1. “to render me fit for Business and Society”
L’abbandono di Oxford e il trasferimento nella capitale rappresentano un importante punto di svolta nell’itinerario intellettuale del giovane Toland. Fin da subito si impone all’attenzione della vita culturale con la pubblicazione del Christianity not Mysterious, su cui torneremo in seguito, e della traduzione del Discorso sulle monete (1588) del fiorentino Bernardo Davanzati. Non si tratta di un’operazione isolata, come sembrerebbe tenendo anche conto del resto della produzione tolandiana, in cui non compaiono altri scritti economici strictu sensu, se non inseriti all’interno di opere e libelli di natura politica, ma di una pubblicazione fortemente attuale, essendo in quegli anni la Zecca inglese impegnata nell’immissione di monete di nuovo conio sotto la sorveglianza di Isaac Newton.
La lettera-prefazione The translator to his friend che Toland appone alla traduzione di questo trattato è degna di nota perché contiene una dichiarazione di intenti, le linee guida che permettono di spiegare la sua attività di pubblicista e di filosofo, di pensatore attivo, sulle orme di Locke, il quale ha mostrato come si possa essere attento osservatore dell’andamento dell’economia, della politica e della società pur essendo un filosofo speculativo1. Seguendo questo esempio, Toland afferma di preferire a un vita solitaria e ritirata una ricca di frequentazioni e di compagnie, trovando come fine di tutta la sua vita l’essere utile mettendosi al servizio di Dio e della società, e non il condurre una vita oziosa simile a chi, chiuso in una biblioteca, è “inutile, come i vermi che lo aiutano a consumare le […] carte”2.
1 Cfr. Davanzati B., A Discourse upon Coins, translated out of Italian by John Toland, London, Printed by J. D., for Awnsham and John Churchill, at the Black Swan in Pater-Noster-Row, 1696, pp. 3-4. Qualche anno prima in una lettera a un destinatario anonimo Toland si era già espresso in modo simile: cfr. Toland J., Letters, in Id., A Collection of several pieces, vol. 2, London, Printed for J. Peele, at Locke's Head in Pater-Noster Row, 1726 [rist. an. Garland, New York, 1977], Toland ad Anonimo, non datata [maggio 1694], p. 302.
L’attribuzione di un alto valore divulgativo e di una destinazione pubblica della propria opera – perché in un certo senso di divulgazione si tratta – è presente anche, e forse a maggior ragione, nel Christianity not Mysterious, dove ai filosofi è richiesto di non impiegare un lessico troppo specialistico, ma di far uso di termini generali, perché
it is of considerable Advantage to the Vulgar, which I’m far from neglecting, like those who in every Preface tell us the neither court nor care for them. I wonder how any can speak at this rate, especially of those whose very Business it is to serve the Vulgar3.
Questo lavoro culturale è compiuto per sopperire alle mancanze del clero, che dovrebbe sollevare i laici dal compito di studiare assiduamente le Scritture, perché occupati nei loro affari privati, e invece, abusando di questa fiducia, ha fatto della religione un instrumentum regni, impiegandola come base per costruire la propria autorità e il proprio dominio sulle coscienze4.
A questo proposito, Michel Malherbe ha parlato in relazione a Toland di “ragione polemica”, una ragione che ricerca la verità attraverso lo scontro con le opinioni altrui – e proprio questo suo tratto rende necessario il carattere scandaloso e conflittuale del “parlar chiaro” tolandiano, finalizzato al conseguimento di un sapere scevro di pregiudizi e superstizioni. Per poter raggiungere questo obiettivo, questa modalità compositiva deve coinvolgere i lettori gettando nella mischia i loro valori, senza tuttavia scadere nell’attacco personale. Ma la ragion
3 Toland J., Christianity not Mysterious [1696], in Id., Christianity not Mysterious, text, associated works and critical essays, edited by P. McGuinness, A. Harrison and R. Kearney, The Lilliput Press, Dublin, 1997, The Preface, p. 10 (tr. it. Il cristianesimo senza misteri, in Id., Opere, a cura di C. Giuntini, UTET, Torino, 2002, p. 100: “rappresenta un vantaggio considerevole per il volgo, che io sono ben lontano dal trascurare, come coloro che in ogni prefazione ci dicono di non poterlo corteggiare né prendere in considerazione. Mi chiedo come chiunque possa parlare in questo modo, ma specialmente chi ha come compito specifico quello di essere al servizio del volgo”).
