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TECNICHE RITUALI DEL MANTRA

I MANTRA E I RITI INIZIATICI

TECNICHE RITUALI DEL MANTRA

Nella pratica dello Japa Yoga si usa un mala per aiutarsi nel conto delle ripetizioni del nome di un aspetto divino, come Siva o la Madre Divina. Un mala è un rosario di 108 perle, di solito fatta di legno di sandalo, di tulsi o di semi di rudraksha. Il numero 108 è sacro, in quanto I

rappresenta una linea e simboleggia Dio, la Suprema Energia, il potere da cui derivano tutte le altre linee, cerchi e movimenti; 0 è la completezza, un cerchio che

rappresenta la creazione di Dio come completa e perfetta;

8, in quanto simbolo dell’eternità, contiene l’elemento del tempo, perché la creazione si protrae in eterno. Il tempo può essere e steso o compresso, un concetto che si afferra soltanto attraverso la pratica.

La pratica del mala ha un valore terapeutico, soprattutto per la persona occidentale impegnata, perché favorisce la concentrazione della mente, il controllo delle emozioni e la consapevolezza del corpo, conquiste che avvicinano al regno dello spirito.

La mente è in movimento costante, usa l’energia in

maniera improduttiva creando rumori mentali di fondo che riguardano prevalentemente gli eventi passati o futuri. La vita è una catena infinita di cause e di effetti, e nello stesso modo le perle del mala sono una catena infinita in cui con ciascuna perla i pensieri infiniti ricevono un significato specifico e importante connesso a quel particolare Mantra.

Esiste una perla speciale chiamata Monte Meru, che segna

il punto in cui gli estremi del mala sono stati congiunti.

Quando le dita raggiungono il Monte Meru, il mala dovrebbe essere girato in modo da proseguire il

movimento nel senso opposto. Quella perla simboleggia il Dio-Realizzazione e, ogni volta che la raggiungete, vi sarà rammentato che non siete obbligati a portare avanti la catena di causa e di effetto. Un altro modo per ricordarlo consiste nel tenere il mala al livello del cuore, a indicare l’aspetto di devozione della pratica, il tentativo di

trascendere i livelli inferiori dell’essere.

L’uso del mala fornisce al corpo una certa attività e in questo modo libera l’energia nervosa e l’inquietudine. A mano a mano che si ripete il Mantra a ogni perla, si lascia scorrere il mala fra il terzo dito (l’anulare) e il pollice, mai fra il primo dito (l’indice) e il pollice. Attraverso l’uso le perle assorbono parte dell’energia di chi le utilizza e vengono caricate. Se il mala è fatto di legno di tulsi all’inizio risulterà un pò rozzo al tatto, ma le perle verranno levigate dal loro impiego. Il mala dovrebbe essere portato al collo con il Monte Meru sul davanti, in quanto indossare il mala serve a ricordare lo scopo che una persona ha nella vita, quello di realizzare Dio e se stessa, e portarlo intorno al collo permette di avvertirne i movimenti nel corso di tutte le attività quotidiane. La notte deve essere deposto sotto il cuscino oppure sul vostro altare.

Per ottenere il massimo beneficio dalla pratica del Mantra, riservate ad essa ogni giorno un preciso lasso di tempo e stilate con voi stessi l’impegno scritto di portare avanti la pratica per un periodo abbastanza lungo da permettervi di

percepirne gli effetti: tre mesi è un buon periodo iniziale.

Cominciate con poco e aumentate gradualmente per sviluppare l’entusiasmo e la perseveranza, inducendovi a desiderare di gestire cose più grandi. Non siate troppo ambiziosi, non permettete al vostro ego di convincervi che siete in grado di sostenere subito un lungo periodo di canto. Gestite la vostra crescita spirituale nello stesso modo in cui curereste un piccolo seme che ha bisogno delle massime cure e della più grande attenzione. Il momento consigliato per la pratica del Mantra sono le quattro del mattino perché è l’ora in cui ci sono poche vibrazioni che disturbano l’aria, ma osservare quest’orario potrebbe riuscire difficile, a meno di trovarsi in un

Ashram o di vivere da soli. Quando scegliete il vostro momento per la pratica del Mantra, ricordate che il canto deve distare almeno un'ora e mezzo dai pasti e, una volta che vi sarete abituati all’idea di praticare il Mantra, allungate i tempi. Ben presto diventerete molto

consapevoli del tempo, del modo in cui lo impiegate e, forse, lo sprecate.

Prendete l’abitudine di scrivere tutto quello che fate nel corso della giornata, determinate in che cosa sprecate tempo e cercate di essere efficienti in modo da poter trovare uno spazio per i vostri esercizi spirituali. Prima di cominciare il canto fate un bagno, o almeno lavatevi le mani, la faccia e i piedi. Mentre vi lavate, pensate che le impurità della vostra mente vengono così eliminate e nell’indossare abiti puliti pensate che la vostra anima viene avvolta in nuovi abiti di natura divina. Queste riflessioni vi consentiranno di raggiungere l’elevazione.

