• Non ci sono risultati.

Minuta di telegramma di Gabriele d’Annunzio da Gardone Riviera del 22 maggio 1923 [Archivio Personale del Vittoriale].

Nel documento Forma breve (pagine 189-193)

29. Per la diffusione sulla stampa italiana della notizia della morte dell’attrice a Pittsburgh vedi M. P. Pagani, Aprile 1924: fiori di carta per Eleonora Duse, in «Enthymema», VI (2014), n. 11, pp. 87-104.

I telegrammi di Eleonora Duse

243

Fig. 1

Telegramma di Eleonora Duse, Londra 16 maggio 1900

Fig. 2

Telegramma di Gabriele d’Annunzio, Gardone 22 maggio 1923

Forma breve

244 Ebbene, quell’incendio, con cui l’Ariosto quasi conclude le mille peripezie dei suoi eroi, che s’è divertito a far muovere pazzamente nel gran poema, quell’incendio gigantesco che divora un regno, è un gran falò, in cui crepita, si consuma e si distrugge tutto un mondo letterario di cartapesta, che crolla con fracasso: il mondo dei falsi eroismi inutili, coi suoi guerrieri di latta, il mondo dei poemi e dei romanzi cavalle- reschi, che prendevano sul serio la gran bontà dei cavalieri antiqui e che più tardi doveva far impazzire il generoso Hi- dalgo della Mancia1.

Con queste parole Achille Campanile avvia alla conclusione la sua lettura ariostesca, tenutasi il giorno di Natale del 1928 nel Salone dei Giganti del Castello Estense a Ferrara. L’oc- casione è importante: si tratta infatti delle celebrazioni del quarto centenario dalla morte del poeta ferrarese, inaugu- rate il 6 maggio dello stesso anno da Italo Balbo e raccolte nel volume intitolato L’Ottava d’Oro. È un intervento dove, nel giorno in cui la Cristianità celebra il suo rito solenne, il nostro ancor giovane autore – forse solo per caso – esalta Lu-

1. A. Campanile, L’umorismo dell’Ariosto, in L’Ottava d’Oro. La vita e l’opera di Ludovico Ario- sto, Mondadori, Milano 1933, p. 612.

Il tragico rovesciato: la velocitas umoristica di Achille Campanile

245 Il tragico rovesciato: la velocitas umoristica di Achille Campanile

dovico Ariosto come umorista incendiario, che svela, tramite la sagace penna, la formalità vuota e ritualizzata del suo mon- do di carta, specchio impietoso di quello reale. Campanile coglie perfettamente l’ironia nascosta nel Furioso, parafrasan- do, con giusta causa e consapevolezza, i versi 1-6 dell’ottava xxii del canto I:

Oh gran bontà de’cavallieri antiqui! Eran rivali, eran di fé diversi, e si sentian degli aspri colpi iniqui per tutta la persona anco dolersi; e pur per selve oscure e calli obliqui insieme van senza sospetto aversi.”

Ariosto lascia cadere, con estrema leggerezza e grazia, un commento ironico all’interno del suo dettato epico-romanze- sco. Solo pochi versi, ma che colorano in maniera indelebile il mondo cavalleresco del suo poema. Qualcosa è cambiato nell’universo dei paladini e cavalieri: le regole ferree di quel sistema di valori si vanno svuotando di significato e stanno diventando dei contenitori vacui, proprio come le parole dei poeti che, sulla Luna, hanno l’aspetto di cicale scoppiate. Sono solo pochi versi, ma essenziali e potenti nella loro opera di svelamento della realtà effettuale del consorzio umano, tanto da poter affermare che Ariosto mostra con il sorriso di esigue parole la tragedia umana che va occultamente evol- vendosi. Solo sei versi ed è questa brevità, credo, a colpire e a far sentire coinvolto l’altro umorista, Campanile, al quale bastano, per il suo sottinteso incendio, solo due battute, quel- le delle sue Tragedie. Achille Campanile, quindi, commenta sì Ariosto, ma implicitamente – e lasciandolo ben intendere ad un orecchio non sordo – parla di sé e della sua creatività “minima” che, solo dopo la morte, sarà raccolta in un volume intitolato appunto Tragedie in due battute.

Nei medesimi anni, infatti, Campanile ha iniziato a scrive- re brevi componimenti pungenti, ossia celeri freddure trac- ciate nello spazio di un foglietto che si configurano come dei veri e propri piccoli interventi teatrali i quali, se anche non vengono compresi dal pubblico come tali proprio per la loro rapidità, occupano costantemente la vita del loro autore per tutta la sua durata. Un tempo minimo di scrittura che si di- lata, quindi, fino a quello massimo della morte e che mostra questa stessa ambivalenza anche da un punto di vista spaziale: il foglietto si allarga fino a diventare scena teatrale prima e

Elisa Martini

246

poi televisiva. La monade del bigliettino con due battute è in realtà «l’elemento modulare minimo»2 di tutta l’attività scrit- toria di Campanile, sia giornalistica, sia letteraria, sia teatrale.

Il foglietto è all’origine di molte idee che poi si sviluppe- ranno negli anni e sulle carte e sui giornali, tanto da essere il fondamento sia temporale che spaziale della scrittura cam- paniliana: la brevità diventa sinonimo di longevità e stabilità, collocandosi, così, perfettamente in quel gioco di rovescio che tanto permea di sé l’opera di Campanile. L’atmosfera da

anticlimax è presente già nella dicitura ossimorica delle sue

freddure, Tragedie in due battute appunto, dove a essere rove- sciato è il genere aulico per eccellenza: la tragedia. La forma teatrale più nobile, così come il melodramma e l’opera, viene capovolta in ogni suo aspetto a partire dal tempo: i canonici cinque atti aristotelici si riducono a una brevità comica, con una velocitas umoristica che stravolge le fisionomie dei per- sonaggi e degli ambienti. Si prenda, per esempio, la tragedia

Il Principe Pensieroso:

Personaggi:

il principe pensieroso il gran ciambellano

La scena si svolge nel castello del principe pensieroso. Salo- ne antico. Dai finestroni gotici si vede la sterminata e neb- biosa campagna del Nord e l’uggiosa pioggia che malinco- nicamente i campi lava.

All’alzarsi del sipario, il principe pensieroso, avvolto in un mantello di velluto nero, è seduto nella poltrona a bracciuo- li, sotto un baldacchino dorato e, la fronte appoggiata a una mano, è immerso in riflessioni.

Entra il gran ciambellano, gli fa un profondo inchino e s’accinge a comunicargli cose della più grande importanza. il gran ciambellano

esitando, per tema di disturbare il principe: Altezza….

il principe

riscotendosi dalle sue meditazioni: tristemente: Un metro e

sessanta.

(Sipario)3

2. B. S. Anglani, Giri di parole. Le Italie del giornalista Achille Campanile (1922-1948), Manni, Lecce 2000, p. 19. Cfr. G. Campanile, Ricordo di mio padre, in B. S. Anglani, Giri di parole cit., p. 11.

Nel documento Forma breve (pagine 189-193)