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IL GRANDE POTERE DEI MANTRA DI XANDER ARES

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IL GRANDE POTERE DEI MANTRA

DI

XANDER ARES

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1ª edizione agosto 1999

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Alle rive della saggezza non giunge che cerca potere e fama.

Né flagellarsi è la salvezza

per lo stolto che a gran voce la chiama.

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INTRODUZIONE

IL RITMO DEL RISVEGLIO SPIRITUALE

Assimilarli alla preghiera, così come noi la intendiamo, può generare degli equivoci. Così come il pensiero

metafisico e la prassi rituale, anche il significato di mantra ha subito, con il passare dei secoli, un’evoluzione. Da strumento di devozione nei Veda più antichi, diventa vera e propria formula magica nell’Atharvaveda, impiegata per accattivarsi il favore delle varie divinità. Pertanto in questo testo sacro sono indicati i mantra per scongiurare i malefici, per avere dei figli, allontanare le malattie, e così via. Nei Brahamana il mantra è un aspetto fondamentale del rito sacro di cui non tutti sono in grado di penetrare il significato occulto. Infine, nelle Upanishad, può definirsi sì una forma di preghiera, ma solo nel senso tipicamente orientale del termine: non cioè, come richiesta di

protezione o atto di lode e devozione nei confronti di una divinità trascendente con parole scelte dal fedele, ma come strumento potente, se non lo strumento per eccellenza, mediante il quale la sua mente può sperimentare la realtà assoluta.

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PRIMA PARTE

I MANTRA E LE LORO

POTENZIALITÀ

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CAPITOLO 1 COSÈ È IL MANTRA?

Un Mantra è una combinazione di sillabe sacre che formano un nucleo di energia spirituale; il suo scopo è quello di fungere da magnete per attrarre le vibrazioni spirituali o da lente per metterle a fuoco. Secondo le Upanishad, le antiche scritture dell’India, la dimora originale del Mantra era il Parma Akasha, o etere

primordiale, l’eterno e immutabile substrato dell’universo da cui l’universo stesso è stato creato nell’emettere il primo suono, Vach. I Mantra esistevano all’interno di questo etere ed erano percepiti direttamente dagli antichi rishi, o veggenti, che li traducevano in una struttura udibile di parole, di ritmo e di melodia.

Il Mantra non è una preghiera. Una preghiera è formata da parole di supplica scelte dal devoto, mentre il Mantra è una combinazione precisa di parole e di suoni:

l’incarnazione di una particolare forma di consapevolezza, o Sakti. La radice man della parola Mantra significa in sanscrito "pensare"; il suffisso tra deriva invece da trai, che vuol dire "proteggere o liberare dal vincolo del samsara, o del mondo fenomenico". Di conseguenza la traduzione del termine Mantra è: "Il pensiero che libera e protegge". In un Mantra ci sono però molti livelli di significato che devono essere sperimentati perché siano effettivamente compresi, in quanto una spiegazione

intellettuale abbraccia soltanto una piccola parte di ciò che esso vuole dire. Il canto o la recitazione dei Mantra attiva

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e accelera la forza creativa spirituale, promuovendo

armonia in tutte le parti dell’essere umano. Il devoto viene gradualmente convertito in un centro vivente di vibrazione spirituale che è sintonizzato con qualche altro centro di vibrazione infinitamente più potente, e tale energia può essere acquisita e diretta a beneficio di chi la usa e di altri.

Ogni Mantra ha sei aspetti: un rishi, o veggente; un raga, o melodia; il Devata, o deità che presiede ad esso; un bija, o seme di suono; il Sakti, o potere; e un kilaka, o pilastro.

Attraverso la loro percezione intuitiva, i rishi si sono aperti alla rivelazione dei Mantra e sono stati capaci di riconoscere la loro efficacia come canali attraverso cui la grazia, la conoscenza e il potere fluiscono dal Divino.

Questi antichi veggenti hanno compreso che i loro poteri erano destinati a essere impiegati al servizio degli altri e come guida per la razza umana.

I Mantra sono stati trasmessi di generazione in

generazione, da Guru a discepoli, e in questo processo il potere dei Mantra è aumentato enormemente. Miliardi di ripetizioni da parte di innumerevoli devoti nel corso dei secoli hanno portato alla formazione di una vasta riserva di potere che aumenta la forza spirituale insita nei Mantra.

Il raga è paragonabile alla linea melodica occidentale: un suono, o una sequenza di singoli suoni, senza armonia.

Quando si recita un Mantra è di estrema importanza non cambiare il raga e la sua chiave, perché la cadenza di vibrazione su cui il suono è basato costituisce una parte integrante del Mantra. Tutta la musica indiana è basata sulla comprensione che in ogni suono esistono due aspetti:

l’espressione udibile e la sottile essenza-suono che

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trasporta il significato e che deriva dallo Spirito eterno.

Questa essenza è chiamata Shabda, oppure Vach. Quando la parola pronunciata viene formulata in maniera perfetta sia interiormente che esternamente, si realizza un contatto con questo potere che si manifesta come un'immagine.

Nella parola esiste un certo potere perfino a livello umano:

il nome di ciascuno possiede un significato particolare e il modo in cui viene pronunciato può trasmettere numerosi messaggi! Diversi toni causano diverse vibrazioni che condizionano la reazione fisica oltre che quella emotiva.

Praticare il Mantra Yoga per un lungo periodo di tempo porta ad acquisire la consapevolezza che i suoni creano effettivamente delle immagini e che certe immagini hanno un suono peculiare.

Nel suo libro, Japa Yoga, Swami Sivananda afferma che i suoni sono vibrazioni a cui viene dato di assurgere a forme definite.

Il ripetuto cantilenare il nome del Signore costruisce gradualmente la forma o la speciale manifestazione della divinità adorata (il Devata) e agisce come punto focale per concentrare la sua influenza, che poi penetra e diviene il centro della consapevolezza dell’adoratore.

Il Devata è la divinità che presiede al Mantra, il potere permeante, un aspetto molto personale di Dio. È la

saggezza che scaturisce da una fonte più elevata ed è come un singolo raggio di sole, un raggio che viene isolato e a cui viene attribuito un nome in modo che il discepolo possa sviluppare un rapporto con un aspetto di Dio che è capace di capire e di adorare. Il Devata può anche essere paragonato alla sfaccettatura di un diamante che

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rappresenti l’Intelligenza Cosmica: un diamante con molte facce rifletterà molti raggi della Luce nello stesso tempo, ma un raggio particolare attirerà in maniera speciale l’individuo che sta cominciando a percorrere il sentiero spirituale. All’inizio Dio incute timore reverenziale ed è troppo solenne e distante perché la mente umana possa afferrarlo e soltanto più tardi l’energia divina può essere percepita nella sua forma pura; quindi la mente umana ha bisogno di stabilire un legame con un aspetto personale come Krishna o Siva nella religione induista, Gesù nell’ambito della cristianità. Gli adulti che sono ancora spiritualmente immaturi hanno bisogno di un loro personale concetto di Dio finché non sono in grado di vedere l’energia divina nella sua forma pura. I Mantra Om Krishna Guru, Hari Om e Invocazione a Krishna sono associati a Krishna; Om Namah Sivaya è legato a Siva e Om Tara alla Madre Divina. Se si pensa a i milioni di persone che in India nel corso dei secoli hanno invocato il nome di Krishna o di Siva, o a tutti i cristiani che nel corso degli anni hanno ripetuto il nome di Gesù, si può intuire come questa costante ripetizione abbia creato una

spaventosa riserva di potere. La potenza di Ciò che essi realizzano è racchiusa nell’energia combinata del Mantra:

la persona effettivamente devota che recita il nome di un particolare aspetto del Divino finirà prima o poi per attingere al potere del Devata.

Una goccia d’acqua può realizzare assai poco, ma centinaia di milioni di gocce possono praticare un taglio nella roccia oppure cambiare addirittura la morfologia della terra.

