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Materialismo e società in John Toland: le Letters to Serena

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di Laurea in Filosofia e Forme del Sapere

TESI DI LAUREA

Materialismo e società in John Toland:

le Letters to Serena

RELATORE

Prof.ssa Simonetta Bassi

CORRELATORE

Dott. Marco Matteoli

CANDIDATO

Filippo Marchetti

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Indice

Introduzione 4

1. “a candid Free-Thinker and a good Scholar” 4

2. Cetera ex Scriptis pete 7

3. Il presente lavoro 25

1. Il “progetto” filosofico-politico di John Toland 34

1. “to render me fit for Business and Society” 34

2. Libertà di coscienza e trasparenza semantica: il Christianity not Mysterious 39

3. Ri-semantizzare il “Commonwealth” 44

4. Retorica e filosofia: il Clito 55

5. L’utopia possibile: Anglia Libera 64

2. Genesi e contesto delle Letters to Serena 71

1. Toland in Germania: 1701-1702 71

2. Filosofia ed erudizione: il salotto di Sofia Carlotta 75

3. Tra Cicerone e Bruno: il Parallèle 86

4. Politica e cultura: la Preface alle Letters to Serena 98

5. I destinatari delle Letters to Serena 102

3. Perpetual Flux: materialismo e filosofia della natura 113

1. Spinoza, Toland, e Tschirnhaus 113

2. La teoria newtoniana della materia 124

3. “Motion essential to matter” 133

4. Il concetto di spazio e il ruolo della matematica 147

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4. Le conseguenze sociali del materialismo 171

1. Materia, mente e coscienza 171

2. Il problema storico della superstizione 195

3. Il carattere sociale dei pregiudizi 209

4. La sincerità e la prudenza 217

5. Il ruolo sociale del filosofo 225

6. Conclusioni 233

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Introduzione

1. “a candid Free-Thinker and a good Scholar”

Ateo, libertino, figlio illegittimo di un sacerdote cattolico, discendente da un’antica stirpe di bardi, repubblicano, deista. Questi i vari modi con cui Toland è stato definito nel corso della sua vita. Nato in Irlanda il 30 novembre 1670 nella penisola di Inishowen, contea di Donegal, poco si sa dei genitori di Toland. Battezzato come Sean Owen, il nome gli fu poi cambiato dal maestro di scuola anglicizzandolo in John. Frequenta la scuola a Redcastle, dove, quattordicenne, abbandona il cattolicesimo e diviene presbiteriano. Dopo il Master of Arts conseguito a Edimburgo si reca a Londra, dove entra in contatto con il circolo dissidente di Daniel Williams, il quale gli procura una borsa di studio per studiare a Leida per poter poi diventare pastore della congregazione. Queste speranze sono destinare però a essere frustrate. Il giovane Toland, pur frequentando per poco l’università, dove assiste alle lezioni di Friedrich Spanheim, incontra Benjamin Furly, Pierre Bayle e Jean Le Clerc, ma soprattutto legge Spinoza. Nel corso di questo primo soggiorno olandese Toland inizia anche la sua attività letteraria con una recensione di un testo di Williams, The Gospel Truth stated and vindicated, sulla Bibliothèque Universelle et Historique di Le Clerc, di cui tradurrà poi nel 1697 il trattato sull’incredulità. Rientrato in Inghilterra con la fama di essere uno spirito irreligioso, si reca a Oxford per fare ricerche linguistiche e storiche presso la Bodleian Library, dove inizia anche a scrivere il Christianity not Mysterious, poi pubblicato alla fine del 1695 dopo il suo ritorno a Londra.

Nel 1697 ritorna in Irlanda al seguito di Lord Methuen, appena nominato Lord Cancelliere, probabilmente con la speranza di ottenere un impiego. Tuttavia il clamore suscitato dal suo libro gli ha alienato il clero locale, che ne fa bersaglio di attacchi quotidiani e ottiene la condanna al rogo per il libro. Preoccupato per la propria sicurezza, Toland rientra

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frettolosamente a Londra dove inizia il suo lavoro di libellista ed editore politico. A partire dal 1698 infatti si occupa dell’edizione dei maggiori scritti dei Commonwealthmen – Edmund Ludlow, Denzil Holles, James Harrington – e di uno dei principali attori della Exclusion Crisis – Algernon Sidney – e della propaganda a favore dei Country Whigs attraverso pamphlets riguardanti questioni di attualità politica ed economica. All’interno di questa produzione si colloca anche la biografia di Milton, che a causa di una riflessione incidentale sul canone delle Scritture darà luogo a un dibattito sugli scritti apocrifi di cui Toland redigerà poi un catalogo che continuerà a perfezionare e ad aggiornare per il resto della sua vita.

Tra i pamphlets di questo periodo spicca per importanza Anglia Libera, in cui giustifica filosoficamente, giuridicamente e storicamente l’Act of Settlement, che modificava la linea di successione al trono per evitare una restaurazione cattolica degli Stuart. Grazie a questo scritto Toland riesce, probabilmente grazie anche a uno dei suoi patroni, Robert Harley, a essere nominato segretario dell’ambasciata che avrebbe dovuto presentare il provvedimento a Sofia di Hannover, la nuova erede designata. L’esperienza tedesca lascerà tracce profonde nella biografia tolandiana. Durante questo soggiorno conosce infatti il consigliere dell’elettrice, il filosofo Gottfried Leibniz, e la regina di Prussia Sofia Carlotta, con cui l’anno successivo a Berlino discuterà dei temi che poi saranno raccolti nelle Letters to Serena, pubblicate nel 1704.

A partire dal 1705 Toland riprende l’attività di consigliere politico di Harley attraverso la produzione di memoranda su vari argomenti e di traduzioni e pamphlets in favore della Guerra di successione spagnola, condotta con successo sul continente dal duca di Marlborough. Nel 1707 ritorna nelle Provincie Unite e da queste inizia un più ampio tour europeo che lo porta a visitare numerose città tedesche, tra cui nuovamente Berlino e Hannover, Vienna e la Boemia, dove a Praga ottiene da alcuni frati del convento irlandese un attestato che certificava la sua prestigiosa e antica ascendenza. Rientrato a L’Aja, pubblica l’Adeisidaemon, un’apologia di Tito Livio, e le Origines Judaicae, un commento a Strabone

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sulle origini del popolo ebraico. Nel corso di questo soggiorno olandese riprende in mano le Letters to Serena, di cui traduce in francese le prime due e le inserisce all’interno di una raccolta miscellanea, le Dissertations diverses, che invia a Eugenio di Savoia, e continua il lavoro storico sugli ebrei iniziato con le Origines, componendo lo scritto sulla colonna di fuoco dell’Esodo, compreso nella raccolta eugeniana e poi pubblicato nel 1720 nel Tetradymus. Parallelamente all’attività storico-erudita Toland svolge il ruolo di agente libraio per il principe di Savoia e per Harley, descrivendo, in vista di un futuro acquisto, il Vangelo di Barnaba e il Codex Armachanus in due lettere che saranno pubblicate congiuntamente nel 1718 nel Nazarenus.

Iniziano in questi anni a raffreddarsi i rapporti con Harley, sempre più assestato su posizioni Tories e deciso a concludere la pace con la Francia. Il trattato di Utrecht del 1713 sancirà la definitiva rottura tra i due: da questo momento infatti Harley diviene il principale bersaglio polemico di Toland, che lo accusa di giacobitismo e di tradimento verso la causa protestante. Contemporanea a quella politica è la polemica religiosa. L’affaire Sacheverell aveva non solo portato al disastro elettorale dei Whigs nelle elezioni del 1710, ma anche a una politica governativa sempre più intransigente verso i Dissenters, culminata negli Occasional Conformity Bills, che vietavano la pratica della conformità occasionale.

Con il ritorno al governo dei Whigs nel 1717 Toland diviene la punta avanzata della propaganda governativa, componendo dei veri e propri bestseller, come The State-Anatomy of Great Britain, e il suo seguito, The second part of the State-Anatomy. In occasione della controversia di Bangor, iniziata dal vescovo di Bangor, Benjamin Hoadly, rompe il suo quasi decennale silenzio filosofico e pubblica il Nazarenus, che presenta le condizioni del cristianesimo originario degli ebioniti e del cattolicesimo irlandese prima della sua sottomissione alla sede papale. Politicamente vicino al deputato irlandese Robert Molesworth, che conosce da quasi un ventennio, Toland si occupa per suo conto di problemi relativi alla giurisdizione della House of Lords di Dublino. In seguito a questo rinnovato interesse verso la

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sua terra natia, riprende anche le ricerca sui celti iniziate negli anni oxoniensi; il risultato sono tre lettere indirizzate a Molesworth sui druidi che farà circolare manoscritte tra alcuni amici e saranno poi pubblicate postume. Nel 1720 pubblica gli ultimi due lavori filosofici, il Pantheisticon, che presenta una immaginaria Sodalitas Socratica i cui membri sono detti “panteisti”, non riconoscendo alcun Dio che l’universo stesso, e il Tetradymus, una raccolta di quattro dissertazioni scritte in diversi momenti ma accomunate dalla critica verso l’autorità religiosa.

