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Tossicità acuta

L’intossicazione acuta da differenti sali di alluminio è stata valutata in ratti e topi, dove la dose letale 50 (LD50) è elevata, dai 165 ai 900 mg/kg di peso corporeo. Non sono descritti molti casi di tossicità acuta nell’uomo, nonostante l’utilizzo di antiacidi sia molto diffuso, e si possa arrivare, con essi, a ingerire fino a 1200 mg al giorno di metallo (WHO, 1997).

Tossicità cronica

Per quanto riguarda l’alluminio è opportuno, data la sua emivita breve, parlare si tossicità sub-cronica; studiata nei ratti (esposti al metallo per 28 giorni nell’acqua) e nei cani (esposti per 26 settimane), esso dà alterazioni a carico di milza, fegato e reni solo in alcuni soggetti e a dosi molto elevate, almeno doppie rispetto alla NOAEL (No Observed Adverse Effect Level) (EFSA, 2008a).

Nei soggetti esposti cronicamente all’alluminio possono comparire difficoltà respiratorie, dispnea e asma (ATSDR, 2008).

L’alluminio raggiunge il cervello sia per la sua capacità di attraversare la barriera emato-encefalica sia attraverso i plessi coriodei, trovandosi nel liquido cefalorachidiano dove passa rapidamente ma in concentrazioni inferiori rispetto al sangue. La neurotossicità dell’alluminio è stata studiata negli animali, dove induce alterazioni nello sviluppo cerebrale e nel comportamento nei roditori e forme neurodegenerative nei non-roditori dopo somministrazione parenterale (ATSDR, 2008). La causa molecolare scatenante questi cambiamenti non è stata ancora definita con certezza; di sicuro l’alluminio tende ad accumularsi nei neuroni e al loro interno potrebbe causare danni strutturali alle proteine del citoscheletro, squilibrio dell’omeostasi del calcio e alterazioni della sintesi proteica (ATSDR, 2008). L’emivita dell’alluminio nel cervello dell’uomo è di 50 anni, valore comunque ottenuto da studi sui ratti poi adattatati (EFSA, 2008a).

La potenziale associazione tra l’alluminio e lo sviluppo della malattia di Alzheimer è stata a lungo dibattuta. Nella malattia sono presenti dei depositi di sostanza amiloide e di proteina neurofibrillare “tau” nei neuroni di varie parti del cervello, che predispongono alla loro perdita; analogamente, vari studi hanno dimostrato la presenza delle stesse proteine neurofibrillari quando l’alluminio si accumula a questo livello. Anche se tale coincidenza potrebbe essere causale, suggerisce la presenza di un ruolo dell’alluminio nell’eziopatogenesi della malattia stessa (Shaw and Tomljenovic, 2013).

L’aumento dell’incidenza dei Disturbi dello Spettro dell’Autismo (ASD) a partire dagli anni ’90 ha suggerito una sua possibile relazione con l’utilizzo, in tenera età, di vaccini che contengono l’alluminio idrossido come adiuvante. Questo si

spiegherebbe col fatto che l’iniezione del vaccino, bypassando il sistema gastroenterico (dove normalmente solo una minima percentuale di alluminio verrebbe assorbita) permette all’organismo di assorbire fino al 100% dell’alluminio presente; inoltre, presentandosi in composti di elevato peso molecolare, non viene eliminato rapidamente dal rene. L’adiuvante è una sostanza che deve stimolare il sistema immunitario e aumentare così la risposta al vaccino; se la risposta immunitaria è elevata, possono comparire con maggiore frequenza degli anticorpi autoimmuni. Nei bambini autistici vengono rinvenuti diversi anticorpi attivi contro specifici antigeni neuronali; questo fatto supporterebbe ulteriormente l’ipotesi dell’esistenza di una correlazione tra la malattia e l’utilizzo di vaccini contenenti il metallo. L’alluminio interverrebbe anche indebolendo la barriera emato-encefalica e aumentandone la permeabilità, favorendone l’attraversamento da parte di questi anticorpi e la loro azione neurotossica (Shaw and Tomljenovic, 2013).

Anche la Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS) che si presentava nel quadro sintomatologico della così detta Sindrome della (prima) Guerra del Golfo nei soldati tornati a casa sembra collegata all’utilizzo dell’alluminio come adiuvante nel vaccino contro l’antrace (Shaw and Tomljenovic, 2013).