4 Cfr. op. cit., The Preface, p. 11: “Whoever cosiders with what Eagerness and Rigour some Men press Obedience to their own Constitutions and Discipline (conniving in the mean while at all Nonconformity to the Divine Law), how strictly they enjoin the Observation of unreasonable unscriptural Ceremonies, and the belief of those unfathomable Explanations of what they stifly hold themselves to be incomprehensible; I say, who considers all this, is vehemently tempted to suspect they drive a most selfish Design than that of instructing the Ignorant, or converting the Sinner” (tr. it. cit., p. 101: “Chiunque consideri con quanto zelo e rigore alcuni individui pretendano l’obbedienza alle proprie costituzioni e alla propria disciplina (assecondando nel frattempo tutto ciò che non si conforma alla legge divina), con quanta intransigenza impongano l’osservanza di cerimonie irragionevoli non fondate sulla Scrittura, e la fede in quelle spiegazioni ineffabili di ciò che loro stessi ammettono essere incomprensibile: chi consideri tutto ciò, dico, è fortemente tentato di sospettare che essi nutrano progetti più egoistici dell’istruzione degli ignoranti o della conversione dei peccatori”) (corsivi nostri), e p. 14 n. * (tr. it. cit., p. 104 n. 6) (si tratta di una aggiunta alla seconda edizione del 1697).
polemica nasconde in sé un dispositivo ermeneutico dal carattere profondamente eversivo. Spostando infatti l’oggetto del contendere dal campo speculativo a quello della critica, linguistica e storica, disconosce in partenza il carattere “ragionevole” delle tesi avverse, come sarà ben evidente nel Christianity not Mysterious, dedicato all’analisi del termine “mistero”: una volta liberato il campo dalle argomentazioni avversarie, è possibile enunciare verità talmente autoevidenti da rendere superflua la loro giustificazione – nei fatti, Toland mostra senza dimostrare5.
Per poter esser utile a una causa pubblica occorre dunque essere direttamente impegnati in una disputa, perché è proprio dal confronto, anche duro e oppositivo, con la realtà contingente delle cose e delle azioni degli uomini che gli argomenti acquistano forza, eloquenza e vivacità6. L’intellettuale non può isolarsi nella sua torre d’avorio e da lì osservare il mondo facendosi dispensatore di giudizi, ma deve, come Locke e Cicerone7, preferire la vita activa alla vita contemplativa, per non fare la fine di Claude Saumaise, l’avversario di Milton che, vivendo escluso dalla conversazione e sepolto in una biblioteca, è un perfetto estraneo all’“useful Business of the World”8.
Ma perché è così importante impegnarsi in quest’opera pubblica di disvelamento? La sezione seconda del Christianity not Mysterious offre una prima risposta. L’uomo è continuamente avvinto dai desideri dei sensi, che ne sviano il giudizio premendolo e limitandolo nella sua dimensione grossolanamente corporale. Ma è possibile uscire da questa dimensione, rafforzata dalle abitudini, attraverso un atto della volontà, attraverso la decisione di far uso del proprio intelletto, compito comunque non facile9.
5 Cfr. Malherbe M., La raison polémique chez John Toland, «Revue de Synthèse», s. IV, 116 (2-3), 1995, pp. 357-378.
6 Cfr. Toland J., The Life of John Milton, London, Printed by John Darby in Bartholomew Close, 1699, p. 62 (tr. it. La vita di John Milton, a cura di A. Sabetti, traduzione e note di I. Cappiello, Liguori, Napoli, 1988, p. 85). 7 Cfr. op. cit., p. 147 (tr. it. cit., p. 129).
