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Ocratossina A in campioni di salame stagionato

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO ... 3

INTRODUZIONE ... 5

1. MICOTOSSINE ... 6

2. OCRATOSSINE ... 8

3. FATTORI INFLUENTI LO SVILUPPO FUNGINO E LA ... 11

SINTESI DELLE OCRATOSSINE ... 11

3.1 L'acqua libera ... 12

3.2 Temperatura ... 12

3.2 Concentrazione di ossigeno ... 13

3.3 Ph... 14

3.4 Natura del substrato ... 14

3.5 Fasi di produzione e di trasformazione ... 15

4. PREVENZIONE E TRATTAMENTO DEGLI ALIMENTI CONTAMINATI ... 17

4.1. Prevenzione ... 17 4.2 Prevenzione Pre-Raccolta ... 18 4.3 Prevenzione Post-Raccolta ... 18 4.4 Decontaminazione ... 20 4.6 Decontaminazione Chimica ... 21 4.7 Decontaminazione Biologica ... 22

5. CARATTERISTICHE CHIMIC0-FISICHE DELLE OCRATOSSINE ... 25

6. TOSSICITA' OCRATOSSINE ... 31

7.1 Assorbimento ... 34

7.2 Distribuzione ... 35

7.2.1 CIrcolazione enteroepatica ... 37

7.3 Metabolismo ... 37

7.3.1 Reazioni di fase I - reazioni disintossicazione . ... 39

7.3.2 Reazioni di bioattivazione ... 39

7.3.3 Reazioni di II fase ... 43

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8. MECCANISMO D'AZIONE ... 47

9. TOSSICITA’ IN VITRO ... 51

10. TOSSICITA’ NEGLI ANIMALI DA ESPERIMENTO ... 54

11. TOSSICITA' NEGLI ANINIMALI ... 58

12. TOSSICITÀ NEL SUINO ... 63

13. TOSSICITÀ NELL’UOMO ... 68

14. LEGISLAZIONE ... 71

15. OCRATOSSINA NEI PRODOTTI CARNEI ... 75

PARTE SPERIMENTALE ... 83

16. MATERIALI E METODI ... 84

16.1 Materiali ... 84

16.2 Strumentazione e condizioni cromatografiche ... 84

16.3 Soluzioni standard e soluzioni stock ... 85

16.4 Validazione del metodo ... 85

16.5 Estrazione e purificazione dei campioni di salame ... 86

16.6 Conferma ... 89

16.7 Campioni ... 89

16.8 Analisi statistica ... 91

17. RISULTATI ... 92

17.1 Validazione del metodo ... 92

17.2 Analisi Dei Campioni ... 93

18. DISCUSSIONI E CONCLUSIONI ... 101

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RIASSUNTO

parole chiave: Ocratossina A, suino, salame, HPLC.

L'ocratossina A (OTA) è una micotossina prodotta da diverse specie di funghi appartenenti ai generi Aspergillus e Penicillium. la presenza di OTA in cibi e mangimi è potenzialmente pericolosa per la salute sia umana che animale. L'OTA si ritrova in numerosi prodotti alimentari quali orzo, avena, segale, frumento, chicchi di caffè, cacao, spezie, liquirizia, vino, birra, frutta e frutta secca. La presenza dell' OTA nei mangimi può condurre alla contaminazione di prodotti di origine animale, specialmente carne suina e pollame. Diversi studi indicano che L'OTA induce numerosi effetti tossici. L'OTA presenta effetti nefrotossici in tutte le specie studiate, in particolare nell'uomo e nel maiale, dove l'emivita è maggiore. In questa tesi è stato sviluppato un metodo HPLC semplice e preciso per la determinazione di OTA nel salame. I campioni sono stati estratti con etileacetato. Il metodo ha mostrato valori di recupero a 0,5 e 1 ng / g di 85.50 ± 1.68%. Il coefficiente di variazione inter-day misurato in 5 giorni su campioni addizionati a 1 ng / g è stato dell'8%. Il metodo sviluppato richiede un volume relativamente piccolo di solventi organici non alogenati. Il limite di rilevazione è risultato 0,02 ng / g. Sono stati analizzati 40 campioni di salame utilizzando questa procedura. il campione più contaminato ha mostrato un livello di OTA uguale a 5.36 ng livello / g.

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ABSTRACT

Keywords : Ochratoxin A, pigs, salami, HPLC.

Ochratoxin A (OTA) is a mycotoxin produced by several species of Aspergillus and Penicillium fungi. Due to its various toxic effects and its good thermal stability, the presence of OTA in foods and feeds is potentially hazardous to the health of both humans and animals. OTA is detected in various food and feed sources such as barley, oats, rye, wheat, coffee beans, cocoa, spices, liquorice, wine, beer, fruits and dry fruits. The presence of OTA in feeds can lead to the contamination of livestock products, especially swine and poultry meat. Studies show that this molecule can have several toxicological effects. OTA is nephrotoxic to all animal species studied and is particularly toxic to pigs and humans, that have the longest half-life for its elimination. A simple and accurate high-performance liquid chromatography method has been developed for the determination of OTA in salami. The samples were extracted with ethyl acetate. Recovery at 0.5 and 1 ng/g was 85.50 ±1.68%. The between-day coefficient of variation measured over 5 days on samples spiked at 1 ng/g was 8%. The developed method required a relatively small volume of non-halogenated organic solvent. The limit of detection was 0.02 ng/g. A total of 40 salami samples were analysed using this procedure; the most contaminated sample was found to have OTA concentration at 5.36 ng/g level.

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1. MICOTOSSINE

Le micotossine sono metaboliti secondari prodotti da funghi filamentosi appartenenti ai generi, Aspergillus, Penicillium e Fusarium parassiti delle piante e/o agenti di ammuffimento delle derrate alimentari (Bennett e Klich, 2003; Richard, 2007). Le micotossine vengono prodotte in campo nelle piante (grano, mais, riso, fagioli, semi oleosi, frutta secca, noci, uva, ecc) e/o durante la conservazione in concomitanza di particolari condizioni ambientali favorevoli, quali temperatura e umidità, che possono favorire la proliferazione dei funghi (Richard, 2007) rendendo così, tutti i mangimi potenzialemente suscettibili a tale contaminazione (Bryden et al., 2012). Le micotossine sono prodotti che non hanno alcun significato biochimico per la crescita fungina, tuttavia, variano da composti semplici a 4 atomi di carbonio come la moniformina, a prodotti complessi come la fomopsine (Disnis et al., 2007). Ad oggi sono riconosciuti 300/400 metaboliti tossici, ma solo il 7% di quelle identificate si trovano negli alimenti a livelli tali, da costituire un pericolo per la salute umana (Brase et al., 2009). Questi sono rappresentati dalle aflatossine, della patulina, degli zearalenoni, dalle fumonisine, dai tricoteceni e dalle ocratossine (Cole et al., 2003). Dato le molteplici differenze che si riscontrano tra di loro (strutture chimiche e di biosintesi, effetti biologici e numero di specie fungine produttori) la loro classificazione è molto difficoltosa e molte volte, infatti, rispecchia la formazione della persona che fa la categorizzazione (Bennetti et al., 2003). Il problema micotossine è molto antico, infatti, si parla di ergotismo anche nel Vecchio Testamento, in quanto gli storici ipotizzano che le micotossine del genere Fusarium (T2-zearalenone) sono state la causa del declino degli Etruschi. Più recentemente, la misteriosa morte degli archeologi dopo l'apertura di tombe egizie è stata attribuita all' inalazione di

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ocratossina A (Di Paolo et al., 1993). Le micotossine sono state scientificamente oggetto di studio in campo medico-veterinario soprattutto a partire dal 1850 quando si dimostro l'associazione tra l'ingestione si segale contaminata con sclerozzi di Claviceps purpurea e la comparsa di casi di ergotismo. Un altro episodio risale tra 1942 e il 1947, nel distretto di Oremberg in Russia, dove fu descritta un'intossicazione da Tricoteceni in cereali contaminati da Fusarium sporotrichioides e Fusarium poae, definita aleocosi tossica alimentare o ATA (Sarkisov et al; 1954). Nel 1960, vennero identificate le aflatossine prodotte da Aspergillus flavius e parasiticus ritenuta responsabile dell'insorgenza della malattia X dei tacchini in Inghilterra. Di più recente scoperta è un gruppo di micotossine, le Fumonisine, prodotte da Fusarium moniliforme, ritenute responsabili delle patologie in cavalli e in maiali dopo l'ingestione di mais contaminato (Sydenham et al; 1991; Dutton et al; 1996)

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2. OCRATOSSINE

Le ocratossine sono micotossine prodotte, in particolari condizioni ambientali, da funghi microscopici (micromiceti) eterotrofici. Anche se la loro formazione è strettamente connessa allo sviluppo e alla crescita fungina, la presenza dei funghi tossinogeni in un alimento non indica automaticamente la presenza delle relative tossine. Infatti, le condizioni ambientali e i substrati favorevoli per la produzione delle micotossine sono differenti da quelli che comportano lo sviluppo dei miceti. Contestualmente, tali metaboliti possono persistere per lungo tempo dopo la crescita vegetativa e la morte del fungo quindi, l’assenza di ceppi fungini negli alimenti non indica necessariamente l’assenza di micotossine.