Sono tuttavia anni di progressivo declino. L’ascesa di Walpole tra i Whigs muta l’atteggiamento che il partito aveva tenuto nei confronti della Chiesa nazionale, ora ritenuta una preziosa alleata, rendendo Toland estraneo alla nuova linea politica. Lo scoppio nel 1721 della South Sea Bubble, infine, farà scomparire i suoi pochi risparmi. Rimasto con il solo Molesworth ad assisterlo, Toland muore l’11 marzo 1722 nel retrobottega di un calzolaio a Putney, dove aveva affittato una stanza e dove viveva da quattro anni.

2. Cetera ex Scriptis pete

L’invito tolandiano, formulato nel suo epitaffio, a cercare tra i suoi scritti per poterlo capire meglio rappresenta l’ultimo “paradosso” dell’irlandese, il quale nelle settimane precedenti la sua morte ne aveva distrutta buona parte, ma anche una sfida per i suoi interpreti. I lavori pionieristici di Heinemann hanno avuto il merito di rendere disponibili pochi stralci dall’epistolario tolandiano e alcuni documenti riguardanti la sua vita1. La bibliografia pubblicata da Giancarlo Carabelli nel 1975, e seguita nel 1978 da un volume suppletivo di Errata, addenda e indici, per quanto occorra proseguire il lavoro sugli inediti e risolvere alcuni problemi di attribuzione, è un punto di partenza ineludibile. Per quel che riguarda invece le opere filosofiche, l’edizione critica del Pantheisticon di Onofrio Nicastro e Manlio Iofrida è del 1984, la prima edizione contemporanea del Christinity not Mysterious e delle sue

1 Cfr. Heinemann F. H., John Toland and the Age of Enlightenment, «The Review of English Studies», 20, 1944, pp. 125-146; Id., Toland and Leibniz, «The Philosophical Review», 54 (5), 1945, pp. 437-457; Id., John Toland, France, Holland, and Dr. Williams, «The Review of English Studies», 25, 1949, pp. 346-349.

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tre apologie è del 1997, il Nazarenus ha avuto la sua edizione critica nel 1999 per opera di Justin Champion, nel 2003 Michael Palmer all’interno della sua tesi di dottorato sostenuta presso l’università di Berlino ha pubblicato una edizione dell’Adesidaemon e delle Origines Judaicae insieme al Livius Vindicatus2, l’edizione delle Letters to Serena è stata curata da Ian Leask nel 20133. Se la produzione filosofica ha ricevuto una notevole attenzione editoriale, non si può dire lo stesso per la libellistica politica.

L’epistolario merita un discorso a parte. Edito in parte e lacunosamente da Pierre Desmaizeaux nel 1726 in A collection of several pieces of Mr John Toland, è in parte ricostruibile attraverso gli epistolari di chi, con Toland, intrattenne rapporti di vario tipo – Harley, Leibniz, Shaftesbury. La gran parte della produzione epistolare tolandiana si trova dispersa tra Londra (tra le carte di Desmaizeaux conservate nella British Library e quelle di Shaftesbury nel Public Record Office), Hannover (presso la Niedersächlische Landensbiblithek tra le carte di Leibniz), Vienna (presso la Österreichiche National Bibliothek nei fondi eugeniano e hohendorfiano); certamente occorrerebbe cercare anche tra le carte di Robert Harley, Lord Oxford, e tra quanti ebbero contatti con Toland4.

Nonostante queste mancanze, tuttavia, non si può dire che lo studio di John Toland e della sua produzione sia parziale o inesatto o impedito in alcun modo. Anzi, ormai da un cinquantennio Toland costituisce l’oggetto di un certo interesse per gli storici della filosofia del primo Settecento, sia per quelli interessati a problemi relativi al dibattito inglese sul deismo o sul pensiero repubblicano sia per quelli interessati alla dimensione genuinamente europea di Toland, alla genesi del primo Illuminismo e agli aspetti sociologici della pratica filosofica. Come ha opportunamente rilevato Justin Champion,

2 Una prima edizione di questo testo era stata pubblicata nel 1976 da Carabelli nella «Rivista critica di storia della filosofia».

3 Da questa rassegna sono stati esclusi le ristampe anastatiche e i lavori di traduzione, solo per nominarne alcuni, di Alfredo Sabetti, Ida Cappiello e Chiara Giuntini per l’Italia, e di Laurent Jaffro, Pierre Lurbe e Tristan Dagron per la Francia.

4 Cfr. Carabelli G. (a cura di), John Toland e G. W. Leibniz: otto lettere, «Rivista critica di storia della filosofia», 29 (4), 1974, pp. 412-413; Harrison A., Notes on the Correspondence of John Toland, «I Castelli di Yale», 4, 1999, pp. 81-84 e 95-99.

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[t]here are then, it seems, almost as many Toland as there are books about Toland. […]. There are many versions of his life. Toland the radical, the religious thinker, the paid writer, the marginal and clandestine figure, the editor of texts. Toland was all of these5.

Per Alfredo Sabetti, uno dei primi in Italia a studiare con attenzione Toland e a cui si devono alcune tra le prime traduzioni e antologie dei suoi scritti, Toland è un outsider. Il percorso intellettuale tolandiano rifletterebbe lo sviluppo della ragione borghese e nel suo progressivo farsi ideologia dell’assetto istituzionale inglese quale uscito dalla “Rivoluzione conservatrice” del 16886. Si pone allora il problema del ruolo di Toland all’interno di questo processo culturale, considerato che l’ideologia di cui sarebbe portatore – quella borghese – è divenuta poi egemonica nel corso del Settecento. Toland, e con lui il deismo, sarebbe l’apripista intellettuale della nascente società borghese, il portabandiera di una visione del mondo e dei rapporti tra gli uomini e tra l’uomo e la società, ma si tratta di una visione del mondo che, nell’epoca in cui Toland vive e scrive, trova opposizione e resistenza nei residui della ragione teologica medievale ancora vivi nella Chiesa anglicana. E proprio perché si trova circondata da un ambiente ostile questa visione non può che presentarsi come radicale, tanto che in Toland non si ha la forma di deismo poi divenuta ideologia – che sarà quella del “deismo scientifico” dei Bentley e dei Clarke – ma una versione alternativa, “che non può avere successo nella situazione in cui si trova la società inglese del tempo”7. Un uomo nuovo, un franco tiratore della cultura – questo è Toland. Ma come e perché agisce questa figura? Il Toland sabettiano è prima di tutto un deista, un critico “del cielo e della terra”, della filosofia (e della teologia) da un lato e della politica dall’altro; ma tra le due critiche è chiaro quale sia l’ordine di priorità. La presenza in Toland di incongruenze, incoerenze e attriti con i Whigs, tra le cui fila militano numerosi dei suoi protettori, è un indice rivelatore di come la lotta politica in quanto fine a se stessa non sia altro che un fattore contingente, che trova il suo

5 Champion J. A. I., Republican learning. John Toland and the crisis of Christian culture, 1696-1722, Manchester University Press, Manchester-New York, 2003, p. 10.

6 Cfr. Sabetti A., John Toland, un irregolare della società e della cultura inglese tra Seicento e Settecento, Liguori, Napoli, 1976, pp. 14-21.

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senso all’interno della lotta contro la superstizione e il clero. Toland non può essere considerato come un Whig perché la sua azione politica è radicale, nel senso letterale del termine – si tratta di s-radicare la vecchia società rifondandola daccapo su nuovi modi di concepire i rapporti umani8. Per quanto riguarda la filosofia, invece, quello tolandiano è un tentativo di formulare una filosofia della natura alternativa a quella che Margaret C. Jacob ha chiamato Newtonian Ideology, una “santa alleanza” tra scienza newtoniana e teologia anglicana in grado di giustificare l’ordine sociale post-1688, proprio quel compromesso contro cui Toland combatteva anche in campo politico9.