Imponete alla vostra mente che la vostra completa attenzione si concentri sul protrarre il canto per uno specifico periodo di tempo, poi liberate la mente da ogni altro pensiero, passando in esame preoccupazioni e doveri, promettendo con fermezza a voi stessi che ve ne

occuperete dopo aver concluso il periodo di canto e sottolineando che essi non dovranno invadere questo momento che avete riservato per essere santi.

Scegliete un posto quieto dove non sarete disturbati e recatevi in questo luogo tutte le volte che praticate il Mantra, guardando verso nord o verso est. Sistematevi su una sedia comoda o per terra, su un cuscino; nel caso il cuscino venga usato per sostenere la schiena accertatevi di metterlo al di sotto della cintura in modo da raddrizzare la spina dorsale e da non accentuare la curva lombare. Nel pensiero di raddrizzare la schiena è insito un sottile suggerimento a formulare pensieri diretti e lineari che conducono alla rettitudine e alla forza.

Stendete una coperta di pura lana o un panno di seta pura sul posto che avete scelto come luogo di pratica.

Tradizionalmente per questo scopo si usa una pelle di daino o di tigre che serve a conservare l’energia e a tenere lontane le vibrazioni della terra. Ciò che vogliamo è creare un magnetismo molto diverso che ci liberi dal magnetismo della terra, dai nostri bisogni e istinti, che ci conduca a vette più elevate di coscienza e di consapevolezza. È utile anche uno scialle di fibre naturali che copra il corpo, in quanto servirà alla stessa funzione e consentirà di trattenere le vibrazioni spirituali da voi generate.

Sedete a gambe incrociate sul pavimento con la gamba

sinistra sulla destra, oppure in una delle tradizionali Asana dello yoga, come per esempio il siddhasana (la posizione perfetta), il padmasana (la posizione del loto), il virasana (la posizione inginocchiata), oppure il suksana (la

posizione sciolta); in alternativa sedete su una sedia con la schiena eretta. La spina dorsale deve essere diritta in modo che la corrente pranica che viene creata o stimolata

attraverso il canto possa scorrere liberamente. Una schiena curva S come un filo elettrico spezzato, che a volte

mantiene il contatto e a volte no. Dal punto di vista yogico il circuito pranico del corpo dovrebbe essere chiuso

incrociando le caviglie per mantenere gli effetti benefici del Mantra, mentre occorrerebbe inoltre abbandonare le mani in grembo con il palmo rivolto verso l’alto,

suggerendo così resa e ricettività all’introspezione divina.

Prima di cominciare il canto accertatevi che i muscoli principali del vostro corpo siano rilassati, poi rilassate anche il collo e le spalle, i muscoli della lingua, della mascella, della fronte e degli occhi. Mettete a poco a poco a fuoco lo sguardo sullo spazio fra le vostre sopracciglia.

Mentre cantate contraete i muscoli addominali,

costringendo cosi l’aria a uscire dai polmoni. Quando inspirate lasciate che il petto si dilati da solo, senza sollevare le spalle, e usate tutto il vostro fiato, tutta la vostra energia. Entrate completamente nel canto e

ricordate che è importante respirare con il naso. Il giusto tipo di respirazione profonda comincerà a svilupparsi naturalmente mentre cantate, e in essa non c’è nessuno dei pericoli che si possono invece riscontrare in alcuni esercizi di respirazione. Controllate la respirazione ed esalate il

fiato con regolarità.

Imparate a sedere immobili per periodi sempre più lunghi di tempo e alla fine di quei periodi controllate il vostro corpo per essere certi che la testa, la schiena e le spalle siano diritti ma rilassati.

All’inizio e alla fine della pratica rivolgete una preghiera dl ringraziamento a coloro ai quali avete cantato il Mantra, perché in questo modo attrarrete quanti hanno trovato il Dio Rivelazione attraverso l’uso del Mantra. Se reciterete:

"Aiutatemi, per favore, venite e aiutatemi", essi verranno a darvi sostegno.

Accettando tale possibilità consentirete a voi stessi di avere quest’esperienza. Non lasciate che sia il vostro intelletto a decidere Ciò che può o non può essere, aspettate a giudicare dopo aver visto quello che succede.

La melodia del Mantra non deve mai essere cambiata. La combinazione di suoni S basata sulla percezione dei rishi che hanno così tradotto le vibrazioni eteriche allo scopo di creare un effetto magnetico nell’essere umano. Se

incontrate difficoltà a raggiungere le note più acute, non dovete comunque cambiare la chiave, perché la vostra voce si adeguerà. La difficoltà di cantare le note acute dovrebbe essere interpretata in accezione simbolica: non lasciate che il vostro ego sé interponga e vi scoraggi dal continuare. La voce ha bisogno di essere educata e con tempo, pazienza e pratica riuscirà ad arrivare alle note più acute.