In particolare, l'ocratossina A (OTA), che tra le ocratossine è il metabolita principale e anche quello dotato di maggiore tossicità, è stata isolata per la prima volta nel 1965 in Sud Africa da un ceppo di Aspergillus ochraceus (Figura 1) (Van der Merwe et al., 1965 e Devegowda et al., 1998 ;Terén et al., 1996; Abarca et al., 2001; Abarca et al., 2004). Indagini successive hanno dimostrato che numerose specie apparteneti ai generi Aspergillus e Penicillium sono in grado di produrre l'ocratossina A, il suo analogo declorurato, l'ocratossina B, e i rispettivi esteri metilici ed etilici. Per quanto riguarda il genere Aspergillus oltre alla specie ochraceus ne esistono altre, tra cui A. sulphureus , A. sclerotium e A. melleus (Madhyastha et al., 1990; Moss, 1996), mentre la specie appartenente al genere Penicilliun maggiormente implicata è il P. verrucosum (Yannikourius e Jouany, 2002) (Figura 2). Di seguito è riportata una tabella riassiuntiva dei funghi produttori di ocratossina A (tabella 1).

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Foto 1. Aspergillus ochraceus

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tabella 1 . Funghi produttori di ocratossina A Genere

Aspergillus Circumdati Aspergillus ochraceus

Aspergillus alliaceus Aspergillus melleus Aspergillus ostianus Aspergillus petrakii Aspergillus sclerotiorum Aspergillus sulphureus Aspergillus albertensis Aspergillus auricomus

Nigri Aspergillus carbonarius

Aspergillus foetidus

Aspergillus Eurotium amstelodami

Eurotium herbariorum

Fumigati Aspergillus fumigatus

Versicolor Aspergillus versicolor

Aspergillus sydowii

Usti Aspergillus ustus

Terrei Aspergillus terreus

Wentii Aspergillus wentii

Penicillium Penicillium Penicillium verrucosum

Penicillium nordicum Penicillium brevicompactum Penicillium chrysogenum Penicillium expansum Penicillium aurantiogriseum Penicillium cyclopium

Aspergilloides Penicillium purpurescens

Penicillium implicatum Penicillium montanense Penicilliumsclerotiorum Penicillium glabrum

Biverticillium Penicillium variabile

Penicillium purpurogenum Penicillium verruculosum

Furcatum Penicillium canescens

Penicillium janczewskii Penicillium melinii Penicillium miczynskii Penicillium raistrickii Penicillium corylophilum

Classe Sottoclasse Specie

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3. FATTORI INFLUENTI LO SVILUPPO FUNGINO E LA

SINTESI DELLE OCRATOSSINE

La difficoltà nella valutazione del rischio di micotossine per la salute umana ed animale è data dalla molteplicità dei fattori che influenzano la produzione e la presenza delle micotossine in alimenti e mangimi (Pose et al; 2010; Grarcia et al; 2011 e Zain, 2011). Nella catena alimentare i fattori più importanti che incidono sul tipo di contaminazione che si può rinvenire in una derrata alimentare sono i fattori estrinseci ed intrinseci. I fattori estrinseci sono quelli costituiti dall'insieme delle condizioni che favoriscono lo sviluppo fungino e, dunque, l'eventuale produzione di metaboliti fungini (Barbara Lugoboni, 2008) invece, i fattori intrinseci quelli sono legati soprattutto al ceppo fungino (Barbara Lugoboni, 2008). Infine, non meno importanti, sono fattori legati ai processi di trasformazione (Barbara Lugoboni, 2008), e altri legati all'interazione con insetti e l'ecosistema microbiologico (Magan et al; 2004). L'indentificazione delle eventuali interazioni tra i parametri sopra citati è quindi, di fondamentale importanza per lo sviluppo di nuove tecnologie atte ad evitare ed ostacolare la contaminazione delle materie prime (Khalesi et al., 2011). Tra i fattori intrinseci come detto in precedenza, quello più significativo è la specie fungina, ma anche la specificità, la variazione del ceppo e la stabilità delle proprietà tossicologiche (Zain, 2011). Infatti, il potenziale tossigeno può variare da 1 a 103, tra un ceppo e

l'altro (Pietri 1998); poiché nella stessa specie possono essere presenti vari ceppi che producono micotossine in modo differente (Zain 2011). Anche il livello iniziale di contaminazione è in grado di influenzare in maniera notevole la quantità finale di micotossine prodotte. Esiste infatti, una stretta correlazione tra la gravità dell'infestazione fungina della derrata alimentare e la quantità di micotossina che si

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può rinvenire sul prodotto cerealico (Pietri A. 1998). Tra i fattori estrinseci che sono in grado di influenzare l'infestazione fungina e la capacità di produrre micotossine troviamo:

3.1 L'acqua libera

E’ un parametro fondamentale per la crescita fungina, che è generalmente inferiore a quello per avere tossinogenesi. Infatti, per la crescita fungina si devono avere valori di aw uguali o superiori a 0,90 invece, per la produzione di micotossine bisogna avere

valori intorno allo 0,83 (Haouet e Altissimi 2003). La maggior parte delle muffe deputate alla sintesi delle ocratossine sono xerofile cioè le spore germinano ad un valore di aw inferiore a 0.80 e la crescita ottimale si osserva intorno a 0.95 (Zain

2011). L'Aspergillus ochraceus sintetizza l’ocratossina A con un aw > a 0.80 e la

produzione ottimale si osserva a valori di aw di 0.96-0.98 (Adebajo et al., 1994; Ramos

et al., 1998); mentre il Penicillium verrucosum sintetizza la micotossina quando l’ aw

è compresa tra 0.80 e 0.90, con un massimo di produzione a valori di aw compresi tra

0.95 e 0.99 (0.92 nel grano e all’orzo) (Patterson e Darnogloul, 1986; Northolt e Bullerman, 1982; Northolt et al., 1979). Vista la notevole influenza dell'umidità sulla contaminazione fungina, il monitoraggio e il controllo di tale fattore, risulta indispensabile nelle industrie agro-alimentari, al fine di tenere sotto controllo tale contaminazione

3.2 Temperatura

La temperatura ottimale per lo sviluppo di una muffa è generalmente fra 15° e 30°C, con un optimum di 20-25°C (Battilani, 2004). Di solito le temperature ottimali per la

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crescita fungina e la sintesi delle micotossine coincidono. A. ocraceus sintetizza l’OTA a partire da una temperatura di 12°C, con un massimo di produzione a 30°C (Bacon et al., 1973; Haggblom, 1982; Northolt e Bullerman, 1982; Northolt et al., 1979; Ramos et al., 1998), A. nigri cresce a temperature comprese tra 6 e 47°C con un optimum di sviluppo a 35-37°C e sintetizza la micotossina in un range di 20-25°C; mentre A. carbonarius si sviluppa a temperature comprese tra 10 e 40°C e produce l’OTA tra i 15 e i 35°C (Esteban et al., 2004). La presenza della micotossina nei cereali e derivati nel Nord America e in Europa può essere interamente attribuita al Penicillium verrucosum; il Penicillium viridicatum, invece, rappresenta uno dei maggiori produttori di ocratossine in Scandinavia (Krogh, 1978b; Rutaqvist et al., 1978; Haggblom, 1982) ed in Canada (Scott et al., 1972). Al contrario il 25-50% dei ceppi di A. ochraceus sono potenziali produttori di ocratossine isolate sui raccolti delle zone climatiche più calde, come Yugoslavia (Pepeljnjak e Cvetnic, 1984), Australia e delle zone ad intensa produzione di caffè (Stack et al., 1982).

3.2 Concentrazione di ossigeno

Fattore da considerare in quanto le muffe essendo organismi aerobi, alti tenori di anidride carbonica tendono a limitare o inibire la loro proliferazione (Haouet M. N. e Altissimi M. S., 2003). Si è dimostrato infatti, che modificando la composizione dell’atmosfera con un 20% di CO2 è possibile ridurre apprezzabilmente

l’accrescimento fungino (Hesseltine, 1972) ed invece, con il 30% si è capaci di inibire

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3.3 Ph

Lo sviluppo del micelio avviene generalmente con pH tra 4 e 8 e rappresenta un mezzo importante per esercitare il controllo di un determinato evento morfogenico senza influenzare notevolmente la crescita complessiva di un fungo ( Bhatnagar et al., 2006). Il pH ottimale per la produzione di OTA da parte di specie del genere Penicillium è di 6.5 (Bullerman, 1985).

