Quaderni di Scienza della Conservazione
Introduzione
Per una corretta analisi della storia della fotografia è fondamentale innanzitutto illu- stare le varie tecniche fotografiche al fine di raffigurare nella diversità tecnica della foto- grafia quanto la scienza, per esempio la chimica e l’ottica, sono intervenute nell’impresa di fissare quanto la luce andava a impressionare sulla sostanza fotosensibile.
Allo stesso tempo è fondamentale distinguere la struttura di una fotografia, negativa o positiva in quanto costituita da un supporto di diversi materiali, carta, rame, vetro, pel- licola di poliestere, su cui sta una sostanza legante il supporto stesso con l’emulsione fotosensibile o strato dell’immagine.
Argomenti e finalità
Le tecniche prese in considerazione sono state quelle più comuni e note, quelle che si incontrano in tutte le raccolte fotografiche: albumina (con negativi su vetro ed emulsio- ne composta da albume d’uovo, che è il legante, e ioduro di potassio, cloruro di sodio e nitrato d’argento; positivo all’albumina su carta, che conferisce all’immagine una mag- giore definizione, compattezza e una tonalità tendente al giallo/bruno. Da aggiungere che il positivo all’albumina è in stretto rapporto con l’adozione del negativo al collodio, a sua volta basato sull’uso del fulmicotone.
Importante è stata l’introduzione nel 1871 del negativo alla gelatina (sostanza tratta dagli scarti della macellazione) bromuro d’argento su vetro.
Questa emulsione consentì rapidi tempi di ripresa e quindi la possibilità di fissare figu- re in movimento, oltrechè restituire un’alta definizione dell’immagine.
Allo stesso modo il positivo su carta alla gelatina bromuro d’argento rafforza i contra- sti e la qualità finale dell’immagine.
Non si possono però dimenticare le tecniche madri della fotografia, la dagherrotipia introdotta da Daguerre, su lastre di rame che davano un’immagine unica e la calotipia di Talbot, che con la sua carta salata scoprì il negativo, aprendo il più ampio futuro alla foto- grafia. Se infatti provassimo ad annullare ogni immagine fotografica dalla realtà che ci cir- conda, ci ritroveremmo senza i ritratti delle persone più care e i ricordi più toccanti di fami- glia, i giornali e i libri d’arte e tutti i libri illustrati dovrebbero far ricorso alla riproduzione di disegni e incisioni, dove la mano dell’artista non è mai una fedelissima riproduttrice della realtà.
Alberto Manodori
Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali,
Né avremmo il cinema, fatto di fotogrammi e neppure gli studi che hanno portato alla televisione. Dovremmo adattarci ad una vita senza immagini, se non quelle dipinte nelle chiese o conservate nei musei. Non a caso la nostra è detta la civiltà dell’immagine e tale configurazione culturale è dovuta alla scoperta/invenzione della fotografia.
Tutte le immagini fotografiche, essendo il risultato di un processo di reazione alla luce, sono destinate in tempi anche lunghissimi a deteriorarsi e ad assumere tonalità estranee all’immagine originaria e quindi, con il tempo, a scomparire. Infatti il processo di reazio- ne delle sostanze chimiche fissate è destinato a riprendere e ad essere da noi solo ral- lentato, ma non evitato.
Pertanto è importantissimo conoscere quali sono i fattori di degrado dell’immagine fotografica e quali i metodi di conservazione, che ci permettono di contrastare il proces- so di dissolvimento.
I fattori di degrado possono essere prodotti da agenti chimici, fisici e biologici e quin- di, in sintesi, da condizioni ambientali, qualità dei materiali e interventi umani.
Prima di tutto dannoso è il livello di umidità relativa superiore al 60%, che gonfia la gelatina, ingiallisce l’albumina e fa proliferare funghi e muffe.
Anche la temperatura deve essere bassa e costante, perché il calore accelera tutte le forme di deterioramento. Vanno comunque evitate i bruschi cambiamenti di tempera- tura.
La luce poi provoca elevazioni termiche, che arrivano addirittura a screpolare il sup- porto.
Altrettanto dannosi sono i gas come l’anidride solforosa e gli ossidi di azoto, che arre- cano macchie e ossidazioni. Infine pericolose sono le polveri cosiddette fini, che causa- no contaminazioni biologiche e sono igroscopiche.
I supporti cartacei e la gelatina dell’emulsione sono un favorevole terreno di coltura per i funghi e le muffe.
Le fotografie vanno perciò conservate in ambiente fresco e asciutto con umidità tra il 20% e il 30%, a temperatura bassa minore di 10° circa e costante. I contenitori devono essere di carta a ph neutro, si consiglia la duplicazione dell’immagine fotografica sia negativa che positiva al fine di avere una copia che mantenga più a lungo l’immagine stessa.
Oggi si ricorre alla digitalizzazione elettronica.
Ma la tutela delle immagini fotografiche non si esaurisce negli interventi suddetti, bensì è legata e strettamente connessa alla conoscenza storico-documentaria e questa si realizza nell’opera di catalogazione, cui ha provveduto recentemente il Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la pubblicazione del primo tomo della scheda di cataloga- zione F (fotografia).
Questa scheda prevede tre livelli operativi: il primo di tipo inventariale, il secondo di pre-catalogazione dove si indicano i riferimenti di ricerca che saranno perseguiti e il terzo di catalogazione vera e propria.
Essa è divisa in 21 paragrafi, 23 campi semplici e 56 campi strutturati e 246 sotto- campi, non tutti obbligatori, ma buona parte.
Si comincia con il Codice Univoco, che riporta i numeri di inventario e di catalogo generale e l’ente competente. Segue la Localizzazione, che individua l’ente dove è con-
servato il bene fotografico, segue l’Ubicazione dell’Ente suddetto. Incontriamo quindi la Localizzazione geografico-amministrativa e finalmente la definizione dell’Oggetto foto- grafico, cui segue la descrizione del Soggetto dell’immagine. Quindi si danno le informa- zioni possibili sul Luogo e Data della ripresa. E la Cronologia del bene fotografico. Nel campo Definizione Culturale si individua l’autore e quindi i Dati Tecnici della fotografia. Segue la valutazione dello Stato di Conservazione e infine la Condizione Giuridica e i Vincoli amministrativi eventualmente posti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
La scheda di catalogazione si chiude con l’indicazione delle Fonti e Documenti di Riferimento e, per ultima, l’eventuale Bibliografia dello stesso bene fotografico.
Le lezioni sono state supportate dalla presentazione di materiali fotografici originali al fine non solo di rendere la spiegazione teorica, ma di accompagnarla anche con l’espe- rienza pratica e personale.