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I. Delimitazione ed importanza dell’oggetto di studio

4. Prospettive: un lungo cammino da percorrere

3.3.1. Tipologie di incarichi e criteri per il conferimento

Il d.lgs. 150/2009 ha mantenuto ferme le tipologie di incarichi contemplati dall’art. 19 del d.lgs. 165/2001. Di conseguenza, essi possono essere suddivisi in due categorie394: da una parte, quelli che hanno ad oggetto la direzione di un ufficio dirigenziale e, dall’altra quelli concernenti compiti di altra natura. Questi ultimi sono svolti dai dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni ministeriali –art. 19.10-.

Per quanto riguarda gli incarichi di funzioni dirigenziali, possono essere classificati, a loro volta, in tre categorie o livelli, in base all’importanza dell’ufficio. In tal senso, la normativa attuale continua a distinguere tra: a) incarichi di vertice; b) incarichi di uffici dirigenziali generali; c) incarichi di direzione di uffici di livello dirigenziale non generale. I primi, cioè quelli di Segretario generale, di direzione di strutture articolate al loro interno ed altri equivalenti, sono conferiti a dirigenti di prima fascia o a persone in possesso delle specifiche qualità professionali e nelle percentuali previste dal comma 6 dell’art. 19 del d.lgs. 165/2001, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente; i secondi, vale a dire quelli concernenti la direzione di strutture ministeriali

392

M.T., ALTORIO, Gli incarichi e la responsabilità dirigenziale alla luce della c.d. “riforma Brunetta”..., op. cit., p. 7.

393 A., BOSCATI, Il conferimento di incarichi dirigenziali e il nuovo sistema di acceso alla dirigenza, in

Giur. It., 2010, p. 1 (formato pdf).

394

D., MEZZACAPO, Il conferimento degli incarichi tra autonomia privata e discrezionalità amministrativa..., op. cit., p. 180.

della dimensione di direzione generale o strutture equiparate, sono conferiti mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all’articolo 23 del d.lgs. 165/2001 o, in misura non superiore al 70% della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6 dell’art. 19; e per finire, i terzi, i quali riguardano la direzione di strutture minori ovvero di uffici periferici, sono conferiti dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale ai dirigenti della seconda fascia assegnati al suo ufficio dagli organi di governo. Allo stesso modo, gli incarichi di uffici dirigenziali non generali possono essere conferiti anche a dirigenti di amministrazioni non statali, compresi gli organi costituzionali, nel limite del 50% della dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia e ad esperti particolarmente qualificati, esterni o anche interni a ciascuna amministrazione, entro il limite dell’8% della medesima dotazione395. Insomma, può affermarsi che su questo punto della disciplina degli incarichi dirigenziali vi è una piena riconferma del sistema precedente396.

Situazione ben distinta è quella relativa ai criteri per il conferimento degli incarichi dirigenziali, giacché in questo caso il legislatore introduce qualche novità, allo scopo di evitare spazi di discrezionalità nelle scelte delle amministrazioni. Prima della riforma del 2009, l’art. 19 del d.lgs. 165/2001, come modificato dalla legge n. 145/2002, prevedeva che per il conferimento di ciascun incarico dirigenziale si considerassero, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati, le attitudini e le capacità professionali del singolo dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati conseguiti con riferimento agli obiettivi fissati nella direttiva annuale e negli altri atti di indirizzo del Ministro.

In tale contesto, il decreto delegato, attraverso l’art. 40, comma 1, lettera a), ridefinisce i criteri per l’attribuzione degli incarichi. Così, la nuova formulazione fa riferimento esplicito “alla complessità della struttura interessata”, nonché richiama in maniera diretta ed oggettiva i “risultati conseguiti dal dirigente in precedenza

395 Per un analisi sulle tipologie degli incarichi dirigenziali, si veda, L., BUSICO e V., TENORE, La

dirigenza pubblica..., op. cit., pp. 70 e seguenti.

396

A., DI CASOLA, Le dirigente pubbliche nei recentí interventi normativi: funzioni e rapporto con la politica, in Le Istituzioni del Federalismo, 2009, p. 1043.

nell'amministrazione di appartenenza” e le “esperienze di direzione maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purché attinenti al conferimento dell'incarico”. D’altra parte, va notato che la considerazione delle attitudini e delle capacità professionali del dirigente non potrà basarsi su valutazioni meramente soggettive, “ma dovrà essere ancorata quanto più possibile a circostanze oggettive”397.

Inoltre, nello stesso art. 19, commi 4-bis e 5-ter, si afferma che i criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale e non generale tengono conto delle condizioni di pari opportunità. Ciò implica, com’è stato osservato dalla dottrina, che “debbono essere evitate discriminazioni sia in termini quantitativi che qualitativi, in riferimento cioè al numero, alla tipologia degli incarichi e alle connesse implicazioni retributive e di responsabilità”398.

Da ultimo, va messo in rilievo che l’art. 19, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. 165/2001, conferma l’inapplicabilità dell’art. 2103 cod. civ., recante Mansioni del lavoratore399. Tale norma prevede che “Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario e nullo”.