8 Op. cit., p. 96 (tr. it. cit., p. 103). Cfr. Id., The Life of James Harrington, in Borot L. (éd.), James Harrington and the Notion of Commonwealth, Pubblication de l’Université, Montpelier, 1998, Conclusion, pp. 75-77, dove Toland afferma di aver scritto “something of universal benefit”.
Letta attraverso queste lenti, l’attività di storico, biografo ed editore diviene un mezzo per raccomandare la virtù ed esporre il vizio attraverso la conservazione del ricordo di fatti memorabili, facendo nuovamente parlare i protagonisti stessi attraverso le loro idee – la Life of Milton è, di fatto, un collage di citazioni tratte dalle opere di quest’ultimo10. Ripubblicando gli scritti dei maggiori teorici e attori della Guerra Civile e dell’Interregno, Toland adotta come criterio editoriale quello dell’utilità, distinguendo tra le opere concepite per un uditorio vasto e, possibilmente, universale rispetto a quelle composte all’interno di una polemica circoscritta, che risultano già dopo poco tempo incomprensibili11. Un esempio luminoso è offerto da John Milton, le cui opere dedicate al divorzio, pur essendo nate da una sua faccenda personale, trascendono la dimensione privata assumendo una valenza e una risonanza di carattere nazionale.
Resta tuttavia da indicare quale sia il fine di quest’opera di utilità sociale. Al riguardo, Alfredo Sabetti ha parlato di una “filosofia civile, di una filosofia che non insegue le astrazioni concettuali ma si indirizza verso problemi concreti, la cui soluzione riguarda il sociale e il politico”12, riprendendo il giudizio formulato da Franco Venturi trent’anni prima nelle George Macaulay Trevelyan Lectures tenute a Cambrige nel 1969 e poi pubblicate come Utopia and Reform in the Enlightenment13. Tutta l’azione politica tolandiana – intendendo per “politica” ogni tipo di attività che abbia una ricaduta nella sfera pubblica – si inserisce all’interno del programma dell’ala radicale del partito Whig che vedeva nella borghesia cittadina composta da piccoli commercianti e artigiani, e nella piccola nobiltà di campagna i detentori di una virtù difficilmente corruttibile; ed è proprio la difesa di queste virtù e delle
10 Cfr. Id., The Life of John Milton, cit., pp. 6-8 (tr. it. cit., pp. 55-56). Su questa modalità di composizione letteraria, e sulla sua selettività e parzialità, in relazione alla redazione delle Memoirs di Edmund Ludlow: cfr. Worden B., Introduction, in Ludlow E., A Voyce from the Watch Tower, edited by B. Worden, Offices of the Royal Historical Society, London, 1978, pp. 62-63; e in relazione a Cicerone secondo quanto progettato nel Cicero Illustratus (1712): East K. A., The Radicalization of Cicero. John Toland and the Strategic Editing in the Early Enlightenment, Palgrave Macmillan, Cham, 2017, pp. 72-77.
11 Cfr. Toland J., The Life of James Harrington, cit., § 27, pp. 51-52.
12 Sabetti A., John Toland e la critica della terra, in Santucci A. (a cura di), Filosofia e cultura nel Settecento britannico, cit., p. 271.
