• Non ci sono risultati.

TOSSICITA' NEGLI ANINIMALI

E' importante sottolineare che la tossicosi derivante dall'ingestione delle micotossine posso avere conseguenze evidenti, le quali espressioni possono variare notevolmente tra le differenti specie animali (Richard e Thurston 1986; Haschek et al., 2002). La gravità di tali effetti dipende da vari fattori, quali : il livello di micotossine presenti nella catena di approvvigionamento dei mangimi, dalla tossina, dalla posologia, dalla durata dell'esposizione, dall'età, dallo stato ormonale, dallo stato nutrizionale e dalle eventuali patologie concomitanti già presenti (Bryden 2007; Selvaggio, 2007). Non da sottovalutare è l'azione della microflora intestinale nel modificare le caratteristiche delle micotossine ingerite (Swanson et al., 1988; Annison e Bryden 1998; Eriksen et al., 2002). Tuttavia, i principali problemi connessi con la contaminazione da micotossine della catena agro-alimentare sono:

 la “co-presenza” nello stesso alimento di più micotossine. Solitamente, negli studi vengono analizzati gli effetti avversi di una singola micotossina, tuttavia, in natura le micotossicosi possono essere causate dalla concomitanza di più tossine nella derrata alimentare (Ringot et al., 2006; Ruiz et al., 2011 e Grenier, et al., 2013). Per quanto riguarda la combinazione tra OTA e OTB, effetti additivi sono stati evidenziati in colture di lievito, con riduzione della Phe-t-RNA sintetasi e della respirazione mitocondriale, invece, sulla sintesi proteica in cellule epatiche (Roth, et al., 1988, Meisner et al., 1976). Combinazione molto studiata è quella tra OTA e FB1, una micotossina prodotta da Fusarium monoliforme, contaminante soprattutto del granturco che negli animali ha gravi effetti tossici. Tra gli studi effettuati su tali combinazioni,

59

emerge quella di Diaz et al., (2001) che mostra i segni patologici di entrambe le tossine (edema polmonare, renale e lesioni epatiche) e quella di Creppy et al., (2004) che studiando tre linee cellulari (cellule del geloma del cervello di ratto, cellule vero del rene di scimmia e cellule Caco-2) ha notato una produzione di ROS con inibizione della sintesi proteica. L’effetto sinergico dell’OTA con la citrinina è stato, recentemente, confermato da uno studio in vitro, condotto su colture cellulari di linfociti porcini, in cui è risultato evidente come l’associazione delle due tossine inducesse una inibizione, superiore al 50%, della proliferazione linfocitaria (Bernhoft et al., 2004). Altri studi riportano la correlazione della copresenza di OTA e tossina T-2 nel topo con malformazioni fetali (Hood et al., 1978) e con aflatossina B1 (0.25 mg/Kg) nel marcato effetto teratogeno e di un incremento significativo della percentuale di mortalità fetale nei ratti (Wangikar et al., 2004).

 il verificarsi di sindromi ad andamento cronico legate soprattutto al dal basso livello di ingestione di tossine (Haschek et al., 2002; Rodrigues e Griessler 2010), o da esposizioni multiple a lungo termine ( Naehrer 2011; Omar, 2013).

Tali osservazioni sono state poi confermate ampiamente da Binder et al., (2007) intraprendendo studi globali di micotossine (aflatossina B1 , DON , fumonisine ocratossina A e tossina T-2 ) nei mangimi annualmente dal 2005; hanno dimostrato che la contaminazione da micotossine è molto diffusa, ma a livelli tali da non causare una malattia conclamata. Tuttavia, il basso livello di ingestione di OTA può causare una serie di perturbazioni metaboliche (Riley 1998 . Haschek et al 2002 ), con conseguente scarsa produttività degli animali (Bryden 1982, 2012; Hamilton 1982; Smith e Henderson 1991; Dersjant - Li et al . 2003). Infatti, l’ingestione di alimenti

