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Le torture nel “Mulino di Leopoldov”

L a sera del 16 aprile, alle 20,30 i sedici prigionieri furono trasferiti a Leopoldov. il 17 aprile 1951 il com andante del V o D ipartim ento R egionale del corpo della Sicurezza statale ricevette l ’ordine di “intervenire im m ediata­

m ente!” : “R ivolgete attenzione speciale a Titus Zem an [...]; scoprite da chi

128 Ibid., p. 79.

129 AGCL, Accompagnamento cartella clinica. Archivio privato di Františka Cechová (Pe- zinok), Dott.ssa Romana Splháčková, Consultazione della documentazione sanitaria conservata di Titus Zeman (ottobre 2012).

130 AGCL, Accompagnamento cartella clinica, Trattamento dentale del condannato Titus Zeman, 29 marzo 1960; Ibid., Proposta per la realizzazione di protesi del condannato Titus Ze­

man, 16 novembre 1963.

131 AIMN-SNB, Titus Zeman e compagni, fascicolo d’indagine V-70, Rapporto sull’arre­

sto e sulla detenzione di Titus Zeman, 16 aprile 1951, Bratislava.

132 Archivio privato di Františka Cechová (Pezinok), Daniela Sásiková, nata il 24 novem­

bre 1945, intervistata il 3 giugno 2012, Vajnory.

133 V. Mitošinka, Pamäti kňaza 1948-1966., p. 74.

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ha ricevuto le istruzioni p er questo lavoro, da chi ha ricevuto la corrispon­

denza” 134. Il cosiddetto “M ulino di Leopoldov” era u n edificio separato nel carcere di Leopoldov, luogo di im m ensa sofferenza p er m igliaia di vittim e del regim e. Q uesta parte della prigione era gestita dalla Sicurezza di Stato e i suoi m em bri, che si chiam avano tra loro r e fe r e n ti, lavoravano con m etodi sovietici.

N ei fascicoli troviam o term ini russi, com e “U stano vk a” ; anche il cognom e H ercog è riportato secondo la procuncia russa com e “G erceg” 135. D urante l ’in­

dagine, si scrivevano sem pre nuovi verbali e, quando i referenti non erano sod­

disfatti, i verbali venivano bruciati davanti agli occhi d ell’interrogato: “È un nem ico della classe operaia, che ha aiutato a sfruttare, e quando le autorità glielo proibirono volle fuggire ad O vest per collaborare con gli agenti del Vati­

cano e con l ’im perialism o am ericano e sotto la loro guida sovvertire la nostra R epubblica” 136. Erano contenti solo quando il prigioniero confessava quanto essi volevano. I verbali finali del fascicolo d ’indagine T itu s Z e m a n e c o m p a g n i sono tutti identici p er ciascun condannato. Il m etodo usato era sem pre lo stesso e com portava pesanti sofferenze. Quando il prigioniero era chiam ato al terzo interrogatorio, doveva stare su una sola gam ba p er u n paio d ’ore. Quando l ’in­

vestig ato re v o lev a colpire em otivam ente l ’indagato, gli dicev a che a L eo ­ poldov era detenuta anche sua m adre. In effetti nella prigione echeggiavano

“le urla e le grida pietose, soprattutto delle donne, che spesso risuonavano nel carcere p er tutta la giornata, la m attina dalle celle d ell’interrogatorio e la sera dalle celle d ’i s o la m e n to .” 137. Dopo l ’udienza don Viliam Vagač disse alla fa­

m iglia che, durante gli interrogatori a Leopoldov, don Zem an aveva riportato una frattura alla clavicola; questo fu il m otivo p er cui l ’udienza venne ritar­

data: doveva guarire dalle ferite subite nel corso dell’indagine, perché al p ro ­ cesso in tribunale era presente il pubblico138.

