• Non ci sono risultati.

Figura 21: Esempi di funzionalizzazioni delle pareti dei nanotubi (Peng-Cheng Ma, 2010).

1.2. Temperatura e sistemi di misura

La temperatura termodinamica (assoluta) è un indicatore del grado di energia termica di un corpo. Per misurare la temperatura termodinamica si utilizza la scala di temperatura assoluta, avente come unità il grado Kelvin. Si parla di calore quando c’è trasferimento di energia termica da un corpo ad un altro.

31 • Conduzione: fenomeno in cui si sfrutta il contatto fisico fra due corpi. Le particelle nel corpo più caldo urtano quelle del corpo più freddo trasferendo loro energia cinetica .

• Convezione: fenomeno in cui si sfrutta un fluido intermedio, liquido o gassoso, per trasportare calore da un corpo più caldo ad uno più freddo.

• Irraggiamento: emissione spontanea di radiazione elettromagnetica da parte degli atomi e delle molecole di un corpo. Dallo spettro della radiazione emessa si può determinare la temperatura del corpo.

Il primo strumento di misura della temperatura è stato il termoscopio, inventato da Galileo Galilei nel 1606. Nel 1724, Fahrenheit, usò per la prima volta il mercurio come fluido termometrico.

Le scale di temperatura più comuni ad oggi sono riportate in Tabella 5:

Osservabile associato °C °F K

Punto di ebollizione dell’acqua 100 212 373,15 Punto di congelamento dell’acqua 0 32 273,15

Zero assoluto - 273,15 - 459,67 0

Tabella 5: Principali scale di temperatura.

La misura della temperatura di un corpo può avvenire in equilibrio o in modo predittivo. Qualora avvenga in equilibrio la misura viene effettuata quando il sistema di misura è in equilibrio termico con il corpo, questo è il metodo più lento. Nel secondo caso invece la temperatura del corpo è ricavata sulla base della velocità di variazione di temperatura del sistema di misura.

La misura della temperatura, comunque fatta, necessita sempre di un passaggio di calore dal corpo in esame al sistema di misura, ed è chiaro che questo passaggio di temperatura deve influire il meno possibile sul sistema. In altre parole, la misura del sensore di temperatura sarà tanto più precisa quanto più bassa è la sua capacità termica.

32 I sensori di temperatura possono eseguire misure per contatto o senza contatto. Nel primo caso il sensore funziona per conduzione o convezione termica ed è richiesto che il sensore abbia un basso calore specifico ed un’alta conducibilità termica. Nel secondo caso invece, in cui la misura avviene per irraggiamento termico.

1.3.

Sensori

Nella norma tecnica UNI4546 “Misure e misurazioni, Termini e definizioni fondamentali” un sensore è definito come:.

“Particolare trasduttore che si trova in diretta interazione con il sistema misurato.”

Ed un trasduttore è definito come:

“Mezzo tecnico che compie su di un segnale d’ingresso una certa elaborazione, trasformandolo in un segnale d’uscita.”

Comunemente con il termine sensore si definisce un dispositivo che trasforma una grandezza fisica o chimica che si vuole misurare in un segnale di natura diversa, tipicamente elettrico, più facilmente misurabile o memorizzabile. In ambito strettamente metrologico, il termine sensore è riferito solamente al componente che fisicamente effettua la trasformazione della grandezza in ingresso in un segnale di altra natura.

Nel campo delle misurazioni spesso si ricorre a sistemi che utilizzano dei sensori perché sono dispositivi a basso costo, pratici e facilmente rimpiazzabili. Molto spesso però un sensore non ha affidabilità e precisione tali da concorrere con tecniche ben più sofisticate ma molto costose e meno pratiche. Si ricorre quindi ai sensori quando ne è disponibile uno con le caratteristiche adatte a risolvere il problema.

33

1.3.1.