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Ciascun Mantra ha un bija, un seme. Esso è l’essenza del Mantra e gli conferisce il suo speciale potere: il potere di autogenerazione. Subito all’interno del seme è nascosto un albero, cosicché l’energia nel Mantra è il seme da cui crescerà uno splendido essere spirituale. Se adesso doveste provare a recitare i Mantra con regolarità, poi

abbandonare la pratica e riprenderla fra una ventina di anni durante una crisi spirituale, il Mantra vi salirebbe automaticamente alle labbra e continuereste a ripeterlo come se non aveste mai smesso. Questo è un esempio del suo potere di autogenerazione. Se si pensa al Shabda, al suono primordiale, al nucleo di suono dell’Om da cui tutte le cose sono state create, e al bija, il seme, e al potere di autogenerazione del Mantra, si comprenderà come

attraverso una recitazione corretta e costante del Mantra si possa essere aiutati a liberare una grande energia

all’interno del proprio corpo fisico, mentale, emotivo e spirituale. Grazie a questo aumento di energia potete anche entrare in contatto con il Divino dentro di voi, con il vostro vero Io, il vostro Io Superiore. Il kilaka, o pilastro, è inizialmente la forza propellente, la tenacia e la forza di volontà di cui il discepolo ha bisogno per seguire il Mantra, ma quando il potere del Mantra stesso comincia ad autogenerarsi con un "movimento a ruota libera", il kilaka diventa un filo molto sottile che congiunge il discepolo al Mantra, al Guru e alla divinità fino a farne un tutto unico. Il potere, la consapevolezza all’interno del Mantra, è Sakti, la Madre Divina, la Dea della Parola Pronunciata. L’aspetto maschile di Dio è energia in uno stato di equilibrio, l’aspetto femminile è energia dinamica

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che si manifesta come creazione.

C’è soltanto un'energia in tutte le cose create, e nel Mantra l’energia è presente nella sua forma pura. La potenza del Mantra viene liberata attraverso la ripetizione fino a quando l’individuo raggiunge il suo Devata e l’esperienza spirituale può avere luogo.

Mediante il costante ricordo o pensiero rivolto al Mantra, la persona viene proiettata lontano dall’impatto del maya, il mondo illusorio; attraverso la ripetizione di queste parole di potere si raggiunge la meta del Mantra Yoga, che (come in tutti gli yoga) consiste nell’unione della

coscienza individuale con la Coscienza Cosmica.

Mantra è il canto di una stella... e ti trasporterà fino a quella stella.

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CAPITOLO 2 MANTRA E JAPA

Il Mantra Yoga è uno dei molteplici yoga, che sono all’incirca quaranta e che sono tutti intrecciati fra loro come i fili di un tessuto. I quattro principali sono: Bhakti Yoga, lo yoga dell’amore e della devozione; Karma Yoga, lo yoga dell’azione; Jnana Yoga, lo yoga del sapere e della saggezza; e Raja Yoga, lo "yoga regale", una

combinazione di parecchi yoga basati sugli Yoga Sutras di Pantajali. Un tipo di pratica spirituale è sufficiente per ottenere il contatto con Dio-Realizzazione, ma dal momento che esiste un'interazione di forze corporee, gli yoga non possono essere completamente separati, e inoltre problemi fisici come l’irrequietezza e la cattiva

circolazione sanguigna portano a raccomandare di

includere diversi yoga per ottenere una pratica bilanciata.

Il canto di un Mantra è definito Mantra Yoga, mentre tutte le altre forme di ripetizione del Mantra sono chiamate Japa Yoga. Quando è pronunciato ad alta voce il Mantra prende il nome di Vaikhari Japa; se lo si sussurra o canticchia diviene Upamsu Japa; allorché la ripetizione è invece mentale, viene definito Manasika Japa; il Mantra scritto, infine, è noto come Likhita Japa. L’uso del Mantra in una qualsiasi di queste forme è efficace nel garantire la concentrazione mentale. La forma più sottile, il Manasika Japa, anche se molto potente, può riuscire difficile per chi sta appena cominciando a praticare il Mantra, e alternarlo a una ripetizione vocale aiuta a impedire alla mente di

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divagare. Il Likhita può essere effettuato in qualsiasi forma di scrittura, usando qualsiasi lingua, ma deve restare costante per un prestabilito periodo di tempo. Questa scrittura ripetitiva porta pace, controllo e forza interiore, e può essere anche impiegata in alternanza con altre forme di Japa. Cantare il Mantra con devozione e con

concentrazione sintonizza l’individuo con la melodia divina e ha un'influenza armoniosa su tutto il suo corpo e sulla sua mente. È molto importante usare sempre il raga (la melodia) esatto, in quanto esistono regole precise che governano l’interrelazione e le sequenze di suoni. Si sostiene infatti che ogni raga, in quanto perfetta

combinazione di suoni, rifletta le leggi dell’universo e sia in perfetta armonia con l’universo stesso nel momento in cui viene eseguito. Dal momento che all’emissione del suono concorrono il fiato e l’intelletto di un essere umano, quanti cantano il Mantra verranno condotti anch’essi all’armonia.

Cantare produce una serie di effetti psicologici e spirituali.

La concentrazione porta un profondo senso di pace e di gioia, che deriva spesso anche da altre forme di

meditazione, in quanto il Mantra ha la stessa funzione del koan nella dottrina dello Zen o del mandala del buddismo tibetano: serve come strumento per focalizzare poteri della mente altrimenti dispersi e per affinarli fino a mutarli in una punta aguzza capace di trapassare le mutevoli barriere dei pensieri e di raggiungere i sottostanti strati profondi della mente.

Attraverso la costante ripetizione del Mantra l’individuo diventa un magnete che attrae il potere spirituale del

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Mantra a se stesso e diviene consapevole del suo Io. La ripetizione risveglia gradualmente le facoltà più elevate di una persona e innalza la sua consapevolezza verso il livello della risonanza mantrica. Secondo un

insegnamento vedico, "un Mantra ha il potere di liberare la Consapevolezza Cosmica e Ultra-cosmica" e ha quindi il potere di concedere la libertà, l’illuminazione estrema e l’immortalità.

Di tutto questo non trae beneficio soltanto il cantore, ma anche quanti lo ascoltano e si sintonizzano con lo spirito del suo canto. Il Mantra cantato non favorisce soltanto la meditazione, ma è in pratica una forma di meditazione in se stessa.

Quando il Mantra viene ricevuto per opera di un Guru, il suo potere aumenta dopo l’iniziazione: attraverso il rapporto che sé instaura fra il Guru e il discepolo, entrambi si trovano assoggettati per tutta la vita all’obbligo di cantare il Mantra che è stato trasmesso all’adepto, in quanto esso costituisce un collegamento spirituale permanente fra loro. Allorché l’iniziato lo pratica, il Mantra diviene una forza autogenerante che unisce l’individuo al potere del Mantra e attraverso i propri sforzi il discepolo viene attratto verso la catena di Guru che hanno trovato l’Autorealizzazione mediante l’uso del Mantra. A tempo debito, anche il proselito dovrà diventare un anello di quella catena. Recitando il Mantra una persona trasporta la sua forza e il suo potere, e questo sarà una benedizione per tutti coloro che essa incontra. In certi momenti il potere mantrico prenderà il sopravvento in maniera tale che non sarà neppure necessario parlare e

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la persona non sarà coinvolta né come individuo, né come mente in un tipo di comunicazione molto più preziosa di quella che può avere luogo a livello dell’anima.

La pratica di questa forma di Yoga è efficace oggi come in tempi più antichi ed è ancora insegnata e praticata dai Guru e dai maestri spirituali dell’India. In effetti si dice che il Mantra Shastra è il mezzo più facile mediante il quale l’aspirante può raggiungere la Realizzazione del Sé nell’era attuale. I Mantra vengono impiegati in ogni momento significativo della vita religiosa nell’ambito della tradizione spirituale indiana.

Nel Mantra è presente una concentrazione di potere che viene attivato da chi lo pratica, che attira così a sé il potere stesso e si fonde con esso mediate la resa. Attraverso l’uso del Mantra una persona diventa consapevole di sé,

cominciando con la è decisamente minuscola, ma l’espansione della consapevolezza porterà alla fine a essere consapevoli di Sé con la è maiuscola. Ciò a sua volta porterà a conseguire l’unione fra l’Io Inferiore e l’Io Superiore: quindi lo scopo del Mantra è quello di condurre lo Spirito, perso nelle piccolezze insignificanti della vita quotidiana, alla pura Essenza.

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CAPITOLO 3 YANTRA

Frequentemente i mantra che supportano la meditazione sono definiti con il nome di una divinità.

Oltre che con un singolo suono, una serie di sillabe che gli ruotano intorno (mantra cuore), e talvolta una frase di una certa estensione, la divinità della meditazione può essere rappresentata in un diagramma astratto, disegnato su carta, metallo, o altri materiali: lo yantra. L’essenza suono della divinità sta al mantra come la sua essenza forma sta allo yantra, per cui tra i due supporti, o strumenti (yantra significa appunto strumento) della meditazione c’è una stretta relazione, e ciò vale soprattutto per il Tantrismo.

