3. TRAUMATOLOGIA E PATOLOGIE DA SFORZO IN ARRAMPICATA
3.2 TENDINOPATIE E TRAUMATOLOGIA TENDINEA
I tendini, nei movimenti ordinari ed in special modo nelle gestualità sportive, rappresentano gli elementi fondamentali di comunicazione per trasmettere, distribuire e graduare le sollecitazioni che le attività muscolari esercitano sull’apparato scheletrico. La loro anatomia, la conformazione istologica, la precaria vascolarizzazione, la scarsa capacità di riparazione tissutale ne fanno una delle strutture facilmente vulnerabili agli insulti traumatici o microtraumatici, come avviene ad esempio per i tendini delle dita in arrampicata. Uno dei motivi di tutto questo è che non vi è equilibrio fra la forza muscolare che si può raggiungere con le attività di muscolazione e la resistenza tendinea. Infatti l’allenamento sportivo permette un elevato adattamento muscolare, ma non un pari livello e capacità in quello tendineo. Negli atleti, il tendine costituisce il legame debole dell’unità osteo-tendineo-muscolare.
La struttura tendinea subisce un continuo rimodellamento causato dal sovraccarico. Mediante questa caratteristica, il tessuto tendineo si adatta ai carichi crescenti cui viene sottoposto durante l’esercizio. Se l’adattamento ed il tempo di recupero sono insufficienti a mantenere l’integrità tendinea, il tendine rimane in una situazione temporanea di debolezza, che in caso di improvvise sollecitazioni predispone lo stesso tessuto tendineo alla lesione. Esiste una sottile linea di demarcazione tra il corretto quantitativo di carico favorente il fisiologico adattamento tendineo e l’eccessivo carico applicato, che stressa il tessuto tendineo oltre i normali limiti di mantenimento e riparazione cellulare. La chiave di un appropriato allenamento risiede nella capacità di
non eccedere tali limiti fisiologici di adattamento, adottando carichi crescenti nel rispetto delle capacità di sopportazione dei carichi del tendine in quel momento e dei relativi tempi di recupero necessari al normale processo di adattamento.
TENOSINOVITE
La tenosinovite è un’infiammazione della guaina tendinea. Negli arrampicatori è una delle patologie più frequenti ed interessa maggiormente i tendini flessori delle dita, in particolare la prima falange. Il meccanismo lesionale è legato allo schiacciamento della guaina tra il tendine e la superficie di contatto (appiglio). Come prevenzione, in allenamento, è bene utilizzare prese arrotondate, evitando il più possibile angoli troppo traumatizzanti e tacche troppo piccole che richiedono un utilizzo della presa a dita arcuate.
TENDINITE DEI MUSCOLI FLESSORI
La tendinite dei muscoli flessori è una tendinopatia legata a microlesioni del tendine, che inizialmente si presenta in forma acuta, ma che può sfociare in una forma cronica. All’insorgenza si ha dolore alla palpazione, alla contrazione e allo stiramento, ma il dolore scompare con il riscaldamento. Se l’infiammazione viene alimentata, il dolore persiste nonostante il riscaldamento e si fa sentire anche a riposo. In questo caso si rischia di andare incontro a forme croniche degenerative delle fibre tendinee. Risulta quindi fondamentale non sovraccaricare ulteriormente la zona coinvolta, facendo delle applicazioni locali di ghiaccio.