D ai fascicoli d ’indagine vennero costantem ente rim osse tutte le prove d ell’uso di violenza fisica e psicologica, che più tardi saranno narrate nei libri di m em orie delle vittim e. Tuttavia nel fascicolo T itu s Z e m a n e c o m p a g n i si conserva la docum entazione scritta d ell’esistenza di una cella d ’isolam ento nel “M ulino di L eopoldov” . Il 17 m aggio 1951 il referente M arušic sugge­

134 AIMN-SNB, Titus Zeman e compagni, fascicolo d’indagine V-70, Verbale della depo­

sizione dei sacerdoti romano cattolici, 17 aprile 1951; M. T. Radošinský, Don Titus "Vatikánsky špión?”..., 175.

135 I consiglieri sovietici Bojanský, Jesikov, Smirnov, Galkin a Alexej Bezčasnov adde­

strarono i membri della Sicurezza dello Stato: Karel Kaplan, Nebezpečná bezpečnost. Státní bezpečnost 1948-1956. Brno, Doplnek, 1999, p. 174.

136 V. Mitošinka, Pamäti kňaza 1 9 4 8 -1 9 6 6 p. 79.

137 Ibid., p. 79.

138 M. T. Radošinský, Don Titus "Vatikánsky špión?”..., p. 94.

risce al com m andante del carcere: “P ropongo che il prigioniero num ero 775 cella 183 sia m esso in cella d ’isolam ento a digiuno fino a nuovo ordine. P er il prigioniero Sem eš propongo la cella d ’isolam ento perché no n vuole confes­

sare la verità” 139. A nton Sem eš era un giovane salesiano sorpreso dalla “N otte dei B arbari” poco prim a della m aturità.

La cella d ’isolam ento del “M ulino di Leopoldov” è descritta da Viliam M itošinka, che la sperim entò p er due volte: “N ella cella c ’era il buio assoluto.

Stavo in piedi, con il viso rivolto verso la porta. Im provvisam ente si è aperto il finestrino sulla porta e ho sentito un com ando: «Fino a quando farò lam peg­

giare la luce della lam padina devi fare le flessioni. F orza allora, venti fles­

sioni!», e com inciò a far lam peggiare la lam padina. Quando ebbe contato fino a venti, sm ise di far lam peggiare e chiuse il finestrino” . A ltre guardie aggiun­

gevano di propria volontà al prigioniero ulteriori flessioni, aum entandole di intensità. “ Sentivo com e se i m uscoli fossero strappati [...]. A lcune guardie ordinavano di eseguire da trenta a cinquanta flessioni [...]. D opo la ritirata se­

rale guardavano attraverso il finestrino anche tre, quattro guardie [...]: «F ac­

ciam oci cento flessioni! M iserabile, fa davvero le flessioni fino a terra, altri­

m enti vengo dentro e ti rom po ... (i genitali) [...]. Il prigioniero torturato non poteva dorm ire, p er tutta la notte stava in piedi, soffrendo la fam e e la sete, m a doveva aspettare sem pre il lam peggiare della luce e il com ando di fare flessioni [...]. Quando sentivo i passi, o anche p er p aura di farm i sorprendere, m i svegliavo di colpo e m i m ettevo su ll’attenti” 140. Il secondo soggiorno di M itošinka n ella cella d ’isolam ento fu p iù lungo; il prigioniero n on sapeva quanto tem po vi fosse rim asto: “N el buio assoluto n on capivo se fosse giorno o notte [...]. I lam enti, le ostinate litigate tra le guardie, m a soprattutto, il pianto delle donne, m i apparivano m olto strazianti. L’idea che là ci sarebbe potuta essere m ia m adre, m i torturava. Dio, no n farm i cadere n ella dispera­

zione, non lasciare che io im pazzisca [...]; pregavo [...] p e r gli altri del n o ­ stro gruppo e p e r tu tti i sofferenti n el carcere [...]. «Si sieda sui talloni!»

gridò la guardia e con il lam peggiare della luce accelerò il ritm o. M i piegai fino ai talloni, m a quando m i rialzai in piedi caddi con il naso sulle m ani [...];

aprì la porta, corse verso di m e e in u n m om ento m i scagliò u n potente calcio nel sedere, atterrandomi com pletam ente. M i lasciò a terra ed uscì fuori. Così rim asi disteso forse p er uno oppure due giorni” 141.

