• Non ci sono risultati.

Tecnologie di microfabbricazione ibride: RP ed elettrospinnig

Come descritto nei paragrafi precedenti la biocompatibilità di uno scaffold può essere classificata in biocomaptibilità superficiale, che dipende dal ma- teriale, e biocompatibilità strutturale che è legata principalmente alla sua architettura e alle dimensioni dei suoi elementi costitutivi. Le dimensioni dei vari elementi costitutivi sono fattori importanti nel regolare le attivi- tà cellulari, inafatti studi precedenti hanno dimostrato chesia l’adesione che la proliferazione cellulare sono influenzata dalla scala architettonica dello scaffold.

I pragrafi predenti hanno chiarito il ruolo importante che stanno assu- mendo le tecnologie di Rapid Prototying nell’ ingegneria dei tessuti. Tutte queste tecniche, consentono di progettare l’architettura si scaffold in modo CAD / CAM controllato per soddisfare i requisiti specifici dei tessuti, con un conseguente modulazione delle proprietà meccaniche e la possibilità di otten- re una porosità completamente interconessa per un’adeguate perfusione dei nutrienti necessaria alla sopravvivenza delle cellule. Esse inoltre permettono di ottenere scaffold multifunzionali, cioè costituiti da diversi materiali e da gradienti di porosità.

Tuttavia scaffold RP sembrano avere caretteristiche superficiali non ade- guate, inoltre la risoluzione dei pori di queste strutture rappresenta ancora un limite in termini di e cienza della adesione cellulare e formazione del nuovo tessuto. La dimensione dei pori di scaffold RP sono relativamente grandi rispetto alle cellule dimensioni e quindi un elevato numero di cellule è necessario per ottenere un numero su ciente di cellule adese che produco- no matrice extracellulare su ciente per funzionalizzare il costrutto. Questo

Tecnologie di prototipazi one Rapida di tip o ink-jet Materiali Risoluzione Sv an taggi Esempi Ink-jet prin ti ng Alginato/Gelatina; Fibrina; PLLA; HA TCP 50-250 μ m (go cce di po chi pl) - [39] 3D Pri niting pol imeri bio ero dibili (PLA, PLGA, ecc),

biomateriali ceramici biopolimeri naturali

100 μ m necessaria post- elab orazione; presenza di pol vere in trapp olata nella struttura [43] Tab ella 2.3: Tecnologie di prototi pazione Rapida di tip o ink- jet

alla fine si traduce in elevati costi per l’isolamento delle cellule, per processi di espansione, per la cultura, che può ostacolare la rilevanza clinica di que- ste strutture 3D. Un possibile modo per migliorare questo aspetto potrebbe essere la semina nei pori degli scaffold di aggregati cellulari favorendo sia l’insieme di quei processi che permettono il dialogo tra due o più cellule sia la conseguente formazione del neotessuto.

D’altra parte, poichè molti studi di ricerca hanno riconosciuto l’impor- tanza dell’architettura nanostrutturata in vista applicazioni biologiche, si è reso nesecessario la produzione scaffold funzionali che possono mimare la nanoarchitettura della ECM e favorire l’attivazione delle cellule. Quindi per migliorare la biocompatibilità strutturale dia scaffold RP un’altra possibilità può essere l’introduzione di una rete di fibre su scala nano e micrometrica che fonisce un altissimo rapporto superficie/volume per favotire l’adesione delle cellule e di fornire segnali alle cellule in modo simile alla matrice ex- tracellulare. Per ottenere questo è stata proprosta una tecnologia ibrida che combina un sistema di prototipazione rapida 3D e un processo di electospin- ning per produrre una architettura costituita da una struttura 3D con reti di nanofibre.

Come è mostrato in figura 2.8, la tecnica dell’elettrospining richiede un apparato strumentale molto semplice, composto da:

• Soluzione polimerica; • Pompa a siringa;

• Elettrodo in contatto con la soluzione;

• Generatore di alta tensione collegato all’elettrodo; • Collettore messo a terra dove vengono raccolte le fibre.