3.4 Natura del substrato

Fattore che influenza maggiormente la tossinogenesi (Bhatnagar et al., 2006), infatti, la produzione di OTA isolata da vari substrati può essere differente anche con le medesime condizioni ambientali (Pardo et al., 2006). A conferma di ciò, la grande disponibilità di amido presente nei substrati vegetali, li rende molto più soggetti a una contaminazione da parte di micotossine rispetto ai substrati di origine animale (Haouet e Altissimi 2003). Questo, è stato poi confermato anche da Medina (2004) riportando la capacità di produzione di OTA da parte di A. ochraceus in diversi mezzi culturali integrando con diversi substrati naturali come l'estratto di mais, peptone ed estratto di noce di cocco. Sembra, infatti, che le specie ocratossigene sintetizzino più facilmente ocratossina A sfruttando proprio le riserve aminoacidiche dell’ospite; in particolare prolina ed acido glutammico che favoriscono la contaminazione di OTA nell’orzo (Haggblom e Ghosh, 1985). Da molti studi è stato notato anche che la concentrazione di carbonio e di azoto nel mezzo di coltura influenza la produzione di OTA (Khalesi et al., 2011). Infatti, fonti azotate organiche come istidina, prolina, arginina, fenilalanina, triptofano, tirosina e poi fonti glucidiche come saccarosio, glucosio, maltosio e arabinosio sono state studiate da Medina et al., nel 2008. Nel suo

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lavoro ha riscontrato che sia la fenilalanina può causare un aumento di OTA (in quanto la molecola contiene cloro che si lega all'amminoacido) come anche la riduzione del glucosio messo a disposizione. Non meno importante è la presenza di micro-elementi, infatti, studi sperimentali condotti su Aspergillus ochraceus NRRL 3174 hanno dimostrato che la composizione chimica ottimale del substrato per la produzione di OTA sono 0.055-2.2 mg/l di lo zinco, di 0.004-0.04 mg/l di rame e di 1.2-24 mg/l di ferro (Santons et al., 2010)

3.5 Fasi di produzione e di trasformazione

Sono fattori da tenere sotto controllo in quanto, la contaminazione delle micotossine può avvenire direttamente in campo ma anche e soprattutto durante le fasi di raccolta, stoccaggio e di trasformazione tecnologica degli alimenti (Pietri 2001 e Bartolini 2002). Forti sbalzi termici durante le fasi di maturazione della pianta, infestazione da insetti, sistemi di irrigazione non idonei, forti precipitazioni poco prima della raccolta sono situazioni che aumentano lo stress della pianta e nello stesso tempo favoriscono lo sviluppo fungino e la sintesi di micotossine (Haouet e Altissimi 2003). Operazioni come la trebbiatura eseguita su granella troppo secca con umidità intorno a 20-25% possono apportare danni fisici alle sementi, come anche l'azione di uccelli e roditori. Le sementi che presentano delle lesioni, infatti, sono più soggette ad una contaminazione rispetto a quelle sane (Avantaggiato, 2002) in quanto, i funghi trovano una via d'ingresso preferenziale per la loro ploriferazione (Bartolini R., 2002). Recenti studi, hanno anche dimostrato la presenza e la relativa stabilità delle diverse micotossine nell'insilato (Driehuis, 2013). Poiché la proliferazione della muffa nell'insilato è superficiale, un corretto insilaggio sigillando bene la massa e mantenendo una velocità elevata di rimozione dell'insalato sono fattori di notevole

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PREVENZIONE E TRATTAMENTO DEGLI ALIMENTI

CONTAMINATI

4.1. Prevenzione

Secondo l'organizzazione FAO fino al 25% delle colture alimentari in tutto il mondo sono stimate essere significatamente contaminate da micotossine (WHO, 1999). Le perdite economiche collegate all'impatto sulla salute umana e animale rendono le micotossine un tema di importanza mondiale (Adegoke et al, 2013). Per comprendere i meccanismi che si possono adottare per il controllo delle micotossine è essenziale disporre prima di informazioni pertinenti sulle condizioni climatiche delle zone agricole (Adegoke et al., 2013 e Balbus et al., 2013). A conferma di ciò Bhat e Vasathi (2003) hanno osservato che nei paesi del mondo, le condizioni climatiche come le alte temperature, umidità eccessiva, monsoni, piogge fuori stagione hanno portato a una maggiore proliferazione di funghi e di micotossine. A conferma di ciò, negli ultimi anni si è visto da parte delle organizzazioni lo sforzo di mettere in atto processi per la valutazione del rischio e allo stesso modo aumentare la consapevolezza dell'importanza che ha un buon piano di prevenzione. Ancor più per le micotossine, la gravità della contaminazione è determinata da fattori ambientali quali umidità eccessiva in campo così come in deposito e eventuali infestazioni (Gowda et al., 2013). Ecco perché per le micotossine la prevenzione, rappresenta uno degli strumenti più efficaci della gestione del rischio (Jouany 2007). Quando si parla di prevenzione delle micotossine, vengono distinti due differenti metodi, il primo che unisce metodi pre-raccolta e il secondo quelli post-pre-raccolta (Adegoke et al., 2013).

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4.2 Prevenzione Pre-Raccolta

Sono le misure in grado di ridurre e controllare le contaminazioni in campo comprendenti tutte quelle tecniche agronomiche, che applicate correttamente limitano o riducono il più possibile lo stress per la pianta. (Atanda et al., 2013). Nella pratica, questo si traduce in un'adeguata preparazione del terreno alla semina, una corretta gestione dell'irrigazione (evitare sia la carenza che l'eccesso, in quanto, entrambi possono determinare lo sviluppo fungino) della concimazione (equilibrare l'apporto azoto e sodio/potassio) e nell'impiego di rotazioni colturali (Jouany, 2007 e Kabak et al., 2010). Anche l'applicazione di trattamenti anti-parassitari come il dchorvos e il ipridion (fungicidi organofosfati) per il controllo di larve di L. Botrana nell' uva e nei prodotti cerealicoli in post-fioritura, è risultata un'ottima strategia. (Varga et al., 2010). Nuovi studi, invece, puntano su varietà resistenti di grano, segale ed orzo contenenti geni che conferiscono resistenza alla crescita fungina (Zain et al., 2011 e Varga et al., 2010).

4.3 Prevenzione Post-Raccolta

Fa riferimento alle buone pratiche di essiccazione, stoccaggio e l'eventuale impiego di agenti chimici o naturali (Adegoke et al., 2013). Tale prevenzione può essere condotta (Jouany J. P. 2007):

Durante il trasporto eseguendo una pulizia accurata dei mezzi impiegati, evitare lunghe soste, trasportare il più possibile partite omogenee ed inoltre, predisporre un efficiente piano di autocontrollo.

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 Nel centro di raccolta eseguendo analisi al fine di determinare la qualità del prodotto attraverso l'impiego di una lampada a ultravioletti per la contaminazione fungina.

 Durante l'essiccazione monitorando i parametri di processo limitando la rottura dei semi, impiegando essiccatori differenti in base a materiale esente o non da contaminazione e controllando lo stato igienico delle attrezzature attraverso prelievi rappresentativi della partita. Studi in merito hanno dimostrato che la rapida essiccazione dei prodotti agricoli con un basso tenore di umidità è fondamentale in quanto crea condizioni meno favorevoli per la crescita fungina, per l'infestazione da insetti e aiuta ad mantenere una standard ottimale a lungo termine (Lanyasunya et al., 2005).

 Durante lo stoccaggio controllando l'umidità del prodotto, che deve essere omogenea e quanto più rapidamente possibile portata a livelli inferiori al 14% per i cereali e al 7-8% per il semi oleaginosi. Importante è anche mantenere un buono stato di pulizia dei locali e silos dove vengono stoccate le materie prime (Pietri A. et al., 2004). Durante tale fase è fondamentale mantenere aw sotto lo

0,70 ad una temperatura sotto i 20 °C (Bucheli e Taniwaki, 2002; Magan et al., 2003). Inoltre, è consigliabile usare contenitori metallici e non di legno (Bankole e Adebanjo, 2003) evitando che il prodotto si ribagni (Lopez- Garcia et al., 2008). Fondamentale sono le operazioni di pulizia e disinfezione dei locali tra il deposito e la raccolta successiva (FAO, 2006) così da evitare contaminazioni da roditori, insetti e qualsiasi altro agente non desiderato (Codex Alimentarius Commissions, 2003 Yu e Keller, 2005; Jouany J. P. 2007 Bhatnagar et al, 2008 ).

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4.4 Decontaminazione

Per quanto riguarda la decontaminazione delle derrate alimentari, questa viene messa in atto nel momento in cui sia la prevenzione pre-raccolta che quella post-raccolta non siano state eseguite in modo ottimale comportando quindi l'impiego di materiale contaminato (Atanda et al., 2013). La decontaminazione eseguita attraverso trattamenti fisici, chimici e biologici (Castells et al., 2005) ha come obbiettivo ultimo quello di prevenire un ulteriore contaminazione da micotossine (Atanda et al., 2013) ed infine anche la distruzione completa del prodotto contaminato. Quest'ultima operazione viene eseguita soltanto nel caso in cui la derrata alimentare non più recuperabile rappresenti un pericolo sia per la salute animale che umana (Atanda et al., 2013). E' bene puntualizzare che tali processi vengono eseguiti secondo le normative vigenti e non svolgono un'azione alterante o depauperizzante della matrice trattata ma poichè, l'impiego di sostanze chimiche non è una pratica accettabile in alcune regioni, la decontaminazione fisica è la procedura più importante per il produttore (Kabak et al. , 2006 e Amezqueta et al., 2009).