Nella loro grande varietà, elementi ricorrenti in uno yantra sono un punto centrale, detto bindu, che nella

corrispondenza macrocosmo microcosmo rappresenta tanto il punto metafisico dell’impulso originario della creazione quanto il centro del s‚ di ogni individuo. Un altro elemento chiave è il triangolo. Quello con il vertice rivolto verso l’alto è un simbolo di origine remotissima, antecedente all’invasione aria, e rappresenta l’energia riproduttiva, Shakti, come Grande Dea Madre universale.

Quello con il vertice rivolto verso l’alto rappresenta Purusha Shiva, il fuoco. I cerchi sono connessi a Brahaman; il quadrato alla Terra e ai caratteri della scrittura sanscrita.

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CAPITOLO 4

PRATICA DEL MANTRA

Per prima cosa bisogna imparare a modulare la voce secondo la tecnica del mantra sadhana.

Un mantra è composto da lettere che, combinate in sillabe e parole della lingua sanscrita (emesse con la bocca) e dotate di un suono fisico (ascoltato dall’orecchio), danno forma e consistenza materiale al suono sacro (colto dallo spirito).

In teoria ogni elemento o categoria dell’universo ha il proprio suono archetipo. ciò vale, per esempio, per i cinque elementi etere, aria, fuoco, acqua e terra, i cui suoni (HAM, YAM, RAM, VAM E LAM) possono già di per sé‚ costituire dei mantra. Ma ciò che caratterizza normalmente i mantra mistici sono i suoni particolari di cui si serve la tecnica (shadana, appunto) impiegata per mettersi in relazione con le divinità.

L’operazione consiste nel porre le lettere in una sequenza precisa e definita di suoni. La relazione tra le lettere più nada e bindu costituiscono in un mantra la manifestazione della divinità evocata, che in questo modo si rivela alla coscienza di chi pratica il sadhana. Per esempio il mantra dell’Energia primordiale, personificata in Maya o in Shakti, suona HRIM. Le lettere che compongono tale suono (ha, ra, i e ma) rappresentano rispettivamente

l’etere, il fuoco, lo Shiva androgino (l’unione di Shiva con Parvati) e l’unione tra nada e bindu.

Ogni mantra è recitato (o cantato: non esiste nella nostra

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lingua un termine in grado di rendere esattamente

quest’uso particolare della voce) in modo appropriato alle lettere che lo compongono e al ritmo che possiede. Per questo quando è tradotto perde la sua funzione di mantra, ovvero il suo potere perché viene meno la relazione con

‘quelle’ lettere e ‘quel’ suono che sono specifici delle energie sottili a cui è collegato. ciò, abbastanza

misteriosamente, non avviene quando un determinato mantra ha subito, rispetto alla forma originaria, consistenti cambiamenti fonetici per ragioni storiche e geografiche (si pensi ai mantra in uso nel Buddismo tibetano o in quello cinese). ciò ribadisce il concetto che l’efficacia di un mantra non risieda nelle lettere, nelle parole e nei suoni prodotti, bensì negli stessi archetipi che riproducono. Si può pensare a una sua affinità con qualcosa che è

racchiuso nella coscienza di chi lo usa e con qualcosa di identico nell’energia che si vuole evocare. Quanto più vi dedicherete al Mantra tanto più otterrete, perché ogni perla ha il suo prezzo.

Mentre cantate osservate la vostra mente. Resterete

sconvolti dalla facilità con cui la mente può essere indotta a divagare e dalla rapidità con cui vi sentirete annoiati.

Dovete ricordare che sarete di grande aiuto per gli altri quando avrete raggiunto un certo potere spirituale.

La scelta del Mantra per iniziare è estremamente

importante perché il maggiore successo risiede nel Mantra a cui meglio siete in grado di arrendervi. Esiste un Mantra specifico per ogni persona, l’Ishta Mantra, ma questo non significa che due persone non possano avere lo stesso Mantra. Secondo i principi del Nada Yoga, lo yoga del

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suono, tuttavia, esiste un suono particolare, una particolare vibrazione a cui il vostro corpo è meglio capace di

rispondere. Il Mantra strutturato per voi deve

corrispondere alla vostra natura spirituale. Ci sono molti modi per scegliere un Mantra. Potete cantare un Mantra verso cui vi sentite semplicemente attratti per natura oppure, se sarete abbastanza fortunati da trovare un vero Guru, sarà il vostro Guru a scegliere il Mantra a cui siete più adatti. Potete chiedere al vostro Guru un Mantra

specifico, oppure potete aspettare che sia lui a darvene uno in un momento di ispirazione. Oppure potete scoprire il vostro Mantra in sogno.

Dopo aver scelto o ricevuto il Mantra, attenetevi ad esso fino a quando non avrete una certa esperienza di potere.

Resistete alla tentazione di passare a un altro, pensando magari di aver effettuato la scelta sbagliata o perché vi sentite annoiati o ancora perché le note acute sono così difficili che non riuscite a raggiungerle. Cominciate con un Mantra e create valide fondamenta; soltanto a uno stadio molto più avanzato del vostro sviluppo potrete usare due o tre Mantra.

Per chi è interessato al uso dei Mantra come esercizio rituale o come anti-stress o come sostitutivo

dell’autoanalisi o per scopi religiosi deve consultare la seconda parte del libro.

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CAPITOLO 5

I MANTRA E LA GUARIGIONE

Se si vuole utilizzare i mantra per guarire da malattie di vario tipo bisogna iniziare a recitare il mantra prescelto per l’uso (può essere il mantra che abbiamo più usato o uno che riteniamo più adatto per l’occasione), mentre si recita il mantra bisogna iniziare a visualizzare

mentalmente una luce che inizia a scaturire dal nostro corpo fino a diventare accecate, bisogna però stare attenti a essere coscienti che quella luce annienterà la malattia indesiderata, una volta che si percepisce di aver ottenuto il risultato desiderato si smette di recitare il mantra.

Se si vuole vuole curare anche altri con i propri poteri allora bisogna visualizzare la luce che lentamente gli avvolge fino a ricoprirli del tutto. È possibile aiutare gli altri nello stesso modo anche se sono distanti, per fare ciò bisogna usare una foto delle persone (o persona) in

questione e visualizzare la luce che avvolge la foto prima e poi le persone che si vuole aiutare.

È possibile fare questo non solo per le malattie, ma anche per i mantra di protezione in modo da aiutare chi ci è caro, state attenti però, non sempre si può curare o proteggere tutti, se vedete una foto su un giornale di dei bambini che muoiono di cancro e recitate il vostro mantra non è detto che questi guariscano tutti, perché alcune malattie e alcuni problemi sono necessari per lo sviluppo e la crescita di alcune persone, oppure la guarigione è ostacolata da dei sensi di colpa che portano a sentirsi puniti giustamente da

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quella malattia.

Dopo aver detto ciò mi sembra logico che abbiate capito che non tutti possono essere sempre salvati e chi dice che può guarire tutti o che vi può insegnare a farlo è solo un ciarlatano e spero che i lettori di questo libro non vadano ad accrescere il numero di questi truffatori.

Non lasciatevi però prendere dalla sfiducia a queste mie parole, se volete

aiutare qualcuno usando i mantra tentate pure perché un atto di vero amore non è mai del tutto inutile, ma non sperate di ricavarne guadagni.

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SECONDA PARTE

I MANTRA E I RITI INIZIATICI

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CAPITOLO 6

TECNICHE RITUALI DEL MANTRA

Nella pratica dello Japa Yoga si usa un mala per aiutarsi nel conto delle ripetizioni del nome di un aspetto divino, come Siva o la Madre Divina. Un mala è un rosario di 108 perle, di solito fatta di legno di sandalo, di tulsi o di semi di rudraksha. Il numero 108 è sacro, in quanto I

rappresenta una linea e simboleggia Dio, la Suprema Energia, il potere da cui derivano tutte le altre linee, cerchi e movimenti; 0 è la completezza, un cerchio che

rappresenta la creazione di Dio come completa e perfetta;

8, in quanto simbolo dell’eternità, contiene l’elemento del tempo, perché la creazione si protrae in eterno. Il tempo può essere e steso o compresso, un concetto che si afferra soltanto attraverso la pratica.

La pratica del mala ha un valore terapeutico, soprattutto per la persona occidentale impegnata, perché favorisce la concentrazione della mente, il controllo delle emozioni e la consapevolezza del corpo, conquiste che avvicinano al regno dello spirito.

La mente è in movimento costante, usa l’energia in

maniera improduttiva creando rumori mentali di fondo che riguardano prevalentemente gli eventi passati o futuri. La vita è una catena infinita di cause e di effetti, e nello stesso modo le perle del mala sono una catena infinita in cui con ciascuna perla i pensieri infiniti ricevono un significato specifico e importante connesso a quel particolare Mantra.