A poco a poco scoprirete che la vostra voce diventerà più limpida, più fluida, più acuta e raggiungerete note che non avreste mai creduto di poter cantare. Questo è uno dei

piccoli miracoli disseminati lungo la strada. Come la voce ha bisogno di esercizio, anche la mente e la coscienza devono essere addestrate con la stessa diligenza per arrivare a vette

che non avete mai sognato di conseguire.

Riversate effettivamente voi stessi nel canto. Se

permetterete che diventi un atto meccanico o se lascerete cadere il vostro interesse, o se concederete a voi stessi di giudicarlo monotono, esso impiegherà un tempo più lungo per diventare efficace.

Come con l’apprendimento di una lingua, quanto più vi dedicherete al canto tanto più vi impratichirete. Nello studiare e praticare il Mantra apprenderete la lingua del Divino.

Dopo la pratica del Mantra restate silenziosi e ricettivi, fate sì che la vostra volontà si arrenda al Divino,

permettete a quella lieve voce quieta di parlare. Emergete dalla pratica con gentilezza, lentamente, non alzatevi di scatto per precipitarvi incontro a qualcosa di nuovo, ma tentate di conservare invece sensibilità, pace e quiete per il tempo più lungo possibile. Dopo la pratica spirituale, è necessario del tempo perché se ne possano assorbire gli effetti.

Con il passare del tempo nel rileggerle avrete sorprendenti rivelazioni. A volte nel praticare il Mantra potrete entrare in contatto con emozioni che non sapevate di possedere e potreste trovarvi a versare lacrime trattenute fin

dall’infanzia. Quelle lacrime non sono nulla di cui ci si debba vergognare: possono essere lacrime di auto

compassione, oppure di rimpianto per aver sprecato tanti

anni. A volte si rivelano una forza ringiovanente che può rivitalizzare l’individuo, lavando via un accumulo di tristezza. Swami Sivananda suggeriva alle persone di raccogliere simbolicamente le loro lacrime e di lavare con esse i piedi della Madre Divina, però è meglio non

indulgere nelle proprie lacrime. Esse rappresentano un progresso piccolo, non uno grande. A volte la gente sviene durante il canto. Questo può accadere dopo lunghi periodi di canto a persone che hanno una cattiva circolazione sanguigna, ma S un fenomeno privo di effetti. Durante un prolungato canto di gruppo, lo svenimento può anche essere provocato dal fatto che la struttura atomica del cervello ha subito un cambiamento per adattarsi alla nuova vibrazione a cui S stata esposta. Svenire è una genuina risposta al potere del Mantra e manifesta un notevole mutamento nella personalità dell’individuo. In seguito ci sarà una tendenza a rivedere molti concetti e nasceranno nuove idee, insieme a un crescente desiderio di liberarsi dai limiti e a uno sforzo cosciente di avviarsi sul sentiero spirituale.

Lo studente deve imparare a controllare quest’energia quando essa comincia a sorgere. Il metodo per farlo è molto semplice. È necessario soltanto sentire che i piedi sono saldamente premuti contro il pavimento e ricordare a noi stessi che siamo lì, in quel momento, nel mondo fisico.

Gli esseri umani sono un ponte fra due mondi, quello del corpo fisico e materiale e il mondo invisibile creato dalla mente, che può manifestare qualcosa attraverso la nostra fede in esso.

Un’ altra tecnica che consente di controllare l’improvviso

fluire dell’energia appena sperimentata è quella di visualizzare uno splendido loto dorato alla base della colonna vertebrale. Poi bisogna indurre con gentile fermezza la Luce nella colonna vertebrale a tornare nel loto a cui appartiene, e chiuderne saldamente i petali intorno ad essa. Ricordate di nuovo a voi stessi di essere lì, in quel momento, per un atto di volontà. È molto importante non indulgere in emozioni, non cercare nuove esperienze a tutti i costi, cantando molto in fretta o

facendo esperimenti con la tecnica di respirazione. Se cederete alla tentazione, molto presto sarete rosi dal dubbio e comincerete a chiedervi se Ciò che avete

sperimentato sia davvero una manifestazione del Divino o soltanto un prodotto artificiale della vostra

immaginazione; inoltre vi troverete intrappolati nel desiderio di provare nuove esperienze e sensazioni, e non guarderete oltre, alla ricerca della vera Luce. più avanti nella vostra pratica spirituale potrete trovarvi di fronte alla tentazione dei siddhis, i poteri della percezione

extrasensoriale. Questi poteri possono essere usati per scopi validi, ma troppo spesso sono soltanto una tentazione dell’ego. Se doveste cedervi potreste allontanarvi dalla vostra meta spirituale ancora più di quanto non ne foste distanti quando avete cominciato la pratica di cantare il Mantra.

Capitolo 7

ADORAZIONE: COLTIVARE

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