13 Cfr. ibidem. L’edizione italiana di queste Lectures è stata pubblicata da Einaudi nel 1970. Per un giudizio analogo in riferimento al rapporto tra il “libertino” Toland e il “puritano” Milton: cfr. Id., Toland e Milton: una «filosofia» per la libertà, in Toland J., La vita di John Milton, cit., pp. 14-20 e 48-51.
libertà a esse collegate che Toland si assume, contro le ingerenze della High Church e contro il ritorno dell’assolutismo politico caldeggiato dai Tories14. Non è tuttavia condivisibile la tesi di Sabetti in base alla quale Toland sarebbe un pensatore a se stante, e non parte della corrente Whig radicale, considerando il fatto che le basi ideologiche di questa corrente si trovano in testi che, prima di essere stampati, erano tutti (o quasi) passati per le mani dell’irlandese, spesso per una riscrittura attualizzante da parte di quest’ultimo15.
Questa “critica della terra” non è però mai del tutto disgiunta da una “critica del cielo”, che coinvolge nell’agone politico la Chiesa in quanto istituzione, con le sue dottrine e le sue pratiche. Per questo connubio di trono e altare, Toland impiega il termine, allora corrente, di “priestcraft”, per indicare il potere che le Chiese istituzionalizzate sono in grado di dispiegare per mantenere il loro dominio. Si tratta di un termine coniato e divenuto di uso comune nel corso della Guerra Civile e il cui uso si era prolungato fino al primo Illuminismo. Secondo Mark Goldie questa forma di anticlericalismo sarebbe stata atea solo marginalmente, avendo di mira più la Chiesa in quanto istituzione politica sostenitrice della monarchia e dell’episcopato de jure divino e dell’obbedienza passiva, che come portatrice di norme di moralità. Letto in questi termini, l’anticlericalismo assume una connotazione politica in opposizione a una gerarchia ecclesiastica che cerca di imporsi quale depositaria esclusiva del potere supremo nelle persone dei vescovi, con l’ovvia conseguenza dell’imposizione dell’uniformità religiosa. Così interpretata, la “priestcraft” diviene per il partito Whig uno strumento per criticare le posizioni dell’High Church Party, la frangia radicale del partito Tory, e per dimostrare la propria lealtà nei confronti del sovrano e del suo ruolo di controllo sull’istituzione ecclesiastica secondo moduli di ascendenza erastiana. Guarda ancora più lontano nel passato Katherine East, che colloca il discorso tolandiano in un contesto più religioso che politico attraverso la ripresa di moduli di ascendenza ciceroniana e al fine di
14 Cfr. Sabetti A., John Toland e la critica della terra, cit., pp. 277-281.
15 Cfr. op. cit., pp. 283-284; Worden B., Roundhead Reputations: the English Civil Wars and the Persuasions of Posterity, Penguin, London, 2001, pp. 86-121.
elaborare una forma di “religione civile” in cui il clero non abbia alcuna autorità e in cui superstitio e religio siano ben distinte16.
Tuttavia, tornando in conclusione sulla distinzione-commistione sabettiana di critica del cielo e di critica della terra, come anche l’esame delle Letters to Serena cercherà di mostrare questa dicotomia non tiene, collassando su se stessa. In Toland la critica della “priestcraft” assume un tono tutto terreno, attraverso la disamina storica e linguistica, tesa a mostrare come gli apparati dottrinari e istituzionali delle Chiese non appartengano al cielo, non essendo altro che escrescenze innalzate sulla terra da un clero che, invece di essere una guida morale per i laici, si eleva a signore di questi ultimi. Ed è proprio per minare l’autorità di questi controllori delle coscienze che Toland pubblica nel 1696 il Christianity not Mysterious.
2. Libertà di coscienza e trasparenza semantica: il Christianity not Mysterious
Il primo testo filosofico che Toland pubblica a Londra è il Christianity not Mysterious. Si tratta di un testo di critica biblica volto a dimostrare, come recita il sottotitolo stesso dell’opera, “come nel Vangelo non vi sia nulla di contrario né superiore alla ragione e come nessuna dottrina cristiana possa essere definita propriamente un mistero”. Tralasciando in questa sede la tradizione esegetica a cui Toland fa riferimento e sul cui solco si inserisce, identificata variabilmente con Locke, Le Clerc e Spinoza, è importante guardare alle finalità che Toland persegue nella pubblicazione di un testo così eterodosso, finalità che sono tutte politiche e che possono essere riassunte nella richiesta del rispetto della libertà di coscienza e di quella che potrebbe essere chiamata “trasparenza semantica”, vale a dire l’impiego di termini i cui referenti rimandino a idee chiare e distinte.