Più orientato filosoficamente rispetto a quello di Sabetti è lo studio di Chiara Giuntini, dedicato al panteismo e alla ideologia repubblicana. Il ruolo del freethinker è quello di cercare di “costruire un’immagine del mondo naturale e umano” alternativa a quella dei conservatori e dei latitudinari. Fondamentale è il periodo della formazione tolandiana trascorso nelle Provincie Unite, quando gli ambienti culturali dell’università di Leida, di Rotterdam e de L’Aja gli permettono di entrare in contatto con figure centrali della repubblica delle lettere, come Spanheim, Le Clerc, Bayle e Furly. Da questo soggiorno Toland apprende un metodo esegetico orientato all’analisi storica comparativa e linguistica. Accanto a questo periodo di formazione olandese, di uguale importanza è quello trascorso a Oxford. In questo ambiente Toland ha modo di perfezionare le sue conoscenze filologiche e di storia antica, ma alla sua partenza il punto di svolta è costituito dalla mutata finalità che Toland ha trovato per la sua vita – partendo da Oxford Toland ha infatti deciso di considerare il suo sapere come mezzo per affrontare i problemi posti dall’attualità10. È allora nell’agone politico che Toland trova il suo luogo di elezione, impegnandosi in area Whig a favore di un programma di impronta

8 Cfr. op. cit., pp. 116-133. 9 Cfr. op. cit., pp. 197-222.

10 Cfr. Giuntini C., Panteismo e ideologia repubblicana: John Toland (1670-1722), il Mulino, Bologna, 1979, pp. 27-37, 49-51 e 139-145.

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harringtoniana e di una progressiva democratizzazione che però non sarebbe mai andata oltre alla richiesta di modifica del sistema elettorale per superare il problema dei rotten boroughs11. Pur riconoscendo che, propriamente parlando, Toland non è un filosofo, centrale nella ricostruzione offerta dalla Giuntini è la redazione delle Letters to Serena. In questo testo, la cui stesura è avviata nel corso dei soggiorni tedeschi dell’irlandese, il centro dei suoi interessi teoretici si sposta dalla teologia alla storia e alla scienza. Le prime tre Letters recano infatti l’impronta degli studi olandesi e le rendono un esempio di letteratura libertina “erudita”, per quanto a livello di finalità a Toland sia estraneo l’elitismo, ridimensionato a posizione difensiva e mai programmatica12. Accanto all’erudizione, nel lavoro della Giuntini è centrale anche il rapporto tra Toland e la filosofia naturale. L’incontro con la filosofia di Giordano Bruno rappresenta il punto archimedeo della sua intera ricostruzione storiografica. Riprendendo spunti e temi affrontati da Margaret C. Jacob, l’ermetismo diviene una via d’accesso privilegiata al panteismo: nelle mani di Toland infatti Bruno diviene uno strumento da impiegare contro la nascente fisico-teologia delle Boyle Lectures. Non si tratta tuttavia dello stesso ermetismo di Bruno, ma di un ermetismo che abbandona i suoi tratti magici in favore di una decisa tensione naturalistica orientata verso un materialismo meccanicista – si tratterebbe di un “ermetismo rivoluzionario” che abbandona gli aspetti mistici e teosofici e affronta temi e problemi legati alla lotta alla superstizione in nome di una sapienza “naturale”13. Elaborata questa nuova, alternativa e conflittuale visione del mondo, l’anno successivo (1705) Toland può presentare al mondo il carattere di un panteista, descrivendolo come un atteggiamento di apertura e di tolleranza. Ha tuttavia inizio una fase di ritiro della vita pubblica di Toland, che ritorna al commercio di manoscritti rari e clandestini, ad attività editoriali e all’indagine storica e filologica. Non si esce, tuttavia, dal percorso intrapreso dopo Oxford. Il lavoro tolandiano è infatti teso alla ricerca di modelli di società alternativi rispetto

11 Cfr. op. cit., pp. 182-204.

12 Cfr. op. cit., pp. 205-213 e 244-264.

13 Cfr. op. cit., pp. 291-381. Successivamente, la Giuntini correggerà questo suo giudizio, ritenendo più sostenibile parlare di “eredità e orientamenti classici, più che ermetici” nella definizione del rapporto tra Toland e le remote Antiquities: cfr. Ead., Toland e le fonti rinascimentali, «Rinascimento», s. II, 41, 2001, pp. 349-351.

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a quelli dell’Europa a lui contemporanea – il cristianesimo primitivo e la res publica mosaica14. Epitome del programma tolandiano, il Pantheisticon riprende la filosofia naturale già divulgata nelle Letters, ma segna anche la rottura con la figura di Isaac Newton, nominato sempre con rispetto nel testo del 1704. Il carattere particolare dello scritto non deve tuttavia trarre in inganno: tra la Sodalitas Socratica e la massoneria, a cui molto spesso Toland è stato associato, vedendone in lui addirittura uno dei fondatori e teorizzatori, non vi è continuità. Quanto Toland ha in mente è un’associazione filosofica priva del carattere iniziatico e gerarchico della massoneria e il cui esoterismo è dovuto a ragioni prudenziali e non rimanda a una segretezza di maniera15.

Un approccio più teologico è invece quello preferito invece da Robert Sullivan, che affronta il deismo attraverso la genealogia storica di Trevor-Roper, per il quale si dà continuità tra Rinascimento e Illuminismo attraverso il calvinismo, per quanto si tratti di un calvinismo “dolce”, intellettuale, scelto dai dotti per necessità. Questo Toland è figlio del protestantesimo anglo-olandese, a sua volta discendente da Erasmo da Rotterdam, il cui pensiero e il cui razionalismo sarebbero costitutivi dei Trentanove Articoli, il testo fondamentale della Chiesa anglicana. In questa narrazione Toland, Locke e anche Stillingfleet sarebbero tutti parte del medesimo campo, molto largo, del latitudinarismo inglese del secondo Seicento e che con la Rivoluzione del 1688 giungerà a esprimere larga parte dell’episcopato e che aveva come esponenti di spicco Tillotson e Tennison, entrambi arcivescovi di Canterbury, la sede episcopale più importante del regno. L’intera controversia deistica che ha origine proprio con la pubblicazione, quasi simultanea, della Reasonableness of Christianity di Locke e del Christianity not Mysterious di Toland e con le successive repliche di Stillingfleet rappresenta per Sullivan l’emergere all’interno del latitudinarismo della tensione crescente tra quanti, come Locke, affermavano il primato della ragione e riducevano la religione a una forma di moralità affidando le questioni speculative alla ragione a scapito della Rivelazione, e tra

14 Cfr. Ead., Panteismo e ideologia repubblicana, cit. pp. 383-440. 15 Cfr. op. cit., pp. 459-492.

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quanti, come Stillingfleet, cercavano di mantenersi all’interno del recinto dell’ortodossia16. In questo quadro, Toland rappresenta l’estremo opposto, una sorta di latitudinario radicale che compie quei passi, come il rigetto dei miracoli in quanto assurdi o il tentativo di spiegarli integralmente attraverso il supporto della sola ragione, che i latitudinari non volevano, o non potevano fare senza smettere di dirsi cristiani. Questo non significa però che agli occhi di Sullivan Toland non sia un cristiano, ma si tratterebbe di un cristianesimo razionale centrato sulla moralità, una “religione civile”. Una lettura del genere conduce l’interprete a privilegiare una serie di testi a discapito di altri. Il Toland di Sullivan è l’autore del Christianity not Mysterious, dell’Amyntor, del Nazarenus, ma del Toland editore dei repubblicani, del Toland libellista non v’è traccia dal momento che l’aspetto sociale e, in senso molto lato, politico è interamente assorbito nella costatazione della necessità sociale della religione e quindi nei tentativi di un “tornare alle origini”, a un cristianesimo originale che assomiglia molto a un prisca theologia naturale17. La tesi generale di Sullivan è che il deismo sia stato una fase del razionalismo teologico, durata indicativamente dalla metà del Seicento fino alla Rivoluzione francese. La critica mossa al cristianesimo storico da parte dei deisti avrebbe offerto alla teologia anglicana latitudinaria “moderata” i mezzi per compiere quel passo decisivo verso questioni di carattere morale, offrendo argomenti – è rivelatore, afferma Sullivan, che vent’anni dopo la pubblicazione del Christianity not Mysterious John Clarke, fratello del più famoso Samuel, abbia fatto ricorso ad argomenti già usati da Toland, non destando però alcuno scandalo, ma venendo anzi annoverato tra quanti avevano contribuito a combattere il deismo. Nelle parole di Sullivan,

Historians in search of Toland’s monument will find it in Georgian Anglicanism18.