Figura 2.8: Apparato strumentale per Elettrospinning

La soluzione è contenuta all’interno di una siringa (pochi ml); l’elettrodo è collegato con l’ago della siringa, in modo da caricare la soluzione. A una certa distanza dall’ago viene posizionato il collettore, collegato con la messa a terra: su di esso verranno depositate le nanofibre. Una pompa a siringa (per portate molto basse) permette di impostare la portata della soluzione in uscita dalla siringa. Una volta acceso il generatore e impostato il voltaggio desiderato (in genere compreso fra 10kV e 50kV), una goccia della soluzione in uscita dalla punta dell’ago viene deformata fino ad assumere forma conica (cono di Taylor) per effetto delle campo elettrico e dal cono stesso parte un getto, costituito da una nanofibra, diretto verso il collettore (collegato alla messa a terra). L’elevata densità di carica sulla superficie del getto causa una forte instabilità di carica, e fa sì che la fibra elettrofilata oscilli velocemente (il movimento è assimilabile a quello di una frusta). Queste oscillazioni sono talmente veloci da dare l’impressione che dalla singola goccia si diramino molte nanofibre; in realtà, fotografie del getto dimostrano che la fibra è una sola e la rapidità con cui la fibra si muove crea un effetto ottico per cui le fibre sembrano molteplici. La rete di nanofibre depositata sul collettore è composta da un’unica nanofibra che si dispone su di esso in maniera del tutto casuale. Il solvente (in genere presente in soluzione in percentuale superiore all’80%) evapora nel tragitto dall’ago al collettore. E’ consigliabile scegliere solvente, distanza tra ago e collettore e temperatura, tali da assicurare che

la fibra filata sia del tutto secca nel momento in cui raggiunge il collettore e che quindi il solvente sia evaporato completamente. Eventuali cariche residue presenti sulla nanofibra vengono scaricate al contatto con il collettore.

Inoltre, poichè da studi di ricerca è noto che la morfologia e la dimensione delle fibre influenzano il tasso di proliferazione cellulare, allora a seconda della velocità di pompaggio di flusso, l’intensità del campo elettrico, e la concentrazione della soluzione di polimero, è possibile elettrofilare fibre di differente diametro e area superficiale.

In letteratura è possibile individuare molti esempi di processi ibridi, ad esmpio Moroni et al. hanno realizzato con successo degli scaffold per inge- gnerizzare cartilagine in PET e PEOT mediante 3D fiber deposition capaci di integraere una rete di fibre nanomentriche depositate sulla struttura me- diante il prcesso di elettrospinning; l’elletrofilatura della soluzione polimerica è stata eseguita ogni due strati deposti mediante 3D fiber depoosition per 15 secondi o 2 minuti (mantendedo costanti i parmetri relativi alla tensione applicata e alla portata siringa) per variare densità di fibre deposte [44].

Figura 2.9: Processo a stadi per la realizzazionio di scaffold tramite 3D fiber deposition ed elettrospinning

Figura 2.10: Immagine SEM di scaffold ottenuti mediante combinazione di 3D fiber deposition ed elettrospinning (elettrofiltaura di per 2 minuti ogni due strati deposti)

Park et al., invece hanno adottato un processo ibrido per realizzare scaf- fold 3D simulando l’ambiente biofisico abbinando deposizione di polimero fuso (FMD) ed elettrospining. Queste strutture sono realizzate in PCL, questo polimero viene estruso tramite FDM per ottenere l’architettura che conferisce le adeguate prorietà meccaniche, mentre tramite elettrospinning la soluzione di PCL vine e ellettrofilata per fornire una superficie aggiunti- va per una migliore adesione e proliferazione cellulare. l processo ibrido è costituito da due fasi che si ripetono sequenzialmente fino a completa rea- lizzazione dello scaffold: deposzione di un layer tramite FDM secondo un preciso pattern e successiva deposizione della struttura microfibrosa.

2.5

Il Bioprinting: il nuovo concetto della Prototi-

pazione Rapida applicata all'ingegneria dei tes-

suti

Recenti studi hanno mostrato una nuova scuola di pensiero, noto anche come bioprinting, per generare utilizzando il concetto di tecniche di produzione “layer-by-layer” organi umani funzionali tridimensionali. Il Bioprinting, in generale, comporta la deposizione di strati successivi di "Bio-ink" (cellule adulte o embrionali staminali) in un modello desiderato fino su un substrato in idrogel fino ad un tridimensionale specializzate. Ci sono già segnalazioni nella letteratura scientifica di vari gruppi che sono riusciti a stampa pelle, ossa, e vasi sanguigni. La stampa di organi complessi (come rene e pancreas) potrà essere fattibile in futuro.

Uno dei vantaggi immediati del bioprinting risiede nell’aiutare i ricercato- ri a migliorare il processo di scoperta di nuovi farmaci. Un obiettivo a breve termine per il bioprinting potrebbe essere la stampa di una sezione una pic- cola sezione di tessuto epatico vitale che può essere utilizzato per verificare

risposta ai farmaci paziente-specifici oppure la stampa di cuori in miniatura, polmoni, vasi sanguigni, e fegati che saranno collegati con un sostituto del sangue. Questi sistemi hanno il potenziale per accelerare lo sviluppo di nuo- vi farmaci e per sostituire la sperimentazione animale, che può essere lenta, costosa, e non sempre accurata.

Questa nuova tecnologia solleva una questione fondamentale dal punto di vista del diritto dei brevetti: un organo umano o tessuto umano creato con la stampa 3D a partire da cellule naturali umane può essere oggetto di brevetto ?. Oppure si tratta semplicemente di “prodotti della natura” e quindi non possono essere brevettati?