• Non ci sono risultati.

Si veda M Petoletti, Il Marziale cit.

Nel documento Forma breve (pagine 170-174)

21. Sul notissimo ms. Italien 482 e sui suoi disegni si permetta di rimandare al mio Boccac- cio disegnatore. Per un’idea di ‘arte mobile’, «Italianistica», X (2012), pp. 9-37 e, ancora, a M. Cursi, La scrittura e i libri di Giovanni Boccaccio cit., pp. 113-128. Di parere differente circa la paternità intellettuale del ciclo d’illustrazioni è L. Battaglia Ricci, Scrivere un libro di novelle. Giovanni Boccaccio autore, lettore, editore, Longo, Ravenna 2014, in special modo alle pp. 57- 88. Sull’argomento e sulla tesi di Battaglia Ricci conto di tornare a breve in uno specifico contributo.

Martina Mazzetti

224

teggiamento che abbiamo individuato e tentato di delineare entro l’attività boccacciana – di trattamento complementare di strutture semantiche differenti per comunicare brevi e ful- minei significati – sarà coltivato da tutta una frangia di autori, almeno fin dal Quattrocento in poi: pensiamo a Poliziano e al suo modo di costruire la poesia per giustapposizione, per brevi frammenti, e a Leon Battista Alberti, geniale letterato e architetto, scrittore di apologhi e di dialoghi, su su, fino a Leonardo e ai suoi meravigliosi codici, ove immagine e po- stilla, pensiero breve, appunto e apologo, mostrano la stessa struttura, ossia di concepire il mondo per forme sintetiche.

Forma breve

225

Il Medioevo romanzo rappresenta l’officina letteraria dell’Eu- ropa nella quale si progettano e si sperimentano quei modelli narrativi e poetici che saranno alla base della letteratura oc- cidentale. L’esperienza narrativa medievale ha, infatti, unito in sé schemi classici e nuove forme di sperimentazione lette- raria, capaci di orientarsi attraverso i consolidati paradigmi desunti dal mondo latino e di adattarsi alle diverse esigenze espressive regionali.

L’universo letterario medievale, coerentemente con la

Rhetorica ad Herennium, ordina la modalità prosastica in tre

forme principali: narratio aperta, narratio probabilis, narratio

brevis. Tra tali tipologie la forma breve ha ottenuto un’in-

discutibile centralità nel Medioevo, ed è stata sottoposta a una costante sperimentazione che l’ha resa archetipo dei principali genera narrationum. La brevità, tuttavia, non è tanto un’indicazione quantitativa ma, piuttosto, qualitati- va, in quanto la forma è breve non soltanto per la durata ma per la sua capacità di risolvere in sé, nel suo spazio e nella sua modalità di racconto, le potenzialità di quegli elementi narrativi annunciati dal principio. Una forma che si oppone pertanto alla narrazione aperta, proprio perché conclusa, e si distanzia dalla narratio probabilis per una di-

Forma breve e storiografia nel Medioevo. I generi minori del discorso esemplare nella cronachistica francescana

Marina Nardone

226

versa funzionalità. Se, infatti, per entrambe l’argumentum può essere verosimile, la vocazione della forma breve resta essenzialmente rivolta al delectare. Alla base della sua costi- tuzione vi è anche la materia narrativa desunta dall’oralità, derivata, in gran parte, dall’esercizio della predicazione che riceve, con il costituirsi degli ordini mendicanti, un rinnovato impulso.

Queste nuove forme di racconto non coinvolgono sol- tanto la narrativa d’intrattenimento ma intervengono nelle procedure di rappresentazione, e dunque nella percezione stessa della realtà raccontata o descritta.

Con la presente analisi si proverà ad affrontare l’intera- zione tra il mondo della “storia” e il mondo delle “storie”, mostrando come l’utilizzo della forma breve da parte dei cronisti medievali abbia rappresentato per taluni un vero e proprio dispositivo di autenticazione del fatto storico.