Il lavoro di Manlio Iofrida affronta Toland nella sua piena dignità filosofica. Non si tratta tuttavia di un ritratto a tutto tondo del pensatore irlandese, ma di un tentativo ampio di

16 Sullivan R. E., John Toland and the Deist Controversy: A Study in Adaptations, Harvard University Press, Cambridge (Mass.), 1982, pp. 51-81.

17 Cfr. op. cit., pp. 119-140 e 183-189. 18 Cfr. op. cit., pp. 274-277 (corsivi nostri).

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indagare, come recita il sottotitolo di questo studio, “spinozismo, scienza e religione nella cultura europea fra ‘600 e ‘700”. In questo modo i problemi politici rimangono sullo sfondo, lasciando spazio a un lavoro di scavo storico che non diventa, tuttavia, mera ricerca delle fonti, ma diviene occasione per la ricostruzione dei dibattiti culturali europei su due temi fondamentali, la religione e la scienza, indicando non semplicemente da dove Toland abbia attinto acqua per il suo mulino filosofico, ma anche le altre posizioni allora in campo.

In ambito religioso Toland media una sintesi tra il razionalismo teologico arminiano olandese di Lodewijk Meyer, facendo della ragione una facoltà giudicante anche in sede di ermeneutica biblica, e il latitudinarismo inglese, con la sue richiesta di una razionalità che non sia critica del dettato scritturale ma apologetica, muovendosi verso una richiesta di “buon senso”. Vi è dunque continuità tra il Christianity not Mysterious, che espone questa sintesi, e le Letters to Serena, in particolare le prime tre, dove la narrazione della degenerazione della religione naturale è ricondotta all’origine delle superstizioni e ricostruita lungo il doppio binario della critica storica, in quanto fondata su precisi fenomeni culturali, e psicologica, in quanto fondata in tratti caratteristici della natura umana. Non sarebbe dunque rintracciabile in Toland la tematica, tipica del libertinismo, della religione come impostura, quanto piuttosto quello dell’esistenza di una religione naturale deformata dagli apporti positivi, tematica che lo collocherebbe nel solco del protestantesimo liberale ed eterodosso, per quanto non sia estraneo anche l’apporto di Spinoza, in particolare nell’accentuazione politica del valore civile della religione così tenacemente sostenuto nel Christianity not Mysterious19.

Quanto alla scienza, Iofrida inserisce Toland all’interno del dibattito sulla natura della materia tra meccanicisti e vitalisti che animava i dibattiti relativi alla dinamica e alla biologia. In questa ricostruzione un ruolo centrale è rivestito dalle Letters to Serena, che mostrerebbero la consapevolezza tolandiana della crisi del meccanicismo. Rifiutata la filosofia della mens, etichetta storiografica di comodo per indicare tutte quelle filosofie che separavano

19 Cfr. Iofrida M., La filosofia di John Toland. Spinozismo scienza e religione nella cultura europea fra ‘600 e ‘700, Franco Angeli, Milano, 1983, pp. 57-66, 73-78 e 83-84.

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radicalmente la materia dal principio animatore, Toland si muove verso la tesi della materia attiva e dotata di un principio di azione interno a essa che, se da un lato lo allontana dal meccanicismo classico di Descartes e di Hobbes, dall’altro lo avvicina a Spinoza e anche a Bruno, per quanto il rapporto con quest’ultimo sia riconosciuto come problematico a seguito dei risvolti metodologici della rivoluzione scientifica20. Questa filosofia naturale è destinata a rimanere pressoché invariata nei suoi fondamenti, dal momento che gli sviluppi successivi del pensiero tolandiano si muovono verso un suo progressivo ampliamento verso la chimica, la geologia e la storia naturale, testimoniato dal Pantheisticon, per quanto la teoria della materia lì presentata si sposti dalla tesi dell’omogeneità della materia verso un corpuscolarismo qualitativo di tipo “empedocleo”, attraverso il riconoscimento di diversi elementi fondamentali, pur restando fermo il suo rigetto dell’atomismo. La ricostruzione offerta da Iofrida ha il pregio di considerare Toland un filosofo che cerca di mediare tra la cultura continentale (gli arminiani olandesi, Leibniz, Spinoza) e quella inglese (i latitudinari, Locke, Hobbes). Il risultato è un sintesi tra spinozismo, con l’accettazione del monismo sostanziale, per quanto indirizzato verso un direzione decisamente materialistica, e la nuova filosofia della natura newtoniana, i cui risultati, ma non i presupposti metafisici, Toland accetta. Agli occhi di Iofrida è proprio questa sintesi a offrire all’Illuminismo, e alla modernità in generale, l’immagine di un universo regolato da leggi meccaniche e autosufficiente – l’universo-macchina21.

Diversa impostazione è quella seguita da Stephen Daniel nella sua ricostruzione dei “Methods, Manners, and Mind” di Toland. Riconoscendo il grado di complessità della figura dell’irlandese, Daniel pone l’accento sul suo carattere di mediatore, di figura di collegamento, una sorta di Mersenne o di Oldenburg, tra il deismo inglese e l’illuminismo continentale22. Per fare questo occorre guardare alla “Toland’s methodology”, ossia al comune denominatore di

20 Cfr. op. cit., pp. 116-134. 21 Cfr. op. cit., pp. 163-168.

22 Daniel S. H., John Toland: his Methods, Manners, and Mind, McGill-Queen’s University Press, Kingston-Montreal, 1984, pp. 3-5.

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tutta l’eterogenea attività tolandiana e alle sue modalità comunicative, e abbandonare ogni tentativo di pronunciarsi circa l’unità tematica di fondo; in questo modo l’attenzione si sposta sull’agire umano in quanto diretto dalla ragione nell’attribuzione autonoma al mondo di significati23. Così impostato, il ruolo del filosofo diviene quello di “facilitatore” e di educatore degli uomini in vista della costruzione cooperativa di sistemi di significati “veri” attraverso la quale ognuno diviene gradualmente consapevole delle proprie capacità intellettive. La tensione apparente tra il singolo, che con la propria ragione “costruisce” i significati e la società all’interno della quale è inserito e deve in un modo o nell’altro fare i conti è risolta attraverso il criterio con cui la verità dei significati è determinata: se infatti è vero che è l’uomo attraverso l’uso della propria ragione a determinare il significato degli enunciati sui “fatti” il “test di verità” ha invece carattere sociale, dal momento che i significati devono essere chiari e distinti – e quindi universalmente comprensibili24. Questa attività cooperativa oltre ad avere un ruolo di controllo è anche produttrice di nuova conoscenza. Un individuo in quanto “autore di fatti nuovi” produce inevitabilmente anche delle oscurità – dei “misteri” – ma al tempo stesso “invita” i suoi pari a un’attività cooperativa di chiarificazione concettuale di queste novità in modo da ampliare il quadro25. Questa attività cooperativa ha anche delle regole, quelle della polemica. L’atteggiamento polemico da un lato prescrive che ci si confronti non con le idee considerate in abstracto ma con le persone che di queste idee sono portatrici, e dall’altro spiega la varietà di ambienti e persone con cui Toland si intratteneva, dalle coffee-houses alle corti, da marinai semplici a importanti generali dell’Impero, con grande scandalo dei suoi contemporanei. La tesi metafisica del moto come essenziale alla materia sarebbe, nella lettura di Daniel, la controparte ontologica dell’epistemologia della polemica. Ponendo il principio di azione all’interno della materia, Toland lo renderebbe così conoscibile a livello empirico – si tratterebbe di una metafisica “a portata di mano” –

23 Cfr. op. cit., pp. 17-37. 24 Cfr. op. cit., pp. 49-59.

25 Cfr. op. cit., pp. 67-76. Secondo questa lettura i due volumi che avrebbero dovuto “completare” il lavoro iniziato dal Christianity not Mysterious non sarebbero mai stati composti da Toland, che anzi avrebbe voluto che altri portassero a compimento quanto da lui avviato, secondo i moduli cooperativi sopra descritti.

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permettendo alle persone di individuarsi attraverso l’opposizione ai movimenti degli altri enti, esattamente come la polemica permette a ognuno di definire la propria posizione attraverso il confronto con punti di vista opposti, o comunque diversi, ai propri26. Successivamente Daniel è tornato sul carattere “polemico” di Toland ridefinendo la sua posizione come “sovversiva”. In questa lettura, che non è una revisione della precedente ma una sua chiarificazione o un approfondimento, la “sovversione” è il modo con cui Toland cerca di perseguire l’unità senza l’uniformità, un orizzonte comunicativo regolamentato dalla ragione in cui l’accordo tra le persone verte sulle pratiche discorsive e non sui contenuti di queste pratiche. La sovversione impedirebbe il solidificarsi delle opinioni in un’unica visione del mondo che è sinonimo di conformismo e di eteronomia27.