ROTTURA DELLA PULEGGIA
L’arrampicata sportiva, per il particolare stress a cui sottopone soprattutto le estremità superiori del corpo, ha contribuito a creare e a far conoscere una serie di infortuni specifici che in precedenza erano praticamente ignoti alla medicina della sport in quanto rarissimamente diffusi nella popolazione che non suole praticare quest’attività. Fra questi, quello più caratteristico e diffuso della disciplina è la rottura della puleggia[25], quella struttura che tiene in sede il tendine quando questo si accorcia per muovere le
articolazioni della mano. Alcune posizioni della mano (es. presa a dita arcuate, bidito, monodito ecc.) rappresentano uno stress elevatissimo per i tendini flessori e conseguentemente delle pulegge che li supportano a livello delle dita. Il trauma di rottura della puleggia si presenta in modo istantaneo, con dolore vivo ed uno schiocco secco, a cui segue una sensazione di perdita totale di forza al dito interessato. E’ un evento grave, anche quando la rottura è parziale, e richiede tempi di guarigione molto lunghi con immobilizzazione ed arresto dell’attività di allenamento. Nel caso di rottura totale, il dito assume la caratteristica posizione “a corda d’arco”, in quanto il tendine, non essendo più agganciato alla puleggia, ad ogni piegamento del dito stesso esce dalla propria sede, assumendo la forma della corda tesa di un arco. La prognosi è molto lunga, in particolare quando vi è la necessità di intervento chirurgico.
Grado I Grado II Grado III Grado IV
Lesione Stiramento di puleggia Rottura completa di A4 o parziale rottura di A2 o A3 Completa rottura di A2 o A3 Rottura multipla di A2/A3 o A2/A3/A4
Terapia Conservativa Conservativa Conservativa Chirurgica
Giorni di
immobilizzazione 0 10 c/a 10/14 c/a 14 c/a
Settimane di terapia funzionale
2-4 c/a 2-4 c/a 4 c/a 4 c/a
Protezione della
puleggia Nastratura Nastratura
Tutore (anello in termoplastica)
Tutore (anello in termoplastica)
Astensione
dall’arrampicata 4 sett c/a 4 sett c/a 6-8 sett c/a 4 mesi c/a Tempo di ripresa
dell’arrampicata al proprio max
livello
6 sett c/a 6-8 sett c/a 3 mesi c/a 6 mesi c/a
Durata
nastratura 3 mesi (o più) 3 mesi (o più) 6 mesi (o più) 12 mesi (o più)
SINDROMI DA COMPRESSIONE
Si tratta di disturbi caratterizzati dalla compressione di fasci nervosi a causa dell’ispessimento di tendini che vi stanno nelle immediate vicinanze. Le più frequenti nell’ambito dell’arrampicata sono:
SINDROME DEL TUNNEL CARPALE, data dalla compressione del nervo mediano a livello del polso. Il Tunnel Carpale è un canale rigido formato dalle ossa del polso (carpo) e dal legamento trasverso del carpo, e contiene al suo interno dei vasi circolatori, i tendini flessori delle dita ed il nervo mediano. Un’infiammazione di uno o più di questi tendini o delle guaine comporta un loro aumento di volume e quindi un conseguente aumento di pressione nei confronti delle altre strutture. L’elemento che risente di più di questa compressione è il nervo mediano che manifesta il suo disagio con dolori e parestesie alla faccia palmare del primo, secondo e terzo dito.
SINDROME DEL SUPINATORE, un disturbo che colpisce frequentemente il gomito, causato essenzialmente da un aumento del ritmo di apertura della mano e dalla pronazione e supinazione dell’avambraccio. Il muscolo supinatore è attraversato da una diramazione del nervo radiale, che prosegue poi nell’avambraccio. Se questo muscolo viene eccessivamente sovraccaricato, può tendere a gonfiarsi, limitando lo spazio del nervo e causando forti dolori al gomito, nei movimenti di flessione e distensione dello stesso.
SINDROME DEL SOLCO ULNARE, data dall’infiammazione del nervo ulnare, un nervo che attraversa il gomito in un canale che si trova nella parte posteriore dell’omero, sotto l’epitroclea, dove si inseriscono i muscoli flessori dell’avambraccio. Nel caso di inspessimento dei tendini di questi muscoli, il nervo si trova ad avere minor spazio, subendo una sofferenza cronica di tipo anatomico. La sua infiammazione dà luogo a sensazioni di “scarica elettrica” lungo il braccio, accompagnate da “formicolii” e “fitte che pungono” alla punta delle dita.