Esiste una perla speciale chiamata Monte Meru, che segna

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il punto in cui gli estremi del mala sono stati congiunti.

Quando le dita raggiungono il Monte Meru, il mala dovrebbe essere girato in modo da proseguire il

movimento nel senso opposto. Quella perla simboleggia il Dio-Realizzazione e, ogni volta che la raggiungete, vi sarà rammentato che non siete obbligati a portare avanti la catena di causa e di effetto. Un altro modo per ricordarlo consiste nel tenere il mala al livello del cuore, a indicare l’aspetto di devozione della pratica, il tentativo di

trascendere i livelli inferiori dell’essere.

L’uso del mala fornisce al corpo una certa attività e in questo modo libera l’energia nervosa e l’inquietudine. A mano a mano che si ripete il Mantra a ogni perla, si lascia scorrere il mala fra il terzo dito (l’anulare) e il pollice, mai fra il primo dito (l’indice) e il pollice. Attraverso l’uso le perle assorbono parte dell’energia di chi le utilizza e vengono caricate. Se il mala è fatto di legno di tulsi all’inizio risulterà un pò rozzo al tatto, ma le perle verranno levigate dal loro impiego. Il mala dovrebbe essere portato al collo con il Monte Meru sul davanti, in quanto indossare il mala serve a ricordare lo scopo che una persona ha nella vita, quello di realizzare Dio e se stessa, e portarlo intorno al collo permette di avvertirne i movimenti nel corso di tutte le attività quotidiane. La notte deve essere deposto sotto il cuscino oppure sul vostro altare.

Per ottenere il massimo beneficio dalla pratica del Mantra, riservate ad essa ogni giorno un preciso lasso di tempo e stilate con voi stessi l’impegno scritto di portare avanti la pratica per un periodo abbastanza lungo da permettervi di

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percepirne gli effetti: tre mesi è un buon periodo iniziale.

Cominciate con poco e aumentate gradualmente per sviluppare l’entusiasmo e la perseveranza, inducendovi a desiderare di gestire cose più grandi. Non siate troppo ambiziosi, non permettete al vostro ego di convincervi che siete in grado di sostenere subito un lungo periodo di canto. Gestite la vostra crescita spirituale nello stesso modo in cui curereste un piccolo seme che ha bisogno delle massime cure e della più grande attenzione. Il momento consigliato per la pratica del Mantra sono le quattro del mattino perché è l’ora in cui ci sono poche vibrazioni che disturbano l’aria, ma osservare quest’orario potrebbe riuscire difficile, a meno di trovarsi in un

Ashram o di vivere da soli. Quando scegliete il vostro momento per la pratica del Mantra, ricordate che il canto deve distare almeno un'ora e mezzo dai pasti e, una volta che vi sarete abituati all’idea di praticare il Mantra, allungate i tempi. Ben presto diventerete molto

consapevoli del tempo, del modo in cui lo impiegate e, forse, lo sprecate.

Prendete l’abitudine di scrivere tutto quello che fate nel corso della giornata, determinate in che cosa sprecate tempo e cercate di essere efficienti in modo da poter trovare uno spazio per i vostri esercizi spirituali. Prima di cominciare il canto fate un bagno, o almeno lavatevi le mani, la faccia e i piedi. Mentre vi lavate, pensate che le impurità della vostra mente vengono così eliminate e nell’indossare abiti puliti pensate che la vostra anima viene avvolta in nuovi abiti di natura divina. Queste riflessioni vi consentiranno di raggiungere l’elevazione.

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Imponete alla vostra mente che la vostra completa attenzione si concentri sul protrarre il canto per uno specifico periodo di tempo, poi liberate la mente da ogni altro pensiero, passando in esame preoccupazioni e doveri, promettendo con fermezza a voi stessi che ve ne

occuperete dopo aver concluso il periodo di canto e sottolineando che essi non dovranno invadere questo momento che avete riservato per essere santi.

Scegliete un posto quieto dove non sarete disturbati e recatevi in questo luogo tutte le volte che praticate il Mantra, guardando verso nord o verso est. Sistematevi su una sedia comoda o per terra, su un cuscino; nel caso il cuscino venga usato per sostenere la schiena accertatevi di metterlo al di sotto della cintura in modo da raddrizzare la spina dorsale e da non accentuare la curva lombare. Nel pensiero di raddrizzare la schiena è insito un sottile suggerimento a formulare pensieri diretti e lineari che conducono alla rettitudine e alla forza.

Stendete una coperta di pura lana o un panno di seta pura sul posto che avete scelto come luogo di pratica.

Tradizionalmente per questo scopo si usa una pelle di daino o di tigre che serve a conservare l’energia e a tenere lontane le vibrazioni della terra. Ciò che vogliamo è creare un magnetismo molto diverso che ci liberi dal magnetismo della terra, dai nostri bisogni e istinti, che ci conduca a vette più elevate di coscienza e di consapevolezza. È utile anche uno scialle di fibre naturali che copra il corpo, in quanto servirà alla stessa funzione e consentirà di trattenere le vibrazioni spirituali da voi generate.

Sedete a gambe incrociate sul pavimento con la gamba

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sinistra sulla destra, oppure in una delle tradizionali Asana dello yoga, come per esempio il siddhasana (la posizione perfetta), il padmasana (la posizione del loto), il virasana (la posizione inginocchiata), oppure il suksana (la

posizione sciolta); in alternativa sedete su una sedia con la schiena eretta. La spina dorsale deve essere diritta in modo che la corrente pranica che viene creata o stimolata

attraverso il canto possa scorrere liberamente. Una schiena curva S come un filo elettrico spezzato, che a volte

mantiene il contatto e a volte no. Dal punto di vista yogico il circuito pranico del corpo dovrebbe essere chiuso

incrociando le caviglie per mantenere gli effetti benefici del Mantra, mentre occorrerebbe inoltre abbandonare le mani in grembo con il palmo rivolto verso l’alto,

suggerendo così resa e ricettività all’introspezione divina.

Prima di cominciare il canto accertatevi che i muscoli principali del vostro corpo siano rilassati, poi rilassate anche il collo e le spalle, i muscoli della lingua, della mascella, della fronte e degli occhi. Mettete a poco a poco a fuoco lo sguardo sullo spazio fra le vostre sopracciglia.

Mentre cantate contraete i muscoli addominali,

costringendo cosi l’aria a uscire dai polmoni. Quando inspirate lasciate che il petto si dilati da solo, senza sollevare le spalle, e usate tutto il vostro fiato, tutta la vostra energia. Entrate completamente nel canto e

ricordate che è importante respirare con il naso. Il giusto tipo di respirazione profonda comincerà a svilupparsi naturalmente mentre cantate, e in essa non c’è nessuno dei pericoli che si possono invece riscontrare in alcuni esercizi di respirazione. Controllate la respirazione ed esalate il

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fiato con regolarità.

Imparate a sedere immobili per periodi sempre più lunghi di tempo e alla fine di quei periodi controllate il vostro corpo per essere certi che la testa, la schiena e le spalle siano diritti ma rilassati.

All’inizio e alla fine della pratica rivolgete una preghiera dl ringraziamento a coloro ai quali avete cantato il Mantra, perché in questo modo attrarrete quanti hanno trovato il Dio Rivelazione attraverso l’uso del Mantra. Se reciterete:

"Aiutatemi, per favore, venite e aiutatemi", essi verranno a darvi sostegno.

Accettando tale possibilità consentirete a voi stessi di avere quest’esperienza. Non lasciate che sia il vostro intelletto a decidere Ciò che può o non può essere, aspettate a giudicare dopo aver visto quello che succede.

La melodia del Mantra non deve mai essere cambiata. La combinazione di suoni S basata sulla percezione dei rishi che hanno così tradotto le vibrazioni eteriche allo scopo di creare un effetto magnetico nell’essere umano. Se

incontrate difficoltà a raggiungere le note più acute, non dovete comunque cambiare la chiave, perché la vostra voce si adeguerà. La difficoltà di cantare le note acute dovrebbe essere interpretata in accezione simbolica: non lasciate che il vostro ego sé interponga e vi scoraggi dal continuare. La voce ha bisogno di essere educata e con tempo, pazienza e pratica riuscirà ad arrivare alle note più acute.

A poco a poco scoprirete che la vostra voce diventerà più limpida, più fluida, più acuta e raggiungerete note che non avreste mai creduto di poter cantare. Questo è uno dei

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piccoli miracoli disseminati lungo la strada. Come la voce ha bisogno di esercizio, anche la mente e la coscienza devono essere addestrate con la stessa diligenza per arrivare a vette

che non avete mai sognato di conseguire.