Affronta Toland cercando di collocarlo all’interno di una tradizione filosofica ben precisa Gavina Cherchi. Proseguendo all’interno di un indirizzo storiografico tipicamente italiano, questo Toland è considerato e studiato in primo luogo come un filosofo, attraverso i due aspetti della eterodossia e della dissimulazione. Facendo ricorso a uno stile “nuovo e bizzarro”28, questo Toland, letto retrospettivamente partendo dal Pantheisticon, cerca di disseminare le proprie dottrine consapevole dei risvolti civili, e soprattutto legali, conseguenti a una divulgazione chiara e trasparente29. Questa filosofia, da divulgare solo per speculum et enigmate, è atea e per questo i suoi contenuti devono rimanere privati e a uso interno, mentre nei confronti del mondo il saggio avrebbe continuato a condurre un’esistenza serena “consapevole che le umane vicissitudini non sono soggette al suo controllo”30. Toland avrebbe allora delineato nel corso della sua esperienza filosofica un programma etico fondato, more

26 Cfr. op. cit., pp. 139-163 e 192-200.

27 Id., The Subversive Philosophy of John Toland, in Hyland P., Sammels N. (eds.), Irish Writing: Exile and Subversion, Palgrave Macmillan, London, 1991, pp. 1-12.

28 Cherchi G., Pantheisticon. Eterodossia e dissimulazione nella filosofia di John Toland, ETS, Pisa, 1990, p. 69. 29 Cfr. op. cit., pp. 67-91.

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epicureo, sulla conoscenza delle cause fisiche operanti nel mondo, programma del resto già ravvisabile nel Clito, testo intarsiato da temi e metafore lucreziane31.

Ma oltre all’eterodossia è centrale anche il tema della dissimulazione. Cercando di collocare Toland all’interno di una tradizione di pensiero che rimonta al Rinascimento primo-cinquecentesco, la Cherchi risale fino a Erasmo attraverso il tema dei sileni – e quindi alla figura, cara anche ai deisti, di Socrate –, a Pomponazzi attraverso quello della differenza tra il sapiente e la massa, e a Palingenio Stellato attraverso il rifiuto della vita urbana, considerata fonte di corruzione, in favore di un sereno retirement di marca epicurea32.

Se è epicureo il fine, lo è anche il mezzo. La filosofia naturale che Toland elabora nel corso della sua parabola intellettuale è in diretta opposizione a quella dell’ortodossia e dell’apologetica del suo tempo. Affrontando direttamente Cudworth, Toland propugna la tesi della materia essenzialmente attiva approfittando (anche) del revival delle dottrine del neoplatonico di Cambridge dovuto alla polemica sorta tra LeClerc e Bayle sulle nature plastiche33. Secondo la lettura della Cerchi, tuttavia, di atomismo vero e proprio ed esplicitamente professato si può parlare solo per quel che riguarda il Pantheisticon, quando, falliti tutti i tentativi conciliatori, Toland non avrebbe cercato più di convincere più lettori possibile, ma si rivolge direttamente a una cerchia ristretta e selezionata34.

Si assesta su posizioni contestatrici anche il Toland di Robert Evans. La riflessione tolandiana, sarebbe inizialmente focalizzata su due principali tematiche: la tolleranza religiosa e la libertà civile. Questo non significa però che ci si trovi di fronte a un progetto, o a un programma, monolitico; anzi, la biografia intellettuale tolandiana reca i segni di continui riposizionamenti e di cambiamenti di fase e impostazione. Il primo focus è individuato nel Christianity not Mysterious, dove la tolleranza è perseguita attraverso la separazione delle opinioni religiose, ora relegate all’interno della sfera privata, dalla società.

31 Cfr. op. cit., pp. 99-123. 32 Cfr. op. cit., pp. 124-175. 33 Cfr. op. cit., pp. 349-360. 34 Cfr. op. cit., pp. 396-410.

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Metodologicamente, questo Toland è figlio della cultura olandese, facendo ampio ricorso alla “storia ecclesiastica” – ossia alla lettura comparativista dei racconti storici applicata al resoconto scritturale – messa a punto nelle Provincie Unite da Spinoza, Bayle, LeClerc e molti altri35. Accanto all’interesse religioso vi è però anche quello politico. L’impegno tolandiano a fianco al partito Whig in vista dell’elaborazione di un programma progressista centrato sulla sovranità del Parlamento a scapito della monarchia si concretizza da un lato con la sua attività di pubblicista, resa possibile dall’emergere del giornalismo di partito a seguito del decadere del Licensing Act (1695), e dall’altro dall’edizione del canone dei repubblicani. Questi due aspetti, religioso e politico, hanno il loro minimo comun denominatore nell’opposizione al giacobitismo come minaccia politica e religiosa36.

Questa prima fase termina con i viaggi a Hannover. Al suo ritorno si registra infatti un progressivo spostamento verso la Realpolitik. L’ascesa al trono di Anna, con il conseguente predominio Tory nel governo, coincide con l’abbandono della visione del mondo cristiana, resa possibile dalle discussioni con Bayle e Leibniz e dalla rilettura di Spinoza. Si tratta di una “crisi esistenziale”, che costringe Toland a porsi tre domande: cos’è la storia? cos’è il cosmo? chi sono io? La risposta è costituita nel panteismo in quanto unità armonica delle parti in un tutto non uniforme – l’unità senza uniformità già ravvisata da Daniel37. L’impegno politico di Toland riceve una rinnovata spinta dall’ascesa al trono di Giorgio I, quando diviene una delle punte di diamante della propaganda di governo Whig. In questa nuova veste, Toland dismette gli abiti del radicale repubblicano e si schiera a favore della nuova monarchia hannoveriana contro i Tories, assimilati tout court agli odiati giacobiti, e a favore del mercantilismo in ambito economico, una mossa che lo porta lontano dalle sue originarie posizioni filo-agrarie di tipo harringtoniano e Country Whig38.

35 Evans R. R., Pantheisticon. The Career of John Toland, Peter Lang, New York-Bern-Frankfurt a. M.-Paris, 1991, pp. 19-25.

36 Cfr. op. cit., pp. 37-60. 37 Cfr. op. cit., pp. 92-112. 38 Cfr. op. cit., pp. 170-181.

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Agli occhi di Evans Toland è un intellettuale itinerante e isolato, un Voltaire ante litteram che non ha però raggiunto la fama del francese. Nonostante il suo impegno in politica, questo non va oltre la contingenza, un momento di un movimento storico ben più ampio segnato dal progressivo allontanamento da un’età dell’oro religiosamente caratterizzata come monoteistica e laica e che coinvolge l’uomo e il ruolo che questi svolge nel mondo naturale e sociale. Il panteismo, in quanto opzione filosofica, consiste proprio nel considerare il tutto nella sua differenziazione in parti – la mente, il cosmo, la storia e la politica. Quale allora il ruolo di Toland in questo quadro? Se si considera infatti la filosofia moderna come storia dei sistemi filosofici, da Descartes in avanti, Toland ha un ruolo sicuramente minoritario, ma se si guarda al processo storico di demolizione della visione del mondo cristiana, processo culminato secondo Evans nell’Illuminismo, allora Toland riveste un ruolo di un certo rilievo, dal momento che il suo anticlericalismo si trova legato anche al tentativo di articolare una filosofia naturale nuova, in grado di essere sostitutiva rispetto a quella newtoniana, teologicamente fondata e giustificata da Bentley e Clarke39.