4.5 Decontaminazione Fisica

Fisicamente i semi contaminati possono essere rimossi attraverso le operazioni di pulitura, e cernita (Pavesi et al., 2004). Il lavaggio del frumento, per esempio, può portare ad una rimozione del contenuto di OTA del 50% invece, durante la fresatura si ha un calo intorno al 65% (Osborne et al., 1996). Un altro metodo di decontaminazione efficiente è la molitura ad umido in quanto porta ad un accumulo delle micotossine nell'acqua di macerazione, con produzione di amido a bassi livelli di

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contaminazione (Bullerman e Bianchini., 2007). Altri possibili trattamenti fisici sfruttano il potere del calore come la cottura, l'autoclavaggio, la tostatura, la nixtamalizzazione (cottura in presenza di alcali) ed infine la cottura-estrusione (Castells et al., 2005). Normalmente l'OTA è una tossina termostabile (Varga et al., 2010), infatti, per ottenere una riduzione del 50% nel grano secco si sono impiegate temperature di 100 °C per 700 minuti e 150 °C per 200 minuti (Boudra et al., 1995). Infine, ci sono i trattamenti che sfruttano le diverse tipologie di radiazioni come UV, gamma, solari (Aziz et al., 2004). Tali trattamenti, sono stati in grado di diminuire i conidi dei funghi, ma solo l'irradiazione è stata testata per diminuire l'OTA (Deberghes et al., 1993; Deberghes et al., 1995 e Refai et al., 1996). In uno studio particolare è stato testato l'impiego di ultrasuoni immettendo il cereale in un mezzo acquoso con alcool e alcalini con una temperatura di 12-50 °C (Lindner et al., 1992). Tale procedimente ha consentito una notevole riduzione di OTA senza comportare una variazione sostanziale sia nella qualita organolettica che nutrizionale dello stesso (Refai et al., 1996).

4.6 Decontaminazione Chimica

Tra i metodi di detossificazione di tipo chimico abbiamo l'uso di acidi, basi, agenti ossidanti e riducenti ed infine l'impiego di sostanze ad azione adsorbente (zeoliti, carboni attivi, bentonite, argille). L'impiego di quest'ultime, a differenza delle altre, risulta il metodo più efficace per ridurre il rischio della carry-over, ossia il trasferimento di tali tossine nei prodotti di origine animale (Manal et al., 2012 e Gowda et al., 2013) in quanto, sono materiali inerti dal punto di vista nutrizionale e capaci di legarsi stabilmente alle micotossine riducendo così l'assorbimento al livello gastrointestinale (Visconti e Avvantaggio, 2002). Tra i trattamenti chimici, quelli con

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perossido di idrogeno, idrossido di sodio, monometilammina, idrossido di calcio sono stati evidenziati come metodi efficienti per la decontaminazione da OTA (Scott et al., 1996). Per quanto riguarda altri prodotti agricoli sono stati testati i trattamenti con acetato di etile e cloruro di metilene con supplemento del 2% di acido formico che hanno portato ad una riduzione del 80% di OTA presente (Heilmann et al., 1996; Bortoli et al., 2001 e Bortoli et al., 1997). Un altro metodo impiegato è l' ozonizzazione che ha consentito mediante tecniche elettrochimiche la rimozione di OTA in cereali, noci e verdure fino a livelli non rilevabili in HPLC (McKenzie et al., 1997 e Varga et al., 2010). E' stato testato anche l'impiego di acido formico, propionico, sorbico ed ipoclorico di sodio che hanno consentito una degradazione di OTA dopo 3-24 ore dal trattamento (Scott et al., 1996 e Castegnaro et al., 1991). Dobbiamo però ricordare che il trattamento chimico non è consentito all'interno dell'Unione Europea per le materie prime destinate al consumo umano perchè sono agenti che comportano delle variazioni nella qualità nutrizionale e sensoriale del substrano trattato (Scott et al., 1996). Al contrario, l'uso appropriato di pesticidi e fungicidi come procloraz, propiconazolo, epoxyconazole, tebuconazolo ciproconazolo e azoxystrobin (Matthies e Buchenauer, 2000. Haidukowski et al, 2004) durante il processo di produzione potrebbe ridurre al minimo la

c

ontaminazione fungina (Zain 2011).

4.7 Decontaminazione Biologica

L'ultimo approccio per la detossificazione delle matrici alimentari è quello biologico. Di recente attuazione, rappresenta un metodo alternativo ai metodi convenzionali di inattivazione delle micotossine. In tale categoria ritroviamo lo sviluppo di funghi non patogeni per il controllo “ bio” nei confronti di quelli con attività patogena che

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entrando in competizione con essi riducono così i livelli di produzione di micotossine (Cleveland et al.,2003). A conferma di ciò, Masoud e Kaltoft nel 2006 hanno riportato l'azione inibente in vitro di tre lieviti (Pichia anomala, Pichia kluyveri e Hanseniaspora uvarum) nei confronti dell'OTA prodotta da A. ochraceus. È stato provato da diversi studi che l'impiego di ceppi fungini di Trichoderma sono in grado di controllare quelli tossigeni attraverso la competizione per nutrienti, l'azione fugistasi, il mico-parassitismo e la stimolazione dei meccanismi di difesa vegetale (Bacone et al., 2001; Benitez et al., 2004 e Luongo et al., 2005). Un altro esempio è dato dall' aggiunta di batteri produttori di acido lattico e acido propionico agli insilati (Niderkorn V. et al., 2006). Tra i i batteri quelli appartenenti a Sphingomonas sp., Nitritreducens Stenotrophomonas, Stenotrophomonas, Ralstonia eutropha e Eubacterium sp., ed i lieviti disintossicante appartenenti a Trichosporon sp., Cryptococcus sp., Rhodotorula yarrowii, mucoides Trichosporon, e Trichosporon dulcitum hanno dimostrato di essere particolarmente efficaci, in quanto hanno assicurato non solo la completa degradazione di OTA, ma potrebbero inoltre, essere utilizzati in modo sicuro nei prodotti alimentari e nei mangimi (Niderkorn et al., 2006). Altri studi invece, si sono indirizzati verso l'identificazione degli enzimi che hanno capacità di degradare l' OTA (Abrunhosa et al., 2010) come per esempio la carbossipeptidasi in grado di convertire OTA in OTA alfa (Abrunhosa, et al., 2006 e Abrunhosa et al., 2007). Infine, si vuol citare il potenziale delle sostanze a carattere benefico naturalmente presenti nelle piante (Obrecht-Pflumio et al., 1996). In vitro ed in vivo si è dimostrato che il retinolo, l' acido ascorbico (Hoehler et al., 1996 e Grosse et al., 1997), la melatonina (Abdel-Wahhab et al., 2005), l' N-acetil-cisteina (Schaaf et al., 2002), l'acido rosmarinico (Renzulli et al., 2004), il tocoferolo (Baldi et al., 2004 e Moreno et al., 2006), la cianidina-3-O-glucopiranoside (Guerra et al., 2005), le

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vitamine A e E (Kumari et al., 2009 e Ibeh et al., 1998), l' L-metionina (Abdel-Wahhab et al., 1999), le catechine (Costa, et al., 2007), hanno contrastato gli effetti tossici di OTA nel ratto proteggendolo dall'attività nefrotossica aumentando il numero di gruppi tiolici liberi nel rene (Pfohl-Leszkowicz et al., 2002). È Bene precisare, che i migliori risultati in materia di prevenzione dalle micotossine sono stati ottenuti combinando i diversi strumenti disponibili in percorsi produttivi razionali (Varga et al., 2010; Reyneri A. et al., 2012)

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5. CARATTERISTICHE CHIMIC0-FISICHE DELLE

OCRATOSSINE

Le ocratossine costituiscono un gruppo di derivati dell’isocumarina strettamente correlati tra loro, legati al gruppo amminico della L-β-fenilalanina e classificati in base alla loro origine biosintetica come pentachetidi nell’ambito del gruppo dei polichetidi (Turner, 1971). Vengono classificate in ocratossine: A, B, C, α, β, 4R/Sidrossiocratossina A, 10-idrossiocratossina A, ocratossina A aperta (OP-OTA) (Van der Merwe et al., 1965a,b; Steyn e Holzapfel, 1967; Steyn, 1971; Steyn, 1984; Hutchinson et al., 1971; Xiao et al., 1995; Xiao et al., 1996a) (Fig.3). La via biosintetica per OTA non è ancora stata completamente stabilita. Tuttavia, negli studi dove si è impiegato sia il C14 che i precursori marcati con C13 hanno dimostrato che la frazione

fenilalanina origina dalla via dello shikimato e la parte diidroisocumarinica dalla via del pentachetide (Fig.7).(Anli e Alkis, 2010 ).La Tabella 12 riassume le diverse caratteristiche chimiche della molecola di ocratossinaA e dei suoi metaboliti presenti in natura