Riversate effettivamente voi stessi nel canto. Se

permetterete che diventi un atto meccanico o se lascerete cadere il vostro interesse, o se concederete a voi stessi di giudicarlo monotono, esso impiegherà un tempo più lungo per diventare efficace.

Come con l’apprendimento di una lingua, quanto più vi dedicherete al canto tanto più vi impratichirete. Nello studiare e praticare il Mantra apprenderete la lingua del Divino.

Dopo la pratica del Mantra restate silenziosi e ricettivi, fate sì che la vostra volontà si arrenda al Divino,

permettete a quella lieve voce quieta di parlare. Emergete dalla pratica con gentilezza, lentamente, non alzatevi di scatto per precipitarvi incontro a qualcosa di nuovo, ma tentate di conservare invece sensibilità, pace e quiete per il tempo più lungo possibile. Dopo la pratica spirituale, è necessario del tempo perché se ne possano assorbire gli effetti.

Con il passare del tempo nel rileggerle avrete sorprendenti rivelazioni. A volte nel praticare il Mantra potrete entrare in contatto con emozioni che non sapevate di possedere e potreste trovarvi a versare lacrime trattenute fin

dall’infanzia. Quelle lacrime non sono nulla di cui ci si debba vergognare: possono essere lacrime di auto

compassione, oppure di rimpianto per aver sprecato tanti

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anni. A volte si rivelano una forza ringiovanente che può rivitalizzare l’individuo, lavando via un accumulo di tristezza. Swami Sivananda suggeriva alle persone di raccogliere simbolicamente le loro lacrime e di lavare con esse i piedi della Madre Divina, però è meglio non

indulgere nelle proprie lacrime. Esse rappresentano un progresso piccolo, non uno grande. A volte la gente sviene durante il canto. Questo può accadere dopo lunghi periodi di canto a persone che hanno una cattiva circolazione sanguigna, ma S un fenomeno privo di effetti. Durante un prolungato canto di gruppo, lo svenimento può anche essere provocato dal fatto che la struttura atomica del cervello ha subito un cambiamento per adattarsi alla nuova vibrazione a cui S stata esposta. Svenire è una genuina risposta al potere del Mantra e manifesta un notevole mutamento nella personalità dell’individuo. In seguito ci sarà una tendenza a rivedere molti concetti e nasceranno nuove idee, insieme a un crescente desiderio di liberarsi dai limiti e a uno sforzo cosciente di avviarsi sul sentiero spirituale.

Lo studente deve imparare a controllare quest’energia quando essa comincia a sorgere. Il metodo per farlo è molto semplice. È necessario soltanto sentire che i piedi sono saldamente premuti contro il pavimento e ricordare a noi stessi che siamo lì, in quel momento, nel mondo fisico.

Gli esseri umani sono un ponte fra due mondi, quello del corpo fisico e materiale e il mondo invisibile creato dalla mente, che può manifestare qualcosa attraverso la nostra fede in esso.

Un’ altra tecnica che consente di controllare l’improvviso

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fluire dell’energia appena sperimentata è quella di visualizzare uno splendido loto dorato alla base della colonna vertebrale. Poi bisogna indurre con gentile fermezza la Luce nella colonna vertebrale a tornare nel loto a cui appartiene, e chiuderne saldamente i petali intorno ad essa. Ricordate di nuovo a voi stessi di essere lì, in quel momento, per un atto di volontà. È molto importante non indulgere in emozioni, non cercare nuove esperienze a tutti i costi, cantando molto in fretta o

facendo esperimenti con la tecnica di respirazione. Se cederete alla tentazione, molto presto sarete rosi dal dubbio e comincerete a chiedervi se Ciò che avete

sperimentato sia davvero una manifestazione del Divino o soltanto un prodotto artificiale della vostra

immaginazione; inoltre vi troverete intrappolati nel desiderio di provare nuove esperienze e sensazioni, e non guarderete oltre, alla ricerca della vera Luce. più avanti nella vostra pratica spirituale potrete trovarvi di fronte alla tentazione dei siddhis, i poteri della percezione

extrasensoriale. Questi poteri possono essere usati per scopi validi, ma troppo spesso sono soltanto una tentazione dell’ego. Se doveste cedervi potreste allontanarvi dalla vostra meta spirituale ancora più di quanto non ne foste distanti quando avete cominciato la pratica di cantare il Mantra.

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Capitolo 7

ADORAZIONE: COLTIVARE L’IMMAGINAZIONE

La mente ha bisogno di un'immagine concreta che la tenga concentrata durante la pratica del Mantra. Nel Bhakti Yoga, lo yoga dell’amore e della devozione, il praticante si concentra sull’immagine della divinità connessa al Mantra. Quest’ultima, Ishta Devata, crea un grande desiderio nel devoto, il quale sperimenta un rapporto di amore, di misericordia e di aiuto con la divinità che l’immagine rappresenta, grazie alla resa completa del corpo, della mente e dell’ego ai piedi della divinità stessa.

L’immagine rappresenta l’Altissimo, tutto Ciò che è sacro, perfetto, bello agli occhi del devoto, e nell’individuo si genera una risposta a quelle qualità.

Potete dipingere quell’immagine, prelevarla da un libro, oppure utilizzarne una del vostro insegnante spirituale, scelta che si può rivelare molto utile in quanto sapete già che aspetto lui, o lei, ha. Date vita a un'immagine del Divino che caricate con il potere della vostra mente, della vostra preghiera e del vostro amore, e in questo modo coltiverete l’immaginazione nel praticare il Mantra.

Queste figure di adorazione possono essere invocate anche con l’occhio della mente, aumentando così il potere della visualizzazione positiva. Il desiderio nasce

dall’immaginazione e nell’adorazione noi poniamo Dio nella nostra mente in modo che il Divino diventi parte del nostro desiderio e da portare gli schemi per la

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realizzazione di quel desiderio a un livello più elevato. Gli occhi possono essere tenuti chiusi, lo sguardo può essere focalizzato sullo spazio fra le sopracciglia. Ma se nel cantare non riuscite a quietare la mente, aprite gli occhi e levate il vostro canto diritto verso il cielo, invocando il nome di Dio in trepida attesa che Qualcuno possa davvero ascoltare. Usate il potere della vostra immaginazione e nel guardare il cielo figurate di vedervi un enorme orecchio, poi indirizzate il canto a quest’orecchio e osservate cosa succede. Come alternativa potete scegliere un'immagine di Dio e radicarla saldamente nella vostra mente, poi tentare di riprodurla nel cielo e provare un profondo desiderio di essere vicini a lui. Visualizzate Cristo sulla croce oppure una barca da pesca che calma la tempesta; oppure

immaginate Krishna, con i suoi splendidi gioielli indiani, la sua piuma di pavone, il suo flauto, i campanelli alle caviglie e la pelle azzurra che indica come lui sia un dio e non un essere umano e che rappresenta il principio divino.

Per pacificare la vostra mente ribelle e vincere la tentazione di lasciarvi distrarre, potete intervallare la recitazione del Mantra a brevi atti di adorazione, come scegliere e disporre fiori, preparare ghirlande oppure accudire un altare, aprendo così la vostra consapevolezza a quell’aspetto del Divino. Per prima cosa destinate un angolo della vostra casa a luogo sacro in cui cantare il Mantra e adorare, poi scegliete un rituale che si adatti a voi, un rito che vi permetta di concentrare la mente.

All’inizio molte persone avvertono un bisogno di protezione e il Siva Mantra può essere una risposta a questo impulso iniziale. Per includere l’adorazione del

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Signore Siva nella vostra pratica è sufficiente pronunciare il suo nome nel lasciar cadere acqua limpida su una pietra che lo rappresenta. Siva è l’aspetto del Divino che i rishi hanno riconosciuto come il creatore, il Sakta, il Signore della Kundalini e dell’Hatha Yoga, pratiche molto

coinvolgenti che richiedono una disciplina molto dura. Per quanti non posseggono queste capacità è comunque

sufficiente invocare il nome di Siva nel versare un pò d’acqua su una pietra.

Se la divinità da voi scelta è il Signore Siva come

distruttore di tutti gli ostacoli, potete coltivare fiori bianchi e deporli per lui sull’altare. Secondo la legge

dell’associazione di pensiero, i fiori bianchi vi metteranno in contatto con i picchi innevati dell’Himalaya che sono la dimora del Signore Siva. Se cantate l’Hari Om, invocando l’aspetto del Signore Vishnu, il protettore, potrete invece usare fiori azzurri. Le rose o altri fiori multicolori possono essere offerti alla Madre Divina quando si impiegano l’Ave Maria oppure l’Om Tara come Mantra personale.