Il Toland di Justin Champion è invece una sorta di intellettuale engagé. Organico al partito Whig, è uno dei suoi propagandisti, non solo attraverso la comunicazione politica immediata su questioni di stringente attualità come i dibattiti sullo standing army, il Licensing Act e il Place Bill, ma anche attraverso il lavoro ben più sostanziale di definizione dell’ideologia Country Whig attuata con l’edizione dei Commonswealthmen. Accanto a questo lavoro di intellettuale “pubblico” Toland batteva anche il sentiero della circolazione clandestina di manoscritti eterodossi. Questa capacità adattativa rendeva Toland una personalità molto elusiva, in grado di modificare le proprie idee a seconda dei numerosi contesti e ambienti in cui si muoveva; tuttavia, egli rimane soprattutto per Champion un politico con un programma ben preciso: abbattere la tirannia – l’egemonia della Chiesa anglicana (la priestcraft) – in nome della libertà attraverso il cambiamento culturale40. L’erudizione è il veicolo attraverso il

39 Cfr. op. cit., pp. 199-224.

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quale Toland riesce a inserirsi negli ambienti culturali a lui politicamente più vicini; i libri e le biblioteche diventano così gli oggetti e i luoghi in grado di far incontrare le persone permettendo di stringere legami di amicizia o alleanze – non bisogna dimenticare che è mentre Toland si trovava a in Olanda, muovendosi tra L’Aja e Rotterdam che nella biblioteca di Benjamin Furly era stato composto il Traité des trois imposteurs41. La cultura diviene così uno strumento di lotta politica: attraverso il lavoro storico-filologico infatti Toland intende intaccare le basi scritturali che legittimano la Chiesa nazionale. Il continuo confronto con la tradizione patristica permette infatti a Toland di cercare di mostrare l’inconsistenza e quindi la precarietà di ogni definizione di “canone” delle Scritture e di “ortodossia” basata sulla sua autorità42. Quello di Toland è tuttavia un programma politico rivelatosi poi fallimentare. La vittoria di Walpole nel 1720 pur consegnando il potere interamente nelle mani dei Whigs, lo consegnava a quei Whigs che avevano compreso quale supporto decisivo potesse venire dalla Chiesa nazionale e che quindi di questa Chiesa si erano fatti alleati e sostenitori. I Whigs di cui Toland aveva contribuito a costruire l’ideologia, i Country Whigs, non avevano altra scelta che prendere posto tra le fila dell’opposizione per poi sparire nel corso del decennio successivo, quando i loro programmi e istanze furono espresse dai Tories di Bolingbroke. Tutto tempo sprecato, dunque? Sì, se ci si ferma all’aspetto amministrativo, di politica quotidiana. Il messaggio che Toland consegna all’élite intellettuale europea è, agli occhi di Champion, che si può agire politicamente attraverso la cultura. Toland non è dunque un rivoluzionario, ma un intellettuale inserito nell’élite, un consigliere dei potenti dell’Europa protestante, in grado di fare tesoro della lezione del passato traendone una lezione per il presente – l’edizione del canone repubblicano, forse l’impresa intellettuale più fortunata e di

41 Cfr. op. cit., pp. 26-67. 42 Cfr. op. cit., pp. 190-212.

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successo nel lungo periodo, consistente in “adaptation, adjustment and engagement”43, è al riguardo paradigmatica44.

Prosegue nel solco già tracciato da Daniel e da Champion Daniel Fouke. La sua indagine su Toland verte più che sui contenuti sulle modalità di produzione e di comunicazione della conoscenza, attraverso il riconoscimento che in Toland vi è un’attenzione particolare nei confronti della dimensione sociale del sapere e della sua costruzione. Concentrandosi sui moduli comunicativi dei suoi diversi interlocutori e dei suoi numerosi oppositori, l’irlandese si inseriva all’interno dei dibattiti politici e religiosi da un lato facendo propri gli stilemi tipici dei loro registri linguistici e le loro norme comunicative, e dall’altro aggiungendovi elementi estranei di satira e di irrisione. In questo modo si (im)poneva come interlocutore ma al tempo stesso minava le basi stesse della discussione45. L’adozione di questo doppio registro era del resto una scelta obbligata dalle circostanze particolari della società in cui Toland viveva. In un’epoca ancora dominata dalla superstizione popolare, alimentata colpevolmente dal clero e divenuta inestinguibile a causa di meccanismi interni alla società che la perpetuano, il parlare chiaramente diventava pericoloso per il filosofo. Di qui la necessità per quest’ultimo di adottare il linguaggio tipico delle istituzioni detentrici del potere attraverso un’operazione di corrosione interna operata grazie a strategie retoriche quali l’ironia, la menzogna e la dissimulazione46. È questa la “way of paradox”, una modalità di discussione in cui Toland, che agli occhi di Fouke non è teologo ma impersona un teologo – come anche non è un filosofo ma finge di esserlo –, costruisce e articola un discorso finalizzato a mettere in

43 Op. cit., p. 244.

44 Cfr. op. cit., pp. 238-247. A giudizio di Chiara Giuntini, il Toland di Champion, attento più alle forme che ai contenuti del suo messaggio, sarebbe una costruzione storica scarsamente aderente al reale, dal momento che una tale separazione non sarebbe rintracciabile nel conteso sei-settecentesco, dove la scelta di una fonte già rimandava al modo particolare con cui si intendeva affrontare il problema: cfr. Giuntini C., Le fonti di Toland, in Santucci A. (a cura di), Filosofia e cultura nel Settecento britannico, vol. 1: Fonti e connessioni continentali: John Toland e il deismo, il Mulino, Bologna, 2000, pp. 296-298 (si tratta di osservazioni relative a precedenti lavori di Champion le cui tesi sono comunque rintracciabili nella monografia del 2003).

45 Cfr. Fouke D. C., Philosophy and Theology in a Burlesque Mode. John Toland and “The Way of Paradox”, Prometheus Books, New York, 2007, pp. 12-18 e 159-164.

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evidenza le contraddizioni latenti nelle posizioni dei propri avversari e al tempo stesso disturbare il proprio lettore mettendone in dubbio le convinzioni47.

Mara van der Lugt ha invece cercato di andare alla ricerca di quel filo rosso in grado di armonizzare una parte non minore vicenda intellettuale tolandiana – le sue posizioni in materia religiosa –, impresa complessa nel caso del filosofo che nel primo Settecento aveva ripreso e tematizzato la distinzione tra verità esoterica ed essoterica. Questa molteplicità di livelli di lettura conduce, a giudizio della olandese, a una circolarità: per comprendere il grado di dissimulazione occorre leggere i testi, ma per compiere una lettura il più completa e corretta possibile occorre sapere dove e come la dissimulazione è all’opera; per non parlare poi del gioco di specchi in cui Toland coinvolge i suoi lettori, attraverso allusioni e incisi, fino a rimandi a opere inesistenti48. Lo studio della van der Lugt giunge così alla conclusione che il pensiero religioso tolandiano possa essere in parte liberato dall’ambiguità solo al prezzo di accettarne un’altra relativa allo statuto della Rivelazione: se è veramente di origine divina il cristianesimo non deve essere superstizioso, se invece questo carattere razionale della religione viene negato allora non vi sono tratti che permettano di distinguere la religione vera da quelle false49. La produzione tolandiana si trova così polarizzata e dimidiata in modo da rendersi contraddittoria: se infatti il Christianity not Mysterious e le Letters to Serena assumono la divinità della Rivelazione senza provarla, l’Amyntor e il Nazarenus sono dedicati invece a mostrare non solo che questa manca del fondamento divino, ma anche che sia addirittura impossibile da trovare. In conclusione si tratta di un “eroe borgesiano” che si muove e abita nella ambiguità senza curarsi di ricostruire dove ha contribuito a demolire50. Michael Brown invece rifiuta le interpretazioni di Daniel, Champion e Fouke, ritenute “postmoderniste” in quanto attente più alle modalità di trasmissione e alle pratiche comunicative e che ai contenuti specifici. Ai suoi occhi Toland non deve essere interpretato

47 Cfr. op. cit., pp. 221-228 e 326-327.

48 Cfr. van der Lugt M., The True Toland? Inquiry into the Religious Writings of an Irreligious Mind, M.A. Thesis, Erasmus University, Rotterdam, 2010, pp. 1-6 e 26-29.