16 Cfr. Champion J. A. I., The pillars of priestcraft shaken. The Church of England and its enemies, 1660-1730, Cambridge University Press, Cambridge, 1992, pp. 53-98 (circa il dibattito interno alla Chiesa anglicana) e 171- 195 (circa le opinioni dei deisti); Goldie M., Priestcraft and the Birth of Whiggism, in Phillipson N., Skinner Q. (eds.), Political Discourse in Early Modern Britain, Cambridge University Press, Cambridge, 1993, pp. 209-31; Champion J. A. I., “Religion’s Safe, with Priestcraft Is the War”: Augustan Anticlericalism and the Legacy of the English Revolution, 1660-1702”, «The European Legacy», 5, 2000, pp. 547–561; Id., Republican learning, cit., pp. 247-254; East K. A., Superstitionis Malleus: John Toland, Cicero, and the War on Priestcraft in Early Enlightenment England, «History of European Ideas», 40 (7), 2014, pp. 965–983; Ead., The Radicalization of Cicero, cit., pp. 195-224.
Nella Preface, infatti, la pubblicazione dell’opera è dovuta alla volontà di trovare una terza via tra “narrow bigotted Tenets” e “impious Maxims”. Si tratta dunque di mettere in gioco le proprie opinioni facendo appello a una discussione pubblica in cui la ragione dovrebbe essere impiegata come strumento principale nella difesa della Rivelazione17. La necessità di questa
facoltà nell’esegesi scritturale deriva dall’opacità semantica causata da un’ininterrotta ermeneutica di parte, che porta su di sé il lavoro e il contributo di tutte le sette cristiane (ariani, ortodossi, cattolici e protestanti); il ricorso alla ragione per districarsi in questa imponente e autoreferenziale ragnatela terminologica è giustificato dall’essere l’uomo una creatura ragionevole in grado di accedere alla verità, che è sempre, ovunque e in ogni lingua la stessa18. L’origine del problema è da ricercare proprio nella formazione di varie tradizioni esegetiche e nelle loro egoistiche pretese di dominio, attuato attraverso l’impiego di termini “misteriosi”, che scambiano “certi Suoni” per “vere Essenze” e l’assoggettamento a pratiche di natura superstiziosa, per instillare negli uomini la sfiducia nella propria ragione, una cieca venerazione per gli antichi e una ferma fedeltà alle norme della propria setta. Due sono, dunque, gli obiettivi dell’opera: la difesa della libertà di coscienza in materia di religione e la necessità di impiegare termini semanticamente “trasparenti” nell’esegesi biblica, il tutto realizzabile attraverso il ricorso alla ragione.
Questa facoltà è caratterizzata dalla capacità di formare le idee a partire da quanto le è presentato dai sensi e di metterle a confronto, attraverso il ricorso a idee intermedie (e già note), al fine di produrre nuova conoscenza19. Le idee rappresentano le proprietà degli oggetti percepiti, perché nulla può essere creato dalla mente se prima non è passato attraverso i sensi, mentre l’errore nasce dall’attribuire a un’idea caratteristiche che non le corrispondono. Quando poi le idee sono messe a confronto tra loro, e tra queste una non rappresenta dei contenuti acquisiti attraverso i sensi, l’idea complessa risultante è da considerarsi come contraria alla ragione. Parallelamente, parole che non hanno un’idea corrispondente non sono
17 Cfr. Toland J., Christianity not Mysterious, cit., The Preface, pp. 6-7 (tr. it. cit., pp. 95-96). 18 Cfr. op. cit., The Preface, pp. 7-10 (tr. it. cit., pp. 97-101).
altro che “parole al vento” 20; anche la Rivelazione non sfugge a questo requisito, perché altrimenti non si potrebbe comprenderne il contenuto21. I successori degli apostoli, che pur avevano parlato chiaramente, hanno fatto un cattivo uso dell’eloquenza, impiegandola per eccitare le passioni del popolo per meglio dominarlo, tenendolo nell’ignoranza e nella superstizione22.
