• Non ci sono risultati.

Il tempo nella performance

Tutto ciò che ha una natura di carattere effimero è soggetto al passare del tempo In questo suo

II.I Il tempo nella performance

In tutte le definizioni di danza emerge sempre come il movimento sia inseparabile dallo spazio e dal tempo. Coinvolge il corpo e tutti i suoi sensi. A differenza di altre forme di creatività, lo strumento della danza è il corpo umano.

La danza si nutre di spazio, il posizionamento coreografico stesso genera lo spazio. Il vuoto che intercorre tra i corpi dei ballerini è importante come il corpo stesso. Allo stesso modo, attraverso il negativo, l’architettura e la sua forma acquisisce significato. Grazie ad esso si innescano interazioni dinamiche e sociali.

Ma il vuoto non è l’unico fattore da tenere in considerazione se si analizza il movimento. Il tempo infatti, nella danza, stabilisce il ritmo e ne ordina il movimento. Nonostante la sua natura sia di carattere effimero, trascende il tempo e lo spazio. In architettura il tempo svela qualità spaziali attraverso l’esperienza e la memoria.

Con il tempo la performance ha spostato sempre di più la sua attenzione dalle preoccupazioni tecnico - virtuose, a quelle di durata e di corpo come meccanismo funzionale. Il movimento non era più legato al fraseggio musicale ma era il corpo stesso a determinare il tempo impiegato a spostare quel “meccanismo”.

Molti artisti decisero di rompere con la danza convenzionale e sperimentare nuove procedure.

Merce Cunningham studio un metodo alternativo del tutto inedito chiamato metodo “Chance”, che utilizzava come dispositivo coreografico. Il punto focale era la tecnica casuale per fornire un elemento di sorpresa nei suoi brani. I ballerini coinvolti avrebbero sviluppato sequenze basate sul caso usando i limiti di Cunningham. Per raggiungere questi risultati si concentrò su tempo, spazio e peso, sviluppando il metodo attorno a questi principi.

Yvonne Rainer con “Trio A” aveva mirato a esplorare la dinamica corporea intesa come ripetizione e come successione di azioni orientate a eseguire un compito, oltre che la distribuzione dell’energia in un fraseggio non modulato che doveva trasmettere l’idea di una performatività neutra.

74 75

Yvonne Rainer, 1934 Merce Cunningham , 1919/2009

76 77

L’utilizzo del tempo come motore propulsore dell’arte, diviene concreto con l’introduzione del termine “happening” nel 1959, quando A. Kaprow lo usa sul biglietto da visita della sua performance più famosa. L’happening ha lo scopo di abbattere la quarta parete, ovvero quella che divide l’artista e il pubblico. In queste azioni viene inserito l’elemento del tempo, che diventa parte integrante dell’opera stessa. Si tratta di un’esperienza unica che non può essere replicata. L’happening più celebre di Kaprow è “18 happenings in 6 parts” che si è svolto presso la Reuben Gallery di New York. Questa è stata la prima volta in cui un pubblico vasto ha potuto sperimentare questo tipo di esperienza. All’interno della galleria l’azione si è svolta in tre stanze separate ma interconnesse tra loro. Kaprow ha dato a ogni partecipante delle istruzioni scritte da seguire durante tutta la durata dell’azione. Queste ultime riguardano il compimento di azioni quotidiane, come dipingere, spremere un’arancia, spazzare il pavimento o sedersi su una sedia. Le istruzioni sono scritte su delle cartoline e la durata di ogni azione era scandita dal suono di una campanella, dopo il quale si passava alla cartolina successiva. Gli spettatori così si trasformano in un vero e proprio materiale attraverso il quale l’artista può rappresentare la propria visione dell’arte e del mondo.

« Si assiste così alla completa smaterializzazione del concetto di arte, non più ‘cosa’ ma ‘evento’ e ‘azione’, per di più esercitata in spazi non convenzionali, spesso nel tessuto urbano, entro i quali l’Happening irrompe con i caratteri dell’improvvisazione articolandosi su un canovaccio indicativo che lascia larghi margini di arbitrarietà: l’artista mette in scena la sua inventiva, la sua capacità creativa in fieri, lo spettatore diventa contemporaneamente artefice e utilizzatore del prodotto artistico, la creazione, la costruzione e la fruizione dell’opera d’arte coincidono, ognuno degli elementi componenti l’Happening è equidistante da un ideale baricentro che regge l’equilibrio dell’insieme: sembra così chiudersi un cerchio nel quale inizio e fine coincidono, in una perfetta corrispondenza di intenti ed azioni »1.

78 79 Allan Kaprow - 18 Happenings in 6 Parts, Reuben Gallery, New York, 1959

80

Yoann Bourgeois attore, acrobata e danzatore, dedica la sua vita all’ “arte vivente”. Al centro delle sue installazioni infatti, c’è sempre il corpo umano che viene sottoposto a sperimentazioni di carattere scientifico. Le sue “macchine” devono essere abitate da acrobati per diventare dispositivi che esplorano il movimento, attraverso diverse installazioni.

Tra le numerose installazioni e performance c’è “Energie”: nella fisica colui che cade e si rialza si chiama sistema, che non è isolato ma scambia energia con il resto del mondo. Nella caduta la sua energia cinetica determinata dalla velocità, aumenta. Quando si ferma sul trampolino entrambe sono pari a zero. In questo brevissimo momento, quando tutto è immobile, l’energia del movimento sta nella tensione del trampolino. Il trampolino poi restituisce il sistema disponibile e pronto per una nuova caduta. Il tempo non passa. il futuro e il passato sono identici, tutto ricomincia da capo senza una fine e senza un inizio.

83

“Pendule de Focault” ha come punto focale il pendolo, un quadro di riferimento rotante e una forza di inerzia. Bourgeois in questo caso, pone la fisica del movimento al centro della nostra vita.

84

Una piastra a rotazione rapida è la protagonista di “Inertie”. Alle consuete costrizioni dei nostri movimenti quotidiani, si aggiunge quella indotta da un mondo che ruota rapidamente su se stesso. Bisogna chinarsi per restare in piedi, per bilanciare e mantenersi in equilibrio.

86 87

II.II Come il tempo ha cambiato l’approccio alla progettazione

Documenti correlati