49 Cfr. op. cit., pp. 42-44. 50 Cfr. op. cit., pp. 87-94.

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come una figura erudita, ironica, elusiva, ma per quello che era: come un giornalista e un polemista, come un cospiratore politico. Quest’ultima caratteristica, che tra le tre è quella saliente, comporta l’assunzione di un modo particolare di accostarsi ai testi. In quanto cercatore, e per certi versi creatore, di cospirazioni, Toland sarebbe stato sempre teso a individuare i responsabili degli eventi e dei fatti sociali. Il punto di vista cospirativo infatti ha come suo nocciolo teorico che quanto avviene, avviene sempre a causa di qualcuno che ha agito in un determinato modo in vista del perseguimento di un determinato fine. Questa modalità di lettura del sociale, in un’epoca come quella in cui vive Toland, segnata dal pericolo costante del giacobitismo e della restaurazione cattolica – pericolo stornato definitivamente solo nel 1745 con la battaglia di Culloden – conduce l’attore e l’agente politico a pensare al suo agire come a un’opera di disvelamento di congiure, di società segrete, di cricche di potere51. L’intera vicenda, testuale e personale, del Christianity not Mysterious è, agli occhi di Brown, eloquente. Se il testo infatti presenta la corruzione progressiva del cristianesimo attraverso l’introduzione dei misteri e individuava nel clero e nei gentili neoconversi i principali responsabili di questa corruzione, le apologie sono dirette non tanto a difendere il testo, quanto piuttosto il suo autore, e a spiegare le ragioni del suo agire, dividendo il mondo in “buoni” – Toland stesso e le persone che a Dublino lo avevano accolto favorevolmente – e in “cattivi” – il clero della High-Church –, procedimento che da religioso diviene poi anche politico nella terza apologia, il Vindicius Liberius, dove questa divisione coinvolge anche, rispettivamente i Country Whigs e i Tories52. Conseguentemente a questa lettura, che predilige l’aspetto politico lasciando in ombra, per non dire nelle tenebre, l’aspetto filosofico del pensiero tolandiano, le fasi più interessanti della biografia dell’irlandese sono proprio quelle di maggior instabilità politica. È il caso del secondo decennio del ‘700, apertosi con il processo a Sacheverell, i cui esiti furono devastanti, assicurando il successivo successo elettorale dei Tories e mostrando l’inadeguatezza della classe dirigente Whig nella gestione

51 Brown M., A Political Biography of John Toland, Pickering & Chatto, London, 2012, pp. 8-19. 52 Cfr. op. cit., pp. 36-53.

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del potere. Questo decennio è forse quello in cui Toland vede e cerca di disvelare numerose cospirazioni, in primis quelle del suo ormai ex patrono e alleato Robert Harley, colpevole di aver siglato il trattato di Utrecht con la Francia per terminare la Guerra di successione spagnola, paragonato al generale Monk, principale responsabile della Restaurazione degli Stuart nel 1660; ma anche quelle dei Tories, assimilati in toto ai giacobiti, e della Chiesa anglicana, la cui vicenda storica è letta come una progressiva degenerazione da un cristianesimo primitivo e spirituale attraverso l’introduzione di contenuti speculativi e normativi quali elementi caratterizzanti della fede, indagine allargata poi alla cristianità tout court, come riportato nel Nazarenus53.

3. Il presente lavoro

Ben lungi dal cercare di presentare la figura di Toland nella sua interezza, il presente lavoro si propone, più modestamente, di indagare un particolare aspetto della filosofia tolandiana, il materialismo e le sue conseguenze sociali, in un lasso limitato di tempo e in un’opera sola, le Letters to Serena, pubblicate nel 1704. Per poter affrontare la lettura di questo testo occorre tuttavia ricostruire preliminarmente il loro contesto politico e filosofico. Il primo capitolo è dedicato a illustrare l’attività tolandiana tra la pubblicazione del Christianity not Mysterious e la partenza di Toland per la Germania nel 1701 dopo l’approvazione dell’Act of Settlement. Si tratta di un periodo politicamente turbolento, caratterizzato dal consolidarsi della ideologia Country Whig intorno a un ristretto canone di testi. Il ruolo di Toland in questo processo è di primo piano, essendo l’editore della maggior parte di queste opere; accanto a queste vi sono anche gli interventi relativi alle questioni all’ordine del giorno nel dibattito parlamentare. L’opera tolandiana dedicata ai misteri non è estranea a questo contesto, ma ha anzi una forte valenza politica e sociale attraverso la richiesta di un cristianesimo alla portata anche dei laici, compresi quelli più illetterati, e la rivendicazione della libertà di esprimere le proprie

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convinzioni private in pubblico. L’opzione repubblicana, che Toland ha cercato in quegli anni di rendere politicamente rispettabile risponde a queste esigenze, presentando un programma riformista di ascendenza neo-harringtoniana al cui interno un ruolo non minoritario era svolto dall’educazione quale mezzo per impedire la decadenza di una civiltà in quanto strutturalmente legata alle sue forme di governo.

Il secondo capitolo affronta invece il retroterra filosofico delle Letters to Serena. La ricostruzione dell’ambiente berlinese permette di individuare gli interlocutori di Toland nel corso dei suoi viaggi in Germania nel biennio 1701-1702. Centrale al riguardo è la regina di Prussia Sofia Carlotta, intorno alla quale si muovono personaggi quali Beausobre e Leibniz, von Fleming e Wachter. Nel corso dell’estate del 1702, complice anche la nuova edizione del Dictionnaire Historique et Critique di Bayle, la discussione filosofica non può che risentire dei numerosi spunti presenti in quest’opera. Fondamentali nella ricostruzione di questo periodo sono l’epistolario leibniziano e un testo, il Parallèle, che rappresenta un primo abbozzo della prima e della terza delle Letters. Il testo edito, pubblicato nel 1704, presenta tuttavia poche vestigia del suo contesto di gestazione: innanzitutto la lingua scelta, l’inglese, lo rendevano accessibile a pochi sul continente; secondariamente la dedica a un non precisato gentiluomo di Londra, con l’elogio della regina Anna, caricavano l’intera opera di un preciso significato politico e pedagogico, identificato con la riforma generale del paese, riforma resa possibile da un lato dalla congiuntura storica in cui si trovava il regno e dall’altro dalle possibilità educative presenti nel testo, fatto quest’ultimo enunciato esplicitamente dall’autore; infine, la menzione dei dibattiti suscitati dalle recenti opere di Henry Sacheverell e di William Coward inserivano il testo all’interno di una precisa temperie culturale.

Il terzo capitolo entra nel vivo del problema del materialismo di Toland e dei rapporti con i suoi contemporanei e i suoi predecessori. Prendendo le mosse dalla quarta lettera, la discussione si concentrerà in primo luogo sulla confutazione del sistema di Spinoza. Si tratta di un momento importante perché sulla sincerità tolandiana al riguardo sono stati mossi non

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pochi dubbi, a cominciare dai suoi contemporanei Clarke e Wotton. Il problema del rapporto Toland-Spinoza non è interessante solo per la questione sulla lettura che Toland fa dell’Etica, per quanto vi siano degli evidenti fraintendimenti, ma anche in relazione a genealogie della modernità filosofica centrate su Spinoza e su un supposto spinozismo di Toland54. Ci riferiamo al Radical Enlightenment di Jonathan Israel. Nella sua monumentale ricostruzione dell’“Illuminismo radicale”, Toland viene ricondotto nell’alveo dello spinozismo perché i suoi contemporanei lo considerarono tale e perché il panteismo tolandiano sarebbe affine a quello di Spinoza55. Come però si cercherà di mostrare, in sede metafisica quello di Toland, per lo meno nelle Letters to Serena, è un monismo materialista, mentre in relazione a Spinoza pare preferibile parlare di monismo “neutro”56, che mantiene il carattere indifferenziato della sostanza a fronte dell’infinità degli attributi in cui si esprime. Si tratta, a parere di chi scrive di un discrimine importante, per quanto non l’unico, tra i due, dissentendo Toland anche relativamente alla natura degli attributi e del pensiero. Volendo individuare un punto di contatto in sede di metafisica tra i due, l’unico da noi ravvisato è il monismo sostanziale57. Relativamente all’altro tratto caratteristico dello spinozismo del Radical Enlightenment, la preferenza verso l’assetto politico democratico e verso la tolleranza completa, una tale posizione non pare ravvisabile in Toland. Come sarà mostrato nel capitolo primo, il repubblicanesimo tolandiano mantiene i tre ordini sociali inglesi del suo tempo – re, pari, e

54 È opportuno sottolineare come il punto qui in questione sia la filiazione concettuale della metafisica di Toland a partire da quella di Spinoza. La lettura tolandiana dell’Etica è, per quanto puntuale, viziata da alcune incomprensioni di fondo tali da far supporre che su quelle basi l’irlandese non avrebbe potuto costruire alcunché. È per questa ragione che ci pare più fondato sostenere la derivazione bruniana, e per certi versi newtoniana, della caratteristica tesi dell’essenzialità del moto alla materia. Questo non significa tuttavia che tracce del pensiero di Spinoza non siano ravvisabili in Toland, in particolare nell’ambito della politica, dell’esegesi e della teoria delle passioni.

55 Cfr. Israel J. I., Radical Enlightenment. Philosophy and the Making of Modernity, 1650-1750, Oxford University Press, Oxford, 2001, pp. 609-613; Id., Enlightenment Contested. Philosophy, Modernity, and the Emancipation of Men, 1670-1752, Oxford University Press, Oxford, 2006, pp. 43-51.