Un caso particolare, descritto in seguito all’assunzione di antiacidi per lunghi periodi, riporta la comparsa di osteomalacia, dovuta alla carenza di fosfati in circolo: l’alluminio, infatti, si può legare al fosforo assunto con la dieta e ridurne l’assorbimento intestinale (ATSDR, 2008). Nei pazienti uremici sottoposti a dialisi è stato osservato un aumento dei livelli ossei di alluminio, con conseguente indebolimento della struttura scheletrica stessa, per la sua presenza nelle soluzioni usate dalla macchina (ATSDR, 2008).

Studi condotti sui topi dimostrano la capacità dell’alluminio di causare, nel maschio, danno al testicolo, riduzione della qualità dello sperma e riduzione della fertilità (EFSA, 2008a). Nelle femmine non sono state dimostrate alterazioni della fertilità.

Nelle ratte gravide l’alluminio, somministrato per via intraperitoneale ad alte dosi, ha effetti embriotossici e teratogeni; in seguito a somministrazione orale, dà

riduzione del peso fetale o alla nascita e ritardo nell’ossificazione (ATSDR, 2008).

Studi epidemiologici retrospettivi di soggetti esposti all’alluminio sul luogo di lavoro hanno suggerito una relazione tra l’inalazione della polvere che lo contiene e lo sviluppo di tumori, soprattutto a polmoni e vescica (IAI, International Aluminium Institute, 2007). L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha concluso che gli studi provano limitatamente che sia questo tipo di esposizione a portare allo sviluppo di tumori, poiché in questi ambienti potrebbe esserci l’inalazione anche di altri agenti di comprovata cancerogenicità come idrocarburi policiclici aromatici, amine aromatiche, composti azotati e amianto. Inoltre gli studi a questo riguardo sono pochi e datati; per tutti questi motivi l’alluminio non è classificato come cancerogeno per l’uomo.

RAME (Cu)

Generalità

Il rame (Cu) è un metallo pesante che, al suo stato nativo sotto forma di pepite, è stato individuato e utilizzato dall’uomo fin dal IX millennio a.C., dapprima da solo, successivamente in lega con lo stagno a formare il bronzo. Oggi, per le sue particolari proprietà chimico-fisiche, le sue maggiori applicazioni sono nella produzione dell’energia elettrica (ma non nel suo trasporto, poiché i cavi sospesi degli elettrodotti sono di alluminio) e nei circuiti elettronici. Il rame è sempre stato utilizzato anche per produrre un’amplissima gamma di oggetti di uso quotidiano e nella scultura: la famosa Statua della Libertà contiene ben 28 tonnellate di questo metallo.

Il rame è un micronutriente essenziale per gli animali e l’uomo, poiché entra nella struttura di alcuni enzimi fondamentali, oltre a intervenire nell’emopoiesi e nel metabolismo delle cellule. Deve quindi essere assunto giornalmente attraverso la dieta: il limite raccomandato per l’adulto è di 1,1 mg (SCF, Scientific Committee for Food, 1993). Come molti altri metalli essenziali, l’assunzione eccessiva di rame dà intossicazione, con effetti negativi sulla salute dell’uomo e degli animali. I composti del rame sono usati come additivi nei mangimi e regolamentati a livello europeo.

Fonti di esposizione per l’uomo

Per la popolazione in generale la fonte principale di esposizione al rame è rappresentata da acqua e cibo contaminati. In particolare, l’acqua potabile viene trasportata attraverso tubi che contengono rame, da cui potrebbe passare all’acqua stessa; altri fattori che ne influenzano il contenuto sono il pH e la durezza. Si stima che l’assunzione giornaliera di rame sia di 0,15 mg dall’acqua e 2 mg dal cibo, ma può aumentare in seguito al consumo dei cibi che ne contengono

maggiori quantità, come molluschi, frattaglie (soprattutto fegato e reni), legumi, cerali e noci (ATSDR, 2004a).

Per le sue caratteristiche positive, il rame è usato negli integratori alimentari e come additivo, sia per l’uomo sia per gli animali. A questo proposito, a livello europeo, il Regolamento (CE) n. 1924/2006 definisce quali sono le indicazioni nutrizionali e sulla salute che possono essere fornite sull’etichetta o nella pubblicità dei prodotti alimentari. Dato che molte proprietà del rame (per esempio: la capacità di proteggere il DNA, le proteine e i lipidi dai radicali liberi, la stimolazione del sistema immunitario, l’intervento nel metabolismo del colesterolo e del glucosio) vengono molto pubblicizzate dai produttori di alimenti che lo contengono, l’EFSA ha espresso delle Opinioni Scientifiche a tale riguardo (2009d; 2011). Analogo discorso per gli additivi dei mangimi, che sono regolamentati a livello europeo e su cui l’EFSA esprime dei pareri.