Ponete un fiore, reale o immaginario, davanti a

un'immagine di Cristo, della Madre Vergine, di Siva, di Buddha o di chi desiderate, poi recitate:

"Dio, ecco un fiore. Non ho fatto io questo fiore, non ho il potere di creare un fiore, non ho davvero nulla, non una sola cosa che possa definire mia, ma prendo questa piccola parte della tua creazione e la restituisco a te, caricata con il mio amore, la mia emozione e la mia devozione. Ti prego di accettare la mia offerta."

Questo gesto vi aiuterà a rendervi conto che, soltanto dopo aver effettuato il necessario lavoro preliminare con la

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vostra immaginazione, potrete riconoscere Dio nel fiore o vedere in esso la Luce Divina.

Potete deporre fiori sull’altare, accendere una candela e dire:

"Dio, vorrei che tu accettassi questi fiori come simbolo della mia devozione; possa la candela essere un simbolo dei miei falsi desideri e possano essi bruciare alla Luce della Saggezza come questa candela brucia davanti ai miei occhi."

Ponete sull’altare un piccolo recipiente d’acqua e lasciatelo là per tre mesi senza rinnovare l’acqua. Ogni giorno bevetene appena un piccolo sorso e meravigliatevi nel constatare che essa rimane fresca a mano a mano che Voi elevate le Vibrazioni della vostra mente in virtù dei canti e delle preghiere. Identificate ogni sorso d’acqua in un simbolo dei Mantra e delle preghiere che lavano via i detriti della mente, e potrete verificare che l’acqua rimane fresca senza bisogno di essere coperta per tutto il periodo della vostra pratica spirituale. Non vi vergognate di compiere simili atti di devozione: avete il diritto di aspettarvi molto, ma dovrete aprire nuove porte perché possa succedere qualcosa.

Il rituale dovrebbe aiutare l’individuo a sperimentare la gratitudine per la conoscenza di Ciò che ogni aspetto del potere impersonale rappresenta davvero. L’adorazione di qualche aspetto del Divino può essere più elaborata, ma non S necessario che il rito sia complicato, in quanto se troppo complesso potrebbe finire per opprimere

l’adoratore con i suoi dettagli, escludendo l’affiorare di sentimenti più profondi.

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Potete anche ricamare l’immagine del Devata del vostro Mantra e nel realizzare ogni singolo punto ponetevi domande del tipo:

"perché la pelle è di questo colore? perché la mano è tenuta in questa posizione? cosa simboleggia questo particolare gioiello?" Dopo aver trascorso qualche tempo ad affinare l’immaginazione attraverso una varietà di forme di adorazione, la mente potrebbe raggiungere un livello di concentrazione tale da ricorrere spontaneamente a immagini più complesse del Divino, come un alito di vento o la Luce.

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Capitolo 8

I BENEFICI DELL’USO DEL MANTRA

La ripetizione di un Mantra è un mezzo per aumentare la capacità di concentrazione. Alcuni maestri spirituali indiani sostengono che il significato e il contenuto del Mantra non devono necessariamente essere compresi da un aspirante al fine di determinare l’effetto desiderato, che la pratica del Mantra da sola è sufficiente a ottenere il risveglio spirituale che ne costituisce lo scopo.

Ogni Mantra è però per natura una forma di devozione che ha il Divino come sua forma ed essenza e la

concentrazione sul suo significato consente un

raggiungimento della meta ultima più certo e più rapido. I benefici della pratica del Mantra dipendono dal singolo soggetto come individuo, dal punto da cui è partito, da dove si trova adesso, da quali sono state le sue vite passate e dall’intensità e dal grado del suo desiderio. Quando Si canta un Mantra tutto l’essere della persona in questione muta in meglio, quindi sarebbe opportuno creare

l’abitudine di ripetere il Mantra in ogni momento, perché il lavoro che Si svolge diventerà più facile e gioioso in virtù del continuo risuonare del Mantra nella mente. Uno dei risultati che giungono in fretta con la pratica del

Mantra è il controllo della respirazione, che è il mezzo con cui si può sviluppare l’abilità di controllare le emozioni.

Nel canto doniamo tutte le nostre emozioni al Mantra e alla sua divinità e chiediamo ad essa di aiutarci a ottenere il controllo. In questo modo troviamo un modo sicuro di

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liberarci dai sentimenti negativi perché , invece di

scaricarli su qualcun altro, li offriamo alla loro fonte. Un canto prolungato nel tempo porterà a una maggiore consapevolezza e alla sostituzione dei sentimenti negativi con affermazioni positive.

La pratica del Mantra spegne le emozioni turbolente e quieta di conseguenza la mente turbolenta. In termini yogi esiste una differenza fra emozioni e sentimenti, dal

momento che un'emozione purificata diventa un vero sentimento. Il Mantra Yoga ci fornisce un'opportunità di conoscere le emozioni, di sapere cosa sono, da dove vengono e quale sia il loro giusto posto nella nostra vita.

Tramite il Mantra Yoga possiamo imparare a far fronte alle emozioni in modo adeguato, a controllarle e a raffinarle e a incoraggiare lo sviluppo armonioso di tutti gli aspetti del potenziale umano.

Dal momento che purifica la mente, il Mantra rappresenta anche un grande strumento di protezione contro la paura.

Quando vengono purificate, le emozioni si trasformano in amore: questo costituisce un passo importante nel

risveglio di ulteriori livelli di consapevolezza, mentre l’influenza del Mantra diventa estremamente sottile. I sentimenti che sono stati purificati ci conducono alla presenza del Divino e dal Divino ci deriva un senso di protezione; Il Mantra è come uno scudo contro tutto Ciò che è negativo e in grado di turbarci.

Se pure nella vostra vita avete sperimentato soltanto timore, paura, solitudine e in misura limitata amore e gioia, non disperate perché , per quanto i vostri sentimenti vengano facilmente feriti, nella vostra eccessiva sensibilità

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risiede uno strumento meraviglioso sebbene non ancora sviluppato. A mano a mano che tutte le emozioni negative si evolvono in sentimenti più raffinati, scoprirete un cambiamento anche nei vostri concetti di amore e di gioia e vi accorgerete che tale sensibilità è esattamente Ciò che è necessario per entrare nella nuova dimensione di

comprensione, lungo il sentiero dell’Autorealizzazione.

La voce può diventare uno strumento con cui esprimere e controllare le emozioni e, se all’inizio non riuscirete a raggiungere le note più alte, perseverando nella pratica scoprirete che la vostra gamma di tonalità si va

espandendo, noterete che il respiro scorre più facilmente e che la voce diventa uniforme. Inoltre comincerete a sentire l’espressione delle emozioni - ira, delusione, gioia - nella vostra voce.

A volte il vostro canto potrà essere carezzevole, gentile, intenso, malinconico o rivelare come un senso di

abbandono; se canterete in tono sommesso potrete osservare che tutte le vostre emozioni diventano più gentili, scoprirete che attraverso il canto esse si purificano e si mutano in veri sentimenti che scaturiscono dal cuore.

In altri momenti la vostra voce potrà essere forte e potente, in quanto state riversando in essa tutta la vostra ira e la vostra delusione, le vostre richieste ed esigenze.

Esprimete onestamente a Dio Ciò che sentite, perfino la vostra collera e impazienza nei confronti del Divino per non avervi portati più in fretta vicino alla Luce, ma al tempo stesso imparate quando smettere di manifestare le vostre emozioni, perché la vostra pratica non diventi un pretesto per esprimere indulgenza nei propri confronti.

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Qualora doveste scoprire che le vostre emozioni sono particolarmente difficili da controllare, potrete restituirle al Divino, rivolgendovi a lui su un livello molto personale.

"perché mi hai dato tutte queste emozioni?" potete chiedere, per esempio.

"perché non mi hai dato la forza e la capacità di introspezione per gestirle? Voglio che tu venga qui e faccia qualcosa al riguardo, che tu apra una porta o tiri indietro una tenda in modo da permettermi di vedere perché mi sto sentendo in questo modo."

Questa può non sembrare una forma di preghiera ma lo è:

è il riconoscimento del bisogno di aiuto e della disponibilità a chiedere a Dio quell’aiuto, con un atteggiamento di umiltà.

Nel cantare le vostre emozioni, dalla più negativa alla più elevata, e nel restituirle all’Uno che ve le ha inizialmente donate, voi imparate ad accettare entrambe le parti del vostro essere, la buona e la cattiva, e a trascendere le coppie di opposti da cui state tentando di liberarvi.