Sensori di temperatura

1.3.1.1. Termometri a liquido

Il termometro, riportato in Figura 25, misura la temperatura sfruttando la dilatazione termica di un liquido all’interno di uno stelo. L’altezza del liquido nello stelo viene letta su una scala graduata che indica la temperatura del sistema. Questo tipo di sensore è fragile e lento ma fornisce una risposta altamente lineare, benché non direttamente utilizzabile dai circuiti elettronici (Webster, 1999).

Figura 25: Esempio di termometri a liquido.

1.3.1.2. Sensori di temperatura bimetallici o a lamina bimetallica

Le lamine bimetalliche sono realizzate accoppiando tra loro due lamine metalliche con coefficienti di dilatazione termica diversi. All’aumentare della temperatura, i due metalli si dilatano in maniera differente, curvando la lamina. Collegando un indicatore all’estremità libera della lamina si può leggere il valore della temperatura su una scala graduata (Webster, 1999). Un esempio di sensore di temperatura a lamina bimetallica è riportato in Figura 26.

34

Figura 26: Esempio di termometro a lamina bimetallica.

1.3.1.3. Sensori a variazione di resistenza o termoresistori (RTD)

I termoresistori sfruttano la dipendenza della resistività dei metalli dalla temperatura. Il metallo solitamente utilizzato in questo tipo di sensori è il platino, preferito ad altri per le sue caratteristiche di lunga durata, stabilità e riproducibilità.

Solitamente la resistenza misurata è una funzione complessa della temperatura. Nel caso del platino, ad esempio, l’equazione completa per descrivere tale dipendenza è quella di Callendar e van Dusen:

1 = 1231 + 56 + 76 + 6 − 100 69:

dove 1 è la resistenza alla temperatura 6 in gradi centigradi ed 12 è la resistenza alla temperatura di 0 °C, mentre 5, 7 e sono coefficienti determinati empiricamente.

È comunque utile osservare che per temperature che vanno da 0 °C a 630 °C ci si può limitare allo sviluppo fino alla potenza di secondo ordine e per intervalli ancora più bassi anche la potenza di secondo ordine è trascurabile.

Data la scarsa linearità su intervalli ampi di temperatura, questi sensori necessitano di compensazione o correzione digitale dei valori letti.

L’ RTD al platino è il dispositivo più accurato e stabile disponibile tra 0 °C e 500 °C. Per valori di temperatura alti esistono anche RTD al tungsteno (Webster, 1999).

35 Alcuni esempi di termoresistori (in questo caso Pt100) sono riportati in Figura 27.

Figura 27: Esempio di termoresistore Pt100.

1.3.1.4. Termistori

I termistori sfruttano la dipendenza della resistività dalla temperatura dei semiconduttori. Esistono due tipologie di termistori: gli NTC, che hanno un coefficiente di temperatura negativo, ed i PTC, che invece hanno un coefficiente di temperatura positivo. In entrambi i casi, le curve che descrivono l’andamento di questi semiconduttori in funzione della temperatura sono molto complesse.

Nel caso degli NTC questa funzione può essere approssimata ad una funzione esponenziale a quattro parametri, anche se spesso ci si limita a due parametri:

1 = 12;<= >−0 ?@1 2−

1 @AB

dove 1 è la resistenza misurate, 12 è la resistenza alla temperatura di riferimento di 25 °C, 0 e @2 sono i parametri da ottimizzare e @ è la temperatura in gradi centigradi

La presenza nell’equazione di un’esponenziale negativo suggerisce che i termistori NTC sono molto sensibili a basse temperature ma poco sensibili ad alte temperature.

I termistori PTC, invece, hanno una curva difficilmente approssimabile con un’equazione matematica che è quindi determinata empiricamente dai costruttori in un certo numero di punti prestabiliti. Questi termistori hanno un intervallo di utilizzo molto ristretto.

36 I PTC sono utilizzati principalmente per applicazioni di termoregolazione mentre, per le misure di temperatura vere e proprie, si utilizzano gli NTC, dato che questi hanno un andamento più regolare, e quindi linearizzabile.

Figura 28: Confronto tra curve caratteristiche di RTD, NTC e PTC.