Il campo d’indagine è quello della storiografia mendican- te, in particolare francescana: al fine di mostrare in dettaglio le interazioni tra la forma breve e la scrittura storica ci si sof- fermerà, in quanto figura particolarmente significativa, sul cronista svizzero Giovanni di Winterthur, attivo nella prima metà del XIV secolo1. Sul suo conto non abbiamo se non scarse notizie e l’unica fonte attendibile da cui attingerle è appunto la sua cronaca minore. Essa è redatta in latino, intor- no agli anni Trenta del XIV secolo, e tratta di avvenimenti sto- rici generali, indugiando particolarmente sulla storia tedesca soprattutto per quel che riguarda i fatti accaduti nei territori che si affacciano sul lago di Costanza. Il cronista francescano, infatti, in circa vent’anni di attività non ha mai concepito il mestiere dello storico come un lavoro statico e solitario, ma ha sempre inteso parte integrante della professione l’andare a caccia di notizie e il viaggiare, cosa che si riflette nella sua modalità di stesura e nel suo racconto.

Prima di tutto, però, bisogna chiarire l’orientamento me- todologico a cui si è ispirata la ricerca che è alla base della presente breve analisi. Il primo significativo studio sull’inte- razione tra le forme letterarie e la storiografia risale alla fine del XX secolo con la preziosa monografia di Gustav Seibt

1. F. Baethgen, Die Chronik Johannes von Winterthur, MGH, Srg, Nova Series Bd. 3, Berlin 19522 [d’ora in poi CJW], p. xvii.

Forma breve e storiografia nel Medioevo

227

sulla cronaca dell’Anonimo romano2. Esso rileva il gioco di scambio tra la narrativa e la storiografia utilizzando un testo in volgare, scritto da un laico molto colto del XIV secolo. Lo studioso tedesco rintraccia proprio nella formazione classica dell’anonimo la ragione della sua consapevolezza nell’usare artifici retorici e nel far interagire le forme della narrazio- ne con il resoconto dei fatti del suo tempo. Tuttavia, tale requisito sul quale Seibt basa la sua profonda analisi non è prescrittivo: la sua metodologia è efficace su qualunque tipo di testo storiografico capace di restituire la testimonianza del passato, indipendentemente dalla raffinatezza culturale dell’autore. Non è un caso, del resto, che l’anonimo scrivesse “alle soglie del Rinascimento” come spiega il sottotitolo del suo testo. Bisogna rilevare, infatti, come proprio la cultura pre-umanistica si sia avvantaggiata dell’esperienza avvenuta nel XIII secolo, con il consolidamento dei diversi genera let- terari ma soprattutto con il mutamento riscontrabile nella visione francescana del tempo.

La cronachistica francescana è il prototipo di questa nuo- va forma di testo storiografico, perché la cultura minorita, ispirata dall’opera del santo assisiate, ha riportato al centro dell’interesse storico l’esperienza del presente. Da un lato, quindi, l’assunzione del compito, da parte dei mendicanti, di apportare un radicale cambiamento nelle coscienze, soprat- tutto negli atti drammatici e decisivi della storia del mondo, ha imposto ai minoriti una riconsiderazione del presente e della temporalità; dall’altro la necessità di un’identità salvi- fica, sostenuta dalle profezie gioachimite e pseudogioachi- mite, ha reso necessario per i francescani riscrivere la storia. Con essi nasce un nuovo paradigma storiografico che s’i- dentifica a partire da una diversa lettura del presente storico e di conseguenza del proprio passato. La causalità nell’inter- pretazione della storia assume un ruolo primario e in questo passaggio si colgono gli elementi di rottura sia con la tradi- zione precedente – che dava al presente un ruolo predeter- minato e lo includeva in un’ottica puramente lineare – sia con la svolta preumanista, che ricerca la propria identità nel glorioso passato e basa su di esso un’auspicabile vita futura. La storia nella lettura francescana si attualizza riproponen-

2. G. Seibt, Anonimo romano. Scrivere la storia alle soglie del Rinascimento, a cura di R. Delle

Nel documento Forma breve (pagine 170-174)