Nella parte terza dell’opera, Toland dà un saggio dell’operazione di “rischiaramento concettuale” che ha avanzato nelle sezioni precedenti, analizzando il termine “mistero” nel duplice uso che ne è stato fatto dagli scrittori pagani e cristiani, come cosa intelligibile in sé, ma il cui significato è rappresentato figurativamente23, o in quanto inintelligibile in sé. Mentre il primo gruppo di misteri non è problematico, all’interno del secondo, che comprende i misteri inintelligibili in sé, occorre distinguere tra essenze nominali ed essenze reali, le prime non essendo altro che l’insieme delle proprietà percepibili, le seconde inaccessibili tout court e, per ciò stesso, inconoscibili24. Il termine “mistero” dunque può essere riferito in linea di principio a tutti gli enti e non solo a quelli pertinenti all’ambito ristretto della teologia. Le dottrine cristiane, in quanto sono utili e benefiche per l’uomo, devono essere accessibili alla ragione – in caso contrario, come potrebbe essere dannato chi non fa l’impossibile25?
Dimostrato che il “mistero” è qualcosa di non teologicamente fondato, quando è entrato nella storia religiosa dei popoli? La sua origine tra i pagani deve essere ricercata nelle pretese di dominio dei sacerdoti e nella loro volontà di distinguersi dai laici, attraverso l’istituzione di riti e cerimonie, il cui significato autentico – il ricordo delle grandi gesta e delle persone meritevoli – era però celato ai non-iniziati26. Nel Nuovo Testamento, questa parola è impiegata per indicare, in generale, qualcosa noto a Dio ma ignoto agli uomini, che lo possono apprendere attraverso la Rivelazione; in particolare, invece, indica qualcosa di appena
20 Op. cit., II, 1, § 4, p. 34 (tr. it. cit., p. 119).
21 Cfr. op. cit., II, 2, §§ 15-18, pp. 40-42 (tr. it. cit., pp. 124-127). 22 Cfr. op. cit., II, 3, §§ 24-26, pp. 46-47 (tr. it. cit., pp. 130-131).
23 All’interno di questa categoria sono compresi anche i miracoli: cfr. op. cit., III, 4, §§ 69-75, pp. 88-91 (tr. it. cit., pp. 174-177).
24 Cfr. op. cit., III, 2, §§ 16-21, pp. 61-64 (tr. it. cit., pp. 145-147). 25 Cfr. op. cit., III, 4, §§ 59 e 63, pp. 84-85 (tr. it. cit., pp. 169-171). 26 Cfr. op. cit., III, 1, §§ 2-5, pp. 55-57 (tr. it. cit., pp. 137-140).
accennato in vista di un bene futuro, come l’annuncio dei profeti della venuta di Cristo, il cui vero significato appare chiaro solo post eventum – essendovi dunque stato l’annuncio evangelico, non possono esser più detti “misteri”27. La separazione tra laici e sacerdoti nel cristianesimo è invece dovuta alla sopravvivenza del sacerdozio levitico ebraico, a cui i pagani convertiti aggiunsero tutte le loro cerimonie e riti, e i filosofi le loro dottrine; quando, poi, il potere politico si appropriò del cristianesimo, vi innestò al suo interno tutta la tradizione religiosa romana28.
È opportuno rilevare lo stretto rapporto che intercorre tra cose e parole, e tra dominio e parole. L’operazione che Toland rivendica – la “trasparenza semantica” come strumento