139 AIMN-SNB, Titus Zeman e compagni, fascicolo d’indagine V-70, Proposta di cella di isolamento e digiuno per Anton Semeš avanzata dal comandante del VIo dipartimento Marušic, 17 maggio 1951, Bratislava, p. 61.

140 0V. Mitošinka, Pamäti kňaza 1948-1966., pp. 91-92.

141 Ibid., pp. 98-99.

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M itošinka descrive anche u n ’altra invenzione usata solitam ente dai refe­

renti della Sicurezza di Stato. O rdinavano al prigioniero interrogato di pieg ar­

si in avanti: “ Quando lo feci, m i posero le m ani dietro la schiena, m e le lega­

rono e il m io referente com inciò a farmi girare. C on la testa abbassata m i fe­

cero girare com e una trottola, persi l ’equilibrio e caddi, battendo la testa sul m uro. Forse proprio da questa trovata proveniva il nom e di M u lin o d i L e o p o l­

d o v ”142. M ichal Titus R adošinský dalle m em orie dei torturati cita anche altre diaboliche trovate degli investigatori p er costringere alla confessione e alla fir­

m a dei verbali: “D urante gli interrogatori m i prendevano p er il collo e sbatte­

vano la m ia testa contro il m uro [...]. A gli interrogatori andavo durante la no t­

te, dovevo stare in piedi im m obile l ’intero giorno e se m i portavano agli inter­

rogatori durante il giorno, di notte m i interrom pevano il sonno costantem ente [...], m i avvolgevano in una coperta, poi m i buttavano a terra e m i picchiava­

no [...]; m i infilavano spilli sotto le unghie [...]; m i m ettevano droghe nel caffè [...]. D urante l ’interrogatorio m i picchiavano su ll’intero corpo, sulle m ani te ­ se e sui piedi [...]. D ovevo stare in piedi su una gam ba sola a volte anche die­

ci giorni di seguito fino allo sfinim ento; al lam peggiare della luce dovevo fare le flessioni e, quando non ce la facevo, m i colpivano su ll’intero corpo” 143.

Tutti i com pagni di Titus giudicati e torturati rim asero fedeli alla Chiesa.

N el “M ulino di L eopoldov” durante la fase p reparatoria del processo T itu s Z e m a n e c o m p a g n i fu versato tanto sangue. U no studente salesiano fidato cooperatore di Zem an n e ll’organizzazione del terzo passaggio, l ’ingegner Ján B richta, ha narrato a M ichal Titus R adošinský com e fu costretto a confessare che sapeva che Titus era una spia del C ounter intelligence Corps d ell’esercito am ericano (CIC). “Quando gli ho detto che n on era affatto vero [...] hanno n u o v am en te co m inciato a p icch ia rm i con p u g n i colpen do in d isc rim in a ta ­ m ente” . D opo le botte gli fecero sbattere la testa contro il m uro, lo obbliga­

rono a cam m inare accovacciato, a fare flessioni; quando cadeva a terra lo col­

pivano. “Avevo ai piedi sottili scarpe da ginnastica. U no di loro m ise la sua scarpa sulle dita del m io piede e girò con il tallone su di esse fin quando il sangue iniziò a scorrere” . Ján B richta rifiutò di firm are qualsiasi verbale in cui si facesse cenno a spionaggio e proclam ò che potevano anche ucciderlo, m a non avrebbe firm ato nessun verbale se lo picchiavano fino a ll’incoscienza e lo bagnavano di fluidi e gridavano contro di lui: “ C repa scrofa, così non esci vivo da qui” 144. Lo torturavano con la fame, n on gli perm ettevano di dor­

142 Ibid., p. 98.

143 M. T. Radošinský, Titus Zeman S D B ., p. 20

144 m. T. Radošinský, Don Titus "Vatikánsky špión?”..., pp. 79-80.

m ire, gli ripetevano dom ande a ritm o serrato e pretendevano una risposta im ­ m ediata; in cella tutti i giorni em ettevano suoni insopportabili p er indurlo alla pazzia. Perse 16 kg di peso. E ra poco p er tre m esi di custodia cautelare e di interrogatorio continuo.