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L’ocratossina A, il 7-carbossi-5-cloro-8-idrossi-3,4-diidro-3Rmetil isocumarinamide della L-β-fenilalanina, è il primo composto scoperto (isolato da colture di Aspergillus ochraceus, da cui poi è derivato il nome) (Van der Merwe et al., 1965; Neshiem, 1969), il più importante, il più comune e quello dotato di maggiore tossicità (Fig.4). Composto cristallino poco colorato, che esibisce una fluorescenza blu sotto i raggi UV (Abreu et al., 2011) . Essa ha un punto di fusione di circa 90°C, e contiene

approssimativamente una mole di benzene; dopo disseccamento per un’ora a 60°C il punto di fusione oscilla in un range di 168° – 173°C. E’ poco solubile in acqua, altamente solubile in solventi polari, e in bicarbonato di sodio acquoso. Una importante particolarita dell'OTA e la sua elevata stabilita ad alte temperature e in ambienti acidi (Bredenkamp et al., 1989). Di conseguenza, una volta che gli alimenti vengono contaminati, e molto difficile rimuovere del tutto questa molecola. Muller (1982) dimostro infatti che l'OTA viene solo parzialmente degradata alle normali condizioni di cucina. Studi sulla decomposizione dell'OTA ad alte temperature dimostrano che, in comparazione con altre micotossine, l'OTA risulta decisamente piu resistente: 3 ore di autoclave non sono sufficienti per distruggerla completamente e in presenza di acqua, a 200 °C per 10 minuti, la decomposizione risulta limitata (Trivedi, 1992). L'ocratossina A e un acido organico debole con pKa di 7.1 e una massa molare di 403.8 g.mol-1. In seguito ad idrolisi acida, essa produce fenilalanina ed un acido

lattone otticamente attivo, l’ocratossina α (che rappresenta il metabolita inattivo dell’OTA) (Figura 5).

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Figura 4. Formula di struttura dell’Ocratossina A: 7- (L-β fenilalanina carbonil)- carbossi 5-cloro-3,4-diidro-8-idrossi-3R-metilisocumarina.

Figura 5. Prodotti della biotrasformazione OTA

Le ocratossine B e C (fig.6) sono i derivati rispettivamente declorurato ed etilestere dell’ocratossina A. L’OTB manca del gruppo cloridrico in posizione C-5 ed è dieci volte meno tossico dell’OTA; l’OTC invece, possiede una struttura ed una tossicità simile a quella dell’OTA (Ueno, 1987). L’OTα ed i derivati idrossilati dell’ocratossina A (4R/S-OH-OTA) invece, non risultano essere tossici; al contrario, la forma aperta dell’OTA sembra possiedere una tossicità simile a quella dell’ocratossina A (Xiao et al.,1996a). Altri composti quali la Melleina e la 4-idrossimelleina, che sono strutturalmente correlati alla quota diidroisocumarinica dell’OTA, sono stati isolati dall’ A. ochraceus e

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da altri ceppi e sono ritenuti possibili precursori dell' ocratossina A. Tra tutti, solo l’ocratossina A, e l’ocratossina B, sono i composti che si ritrovati come contaminanti naturali nelle derrate alimentari; in quanto, sono molecole più stabili che resistono alla maggior parte dei processi industriali alimentari (Scott, 1996). Possono essere conservate in etanolo a temperature di refrigerazione per oltre un anno senza decremento di attività (Chu e Butz, 1970); tuttavia quando presenti in soluzione devono essere protetti dalla luce, in quanto soggetti a decomposizione (Neely e West, 1972

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NOME R1 R2 R3 R4 R5

Ocratossina A Fenilalanina Cl H H H

Ocratossina B Fenilalanina H H H H

Ocratossina C Etil estere, fenilalanina Cl H H H Ocratossina A metil estere Metil estere, fenilalanina Cl H H H Ocratossina B metil estere Metil estere, fenilalanina H H H H Ocratossina B etil estere Etil estere, fenilalanina H H H H

Ochratossinaα OH Cl H H H

Ochratossina β OH H H H H

4-R-idrossiocratossina A Fenilalanina Cl H OH H

4-S-idrossiocratossina A Fenilalanina Cl OH H H

10-idrossiocratossina A Fenilalanina CL H H OH

Tabella 12 caratteristiche chimiche della molecola di ocratossinaA e dei suoi metaboliti presenti in natura

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6. TOSSICITA' OCRATOSSINE

Considerando che l'alimentazione è il costo più alto nella produzione intensiva di animali, una minaccia per la sicurezza alimentare come quella della micotossine ha un significato sulla redditività dell'industria zootecnica. Questo ha portato alla conclusione che le micotossine rappresentano un problema significativo per l'industria mangimistica e un rischio permanente per la sicurezza alimentare (Selvaggio, 2007; Shephard, 2008 e Bryden 2012). Le sindromi derivanti dalla ingestione di una o più micotossine sono definite come micotossicosi (Richard, 2007). Si tratta di malattie non trasmissibili, non epidemiche e che non rispondono alle normali terapie, ma che hanno un andamento spesso stagionale e di tipo ciclico (Goodman, 2004). Tale stato patologico, ha conseguenze molto variabili, infatti, posso sfociare o in stadi patologici conclamati ad alta morbilità, o con patologie ad andamento cronica con riduzione della produttività degli animali (Wu, 2004; Bryden, 2007; Selvatica, 2007; Selvaggio e Gong, 2010). L'esposizione umana all' ocratossina può derivare da consumo di alimenti di origine vegetale che possono risultare contaminati e/o con i metaboliti presenti nei prodotti di origine animale come carne, latte e uova (CAST, 2003), ma anche attraverso l'esposizione all'aria e alla polvere contenente tossine (Jarvis, 2002 Miller, 1998 e Shier et al, 2005) La tossicità dell'' OTA, come del resto in tutti gli xenobiotici, è legata alle variazioni delle sue concentrazioni all'interno di un organismo nel tempo (TOSSICOCINETICA) e con le sue interazioni dinamiche con i bersagli biologici e i loro effetti (TOSSICODINAMICA) (Ringot et al., 2006). Negli ultimi decenni sono stati eseguiti numerosi esperimenti in diverse specie per comprendere al meglio il meccanismo di tossicità acuta, sub-cronica e cronica ed inoltre quella di cancerogenicità soprattutto alla luce dei numerosi dati epidemiologici che suggeriscono una stretta correlazione tra lOTA e l'eziologia di

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alcune patologie quali la nefropatia endemica balcanica (BEN), tumori uretali e la nefropatia del suino danese (Daniel, 2005).

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. TOSSICOCINETICA

.

Gli effetti di una tossina dipendono principalmente da 4 processi tossicocinetici fondamentali (fig.8): assorbimento, distribuzione, biotrasformazione e processi di escrezione che, nel caso di animali d’interesse zootecnico, comprendono le modalità di passaggio dei metaboliti nella carne, uova e latte.

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7.1 Assorbimento

L’assorbimento delle tossine negli animali avviene principalmente per via gastrointestinale attraverso il consumo di alimenti di origine vegetale contaminati da ocratossina, invece, nell’uomo anche attraverso l'ingestione di latte e derivati, carni, insaccati, uova provenientiti da animali alimentati con mangimi contaminati. Tuttavia, non si può escludere la via respiratoria con inalazione di spore fungine tossinogene presenti in elevata quantità sia in particolari ambienti di lavoro (polveri che si sollevano durante le diverse operazioni e pratiche agricole) (Halstensen et al., 2004) che in ambienti domestici umidi e poco areati (Jarvis e Miller, 2005). Mentre le molecole lipofile e di basso peso molecolare come le aflatossine e lo zearalenone diffondono passivamente e completamente attraverso la mucosa gastrointestinale (raggiungendo una biodisponibilità del 65%), la forma non ionizzata dell’ocratossina A, degli acidi penicillici e della citrinina, attraversano le membrane lipidiche per diffusione semplice (Galtier, 1991; Galtier, 1974; Kumagai e Ai bara, 1982; Kumagai, 1988; Suzuki et al., 1977). La percentuale di micotossina che dagli alimenti passa nella circolazione differisce ampiamente da specie a specie ma mediamente i mammiferi, escluso i ruminanti, raggiungono una biodisponibilità di OTA superiore al 50% (Hagelberg et al., 1989). Infatti, l’assorbimento è alto nel maiale (66%), nel topo (56%), nel ratto, coniglio (40%) e nel pollo (25%) è basso invece, nei ruminanti poiché la flora ruminale (costituita principalmente da protozoi) trasforma la micotossina rapidamente in ocratossina α (Kuiper-Goodman e Scott, 1989). Ciò nonostante in alcune occasioni è stata evidenziata la presenza di OTA nel latte di bovina e nel rene e nell’urina di vitelle a cui erano state somministrate alte dosi della tossina (IARC, 1993).