ENTESOPATIE
L’entesi rappresenta la zona di inserzione di un tendine o di un legamento all’osso. Durante il movimento tutto il complesso anatomico dell’entesi è sottoposto a carichi dinamici, che ne caso dell’arrampicata sono enormi, e pertanto è possibile che possa presentare una risposta infiammatoria post-traumatica. Se il quadro infiammatorio perdura nel tempo si può avere un inspessimento della giunzione osteotendinea con alterazione del profilo osseo e la comparsa di microcalcificazioni.
EPITROCLEITE
L’epitrocleite (epicondilite mediale o gomito del golfista) è un’entesopatia dei muscoli flessori dell’avambraccio, localizzata nella faccia mediale del gomito, susseguente ad uno squilibrio fra i muscoli rotatori pronatori e supinatori. Il disturbo esordisce con un leggero ma fastidioso dolore alla parte interna del gomito durante l’arrampicata e può irradiarsi verso la faccia interna del braccio e dell’avambraccio. Il meccanismo lesionale è legato a ripetuti microtraumatismi da contrazione-rilasciamento bruschi, soprattutto in contrazione eccentrica (o con lavoro pliometrico) con gomito esteso. All’insorgenza dei sintomi è necessario sospendere l’allenamento ed applicare tempestivamente il ghiaccio.
EPICONDILITE
L’epicondilite (epicondilite laterale o gomito del tennista) è un’entesopatia dei muscoli estensori dell’avambraccio a livello della loro inserzione nella faccia laterale del gomito. Esordisce con un leggero e fastidioso dolore alla faccia laterale del gomito durante l’arrampicata e può irradiarsi verso la faccia esterna del braccio e dell’avambraccio. Il meccanismo lesionale è legato a ripetuti microtraumatismi da contrazione-rilasciamento bruschi, soprattutto in contrazione eccentrica (o con lavoro pliometrico) con gomito esteso.
CONFLITTO DI SPALLA
La spalla è un’articolazione con notevoli gradi di libertà, ma allo stesso tempo è molto instabile, ed è mantenuta in equilibrio da un articolato complesso muscolare, rappresentato dalla cuffia dei rotatori (sovraspinoso, sottospinoso, sottoscapolare e piccolo rotondo). Disarmonie muscolari e movimenti errati protratti nel tempo portano a diverse problematiche che interessano questa regione. Alcuni tendini della cuffia dei rotatori giacciono sotto un tetto osseo che altro non è se non un'estensione della scapola nota come acromion. Lo spazio sotto questo tetto (spazio subacromiale) deve essere abbastanza ampio da consentire lo scorrimento dei predetti tendini. Ad agevolare tale scivolamento, tra l’osso acromiale e i tendini, c’è una borsa piena di fluido viscoso che funge da cuscinetto (borsa subacromiale). Quando i muscoli che muovono l’omero non funzionano bene, viene a mancare l’effetto stabilizzante ed allora la testa omerale tende a risalire. Tale modificazione della biomeccanica articolare provoca che quando si alza il braccio in alto sopra la testa si viene a creare una situazione in cui il tendine del sovraspinoso e la relativa borsa subacromiale, possono rimanere schiacciati tra l'acromion e la grande tuberosità dell'omero. Se non si prende nessun provvedimento, tale processo può condurre fino ad una lesione completa della porzione superiore della cuffia dei rotatori ed aumentare la risalita della testa omerale. Il tendine del sovraspinoso è quello maggiormente colpito da chi soffre di impingement subacromiale poiché è quello che maggiormente risiede sotto il tetto acromiale. Quando la patologia avanza possono essere colpiti successivamente, in modo graduale, anche il tendine sottospinoso, il sottoscapolare ed infine il piccolo rotondo ed il capo lungo del bicipite.