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Gli xenoliti rivestono un ruolo molto importante nello studio delle zone a noi inaccessibili della litosfera, infatti forniscono informazioni dirette sulle attuali condizioni di composizione, temperatura e pressione delle zone più o meno profonde della crosta ed a volte delle zone più superficiali del mantello.

Quando gli xenoliti riescono a preservare le condizioni di formazione e le relative associazioni mineralogiche, sono ideali per ottenere dei dati attendibili, da usare ed applicare come geotermometri e geobarometri. Per quanto riguarda le associazioni mineralogiche degli xenoliti studiati, i tre tipi, felsici, mafici e sienitici (F, M e A), non offrono moltissime possibilità per l’utilizzo di qualche geotermometro e geobarometro.

6.1.1GEOTERMOMETRIA

Gli xenoliti di tipo alcalino, composto essenzialmente da K-feldspato, con clinopirosseno e minerali accessori in quantità molto subordinate, e quelli di tipo felsico, composto da plagioclasio, quarzo, ortopirosseno o clinopirosseno in quantità minori, non permettono in pratica l’utilizzo di geotermometri e

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basati sull’equilibrio ortopirosseno-clinopirosseno. Per gli equilibri presi in considerazione le stime di temperatura, variano per il geotermometro di Wells (1977) tra 851 °C e 955 °C, mentre se si prende in considerazione il geotermometro di Brey & Koehler (1990), le temperature variano tra 732 °C e 862 °C. Queste differenze di stima delle temperature, sono in accordo con gli studi di alcuni autori i quali affermano che il geotermometro di Wells (1977), fornisce in media temperature più alte di 80-100 °C quando applicato a xenoliti crostali (Jan & Howie, 1980; Leyreloup et al., 1982; Al-Mishwat Ali T. & Nasir S.J., 2003). Questi due geotermometri differiscono tra di loro per quanto riguarda le condizioni di pressione considerate; infatti a differenza del geotermometro di Wells (1977), il quale è indipendente dalla pressione, il geotermometro di Brey & Koehler (1990), dipende dalle pressioni considerate. In questo caso per ottenere temperature compatibili con quelle ottenute con il geotermometro di Wells (1977), è necessario assumere pressioni comprese tra 5 e 10 kbar, compatibili con le condizioni di pressione della crosta media profonda.

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In fig.1 si può notare come il range di variazione per le temperature ottenute in funzione delle pressioni stimate, ricada in un’area compatibile con le pressioni e temperature della facies granulitica di alta pressione e temperatura.

Per variazioni di 5 kbar si ottengono variazioni di temperatura di circa 15- 20 °C, per cui le variazioni riscontrate sono accettabili.

6.1.2GEOBAROMETRIA

Non è facile ottenere stime di pressione per ambienti di crosta profonda, soprattutto quando, come in questo caso, si debba lavorare su rocce con un’associazione mineralogica priva di granato, tra i minerali più usati per la geobarometria, e per il quale esistono numerosi metodi studiati.

Si può però cercare di restringere il campo di variazione grazie all’associazione mineralogica presente all’interno degli xenoliti; ci possono aiutare, l’assenza del granato, e l’assenza di olivina, anche negli xenoliti con olivina normativa (vedi capitolo Geochimica degli xenoliti Tabella 1). I valori stimati sono compatibili con quelli dei geotemometri.

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6.2 V

ETRO

Lo scopo dell’analisi del vetro interstiziale presente negli xenoliti è quello di cercare di capire le condizioni di pressione e temperatura e grado di fusione parziale a cui esso si è generato.

L’analisi petrografica dei due campioni 26.01.02 DS 4A/7 e 26.01.02 DS 4A/34 ha messo chiaramente in evidenza la presenza di vetro derivante dalla rapida solidificazione di un fuso magmatico in posizione intercristallina. I dati composizionali (SiO2=73,15-73,77 % per il campione 26.01.02 DS 4A/7 e SiO2=67,13 per il campione 26.01.02 DS 4A/34) suggeriscono che il vetro derivi dalla solidificazione di un incipiente fuso parziale dello xenolite, piuttosto che da infiltrazione della lava ospite trattandosi di una lava basaltica, con contenuti in silice nettamente inferiori (vedi campione 11.01.02 DS 13, Tabella 1-Capitolo 5). La fusione incipiente dello xenolite stesso, potrebbe derivare da un riscaldamento indotto dalla lava ospite, oppure da un riscaldamento avvenuto prima della cattura dello xenolite da parte della lava, possibilmente legato alla circolazione di fluidi caldi oppure ad un underplating magmatico.

Per questo motivo, supponendo che non siano avvenuti importanti processi di estrazione di fuso e che quindi la composizione della roccia totale (residuo solido e fuso) rappresenti la composizione originaria dello xenolite, sono state effettuate delle simulazioni di cristallizzazione/fusione all’equilibrio utilizzando il programma MELTS (Ghiorso et al., 1995). La simulazione di cristallizzazione/fusione all’equilibrio è avvenuta in condizioni isobare (a 10- 7- 5- 3- 1,5- 0,1 kbar) con step di 3 °C tra le temperature di 1200°-850° C, utilizzando la composizione della roccia totale, in condizioni anidre e tamponando la fugacità di ossigeno con il buffer QFM+2.

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caratteristica, i risultati ottenuti (composizione mineralogica e chimica del solido, composizione del fuso) sono stati utilizzati per costruire diagrammi di stato e per confrontare la composizione del liquido, calcolato con il programma MELTS con quella del fuso naturale che si trova all’interno di questi xenoliti e che è stata determinata tramite SEM-EDS.

La simulazione computerizzata ha permesso di costruire dei diagrammi di variazione SiO2 vs % fuso (figure 6 e 7) per i due campioni per i quali è stato analizzato il vetro. In questi diagrammi sono state tracciate le curve isobare ed isoterme ricavate dai dati di MELTS relativi all’equilibrio tra le fasi ed il liquido, e sono state plottate le concentrazioni in SiO2 dei campioni considerati.

Figura 6. Diagramma SiO2 vs %melts, creato sulla base dei dati ricavati dalla simulazione effettuata con MELTS (rif.)

Dall’interpretazione di questi diagrammi si nota come per ottenere composizioni (SiO2=73,15-73,77 %) e percentuali di fuso (inferiori al 5%) compatibili con quelle presenti nel campione 26.01.02 DS 4A/7, sia necessaria

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Figura 7. Diagramma SiO2 vs %melts, creato sulla base dei dati ricavati dalla simulazione effettuata su MELTS (rif.)

I tempi di permanenza all’interno della lava sono stimabili in ore, che deve essere sufficiente per poter indurre principi di fusione all’interno dello xenolite. Per il campione 26.01.02 DS 4A/34, si può dire che per ottenere percentuali di fuso compatibili con quelle presenti nello xenolite (circa il 5%), la pressione possa essere un po’ più alta, 5-7 kbar, come anche la temperatura, intorno ai 1000°C.

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