Dalla Figura 28 si vede che i termistori sono molto più sensibili degli RTD e funzionano in un intervallo che va dai -100 °C ai 500 °C. Essi hanno impedenza elevata e non richiedono particolari attenzioni nelle misure, ma in compenso sono fortemente non lineari e molto meno stabili degli RTD (Webster, 1999).

Un esempio di termistore è riportato in Figura 29.

Figura 29: Termistore.

1.3.1.5. Termocoppie

Le termocoppie sono formate da due filamenti metallici saldati alle estremità, detti giunti. Se i giunti si trovano a temperature diverse, c’è una migrazione di cariche dal giunto caldo a quello freddo fino al raggiungimento di condizioni di equilibrio temodinamico. In tali condizioni, tra i due giunti esisterà una differenza di potenziale proporzionale alla differenza di temperatura (effetto Seebeck):

37 CDEF = DEF @ ∙ ∆@

dove VsAB è la differenza di potenziale, ∆@ la differenza di temperatura e DEF

un coefficiente che dipende dalla temperatura (relazione non lineare tra resistenza e temperatura). La realizzazione e l’uso di termocoppie deve affrontare due problemi fondamentali:

• La necessità di inserire un sistema di misura della tensione, e quindi una terza giunzione, senza alterare il risultato finale.

• La necessità di mantenere il giunto freddo ad una temperatura nota e costante per tutto il tempo della misura.

Per ovviare al primo problema è necessario mantenere i collegamenti del sistema di misura al sensore alla stessa temperatura, in modo che tra loro non si instauri nessuna tensione. Per il secondo problema invece si deve utilizzare un sistema che mantenga un temperatura nota, come ad esempio un bagno di acqua e ghiaccio oppure un sistema che termostati, la temperatura. Nelle applicazioni pratiche, il giunto caldo viene collocato nel punto in cui si vuole effettuare la misura, il giunto freddo su un riferimento a temperatura controllata (o misurata da un altro sensore, ad esempio un NTC).

Esistono varie tipologie di termocoppie, che differiscono tra loro per i metalli o leghe che le costituiscono:

• Tipo K: costituite da Chromel (Ni-Cr) e Allumel (Ni-Al), molto comuni ed economiche, utilizzabili da -200 °C a 1260 °C con una costante di 41 µV/K.

• Tipo J: costituite da Ferro e Costantana (Cu-Ni), utilizzabili da -40 °C a 750 °C, hanno un costo molto basso ed una costante di 51,7 µV/K. • Tipo T: costituite da Rame e Costantana (Cu-Ni), sono utilizzabili da -

200 °C a 400 °C ed hanno una costante di 48,2 µV/K.

• Tipo E: costituite da Chromel (Ni-Cr) e Costantana (Cu-Ni), hanno costante molto alta (68 µV/K) e sono adatte per utilizzi a bassa temperatura.

38 • Tipo N: costituite da Nicrosil (Ni-Cr-Si) e Nisil (Ni-Si), molto utilizzate perché particolarmente stabili e adatte a sostituire le termocoppie utilizzanti il platino.

• Tipo B: costituite da Platino-Rodio (30 %) e Platino-Rodio (6 %), possono essere utilizzate fino a 1800 °C ma non utilizzabili al di sotto dei 50 °C.

• Tipo R: costituite da Platino-Rodio (13 %) e Platino, utilizzabili fino a 1600 °C.

• Tipo S: costituite da Platino-Rodio (10 %) e Platino, sono particolarmente stabili ed utilizzabili fino ad alte temperature.

Durante la misura della temperatura con le termocoppie occorre fare molta attenzione perché il rumore può disturbare molto la misura, dato che l’uscita in tensione è bassa.

A causa dell’andamento non lineare la curva di taratura si trova con un algoritmo interpolativo i cui coefficienti si ricavano empiricamente. L’ordine dell’equazione dipende dalla termocoppia. Nel caso in cui la termocoppia sia da utilizzare in un intervallo di temperatura ristretto si può ricorrere alla linearizzazione dell’equazione al fine di semplificare il sistema di misura (Webster, 1999).