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7.2 Distribuzione

Dopo l’assorbimento le tossine convogliate nel circolo sanguigno interagiscono con le cellule ematiche o con le proteine plasmatiche in particolare con l’albumina; infatti, in quasi tutte le specie studiate, incluso nell’uomo, la frazione libera di OTA risulta essere minore dello 0.2% (Delacruz e Bach, 1990; Galtier, 1991). Questo legame ne facilita così l'assorbimento passivo in forma non ionizzata, e spiega in parte la sua lunga emivita nel corpo (Chu, 1971 e Chu, 1974). L’albumina (HSA) è una proteina costituita da 585 aminoacidi e trasporta molti ligandi esogeni ed endogeni attraverso l’organismo mediante la loro interazione con due dei tre siti di legame ad α-elica in essa presenti. Questi due siti di legame sono stati caratterizzati mediante cristallografia a raggi X e sono stati localizzati rispettivamente nel II e III dominio. Misure di spettroscopia ottica rivelano due siti di legame per l’ocratossina α nell’HSA con costanti di legame che differiscono tra loro di un fattore 50 (Dai et al., 2004). Il sito di legame a più alta affinità si trova nel dominio IIA (Kb=5.2x106M-1) e quello a più bassa affinità nel dominio III (Kb=1.0x105M-1). Inoltre, possiede una maggiore affinità per l’albumina rispetto al warfarin (farmaco anticoagulante), al piroxicam e all’ibuprofene (farmaci antinfiammatori non steroidei) (Dai et al., 2004). Contestualmente, è stato anche dimostrato che l’ocratossina A possiede una grande affinità di legame per altre proteine plasmatiche, diverse dall’albumina, presenti nel plasma umano e suino (Delacruz e Bach, 1990; Kuiper-Goodman e Scott, 1989; Stojkovic et al., 1984). Queste proteine sieriche (massa molecolare 20000 Da) essendo di piccole dimensioni, possono passare attraverso la menbrana del glumerulo, facendo così concludere agli autori che questa associazione potrebbe essere rilevante per spiegare l'effetto nefrotossico di OTA nei mammiferi (Stojkovic et al., 1984). Hagelberg et al., 47 nel suo studio ha esaminato la relazione tra OTA e il suo legame nel plasma

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rilevando che la frazione della tossina non associata variava da 0,02% negli umani e nei ratti, 0,08% nelle scimmie, 0,1% in topi e maiali e il 22% nel pesce. Inoltre, Stander (2001) nel suo studio ha determinato il tempo di emivita di OTA in scimmie, rilevando che dopo somministrazione orale era più corta rispetto a quella eseguita con la somministrazione endovenosa. Questo è dovuto, molto probamìbilmente al ricircolo enteroepatico e successiva eliminazione con la bile prima di entrare nella circolazione sanguigna (Ringot et al., 2006). E’ stato descritto anche il costituirsi di un circolo enteroepatico, per l’ocratossina A, nel ratto e nel suino, che contribuirebbe al suo accumulo nell’organismo animale. Studi condotti su diverse specie di mammiferi hanno messo in evidenza come l’OTA si accumuli principalmente nei reni, poi nel fegato, pancreas ed intestino; invece sembra che negli uccelli non si accumuli particolarmente in nessun organo. Sembra ormai accertata la capacità dell’OTA di attraversare la placenta in maiali e ratti (Kuiper-Goodman e Scott, 1989 e Ringot et al., 2006). In un altro studio, impiegando OTA marcata (C14-OTA) si è dimostrato, che

l'ocratossina A attraversa la placenta dei topi più facilmente nel 8, 9, 10 giorno di gestazione (Appelgren et al., 1983. Munro et al., 1973). Residui di OTA si sono riscontrati anche nel cervello, cervelletto, mesaincefalo ventrale, striato ed ippocampo, di ratti maschi ad una concentrazione pari allo 0,22%-0,028% della dose somministrata (Belmadani et al., 1998). Per quanto riguarda le galline ovaiole, l'OTA, è stata segnalata la sua presenza nelle uova da diversi autori ma pochi si sono focalizzati sul trasferimento metabolico durante l'embriogenesi (Krogh et al., 1976).

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7.2.1 CIrcolazione enteroepatica

La circolazione enteroepatica dell’OTA, è stata dimostrata attraverso studi effettuati su roditori (Kumagai e Aibara., 1982; Roth et al.,1988; Fuchs et al., 1988) e su vitelli (Sreemannarayana et al, 1988). Tutti questi studi, hanno mostrato una distribuzione di picchi secondari di OTA nel siero e nel contenuto intestinale portando alla conclusione di una secrezione biliare della tossina seguita dal suo riassorbimento da parte dell’intestino. Il riassorbimento di OTA dall’intestino ritorna in circolazione, come conseguenza del riciclaggio biliare, favorisce così la distribuzione di OTA nei differenti tessuti.

7.3 Metabolismo

Le biotrasformazioni sono considerate come i processi enzimatici (di idrolisi, riduzione, coniugazione) che mirano alla formazione di metaboliti più idrosolubili e atossici quali ad es. l’ocratossina α. Queste fasi si realizzano maggiormente a livello epatico ma anche nel rumine e a livello gastrointestinale per azione di una microflora che ha sviluppato un’intensa attività catalitica (Galtier, 1991). Allo stato attuale, i dati riguardanti il metabolismo di OTA sono controversi, in quanto diversi metaboliti sono stati caratterizzati sia in vitro che in vivo, mentre altri devono essere ancora del tutto identificati (Ringot et al., 2006). I principali metaboliti derivati dall’OTA sono: il prodotto della sua idrolisi (ocratossina α), i derivati idrossilati 4-OH-OTA e 10-OH-OTA ed i prodotti della coniugazione con il glutatione. I principali metaboliti epatici sia nei sistemi in vivo che in quelli in vitro sembrano essere gli epimeri: 4(R)-4-idrossiocratossina A (4R) (il principale metabolita) e 4(S)-4-4(R)-4-idrossiocratossina A (4S) ed è stato dimostrato che la formazione di questi epimeri, principalmente l’epimero R e

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in minor misura l’S, è determinata dalle isoforme del citocromo P450 1A1/1A2, 2B1 e 3A1/3A2 (Omar et al., 1996; Kuiper-Goodman e Scott, 1989). Invece, la presenza del metabolita idrossilato 10-OH-OTA è stata evidenziata, in vitro, solo dopo aver incubato microsomi di fegato di coniglio con la micotossina (Stormer et al., 1983). L’ocratossina A, inoltre, può essere substrato dell’enzima fenilalanina idrossilasi dando luogo a tirosin-OTA (Tyr-OTA), presente nel fegato di animali intossicati. Questo metabolita a sua volta può essere trasformato fino a 4R/S idrossitirosin-OTA e ad altri metaboliti (Creppy et al., 1990). In alcuni casi il fluido ruminale di vacca e di pecora esterifica l’OTA trasformandola in OTC, processo che talvolta puo anche portare alla trasformazione di OTC ad OTA (Xiao et al., 1996). Nei roditori, l’idrolisi di OTA ad ocratossina α avviene nel duodeno, nell’ileo e nel pancreas ma la realizzano anche i batteri del cieco. Gli enzimi come la carbossipeptidasi A e la chemiotripsina sono responsabili della suddetta idrolisi sia nei ruminanti che nei roditori (Galtier, 1991). E’ verosimile che l’OTA oltre che essere dotata di tossicità diretta possa mostrare anche una tossicità secondaria ai processi di bioattivazione come dimostrato da studi in vitro su colture di epatociti primari. I sistemi enzimatici ossidativi, inclusi i sistemi citocromo P450 dipendenti (nel caso specifico CYPs 1A1, 1A2, 2B1, 3A1 e 3A2) (Omar et al., 1996), possono produrre metaboliti più tossici delle molecole di partenza come gli epossidi. Studi sulla correlazione tra l' attività tossica e la struttura chimica condotti in vitro su sistemi di cellule eucariotiche (cellule HeLa ) ed in vivo hanno evidenziato come la tossicità acuta dell’OTA sia attribuibile sia alla quota di isocumarina che al gruppo carbossilico lattone (Neal, 1998). Altri studi condotti sia in vivo (Storen et al., 1982) che in vitro (Fink-Gremmels et al., 1993) hanno rivelato la presenza di altri metaboliti che però non sono stati ancora identificati.

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7.3.1 Reazioni di fase I - reazioni disintossicazione .

