Pietro Di Martino
Dip. Matematica – Università di Pisa – [email protected]
“Insegnare è imparare due volte.”
Joseph Joubert, Pensieri
TFA: il mio punto di vista
Il Decreto Legislativo n.249, del 10 settembre 2010, seppur accolto da opinioni e giudizi diversi nel merito dei contenuti, è stato accolto con una certa soddisfazione da coloro che si interessano della formazione in ingresso degli insegnanti. La chiusura improvvisa delle SSIS e la mancanza di una legislazione che offrisse alternative al conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento, oltre che aver frustrato l’ambizione e le speranze di molti giovani laureati interessati all’insegnamento, avevano infatti riportato l’orologio del tempo indietro, creando una sorta di “anomalia italiana”: sotto la spinta di un attacco violento a ciò che avevano rappresentato le SSIS1, ha ripreso forza l’idea che percorsi abilitanti all’insegnamento siano
inutili se non dannosi.
Il Decreto Legislativo n.249 ha rappresentato l’interruzione di questa anomalia, definendo un percorso per abilitarsi all’insegnamento lungo 3 anni2 che includesse crediti di didattiche
disciplinari, di pedagogia e di tirocinio diretto e indiretto.
D’altra parte però l’inserimento di norme transitorie che prevedevano, con il possesso di una Laurea Magistrale, il conseguimento dell’abilitazione attraverso il solo anno di Tirocinio Formativo Attivo, seppur motivate appunto dal vuoto normativo di alcuni anni (e dunque tese a non penalizzare ulteriormente chi era già stato penalizzato in termini di attesa), di fatto ha “dimezzato” l’impianto formativo previsto dal Decreto stesso.
Coloro, come me, che sono convinti della bontà di un percorso abilitante, come quello immaginato a regime dal Decreto, che preveda una Laurea Magistrale “dedicata” di 2 anni e un anno di Tirocinio, si sono preoccupati conoscendo la storia e la “resistenza” delle norme transitorie italiane. Dopo 3 anni, possiamo purtroppo affermare che tali preoccupazioni erano fondate: all’orizzonte non solo non c’è più traccia dell’attivazione delle Lauree Magistrali per l’insegnamento (contravvenendo a un Decreto Legislativo tra l’altro mai modificato o integrato), ma addirittura siamo al paradosso che non si dà nemmeno continuità alla fase transitoria, non bandendo il nuovo anno di Tirocinio Formativo Attivo.
Dunque il TFA è un percorso abilitante che nasce come una importante novità, ma in un certo senso come percorso “dimezzato”: per questo è significativo cercare di fare un bilancio della prima (e ad ora unica) esperienza. Una esperienza le cui contraddizioni sono intuibili già da un incrocio di date: i concorsi di accesso al TFA anno accademico 2011-2012 partono a giugno
1 Si può discutere sui difetti e sui pregi delle Scuole di Specializzazione, l’aspetto curioso è che gli attacchi più violenti all’esperienza SSIS da parte accademica sono venuti da persone che non hanno vissuto quella esperienza.
2 “I percorsi formativi sono così articolati: b) per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado, un corso di laurea magistrale biennale ed un successivo anno di tirocinio formativo attivo [art. 3, comma 2] (…) A conclusione del tirocinio formativo attivo, previo superamento di un esame finale, si consegue il titolo di abilitazione all’insegnamento [art. 10, comma 1]”.
2012, e le sedi più “rapide” iniziano i corsi a fine novembre 2012.
Quello che propongo sono le mie impressioni, maturate nel corso del tempo: sono stato infatti, dall’uscita del Decreto Legislativo n.249, coinvolto nelle discussioni promosse dall’Unione Matematica Italiana (UMI) - più nello specifico all’interno della Commissione Italiana per l’Insegnamento della Matematica (CIIM) di cui faccio parte - al fine di tracciare una linea comune per i percorsi abilitanti l’insegnamento della matematica ai diversi livelli scolari. Uscito il bando del primo TFA ho lavorato – come Presidente di Commissione – alle prove di accesso per la classe A049 della Regione Toscana, ho coordinato l’organizzazione della classe A047 per la sede didattica di Pisa, e per la stessa classe sono stato docente di corso e in commissione per l’Esame di Stato abilitante.
