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LE TERAPIE “ALTERNATIVE” E IL CASO DEL MUTITRATTAMENTO DI BELLA.

SEZIONE II- LA CASISTICA GIURISPRUDENZIALE 1 LA PRATICA DELLE EMOTRASFUSIONI SU

3. LE TERAPIE “ALTERNATIVE” E IL CASO DEL MUTITRATTAMENTO DI BELLA.

Facciamo ora delle brevi considerazioni su quelle che vengono definite terapie “alternative” o “non provate”, ossia non ancora sottoposte a rigorosa verifica e attestazione, qualificate come sperimentali, in quanto inserite in un protocollo di ricerca. A riguardo delle stesse, spesso, l’autorità giudiziaria si è trovata a dover decidere se limitare o meno la responsabilità genitoriale in capo al genitore che sceglie di applicare una di tali terapie, al posto di quelle tradizionali. Ciò è attestato soprattutto da una fase storico-giudiziaria in cui si richiedevano terapie non ufficiali per il trattamento di minori affetti da neoplasie ad esito mortale, ricorrendo all’intervento del PM minorile, senza coinvolgere sufficientemente le parti direttamente coinvolte, e soprattutto il medico, considerato colui su cui grava il dovere di offrire al paziente il miglior trattamento possibile e disponibile341. Partiamo da un caso avvenuto a Brescia342, relativo ad una bambina di 14 anni, affetta da un linfoma, a cui veniva proposta una chemioterapia, con alta possibilità di risultati positivi. Il padre, però, decise di rivolgersi ad altro medico, che auspicava l’applicazione di una terapia complessa, con farmaci ufficiali, ma combinati in maniera differente, e non ancora testata ufficialmente: la cosidetta Multiterapia antitumorale Di Bella, fonte di accesi dibattiti tra suoi sostenitori e non, soprattutto nell’inverno del 1998, in virtù della convinzione secondo cui si trattava di una terapia non ancora scientificamente evidente, ma in una fase sperimentale. Il problema fondamentale dei giudici diventa, così, quello di decidere se autorizzare l’uso gratuito di un farmaco non ancora mai sperimentato. Sul punto, la Cassazione, con sentenza n. 12218/1990, riconobbe il diritto soggettivo del cittadino in gravi condizioni di salute ed impossibilitato ad ottenere prestazioni adeguate dalle strutture pubbliche al riconoscimento e al rimborso delle spese relative. Vari contrasti nacquero poi sul carico economico di questo farmaco e sugli eventuali possibili esiti negativi della relativa sperimentazione,                                                                                                                

341  Piccinni,   Il   consenso   al   trattamento   medico   del   minore,   Padova,   2007,   p.   294.  

342  Decreto  trib.  Min.  Brescia,  25  ottobre  2000,  in  Minorigiustizia,  2001,  2,  p.   203  ss.  

sino a che tutto si concluse con un conflitto di attribuzione343 sollevato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, eliminante l’ordinanza del pretore di Lecce del luglio 1998, che aveva disposto una consulenza tecnica d’ufficio medico- legale sul farmaco, esondando dai suoi poteri e subentrando nella competenza di organi tecnico-scientifici, che si stavano già occupando di una sperimentazione ufficiale.

Sempre relativamente al caso di Brescia, si richiedeva al PM minorile una limitazione della responsabilità genitoriale del padre e l’autorizzazione al ricorso alla chemioterapia tradizionale. Si è considerato, però, che nessuna delle due terapie avrebbe portato a risultati soddisfacenti, e che non avrebbe avuto senso una limitazione del potere del padre sulla figlia, in quanto egli avrebbe agito e deciso in funzione esclusiva della salute della stessa. Viene, così, rigettato il ricorso, considerando anche la sostanziale incoercibilità di una terapia imposta ad un paziente non consenziente, soprattutto alla luce della sempre maggiore rilevanza che si sta dando anche al minore, in grado di esprimere un parere consapevole e di cui tener conto, a seconda dell’età e del grado di maturità e comprensione. I genitori sono ritenuti i migliori interpreti della volontà dei minori, in quanto essi sono a loro legati da un rapporto affettivo che fa si che non vengano influenzati nelle loro valutazioni, ma compiano solo quello che è il bene per il minore stesso. Successivamente, la Corte d’Appello ribaltò totalmente la decisione, ritenendo che, anche se in buona fede, la decisione del padre sarebbe stata pregiudizievole per l’interesse della figlia.