N o n tu tti i p rig io n ieri a L eop o ld o v erano forti com e Ján B richta. Le quardie dovevano controllare che i prigionieri durante la notte tenessero le m ani fuori della coperta, p er evitare tentativi di suicidio: “Totalm ente dispe­

rato ha fatto una corda sotto la coperta e si è im piccato sul rubinetto o sul ra­

diatore” 145. P er costringere V iliam M itošinka a firm are il verbale in cui lo ac­

cusavano di alto tradim ento, lo lasciarono esposto agli attacchi delle zanzare che non doveva uccidere; dalla cella portarono via il letto, la sedia, il m ate­

rasso; di notte era costretto a sdraiarsi sul pavim ento; spesso era obbligato a stare in piedi nello stesso luogo p er diciassette ore. P er notti intere gli inter­

rom pevano il sonno e no n lo lasciarono dorm ire. Poi durante il giorno doveva stare in piedi fino a quando aveva le gam be pesanti com e u n m ortaio. In certi m om enti veniva spedito in cella d ’isolam ento e in altri si m ostravano m o de­

rati e gentili con lui affinché firm asse il verbale. La fam e e la sete erano la sua costante ossessione. Q uando infine ritenne che la sua firm a non avrebbe causato sofferenze a persone innocenti se no n a se stesso, si decise a siglare il verbale, con la conseguenza di lunghe pene detentive. Si consolava al p en ­ siero che il re g im e c o m u n ista sareb b e p re sto cad u to e che la corte n o n avrebbe dato credito a tali assurdità: “Il tribunale sono io! - gli disse il po li­

ziotto - . Siam o noi, le autorità inquirenti” 146.

Titus Z em an fu aiutato n e ll’organizzazione delle fughe anche da u n ge­

neroso salesiano coadiutore, F rantišek Buzek. A rrestato e giudicato insiem e a Titus, nel 1969, durante l ’udienza pubblica del processo di riabilitazione, descrisse le sue esperienze: “N el corso dei m iei interrogatori ero nel fam ige­

rato «M ulino di L eopoldov». A l m io interro gatorio p artecipò anche P avol G lenda, che m i picchiava con m anganelli su tutto il corpo indistintam ente, sulle m ani tese; m i avvolgevano in una coperta, m i gettavano a terra e p ic­

chiavano. O ltre alle violenze fisiche sono stato torturato anche in altri m odi, ad esem pio m i m ettevano nella locale caldaia dove alla presenza di G lenda con u n tubo collegato a ll’organo sessuale ero gonfiato da u n com pressore.

O ltre a ciò sono stato drogato in m aniera violenta. D opo la som m inistrazione di droga nel caffè sono caduto in uno stato di debolezza estrem a; in quella si­

tuazione gli investigatori si com portarono con m e senza n essun rispetto p er la

145 V. Mitošinka, Pamäti kňaza 1 9 4 8 -1 9 6 6 p. 103.

146 Ibid., p. 142.

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dignità um ana. D ovevo baciare i loro piedi, m ’infilavano in bocca gli stivali e così v ia” 147. Poco dopo questa confessione pubblica, che non com portò al­

cune conseguenze penali p er Pavol G lenda né m odificò sostanzialm ente l ’at­

teggiam ento verso i torturati, František B uzek, che aveva riportato danni fi­

sici perm anenti, si lanciò da una finestra e m orì.

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