Oltre alla sua scissione in OT alfa, una piccola percentuale di OTA idrossilato è assorbimento principalmente nel fegato (Marquardt et al., 1992). Una vista schematica di queste reazioni è presentato in figura 10. Nel fegato, la I fase di disintossicazione avviene all'interno degli epatociti. Nel ratto, l'assorbimento OTA epato-cellulare è eseguita da Oatp1, un membro del trasporto di anioni organici multi-specifico polipeptidi (carrier OATP) presenti nella membrana cellulare baso-laterale degli epatociti (Kontaxi et al., 1996 e Eckhardt et al., 1999). Microsomi epatici umani, suini e di ratto hanno dimostrato di essere in grado di metabolizzare OTA in due epimeri 4-idrossiocratossin A (4-OH OTA), 4 (R)-4 e (S) - OH OTA (Stormer et al., 1980; Stormer et al., 1981 e Oster et al., 1991). Creppy et al. (1983;1986) nei suoi studi ha determinato una tossicità uguale per 4 (R)-OH OTA e OTA nel lievito. Per contro, gli studi precedenti sul 4-OH OTA hanno dimostrato che è non tossico nel ratto (Hutchinson et al., 1971). Come sottolineato in precedenza (Moroi et al., 1985) non sono disponibili dati sulla tossicità OH-4 (S) epimero.

7.3.2 Reazioni di bioattivazione

Le reazioni di bio-attivazione implicate nella tossicità di OTA non sono state ancora ben caratterizzate e diverse ipotesi sono state proposte. Per studiare la generazione di radicali liberi in diversi sistemi cellulari (B. brevis, epatociti di topo e di ratto), gli autori hanno usato la risonanza paramagnetica elettronica (EPR) spettroscopia e hanno dimostrato che OTA genera un forte segnale EPR in B. brevis e in microsomi epatici di ratto. Studi in merito hanno ipotizzato come possibili metaboliti reattivi i chinoni OTA-derivati (OTAQ / OTAHQ) (Gillman et al.,1999 e Dai et al., 2002),

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confermando che l'atomo di cloro è essenziale per la tossicità di OTA (Malaveille et al.,1994) e che i composti clorurati inducono uno stress ossidativo dopo bio-attivazione ( Wiese et al., 1998). Per spiegare il meccanismo biobio-attivazione, Dai et al. (2002) ha presentato due ipotesi. Nella prima ha suggerito che OTA sotto forma di dianione, la principale forma in vivo (Fig. 9A), si trasforma in un radicale fenolico (Fig. 9 B), che potrebbe reagire in due possibili modi. Da un lato, potrebbe causare l'ossidazione del glutatione (GSH) in GS •, che porterebbe alla formazione di glutatione disolfuro (GSSG) e un ROS, l'anione radicale superossido O2 • - (Fig. 9C ). Dall'altro,

invece, il radicale fenolico può essere coinvolto in un percorso di unione radicale con l' anione superossido O2 • e quindi generare due intermedi, che successivamente

reagirebbero con H2O per dare OTAQ e H2O2 (Fig. 9D). Come seconda ipotesi, Dai et

al. (2002) ha suggerito che OTA in forma fenolica potrebbe essere convertito dal P450 in OTAQ (Fig. 9, sequenze J e K).

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7.3.3 Reazioni di II fase

La coniugazione con il Glutatione.: la coniugazione con Il glutatione (GSH) è un importante meccanismo di biotrasformazione degli xenobiotici; una super-famiglia di enzimi citosolici abbondante e principalmente presenti nel fegato. Tali coniugati una volta formati, vengono espulsi mediante la pompa MRP2 e trasportati al rene, per la successiva escrezione. Le cellule epiteliali dei tubuli renali sono ricchi di due peptidasi, che in sequenza tagliano la frazione glutatione-coniugati. La glutamil-transpeptidasi (Ƴ-GT) scinde il residuo glutammato e poi la di-peptidasi (DPP) catalizza la rimozione di glicina. Questi coniugati sono poi N-acelitati ed infine escreti. In alcuni casi (ad esempio chinoni), il metabolismo renale può portare alla bioattivazione di coniugati tramite l'enzima β-Liasi e provocare danni alla tubulo prossimale del rene.

Glucurono-solfato-coniugazione.

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Uridina-difosfato glucuronosiltransferasi (UGT) e sulfotransferasi (ST) svolgono un ruolo importante nella fase II reazioni degli xenobiotici. L'acido glucuronico endogeno, infatti, può essere coniugato al gruppo fenolico o al gruppo carbossilico di un xenobiotico come OTA. Questo è stato confermato nello studio di Roth et al. (1988), dove ha domostrato che i derivati OTA secrete nella bile erano composti per il 28-68% da derivati coniugati (glucuronidi e solfoconiugati) ed in particolare nel suino da K ¨ uhn et al. (1995). OTA-coniugati sono state rilevati anche nel fegato (8-17%) e tessuto intestinale (6%).

Altre O-coniugati.: La presenza di coniugati estere O-labile di OTA (identificate come coniugati pentosi ed esosi) è stato in primo luogo segnalato in colture di epatociti di ratto e umani da parte di Gross-Steinmeyer et al. (2002) e poi nelle urine di ratti da

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Zepnick et al. (2003). Per questi coniugati aventi la struttura di glicosidi acilici (Fig. 11) non vi sono dati disponibili sul loro contributo nella tossicità indotta da OTA che però, non è da escludere in quanto, la loro reattività è paragonabile a quella dei glicuronidi acilici .

7.4 Escrezione

Le micotossine ed i loro metaboliti vengono fondamentalmente escreti per via fecale ed urinaria. Nel caso di micotossine che subiscono assorbimento completo e intensa metabolizzazione come l'ocratossina A, il sistema di escrezione più efficiente risulta essere quello urinario (Chang e Chu, 1977; Galtier, 1974b) che è subordinato al valore della costante di legame tra essa e le proteine plasmatiche. Per confermare tale affermazione, è stato condotto uno studio utilizzando ratti normali e ratti privi del gene codificante per l’albumina, ed è stato osservato che la concentrazione della micotossina nell’urina e nella bile dei ratti carenti in albumina è 20-70 volte superiore

Fig 11 OTA O-conjugates: (A) hexose-conjugate and (B) pentoseconjugate.

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rispetto ai ratti normali (Kumagai, 1985). In questi animali il metabolita principale, sia nelle feci che nelle urine, è l’ocratossina α seguito dall’OTA stessa e dal 4-idrossi-OTA (Kuiper-Goodman e Scott, 1989). Storen e collaboratori (1982) riscontrarono, in ratti nei quali era stata somministrata la micotossina per via orale, la presenza nelle urine di OTA a concentrazioni paragonabili al 6% della dose, di (4R)-4- idrossi-ocratossina A (1,5% ) e di idrossi-ocratossina α (25-27%); nelle feci era presente il 12% di OTA e il 9% di ocratossina α. Li e collaboratori (1997) inoltre, osservarono, in uno studio eseguito su ratti a cui si era somministrata la micotossina per via endovenosa, che l’OTA veniva eliminata dall’organismo più lentamente rispetto a composti strutturalmente ad essa analoghi e ai suoi metaboliti. In particolare valutarono che l’emivita dell’OTA, dell’OP-OTA, dell’OTα, dell’OT-OH, dell’OTB e dell’OTC era di 103, 50.5, 9.6, 6, 4.2 e 0.6 ore rispettivamente e che la clearance totale dell’OTA, dell’OP-OTA, dell’OTα, dell’OT-OH e dell’OTB attraverso la bile e le urine era di 3.1, 3.6, 40, 65 e 43 ml/ora Kg rispettivamente. Osservarono, inoltre, che l’OTA, l’OTB e l’OTα venivano principalmente eliminate attraverso le urine (48%), l’OTOH attraverso la bile (41%) e l’OP-OTA come metaboliti (43%). Nei vitelli, l’emivita dell’OTA è di 77 ore e l’80-90% della micotossina viene eliminata in forma di ocratossina α, principalmente attraverso le urine (Screemannarayana et al., 1988); nel maiale, invece, l’emivita risulta essere di 72-120 ore (Galtier et al., 1981). L’eliminazione per via fecale è il risultato di uno scarso assorbimento gastrointestinale, o di un’efficiente escrezione biliare della tossina e dei suoi metaboliti. Studi eseguiti sulle capre con una singola dose somministrata per via orale di OTA marcata (3H-OTA) si è visto che il 53% vevina escreta con le feci (Nip et al., 1979). Per quanto riguarda la specie umana Studer-Rohr e collaboratori (2000) dimostrarono che l’emivita dell’OTA nel siero è di 35.5 giorni, infatti, l’escrezione risulta particolarmente lenta; ciò è dovuto al

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riassorbimento di OTA durante la circolazione enteroepatica, al riassorbimento che avviene anche nel rene dopo la secrezione tubulare e al forte legame con le proteine plasmatiche (Kumagai et al., 1982). Anche se dai dati fin'ora esposti, l’escrezione renale sembra essere il principale meccanismo d’eliminazione; tuttavia studi realizzati su campioni di latte umano prelevato da donne di diversi paesi europei, hanno evidenziato come l’eliminazione dell’OTA avvenga, anche se in piccola quantità, attraverso questa via (Breitholtz-Emanuelsson et al., 1993; Micco et al., 1995; Jonsyn et al., 1995). Questa tipologia di escrezione, pur essendo marginale, rende allo stesso tempo la presenza di micotossine nel il latte materno un pericolo per la sicurezza dei neonati. In Italia, ad esempio, è stata rilevata una elevata presenza di OTA sia nel siero (100% di positività), che nel latte materno (80% ca.) (Micco et al., 1995; Miraglia et al., 1995; Palli et al., 1999). La presenza di OTA nel siero umano e la sua eliminazione attraverso le urine o il latte materno è stata da diversi ricercatori considerata per effettuare importanti correlazioni con l’incidenza di patologie specifiche soprattutto a carico del parenchima renale.