Caso analogo, deciso similmente a quanto deciso in quest’ultimo in primo grado, era stato affrontato qualche anno prima a Venezia. Si richiedeva, infatti la limitazione della potestà genitoriale e l’autorizzazione a applicare ad una bambina di otto anni, leucemica, la chemioterapia tradizionale. Il giudice non condannò i genitori ad una limitazione dei loro poteri, in quanto nessuna delle due terapie alternative avrebbe portato alla salvezza, ed è dimostrato che gli stessi hanno agito esclusivamente nella convinzione di tenere in vita la piccola. Di li a pochi mesi,

                                                                                                               

343  Esso   fu   deciso   dalla   Corte   Costituzionale   con   sentenza   2   aprile   1999,   n.121,  in  Foro  Italiano,  1999,  I,  p.  30.    

però, la bambina morì, e si aprirono delle indagini penali per valutare eventuali responsabilità omissive dei genitori344.

Un’ulteriore vicenda oggetto di giudizio è avvenuta ad Ancona, relativamente ad un bambino di nove anni, colpito da osteosarcoma osteoblastico midollare, per il quale era stato previsto il trattamento tradizionale chemioterapico, con successiva amputazione della gamba, senza, però, alcuna possibilità di guarigione. Si richiese un provvedimento di sospensione della potestà genitoriale, in quanto i genitori avevano sottoposto il figlio ad un trattamento alternativo non provato in Germania. Nel corso del processo, però, emerse che gli stessi avevano agito in tal modo solo in attesa di poter sottoporre il minore alla terapia tradizionale, e che avevano sempre seguito la medesima, senza mai opporsi al programma terapeutico imposto dai medici. Il tutore, così, nel frattempo nominato, venne revocato dall’incarico, e sostituito da un professore di oncologia medica, divenuto curatore speciale quando i genitori furono reintegrati nella potestà345.

Infine, importante è un ulteriore caso deciso a Brescia, relativo a una bambina di 10 anni leucemica, già sottoposta alla terapia tradizionale con ottimi risultati, tanto che, nel momento in cui i genitori vollero sospendere la stessa per l’applicazione della terapia Di Bella, furono condannati ad una sospensione della potestà genitoriale. Successivamente, la Corte d’Appello rilevava che la multiterapia, in quanto sperimentale, non sarebbe stata applicabile a chi non fosse in grado di consentire personalmente, in base alla legge 8 aprile 1998, n. 94, recante “Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria, specificamente emanata per verificare l’attività in campo oncologico dei medicinali impiegati secondo il Multitrattamento Di Bella346. Di fronte all’impossibilità di dare attuazione al decreto, per il forte diniego manifestato dalla bambina a riguardo della ripresa della chemioterapia, il procedimento viene riaperto, con la predisposizione dell’intervento della consulenza tecnica d’ufficio, per valutare se esistano anche                                                                                                                

344  Decreto  TM  Venezia  del  7  ottobre  1998,  in  Diritto  e  Famiglia,  1999,  p.  689   ss.  

345  Il  testo  del  decreto  della  Corte  d’Appello,  intervenuta  a  tal  riguardo,  lo  si   ritrova  in  Diritto  e  Famiglia,  1999,  p.659  ss.  

346  Mastrangelo,  Sellaroli,  Trattamento  medico  e  lesioni  dell’integrità  fisica  del  

delle condizioni minime per poter ricostruire un rapporto di alleanza terapeutica tra i genitori, il medico, e la minore, tale da permettere il ripristino della terapia chemioterapica.

Dall’analisi di tutta questa casistica, si può arrivare a comprendere che, anche nell’ambito qui analizzato, si da sempre più rilievo alla volontà informata del ruolo del minore, purchè consapevole e maturo. Il ruolo dei genitori non viene sminuito: essi sono ritenuti come i soggetti più idonei a conoscere e rivelare la posizione del primo, e ad agire comunque in conformità ai suoi interessi.

CAPITOLO 4-IL MINORE COME SOGGETTO IN