60

contaminati con dosi inferiori a 0.2 mg/Kg p.c DI OTA., per periodi di quattro mesi, inducono patologie renali in tutte le specie di mammiferi monogastrici, ed in maniera più marginale neii ruminanti (Kuiper-Goodman e Scott, 1989). Tali patologie comportano la degenerazione dei tubuli prossimali seguita da fibrosi interstiziale e degenerazione glomerulare. La sintomatologia in genere è caratterizzata da un maggior consumo di acqua, aumento del volume urinario associato a poliuria, glicosuria, proteinuria ed enzimuria ed un quadro anatomo patologico complesso caratterizzato da reni pallidi e ipertrofici ed evidente fibrosi corticale. Le specie avicole, insieme ai suini sono gli aniamli ad essere più sensibili agli effetti tossici dell’ocratossina A. In tali specie predominano i sintomi da interessamento del comparto emopoietico (con diminuzione del MCV e della concentrazione di emoglobina serica, abbassamento della percentuale di saturazione del ferro e della transferrina) (Huff et al., 1979a) seguiti da uno sfavorevole indice di conversione degli alimenti, minore incremento ponderale, ritardato raggiungimento della maturità sessuale, riduzione della deposizione e della schiudibilità delle uova ed aumentata mortalità. In uno studio condotto in Danimarca su polli e galline macellati è stato rilevato che il 29% dei soggetti presentava una nefropatia correlata all’ingestione di OTA (Elling et al., 1975). Le lesioni renali, presentavano in generale degenerazione dei tubuli prossimali e distali dei nefroni e fibrosi interstiziali. Generalmente, nei volatili, le lesioni epatiche si riscontrano meno frequentemente delle renali e sono caratterizzate da lieve ma diffusa vacuolizzazione degli epatociti e focolai di necrosi (Huff et al., 1988); anche se Stoev e collaboratori (2004), nel loro lavoro, hanno osservato che l’OTA induce rigonfiamento torbido e degenerazione granulare, proliferazione di cellule mononucleari ed attivazione dei capillari endoteliali sia nel fegato che nel rene. Frequente anche il riscontro di una massiccia soppressione della

61

funzionalità del midollo osseo e dell'emopoiesi con deplezione degli elementi linfoidi della milza, della Borsa di Fabrizio e del timo (Chang et al., 1979; Stoev et al., 2004). In gruppi di polli alimentati, per 20 giorni, con mangimi contaminati con la micotossina (0.2-4 ppm), si riscontrava una riduzione della concentrazione delle immunoglobuline IgG, IgA ed IgM sia nel siero che nei tessuti linfoidi (Dwivedi e Burns, 1984). In soggetti esposti è stata osservata anche una riduzione della compattezza delle ossa legata a marcata demineralizzazione (Huff et al., 1980). È stato osservato che l’esposizione sia acuta che cronica all’OTA determina una modifica dell’acidificazione urinaria a causa dell’inibizione del riassorbimento dell’HCO3 - nei tubuli e per alterazioni del pH nell’interstizio della papilla renale (Kuramochi et al., 1997; Kuramochi et al., 1997). Studi eseguiti nei conigli, hanno evidenziato concentrazioni di OTA maggiormente nei reni, seguita poi dal fegato, ghiandola mammaria e muscolo (Ferrufino-Guardia et al., 2000). Nei ruminanti, in generale, grazie alla flora ruminale che degrada l'ocratossina A, raramente sono stati riportati casi d'intossicazione, peraltro di moderata intensità (Kiessling et al., 1984). Vitelli nutriti per trenta giorni, con un mangime contenente OTA alla dose di 0.1 - 2 mg/kg p.c., presentano solo poliuria, incremento della GOT nel siero, una blanda enterite (Pier et al., 1976; Huff et al, 1980;. Devegowda e Ravikiran, 2009). Infine, si vuol precisare che le notevoli perdite economiche negli animali sono connesse non solo all'azione nefrotossica dell' OTA, ma anche all'intenso effetto immunosoppressivo che si evidenzia nella specie suina in seguito ad esposizioni a lungo termine (Hult et al., 1979); nel pollame (Koynarski, V. et. al., 2007), alla riduzione della digeribilità dei nutrienti, dell'energia metabolizzabile e al malassorbimento di alcuni oligo-elementi come il calcio e il ferro e delle vitamine E, C e D3 ( Huff et al, 1980;. Devegowda e Ravikiran, 2009 e Bertrand et al., 2013). Nella Tabella 2 sono riportate alcune DL50

62

che spaziano in un range da 0.2 mg/kg p.v. nel cane a 58.3 mg/kg p.v. nel topo. È possibile osservare che le femmine risultano essere più sensibili dei maschi alla tossicità indotta dalla micotossina, anche se recentemente alcuni autori hanno osservato come l’OTA si accumuli maggiormente nei reni di ratti maschi e che l’incidenza di tumori del tubulo renale, spesso con metastasi, sia molto più alta in ratti e topi maschi rispetto a ratti e topi femmine dopo trattamento cronico con piccole dosi di OTA (Zepnik et al., 2003; Lock e Hard, 2004).

63

Documenti correlati