Incanalando le emozioni verso Dio sul sentiero spirituale scopriamo che il Divino accetta la nostra lotta, ci aiuta e ci sostiene nella nostra ricerca dell’Altissimo. Di per sè le emozioni non sono una cosa cattiva, ma se si esprimono senza controllo possono risultare estremamente dannose:

perfino l’amore, quando non viene condiviso, quando non viene dato liberamente e generosamente, diventa amore di sè e si ritorce in maniera distruttiva contro l’individuo;

mentre quando sono opportunamente indirizzate, le emozioni diventano una chiara fonte di forza per ottenere grandi risultati. Attraverso il potere delle emozioni gli

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uomini e le donne hanno superato i loro limiti e raggiunto un più grande scopo nella vita, perché le emozioni

incanalate attraverso un Mantra diretto al Divino vi possono portare vicino a Dio.

Quando si canta un Mantra le emozioni si esprimono nel respiro e nella voce. Ogni volta che il respiro è irregolare significa che le emozioni coinvolte non sono in equilibrio;

tale squilibrio permane finché le emozioni in questione restano intense, ma poi esse si placano gradualmente e cominciamo a sperimentare quell’armonia che costituisce la nostra meta. Allora, quando cala la quiete, possiamo sintonizzarci con il più vasto ritmo del Cosmo e divenire una cosa sola con esso. Cantare ci aiuta a raggiungere la quiete, in quanto poniamo il respiro e le emozioni sotto controllo: in questi momenti di pace assoluta della mente si sperimenta una beatitudine indescrivibile. È triste verificare come la maggior parte delle persone possa concentrarsi soltanto quando si trova in difficoltà, mentre nei momenti di gioia la concentrazione si protrae per un attimo soltanto, in quanto chi è felice, impegnandosi per mantenere lo stato di beatitudine, in realtà lo annulla. È però possibile usare la capacità di concentrarsi in momenti di angoscia per liberare le proprie emozioni.

"Mi dispiace," potete dire, "ma devo ammettere che sono come un bimbo che non sa neppure camminare: dovete venire a sollevarmi. Se non volete che resti sempre un bambino dal punto di vista spirituale, allora dovete venire ad aiutarmi."

Arriva il momento in cui chi percorre un cammino di ricerca evolve sino a superare lo stadio infantile, ma per il

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breve tempo precedente non deve essere troppo orgoglioso di essere come un bambino piccolo e bisognoso agli occhi di Dio.

Cantando il Mantra gli sbalzi d’umore finiranno con il tempo per essere controllati e la consapevolezza del momento attuale crescerà, l’attenzione e quindi l’energia verranno allontanate dagli antichi schemi di pensiero che, come le voci incise in un'audiocassetta, continuano a ripetersi all’infinito, tenendoci legati al passato e al futuro, a immagini spaventose e a fantasie insensate che ci

causano quella sofferenza di cui noi stessi siamo origine.

Uno dei pericoli insiti nel seguire l’Inana Yoga, lo yoga della mente, consiste nel fatto che chi lo pratica tende a guardare dall’alto in basso i praticanti del Bhakti Yoga, lo yoga dell’amore e della devozione, fenomeno che indica soltanto come la mente sia stata usata per generare una vera discriminazione. Molti swami e yogi indiani mi hanno confessato di sperare nella vita successiva di reincarnarsi come donne, perché le donne posseggono la vera devozione, la vera umiltà, in cui risiede il sentiero verso la liberazione. Molti discepoli si prostrano ai piedi del loro Guru per sviluppare l’umiltà, ma in effetti il proselito si prostra davanti allo Spirito Divino che risiede nel Guru e in tutti noi.

Imparare ad arrendersi al Mantra e all’energia del Mantra mette di per sé in moto il processo di purificazione, consentendo di affrontare ed eliminare egoismo, glorificazione di sé, autogiustificazione e

autogratificazione. Non permettete che la mente

intellettuale vi distragga dal tentare la pratica del Mantra e

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dello Japa, in quanto dovete praticarli per poterne comprendere gli effetti.

Se di notte andate a letto e vi addormentate ripetendo il Mantra, esso rimarrà probabilmente con voi e vi

sveglierete con esso. Non sognerete a causa del potere generativo del Mantra che dissolve i problemi e rimuove la tensione derivata dall’eccessiva

auto stima e dalla volontà dell’ego. Se vi addormentate con il Mantra stabilirete contatti che elimineranno le vostre acrobazie mentali e verbali relative al concetto di mente, di ego e di Intelligenza Cosmica. Attraverso l’uso del Mantra si ottiene una più grande sensibilità e un

affinamento dei sensi che possono con il tempo consentire di vedere con l’occhio interiore e di sentire con l’orecchio interiore. Quando si sviluppa l’orecchio interiore, si può in me udire la musica delle sfere, una musica di una tale squisita bellezza che nessuno strumento e nessuna voce umana sono in grado di riprodurla: si può udire il Cosmico AUM. L’impatto e gli effetti di una simile esperienza porteranno un intenso desiderio di cambiamento e di sviluppo.

Il Mantra non è una pillola magica, ma piuttosto un costante flusso d’acqua che erode gradualmente anche la roccia più dura. Gli immediati risultati del canto sono un aumento dell’abilità di concentrarsi, seguito gradualmente dal controllo del respiro e delle emozioni. più tardi le emozioni saranno raffinate fino a diventare veri sentimenti.

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Capitolo 9

MANTRA E INIZIAZIONE

Tutti i testi sacri e tutti i maestri spirituali enfatizzano il bisogno di un insegnante che faccia da guida sul sentiero dello spirito. Quando pensate di aver trovato il vostro Guru, concedetevi il tempo di esaminare voi stessi e le vostre motivazioni, non desiderate l’iniziazione prima di aver deciso di voler accettare gli Insegnamenti e di essere disposti ad ascoltare e a obbedire. Accantonate ogni timore di poter finire per dipendere dal vostro insegnante perché un vero Guru vi porterà alla scoperta del Guru interiore. Per riconoscere il vostro Guru chiedete all’Altissimo che porti un segno ben stabilito perché lo riconosciate, e quando avrete dubbi se avete finito il vostro periodo con quel Guru chiedete un altro segno specifico. Una vera iniziazione al Mantra è come un matrimonio spirituale fra il Guru e il proselito, in quanto non può essere dissolta infrangendo il rapporto umano fra i due, rottura che comporterebbe soltanto un ritardo e la necessità di riprendere e continuare il rapporto in un'altra vita, fino a quando il discepolo avrà raggiunto

l’Autorealizzazione. Il Guru prende l’impegno di rimanere con l’adepto, nonostante la cocciutaggine, la resistenza e la fuga dal dovere dimostrate dal discepolo, fino a quando questi non avrà raggiunto l’Autorealizzazione. Il Guru e il suo seguace sono sempre uniti attraverso il potere del Mantra ed esiste un obbligo da entrambe le parti: colui che inizia l’altro accetta la responsabilità nei confronti del

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discepolo, mentre l’iniziato deve essere pronto ad

accettare la guida e l’autorità del Guru e sentire che è una cosa giusta sottoporsi all’iniziazione. Secondo Swami Sivananda, se da un lato è estremamente difficile trovare un maestro che sia disposto a cercare sinceramente l’interesse esclusivo dell’allievo, è anche estremamente difficile trovare un discepolo che agisca sinceramente secondo le istruzioni della sua guida. Il suo consiglio agli aspiranti è di equipaggiarsi di sincerità, di devozione e di umiltà prima di avvicinare un Guru e di non contare troppo sulla razionalità nell’effettuare la scelta. Per

entrambe le parti si tratta di una relazione intensa che deve essere cara a tutti e due in virtù della sua durata e

importanza. Prima dell’iniziazione lo studente e l’insegnante devono esaminare il loro rapporto per verificare se qualcosa potrebbe creare attrito fra loro.

Infatti il discepolo non dovrebbe mai accettare l’iniziazione fino a quando non ha sopraffatto le sue peggiori debolezze.

Durante l’iniziazione, o diksha, il Guru trasmette

all’adepto parte del potere del Mantra. Gurudev Sivananda spiega che "l’iniziazione dona potere spirituale e distrugge il peccato. Come una lampada viene accesa dalla fiamma di un'altra, così il divino Sakti all’interno del Mantra viene comunicato dal Guru al discepolo."

Il fenomeno può essere assimilabile a un lieve shock elettrico, ma può essere sperimentato anche come una gioia estatica, quasi si camminasse sulle nuvole, che dura parecchie ore o anche qualche giorno. L’iniziazione produce svariati effetti, in quanto il potere del Mantra

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diventa maggiore e tende a farsi sempre più percettibile per il discepolo, aumentando la sua sensibilità. A quel punto il Mantra diventa una forza autogenerante che spinge il proselito all’unione con il potere del Mantra stesso. L’effetto sul ricevente dipende dalla qualità dell’amore e dalla profondità della sincerità con cui il potere del Mantra viene trasmesso.