Da questa prospettiva, la suddetta norma sancisce nell’ambito privato l’irreversibilità della posizione professionale del lavoratore, nella misura in cui ammette soltanto il passaggio a mansioni equivalenti –mobilità orizzontale- o superiori –mobilità verticale-, vietando il passaggio a mansioni inferiori, anche qualora esista un accordo tra

397 L., LAPERUTA, Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni..., op. cit., p. 63. 398 L., LAPERUTA, Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni..., op. cit., p. 63. 399

Per un commento sull’inapplicabilità dell’art. 2103 c.c., si veda, tra gli altri, A., TAMPIERI, Il “demansionamento” del dirigente pubblico e la tutela giurisdizionale, in LPA, 2005, pp. 573 e seguenti.

lavoratore e datore di lavoro, poiché lo stesso risulterebbe, in ogni caso, contrario e nullo400.

La situazione descritta, invece, cambia radicalmente se ci trasferiamo nell’ambito pubblico, dove l’art. 19 del testo Unico sul Pubblico Impiego, prima e dopo la riforma del 2009, prevede espressamente che alla disciplina del conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non venga applicato il citato art. 2103. Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, l’esclusione dell'operatività dell'art. 2103 cod. civ. trova giustificazione nel fatto che nel sistema del lavoro c.d. "privatizzato" alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, come disegnato dalle norme raccolte nel d.lgs. n. 165 del 2001, “la qualifica dirigenziale non esprime più una posizione lavorativa inserita dell'ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l'idoneità professionale del dipendente, che tale qualifica ha conseguito mediante il contratto di lavoro stipulato all'esito della prevista procedura concorsuale a svolgerle concretamente. Il dirigente, dunque, svolge le funzioni inerenti alla qualifica solo per effetto del conferimento, a termine, di un incarico dirigenziale e, alla scadenza, può essere destinato a qualunque altro incarico, nel rispetto dei procedimenti e criteri dettati da norme o da atti di autolimitazione della discrezionalità”. Appare perciò evidente –continua a sottolineare la Corte di Cassazione- che, “difettando specifiche mansioni corrispondenti alla qualifica per la quale il dipendente è stato assunto, venendo affidate le mansioni con incarichi a termine, potendo il dirigente, alla scadenza, essere destinato ad altri incarichi, con conseguente mutamento della posizione di lavoro e del livello retributivo, le garanzie di cui all'art. 2103 cod. civ. non risultano compatibili con il descritto assetto legislativo”401.

Tenendo presente, dunque, la normativa in vigore, e l’interpretazione data dalla giurisprudenza alla stessa, ciò che interessa sottolineare è che l’inapplicabilità dell’art. 2103 cod. civ. implica riconoscere, in capo all’amministrazione, “il potere di attribuire al dirigente, anche in mancanza di una valutazione negativa, un incarico di livello

400 L., BUSICO e V., TENORE, La dirigenza pubblica..., op. cit., p. 80. 401

Sentenza della Corte di Cassazione –sezione lavoro-, 22 dicembre 2004, n. 23760. Più recentemente, Sentenza della Corte di Cassazione –sezione lavoro-, 22 agosto 2007, n. 17888.

inferiore rispetto a quello svolto in precedenza, con conseguente decurtazione della retribuzione di posizione”402.

Detto potere, inoltre, è stato rafforzato dal recente decreto legge n. 78/2010 (convertito poi in legge n. 122/2010) il cui art. 9, comma 32, stabilisce che “le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l'incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. A rafforzare tale previsione si aggiunge che “non vengono applicate le eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli”.

Com’è stato efficentemente osservato403, l’obiettivo del decreto legge 78/2010, in questo punto, è quello di disapplicare le specifiche clausole di salvaguardia introdotte dalla contrattazione collettiva allo scopo di limitare gli effetti derivanti dall’inapplicabilità del citato art. 2103 cod. civ.404. Queste clausole pattizie, dunque, vanno ritenute inapplicabili. In ogni caso, bisogna notare che già prima della riforma del 2009, un settore della dottrina considerava che alla luce del comma 12 bis dell’art. 19, tali norme contrattuali non potevano più trovare applicazione405.

402 A., BOSCATI, Il conferimento di incarichi dirigenziali e il nuovo sistema di accesso alla dirigenza...,

op. cit., p. 2 (formato pdf).

403 A., BOSCATI, Il conferimento di incarichi dirigenziali e il nuovo sistema di accesso alla dirigenza...,

op. cit., p. 2 (formato pdf).

404 Un esempio di queste clausule è l’art. 62 del C.C.N.L per la dirigenza di Area I. Tale norma dispone al

comma 1, che: “le amministrazioni che, in mancanza di una espressa valutazione negativa, alla scadenza dell’incarico non intendano riconfermare lo stesso, conferiscono al dirigente un altro incarico di pari valore economico”; al comma 2, che: “ove non siano disponibili posizioni dirigenziali vacanti di pari fascia ovvero le stesse richiedano il possesso di specifici titoli di studio e professionali, l’amministrazione regola gli effetti economici correlati all’attribuzione di un eventuale incarico di importo inferiore sulla base di criteri e termini definiti nella contrattazione integrativa, secondo le modalità di cui all’art. 4 (Contrattazione collettiva integrativa a livello di ministero). Tra i criteri sarà prevista l’attribuzione di una retribuzione di posizione il cui valore economico non sia inferiore del 10% rispetto a quella corrisposta in relazione al precedente incarico”; ed infine, al comma 3, che: ““La medesima disciplina di cui ai precedenti commi, si applica anche nelle ipotesi di ristrutturazione e riorganizzazione che comportino la modifica o la soppressione delle competenze affidate all’ufficio o una loro diversa graduazione”.