questo tipo d’iniezione non portava in nessun caso a diffusione craniale verso le radici del plesso lombare, bensì avveniva in senso distale e medio-laterale (Capdevila et al.). Il nervo otturatorio non viene quasi mai coinvolto, anche a seguito dell’iniezione d’ingenti volumi.

Il blocco del nervo femorale consiste nel superare le fasce lata e iliaca ai fini d’immettere il volume di AL intorno al nervo femorale nel punto in cui esso viene a trovarsi lateralmente all’arteria femorale comune. Il paziente viene posizionato supino con l’arto da trattare in posizione neutra, le sonde utilizzare sono quelle lineari a frequenza compresa fra 12 e 18 MHz, l’ago più utilizzato è quello da 50 mm e 21-22 G per il blocco one shot, e 18 G nel caso del blocco continuo. Convenzionalmente il marker della sonda dovrebbe essere orientato a destra del malato, ma questo non è fondamentale ai fini della procedura e la scelta può essere operatore-dipendente. La scansione comincia in fossa inguinale alla radice della coscia secondo un piano trasverso parallelo al legamento inguinale. Da qui, con piccole escursioni in senso laterale o mediale, si ricerca l’arteria femorale che appare in asse corto come struttura ipoecogena e pulsatile di sezione circolare. E’ opportuno in questa fase effettuare un controllo color doppler per confermare la sede del vaso e individuare la presenza di vasi accessori. La vena femorale è posta medialmente e risulta facilmente comprimibile esercitando pressione sulla sonda. Qualora nella finestra acustica si visualizzi l’arteria femorale profonda, la sonda

78 viene spostata cranialmente fino al punto in cui l’arteria femorale è ancora comune: infatti, all’altezza in cui si reperisce l’arteria femorale già divisa in ramo superficiale e ramo profondo, è probabile che anche il nervo si sia già ramificato, rendendo ragione del fatto che spesso a questo livello il blocco effettuato non risulta efficace. Il nevo femorale ha forma ovalare o triangolare e si presenta come struttura iperecogena con fascicoli ipoecogeni (aspetto “a nido d’ape”) situata lateralmente all’arteria femorale. Si differenzia dalla maggioranza degli altri nervi per il suo aspetto anisotropico, motivo per cui la corretta inclinazione della sonda risulta fondamentale ai fini di una visualizzazione ottimale in asse corto. Inoltre l’attenuazione a cui va incontro il fascio US a causa del tessuto adiposo limitrofo fa sì che che a volte il nervo venga mostrato meglio solo dopo l’iniezione di AL, in particolare se quest’ultimo lo circonda (donut sign).

79 Fig. 23: Sonoanatomia della regione inguinale (NYSORA).

Una volta individuato il nervo in inclinazione ottimale è opportuno eseguire, se non lo si è già fatto, una scansione color doppler per escludere la presenza dell’arteria circonflessa laterale del femore: essa si stacca dall’arteria femorale per portarsi lateralmente alla coscia e in alcuni casi attraversa il nervo femorale. Rappresenta una variante anatomica da considerare al momento della puntura. Subito superficialmente al nervo è possibile osservare due strutture iperecogene lineari: la fascia lata e la fascia iliaca; al disopra di quest’ultima in alcuni pazienti si apprezzano strutture linfonodali. Il limite postero-laterale del nervo femorale è rappresentato dal muscolo iliaco che, con la sua struttura marcatamente ipoecogena contrasta con l’ecogenicità del nervo. Al momento della somministrazione dell’AL è possibile veder scompaginata la struttura di partenza del nervo, che verrà visualizzato come insieme di pacchetti fascicolari separati dalle zone anecogene di spread dell’AL.

Dopo aver disinfettato la cute ed aver eseguito un’AL sottocutanea si distribuisce una piccola quota di gel sterile sulla cute e, una volta individuato il

80 target, si utilizza tipicamente l’approccio in plane (IP) per l’esecuzione del blocco. L’ago, connesso al sistema di elettrostimolazione, viene inserito secondo l’asse lungo della sonda: il punto d’ingresso si trova approssimativamente 2-3 cm dalla sonda e coincide con la docia di passagio fra i muscoli tensore della fascia lata e retto femorale. In questo modo è possibile ottenere un ottimale angolo d’incidenza così che, mantenendo l’ago nella finestra acustica sarà chiaramente visibile per tutta la sua lunghezza. L’ago avanza in direzione latero-mediale sino a oltrepassare la fascia iliaca, a questo punto è possibile apprezzare una sensazione simile a un “click”. Solo allora, previa aspirazione negativa per presenza di sangue, si potrà iniettare un primo ml di AL. Se l’iniezione non provoca dolore né resistenza risulta sicura, ancor più se si utilizza un dispositivo di controllo della pressione d’iniezione (OIP – Opening Injection Pressure) come NerveGuard o altri. Il volume di AL viene iniettato in boli frazionati osservando la distribuzione dell’area ipoecogena attorno alla struttura nervosa o in sede subperineurale. In caso di presenza di guida ENS l’iniezione deve avvenire, come sopra citato, quando non vengono elicitate clonie a un amperaggio pari a 0,2 mA. Qualora sia impiegato il neurostimolatore è utile attivarlo solo al raggiungimento della struttura nervosa a confermare la correttezza della manovra. Qualora si attivi prima, si elicita la diretta contrazione muscolare disturbando significativamente il direziona mento dell’ago e provocando fastidio al paziente. Una delle cause più frequenti del fallimento del blocco è il non superamento della fascia iliaca, che determina una diffusione dell’AL negli strati superficiali invece che sul nervo.

Sul margine laterale del nervo prevale la componente motoria dedicata al muscolo quadricipite (scorrimento rotuleo), nella parte centrale prevale la componente sartoria. A prescindere dal sito dell’iniezione e dalla conseguente risposta ENS si ottiene un blocco efficace distribuendo AL intorno al nervo o in sede subepineurale. Considerando la percentuale di falsi negativi alla quale si va incontro ricercando la conferma ENS della corretta localizzazione del nervo, non è opportuno ostinarsi nel perseguire il best twitch, ma affidarsi all’immagine ecografica.

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