In Figura 30 è riportata un’immagine di un giunto caldo di una termocoppia.

Figura 30: Particolare di una giunzione di una termocoppia.

1.3.1.6. Pirometri ottici (misure senza contatto)

I pirometri ottici analizzano lo spettro (nel vicino e medio infrarosso) della radiazione emessa da un corpo per irraggiamento e deducono la sua temperatura

39 basandosi sulla legge di Planck. Sono dispositivi non invasivi, costosi e molto stabili che permettono la misura anche di temperature molto alte ( superiori ai 1450 °C, regione in cui hanno maggiore sensibilità) dove altri sensori hanno vita breve (Webster, 1999).

Un esempio di pirometro ottico è riportato in Figura 31.

Figura 31: Esempio di pirometro ottico.

1.3.2.

Confronti ed utilizzi

In Tabella 6 sono confrontate le caratteristiche dei vari sensori di temperatura.

Sensore Caratteristiche positive Caratteristiche negative

RTD Sensibile Molto stabile Molto accurato Abbastanza lineare Lento Costoso Collegamento a 4 fili Termistore Veloce Molto sensibile Collegamento a 2 fili Economico Non lineare Intervallo limitato Fragile Termocoppia Economico Range esteso Ampia scelta Robusto Veloce Non lineare Misure relative Pirometro Non invasivo Molto stabile Temperature elevate Range esteso Non lineare Costoso

Tabella 6: Confronti tra sensori di temperatura.

In Tabella 7 sono stati riportati i principali utilizzi dei vari sensori di temperatura.

40 Sensore Misura

RTD Processi fotochimici

Monitoraggio di temperatura di sostanze alimentari

Termistori

Sistemi di riscaldamento

Elettronica industriale e di consumo Telecomunicazione

Controllo di temperatura di diodi laser Termocoppie

Forni a conduzione Forni per uso alimentare Applicazioni industriali Pirometri

Vetro/quarzo fondente Acciaierie

Alte temperature in genere

Tabella 7: Principali applicazioni dei sensori di temperatura (Webster, 1999).

1.3.3.

Sensori di temperatura: uso di materiali nanostrutturati

In letteratura si trovano alcuni esempi di sensori di temperatura ottenuti con l’utilizzo di materiali nanostrutturati. Maciej et al. propongono un sensore flessibile per applicazioni tessili. Questo gruppo ha riportato la preparazione di un materiale composito di nanotubi a parete multipla in poli(metilmetacrilato) (MWCNT/PMMA) e ne dimostra il funzionamento come sensore alla temperatura. Questo sistema è molto interessante per la sua struttura ma è troppo poco sensibile per essere applicato nel nostro caso (Maciej Sibinski, 2010).

Si trovano anche in letteratura studi in cui, anziché materiali nanostrutturati, si utilizzano direttamente i nanotubi di carbonio per realizzare i sensori. Essendo infatti i nanotubi di carbonio dei semiconduttori, a parte alcune eccezioni come si è visto sopra, come per tutti i semiconduttori la loro conducibilità è funzione della temperatura. Di Bartolomeo et al. propongono un sensore ottenuto a partire da film di soli nanotubi, ottenuti filtrando delle dispersioni di nanotubi a parete multipla in acqua. Così facendo il film si forma direttamente sul filtro (A. Di Bartolomeo, 2009). Cheng et al. propongono un sensore di temperatura di dimensioni nanometriche, costituito da nanotubi fatti crescere direttamente tra gli elettrodi. In questo caso non si parla di materiali compositi (Cheng Yung Kuo, 2007). Khasan et al. propongono due approcci per sfruttare le proprietà dei nanotubi per la misura di temperatura. Una prima configurazione ricorda un termoresistore, elettrodi in pasta d’argento e i

41 nanotubi sono incollati su un supporto di carta, che rende il sensore flessibile (Figura 32).