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8. MECCANISMO D'AZIONE

Diverse sono le ipotesi sul meccanismo di interazione di OTA e dei sui metaboliti con le molecole endogene per spiegare i suoi effetti tossici. Di seguito vengono descritti alcuni meccanismi alla base degli effetti tossici indotti dalla micotossina:

Inibizione della fosforilazione ossidativa e blocco della respirazione mitocondriale associata alla deplezione dell’ATP e al conseguente rigonfiamento mitocondriale per l'impossibilità della cellula di mantenere il gradiente sodio/potassio (Meisner, 1976). La disfunzione mitocondriale è un evento "precoce" durante la tossicità indotta da OTA (Aleo et al., 1991); dimostrata in epatociti di ratti (Meisner, et al., 1974 e Wei et al., 1985) che inoltre, provoca un'alterazione morfologica dopo somministrazione in vivo (Suzuki et al., 1975).

Inibizione della fenilalanil-t-rna sintetasi accompagnata da una riduzione della sintesi proteica. La fenilalanil-tRNA sintetasi riconosce il gruppo fenilalaninico dell’OTA, che determina un’inibizione competitiva, fermando l’aminoacetilazione e bloccando l’allungamento del peptide. Poiché l’affinità dell’OTA per la fenilalanil-tRNA sintetasi è molto più bassa di quella della fenilalanina stessa, l’OTA, probabilmente, determina effetti negativi quando si accumula nelle cellule e quando la concentrazione intracellulare di fenilalanina è bassa (Kuiper-Goodman e Scott, 1989). E’ stato dimostrato che aggiungendo contemporaneamente OTA e fenilalanina al mezzo di coltura si previene completamente l’inibizione della sintesi proteica (Creppy et al., 1979). E' interessante notare che Zanick-Grubisik et al.,(2000) nel loro lavoro hanno dimostrato una forte azione inibitoria di OTA sulla Phe-idrossilasi nel fegato ma non nel rene di ratti.

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Aumento Della Formazione Di Radicali Liberi Ed Incremento Delle Reazioni Enzimatiche Di Perossidazione Lipidica. Sono stati realizzati diversi studi in vitro sulla perossidazione lipidica in presenza di OTA in microsomi isolati di fegato di ratto. In uno di questi studi si osservò che la riduzione del Fe3+ a Fe2+ stimolava la

perossidazione e che questa dipendeva dal NADPH citocromo P450 riduttasi, in quanto aggiungendo un chelante del ferro ed inibitori del suddetto enzima, si limitavano tali processi (Rahimtula et al., 1988; Marquardt e Frohlich, 1992; Omar et al., 1990).

Sequestro Del Calcio Microsomiale. Vari studi indicano che l’inibizione della captazione del calcio, attraverso il reticolo endoplasmatico del fegato, è un episodio precoce causato dai processi di perossidazione lipidica (Marquardt e Frohlich, 1992). Studi in vivo ed in vitro hanno rivelato che l’OTA danneggia l’attività della pompa del calcio (Khan et al., 1989). Infatti è stata osservata una riduzione del 42-45% della captazione del calcio, da parte della pompa ionica, in topi a cui si era somministrata una dose di 10 mg/Kg p.c. di ocratossina A; inoltre è stato dimostrato che il trattamento di cellule microsomiali epatiche di topo con una concentrazione di 10 μM di OTA, determinava una riduzione dell’80% del sequestro del calcio da parte del reticolo endoplasmatico.

Inibizione Della Gluconeogenesi, riduzione dei depositi di glicogeno epatico ed aumento dei livelli serici di glucosio (Suzuki et al., 1975). L’OTA inoltre, altera l’azione di diversi enzimi ed in particolare, l’attività dell’enzima fosfoenolpiruvato carbossichinasi, enzima chiave della gluconeogenesi, il quale può essere completamente ridotto nei ratti (Meisner e Meisner, 1981) e nei maiali (Meisner e

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Krogh, 1986), degradando l’mRNA che codifica per questa molecola (Meisner et al., 1983). Perciò una conseguenza tossicologica indiretta dell’OTA è anche l’alterazione della via metabolica dei carboidrati.

Formazione di addotti Negli ultimi anni il dibattito per quanto riguarda il coinvolgimento dell'OTA nella formazione di addotti di DNA è contoverso. Un meccanismo con azione genotossica è stato definito con la tercina 32P-postabilng, dimostrando che il trattamento con OTA porta alla formazione di addotti di DNA in diversi organi sia su topi che in ratti (Pfohl-Leszkowicz et al., 1993 e Pfohl-Leszkowicz et al., 2002). Tali adotti nella maggior parte scompaiono dopo 5 giorni dal trattamento invece altri persistono per 16 giorni nel rene (Pfohl-Leszkowicz et al., 1993). Sono state, inoltre, individuati con la stessa procedura addotti di DNA in esperimenti in vitro con cellule colturali diverse (Grosse et al., 1995 e Grosse et al., 1997) e con cellule renali epatiche di conoglio trattate con OTA (Obrecht-Pflumio et al., 2000). Recentemente è stato segnalato un addotto che si è formato attraverso il radicale fenotico si OTA, il C8-deossiguanosina (C8-dG) (Dai et al., 2003). Per contro, Malley et al., (2004) utilizzando la tecnica spettrometrica di massa non ha rilevato addotti di DNA dopo la somministrazione di C14-OTA in ratti.

Effetto sull'apoptosi e trasduzione del segnale. Le perturbazioni alle cellule causate da OTA possono portare alla morte delle stesse (Atroshi et al., 2000). A conferma di ciò in studi di tossicità acuta, la morte cellulare indotta da OTA è stata riportata in vivo nei tubuli renali di ratto (Albassam, et al., 1987), in embrioni di topo (Wei et al., 1993) e in feto di topo (Atroshi et al., 2000) invece, in vitro, in varie tipologie cellulari quali: l'infociti umani (Seegers et al., 1994), cellule HL60 umane (Ueno et al., 1995), cellule

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di adenocarcinoma cervicale (cellule HELA) (Seegers, et al., 1994), cellule MDCK (Schwerdt et al., 1999 e Gekle et al., 1998), cellule renali di criceto (Seegers, et al., 1994), fibroplasti polmonari di criceto (cellule V79) e celluce CVU-1 (182) (Ringot et al., 2006). In altri studi, dove si sono impiegate concentrazioni nanomolari l'OTA, questa ha mostrato di facilitare l'apoptosi provocando la riduzione della sintesi proteica (Ueno et al., 1995), un aumento dell'attività della caspasi-3, frammentazione del DNA e la condensazione della cromatina (Schwerdt et al., 1999 e Gekle et al., 2000). L'Uhe et al. (2003) nel suo studo, impiegando la tecnica del cDNA microarrey hanno dimostrato che OTA induce cambiamenti di trascrizione in vivo in rene di ratto ed in vitro in cellule renali tubulari prossimali. Inoltre, è stato dimostrato che OTA altera i livelli trascrizionali di diversi geni noti per essere coinvolti nel danno al DNA (GADD135-GADD45) e nell' apoptosi. Muller et al., (2003) hanno dimostrato che OTA modula anche il complesso di regolazione delle proteine recettoriali di superficie come CD55, CD46, CD59 e quindi colpisce l'integrità della membrana e la vitalità cellulare e la proliferazione delle cellule renali umane in vitro. Ulteriori studi, si sono eseguiti invece, focalizzando l'attenzione sui metaboliti reattivi di OTA. Atroschi et al., (2000) hanno dimostrato che i ROS e gli addotti-OTA sono regolatori facoltativi ma non obbligatoridi apoptosi. Petrik et al., (2003) studiando l'induzione di apoptosi mediante OTA nei reni di ratto ha dimostrato che tale reazione è accompagnata da uno stress ossidativo, dettato dalla formazione di MDA, dall'aumentata attività di perossidasi lipidica e dalla riduzione della superossido dismutasi. In un altro studio, Doorten et al., (2004) impiegando due saggi di tossicità ha dimostrato il ruolo di alcuni metaboliti nella citotossicità di OTA e la sua influenza con l'attività lisosomiale e nella pinocitosi.

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