56 Facciamo qui nostra la terminologia presente in Mori G., L’ateismo dei moderni. Filosofia e negazione di Dio da Spinoza a d’Holbach, Carocci, Roma, 2016, pp. 147-161.

57 Sul problema dello “spinozismo” di Toland: cfr. Lurbe P., Le spinozisme de John Toland, in Bloch O. (éd.), Spinoza au XVIIIe siècle, Klincksieck, Paris, 1990, pp. 33-47. Sulla questione del materialismo in Spinoza: cfr. Giancotti E., Sulla questione del materialismo in Spinoza [1977], in Ead., Studi su Hobbes e Spinoza, a cura di D. Bostrenghi e C. Santinelli, Bibliopolis, Napoli, 1995, pp. 95-106; Ead., La nascita del materialismo moderno in Hobbes e Spinoza [1985], in Ead., Studi su Hobbes e Spinoza, cit., pp. 156-164; Moreau P.-F., Spinoza et le spinozisme, Presses Universitaires de France, Paris, 20093, pp. 104-107: a giudizio di Moreau il problema è mal posto, dal momento che Spinoza è sì materialista, ma solo relativamente alla tradizione ebraico-cristiana a lui precedente, ma l’infinità e l’indipendenza degli attributi gli uni dagli altri svuota di senso l’intera questione.

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comuni – pur riconoscendo il carattere aperto di queste classi, mentre per quel che riguarda l’aspetto religioso, l’avversione tolandiana verso il cattolicesimo, in particolare per i suoi risvolti politici – fatto questo già chiaro a Milton e a Locke – sembra precludere ogni possibile tolleranza verso questa particolare forma di cristianesimo.

Se Spinoza rappresenta agli occhi di Toland un termine di confronto e di critica, diverso è il suo rapporto con Newton. Nelle Letters to Serena i Principia Mathematica e il loro autore sono letti e interpretati in un modo originale e diverso rispetto al corso intrapreso a partire dalle Boyle Lectures tenute da Bentley nel 1692. Occorre tuttavia fare alcune considerazioni preliminari. Il rapporto Newton-Toland è stato letto in due modi dagli interpreti. Uno, rintracciabile negli scritti di Jeffrey Wigelsworth, che interpreta i due filosofi come in continuità secondo una linea di filiazione, e l’altro in Margaret C. Jacob, fautrice di una lettura “politica” del newtonianismo e sostenitrice di una opposizione tra newtonianismo e deismo.

A giudizio di Wigelsworth infatti la questione dell’interesse dei deisti nei confronti della filosofia naturale deve da un lato essere inserita all’interno del più vasto fenomeno della public science e della divulgazione attraverso lezioni e dimostrazioni tenute nelle coffee-houses, e dall’altro tenere conto dei loro presupposti teologici razionalisti che ponevano l’accento sulla potenza ordinata di Dio a discapito alla potenza assoluta. Questa ricostruzione ha il merito di ridimensionare l’opposizione individuata dalla Jacob tra newtoniani e deisti spostandola dal piano scientifico a quello teologico:

Deists lived within an age fascinated with Newtonian natural philosophy. As did many others in eighteenth-century England, they attempted to understand what Newton had written58.

Il rifiuto newtoniano di fornire spiegazioni semplici dei contenuti dei Principia e dell’Opticks lasciarono infatti libero uno spazio intellettuale (e commerciale) a chi si volesse impegnare in quest’opera di popolarizzazione. I deisti accettarono la filosofia naturale newtoniana ma ne

58 Wigelsworth J. R., Deism in the Enlightenment. Theology, politics, and Newtonian public science, Manchester University Press, Manchester-New York, 2009, p. 10.

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rifiutarono i presupposti teologici. Nelle Letters to Serena infatti Toland pur facendo appello alla metodologia newtoniana ne modificò il concetto di materia asserendo la sua attività intrinseca – e quindi regolata autonomamente – e togliendo così la necessità di fare appello a un Dio costantemente all’opera per la spiegazione di alcuni fenomeni, come quello della gravità59. Si tratta allora di confrontarsi con Toland e con il deismo in una prospettiva non più oppositiva ma di filiazione, per quanto si tratti di una discendenza che Newton avrebbe facilmente e volentieri disconosciuto:

In altri termini, tra Toland e Newton c’è un rapporto di filiazione, correzione e superamento che una netta contrapposizione non vide mai. Nel tentativo di correggere Newton – di cui si considerava seguace – con Spinoza e soprattutto con Bruno, ma anche con Leibniz e Hobbes, Toland si scontra con il newtonismo irrigidito e scolastico,di segno apologetico e con profondi aggiustamenti platonizzanti e teologizzanti dei Boyle Lecturers60.

Nella ricostruzione della Jacob l’assetto post-rivoluzionario del 1688 avrebbe posto la Chiesa d’Inghilterra in uno stato di relativa sicurezza che non era tuttavia esente da pericoli. L’emergere della nuova società mercantile portava infatti con sé un profondo cambiamento dei valori fondativi della struttura sociale inglese, fino ad allora saldamente controllati e definiti dall’autorità religiosa, in direzione di un più o meno marcato “hobbismo”, inteso semplicisticamente come egoismo. La via d’uscita da quella che si configurava come una consistente perdita di potere politico e di ruolo sociale fu l’elaborazione di una teologia naturale in grado di tenere insieme la visione di un cosmo ordinato da Dio con quella di una società mercantile61. Strumento fondamentale per questa operazione ideologica furono le Boyle Lectures. Da una tribuna così prestigiosa i latitudinari, la fazione teologica moderata che più aveva tratto vantaggio dalla Rivoluzione, a cui aveva tardivamente aderito, poterono

59 Cfr. Lurbe P., Le spinozisme de John Toland, cit., pp. 43-44; Wigelsworth J. R., Deism in the Enlightenment, cit., pp. 4-10 e 71-82; Id., A Sheep in the Midst of Wolves: Reassessing Newton and English Deists, «Enlightenment & Dissent», 25, 2009, pp. 260-272 e 285-286.

60 Ricci S., La fortuna del pensiero di Giordano Bruno, 1600-1750, Le Lettere, Firenze, 1990, pp. 315-316 n. 163.

61 Cfr. Jacob M. C., John Toland and the Newtonian Ideology, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 32, 1969, pp. 307-309; Ead., The Newtonians and the English Revolution, 1689–1720, Harvester Press, Hassocks, 1976, pp. 72-81.

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perseguire il duplice fine di propagandare la loro visione provvidenziale del mondo come rispecchiantesi nella società da un lato, e dall’altro di consolidare la loro posizione egemonica all’interno della Chiesa anglicana, di cui rappresentavano, specialmente tra il basso clero, una porzione minoritaria. Ma quale fu il ruolo effettivamente svolto da Newton all’interno di questo processo? Secondo la Jacob il suo ruolo fu rilevante solo relativamente alla selezione di Richard Bentley come primo Boyle Lecturer, fornendogli poi l’aiuto necessario alla comprensione dei Principia, per poi rimanere più defilato. In realtà occorre tener presente che i Boyle Lecturers generalmente, fatta eccezione per Clarke e Whiston, non avevano una preparazione tale da permettere loro di comprendere i risultati contenuti nei Principia – Bentley stesso era un filologo di formazione –, comprensione di cui fondamentalmente nemmeno avevano bisogno, dal momento che il loro obiettivo non era tanto la una divulgazione fedele della filosofia naturale newtoniana, quanto piuttosto mostrare l’inconsistenza dei fondamenti metafisici e fisici dei sistemi avversari, in particolare quelli di Hobbes e di Spinoza, per squalificare i loro modelli etici62.

Se i latitudinari cercarono di costituirsi quale gruppo culturalmente egemone, l’“opposizione” era costituita da gruppuscoli di intellettuali tra loro in contatto ma non organizzati – i deisti – e da masse incolte – gli entusiasti, formati, nel primo decennio del ‘700 dai discepoli dei French Prophets. Lasciando da parte questo secondo gruppo, è opportuno concentrarsi sul primo, quello dei freethinkers. Pur non essendo un gruppo omogeneo, la Jacob tende a individuare come tratti salienti da un lato un materialismo che rimanda alle sette ereticali fiorite in Inghilterra nel corso dell’Interregno, e dall’altro il radicalismo politico, tendenzialmente democratico ed erastiano. Membro di spicco di questa corrente, Toland avrebbe trovato in Bruno una filosofia della natura alternativa al newtonianismo anglicano dei Boyle Lecturers, ma si tratta di disaccordo non tanto teoretico quanto piuttosto ideologico. Per raggiungere questi obiettivi, un ruolo centrale sarebbe stato svolto dagli scritti di Giordano

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