Figura 32: Schema del primo sensore proposto che sfrutta i nanotubi come conduttore e come materiale sensibile (Khasan Sanginovich Karimov, 2011).

Il sensore mostra una dipendenza della resistenza dalla temperatura, associata però ad una notevole isteresi (Figura 33).

Figura 33: Variazione della resistenza in funzione della temperatura nel sensore prodotto (Khasan Sanginovich Karimov, 2011).

In una seconda configurazione i nanotubi vengono racchiusi in un manicotto flessibile in cui vengono inseriti gli elettrodi. Anche in questo caso si ha una configurazione tale che il sensore risulti flessibile, come mostrato in Figura 34.

Figura 34: Secondo sensore di temperatura proposto (KH. S. Karimov, 2012).

Anche questo sensore sfrutta le proprietà di conduzione dei nanotubi per la misura della temperatura, ottenendo una diversa curva caratteristica, come mostrato in Figura 35.

42

Figura 35: Andamento della resistenza in funzione della temperatura nel secondo sensore proposto (KH. S. Karimov, 2012).

Unico altro articolo riguardante un sensore di temperatura che sfrutti un nanocomposito polimero/MWCNT riportato in letteratura è quello riguardante il lavoro del nostro gruppo di ricerca (G. Matzeu, 2012).

43

2.

MATERIALI E METODI

2.1.

SEBS

Lo stirene-b-(etilene-co-1-butene)-b-stirene (SEBS) è un copolimero a blocchi a base stirenica, in cui la fase butadienica è modificata mediante idrogenazione. L’idrogenazione di una gomma stirene-b-butadiene-b-stirene (SBS), porta alla formazione di un segmento alifatico in cui le unità etileniche si alternano alle unità butileniche da cui la denominazione SEBS. La formula di struttura di questo polimero è riportata in Figura 36.

Figura 36: Formula di struttura del SEBS.

È stato scelto il SEBS per tre motivi:

• Elastomero termoplastico avente 2 Tg: la prima del blocco soft a – 60 °C e l’altra, quella del blocco hard (stirenico), intorno agli 80 °C.

• Ottime capacità filmanti.

• Ha ottime capacità di disperdente polimerico nei confronti dei nanotubi di carbonio (Matzeu, 2009/2010).

Il polimero utilizzato è il SEBS Europrene Sol TH 212 (Enichem Elastomeri). È costituito dal 19 % in moli di Stirene, il 32,4 % in moli di 1,2-Butadiene idrogenato e il 48,6 % in moli di 1,4-Butadiene idrogenato. Ha una massa molecolare media HI

JJJJJ = 65/70 × 109.

Per ottenere le soluzioni di polimero è stato scelto come solvente il toluene (Panreac), ad una purezza superiore al 99,5 %.

Per le dispersioni è stata preparata una soluzione stock di SEBS in toluene alla concentrazione di 4 g/L.

x y z x

CH2 CH b CH2 CH2 CH2 CH2 co CH2 CH b CH2 HC

CH2

44

2.2.

Nanotubi di carbonio

I nanotubi utilizzati sono i Baytubes® C 150 P (Bayer Material Science). Sono dei nanotubi di carbonio a parete multipla che si presentano sotto forma di grani di colore nero. In Tabella 8 è riportata la scheda tecnica dei nanotubi di carbonio.

Scheda Tecnica Baytubes® C 150 P

Proprietà Valore Unità Tecnica

Purezza C > 95 % % Analisi Elementare

Carbone amorfo libero Non dichiarato % TEM

Numero di pareti 3 - 15 - TEM

Diametro esterno medio 13 - 16 nm TEM

Distribuzione dei diametri esterni 5 - 20 nm TEM

Diametro interno medio 4 nm TEM

Distribuzione dei diametri interni 2 - 6 nm TEM

Lunghezza 1 -> 10 µm SEM

Densità 140 – 160 Kg/m3 EN ISO 60

Dimensione degli agglomerati 0,1 - 1 mm PSD

Tabella 8: Scheda tecnica dei nanotubi di carbonio.

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