In questa multi-ottica ritengo di aver avuto, nel primo anno di vita del TFA, la possibilità di poter approcciare diversi aspetti del Tirocinio Formativo Attivo. Intenderei proprio descrivere alcuni di questi aspetti, in particolare quelli che ritengo possano essere comuni anche a contesti diversi da quello della specifica sede didattica in cui ho operato. Vorrei discutere quelli che ritengo essere stati i tanti punti di debolezza, dovuti sia a fattori esterni che interni (cioè dovuti a scelte probabilmente sbagliate da parte nostra), ma anche i punti di forza di questa esperienza. Ho finora brevemente richiamato il contesto in cui siamo partiti con questa esperienza: le difficoltà incontrate. Vorrei anche riportare alcuni aspetti “sorprendenti”, che non mi aspettavo e su cui è importante riflettere: uno di questi, legato alla forte motivazione dimostrata dai corsisti, è legato anche alla necessità di non abbandonare al termine del percorso di formazione iniziale chi, proprio nel momento in cui entra a scuola, sente maggiormente il bisogno di essere supportato. Su tutti gli aspetti precedenti incide comunque molto il fatto che l’esperienza del TFA sia a livello formale (per quanto previsto originariamente dalla legge), ma anche a livello sostanziale, un percorso di formazione iniziale dimezzato, con l’aggravante di essere stato (per ritardi di varia natura) ancor più compresso rispetto all’idea originaria. Il percorso 3+2+1 (con gli ultimi 3 anni dedicati alla formazione per la professione insegnante) che ritengo abbia una importante valenza culturale e formativa, è stato ridotto a un 5+1, dove solo l’ultimo anno è dedicato specificatamente alla formazione. Questa scelta, che doveva essere provvisoria e che purtroppo rischia di diventare definitiva, è causa di diverse problematiche che effettivamente sono emerse in questo primo anno di TFA.
Quello che è accaduto è che, attraverso i test d’ingresso, c’è stata sicuramente una selezione più forte sui contenuti rispetto all’ingresso alle vecchie scuole di specializzazione, ma sono entrate persone con esperienze e bisogni diversi: i tempi compressi e le scarse risorse degli Atenei non hanno permesso la necessaria personalizzazione dei percorsi (il sistema dei crediti maturati ha inciso solo su esoneri rispetto a cose da fare).
La parte sicuramente più sacrificata è stata quella più importante, ovvero quella del tirocinio in classe, seguito da una riflessione in aula con i formatori: il tirocinio è stato molto compresso, e fatto nella parte finale dell’anno scolastico, con tutti i problemi connessi. La parte di riflessione comune a tutto il gruppo è praticamente mancata. A differenza di alcuni commentatori, ritengo da una parte che l’abitudine alla riflessione critica sulle proprie e altrui pratiche sia anch’essa una competenza che può e deve essere educata (insomma “non si nasce imparati”), dall’altra che la ricerca in didattica della matematica abbia detto e abbia da dire tanto su questi aspetti, e dunque che un confronto a posteriori (rispetto al tirocinio) con i ricercatori di questa disciplina possa essere molto importante per la formazione dei futuri insegnanti.
D’altra parte, come detto, uno degli aspetti più positivi sono stati loro: i tirocinanti, ed è un motivo di ulteriore rimpianto non essere riusciti a dar loro quanto avremmo potuto dare e quanto avrebbero voluto ricevere. Mi rimane infatti impresso uno dei commenti di una tirocinante, che proprio riguardo alla compressione del tirocinio in classe e alla mancanza di un confronto con noi, ha detto: “in definitiva il TFA è stata una occasione persa”, purtroppo lo credo anche io.