Esiste una terribile responsabilità nell’accettare

l’iniziazione, perché il potere del Mantra è neutro e Ciò che si fa con esso può essere una benedizione per l’iniziato stesso e per gli altri, così come causa di un grande male. L’iniziazione è paragonabile ai primi tempi di un matrimonio, quando forti sono l’infatuazione e l’attrazione, ma la vita umana ha i suoi cicli e questo periodo dura soltanto un paio d’anni, poi la fase romantica finisce. Non si deve però mai infrangere l’impegno preso con il proprio Mantra. A volte capiterà di effettuare la pratica quotidiana per un senso di dovere, a volte per amore, mentre in altri momenti si può avvertire un'aridità spirituale. Quest’ultimo stato deve essere recepito come l’indicazione della necessità di un periodo di riposo, durante il quale non si devono prendere avventate decisioni in merito al proprio futuro spirituale.

Una volta ricevuta l’iniziazione, si assume l’impegno di essere schietti e aperti con il Guru in merito alle azioni e ai progetti della propria vita, in quanto nell’accettare

l’iniziazione si attribuisce al Guru il diritto di intervenire nei propri affari personali. Il Guru si può opporre a un progetto matrimoniale o a un cambiamento nella carriera, oppure può chiedere che si intraprenda un lavoro con cui

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non si ha familiarità, o che ci si trasferisca in un'altra città.

In questo rapporto l’iniziato ha qualcuno che si prende cura di lui e che è disposto a fornire consigli obiettivi, evitando in tal modo errori e sofferenze. Se però

l’intenzione di un libero scambio muore nelle fasi iniziali del rapporto, questo è un segno evidente per entrambe le parti che tale rapporto dovrebbe essere rivalutato, in quanto possono essere esistite da parte dell’iniziato false speranze di ottenere straordinari poteri o di vivere

esperienze eccitanti. In questo caso bisogna mettere in discussione la sincerità della sua decisione e applicare appieno il significato dell’iniziazione o sciogliere il rapporto.

Il karma non avrà effetto quando esiste un accordo fra due individui che si stanno separando, accordo inteso a

garantire che non ci siano delusione o dolore da parte di nessuno dei due. Questa regola si applica al comune matrimonio e ci si può quindi aspettare ragionevolmente che si applichi in certa misura anche al matrimonio

mistico inaugurato dall’iniziazione al Mantra. Un rapporto unilaterale non è un rapporto effettivo. Ci sono molte idee errate in merito al concetto di iniziazione, e l’iniziazione al Mantra può assumere molteplici forme. In India può essere data ai bambini dal padre o dalla madre, come è avvenuto per esempio nella vita di Papa Ramdas, il

famoso santo dell’India meridionale. In queste situazioni il genitore ha un calibro spirituale elevato e guida i passi del figlio con l’intento di aiutarlo a raggiungere il suo stesso stato di Realizzazione. Questo significa che la vita che si conduce nella casa è altamente spirituale, dedicata allo

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studio delle scritture, alla recitazione di sacri testi e al canto del Mantra. L’effetto di un addestramento in età così giovane è profondo e duraturo, e il genitore che inizia un figli o non ha in mente come meta il sanyas (Papa Ramdas non era un samnyasin). In questo caso si tratta di una benedizione per il bambino e si usa un diverso tipo di Mantra.

L’iniziazione al Mantra può anche essere data da un Guru compassionevole al fine di aiutare un individuo, non sempre sulla base del riconoscimento del potenziale di un grande potere spirituale, ma piuttosto di uno stato di bisogno. Possono esistere condizioni karmiche che risultano difficili da affrontare e che metterebbero in discussione una nascita favorevole nella vita successiva.

Uno dei giovani seguaci nell’Ashram di Sivananda aveva dei precedenti come ladro. Quando mi sono resa conto che era stato iniziato da Swami Sivananda, ho ritenuto che non fosse stata una decisione saggia e sono rimasta perplessa di fronte al fatto che un Guru potesse aver esercitato così poca cautela. Quando gli ho chiesto per quale motivo avesse iniziato una persona del genere la sua risposta è stata che nell’accettare quell’individuo e nel dargli l’iniziazione lo stava aiutando a ottenere in un'altra vita condizioni migliori e gli stava anche fornendo nell’attuale esistenza un sostegno nel vincere le proprie debolezze.

Affinché uno sforzo del genere da parte di un Guru abbia buon fine, il discepolo deve però possedere vera umiltà e un profondo senso di gratitudine. Sfortunatamente la riconoscenza può essere espressa in maniera soltanto temporanea e scomparire presto come inghiottita dalle

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sabbie mobili. È evidente che il Divino porgerà sempre il proprio aiuto, indipendentemente da quelli che possono essere i problemi contingenti, e che è molto sciocco permettere all’orgoglio di impedirci di accettare e di apprezzare un dono tanto prezioso.

A volte un Guru elargisce l’iniziazione a cento o più persone in una speciale cerimonia. Swami Sivananda mi ha spiegato che un simile rituale lancia un richiamo per i pochi che possono recepire il messaggio, per metterli in grado di ricevere la piena iniziazione.

Se un Mantra è stato ricevuto in sogno, di solito in quello stato si S sperimentata una parte del suo potere sufficiente a permettere all’aspirante di riconoscere il Guru, ma rimane comunque a completa discrezione del Guru se concedere o meno l’iniziazione, perché in questi casi il Guru non ha l’obbligo di darla, così come non esiste nessun obbligo soltanto per il fatto che il Guru sia stato in contatto con un devoto per un certo numero di anni, neppure nel caso che questi viva nell’Ashram del Guru.

L’iniziazione al Mantra non S infatti una sorta di promozione automatica.

A volte il Guru e il discepolo sè incontrano a causa della promessa con tenuta nel Mantra e il discepolo tornerà anche quando il Guru si incarnerà di nuovo per aiutarlo nell’opera divina, per ripagare il tempo e la fatica che questi gli ha dedicato nelle vite precedenti.

Le donne devono stare attente a cercare l’iniziazione soltanto per opera di un Guru capace di accettare una donna come una sua pari, in quanto un maestro di sesso maschile che non è capace di farlo non si è pienamente

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realizzato. L’impegno richiesto da un'iniziazione al Mantra non è adatto o possibile per tutti, ma gli ideali che esso implica possono essere ricercati con pari serietà anche dai non iniziati.

L’iniziazione al Mantra

è un primo passo essenziale, se lo scopo è quello di diventare un samnyasin. In un Ashram è regola generale che una persona venga iniziata dal Guru prima al Mantra, alcuni anni più tardi al Brahmacharya e infine al sanya. I periodi di tempo che intercorrono fra queste fasi sono destinati allo studio intensivo e servono a mettere in pratica quello che si S imparato. L’iniziazione a swami elargisce il diritto di insegnare i Vedanta. Ci sono diversi ordini di sanyas.

Gli aspiranti chiedono spesso cosa succederebbe al mondo se tutti diventassero iniziati e arrivassero al

brahmacharyPa o al sanyas. Non c’è pericolo che il mondo si estingua perché in esso troppe persone desiderano

continuare a vivere secondo i vecchi schemi.

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APPENDICE A PRATICA COI MANTRA

I MANTRA DELLE RUOTE D’ENERGIA (o chakras) MULADHARA: MANTRA LAM

Mula significa radice, adhara supporto: questo chakra dunque localizzato alla base della colonna vertebrale, è la terra (tale è infatti l’elemento cui è collegato) in cui si radica l’albero della vita di ciascuno ovvero, come sede di Kundalini, è il centro in cui l’energia suprema è nell’uomo addormentata, presente soltanto a livello potenziale.

SVADHISTHANA: MANTRA VAM

Questa ruota d’energia è situata nella regione addominale, sotto l’ombelico, più o meno alla radice degli organi genitali. L’elemento correlato è l’acqua. Se l’energia di Muladhara si manifesta nella sessualità animalesca, nel puro istinto che spinge alla riproduzione, quella di Svadhisthana si manifesta nella sessualità già

individualizzata, come ricerca di un ponte, attraverso il sesso, tra l’io e il mondo esterno.

MANIPURNA. MANTRA RAM

Questo chakra è localizzato all’altezza dell’ombelico. La parola allude etimologicamente a un’abbondanza di gemme preziose, e il tipo di energia che qui si raccoglie e distribuisce è quella del calore.

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