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Tra l’appalto di servizi e la licenza d’uso

Nel documento Il Cloud Computing in ambito sanitario (pagine 178-183)

PARTE QUINTA I CONTRATTI DEL CLOUD COMPUTING

2. Tentativi di inquadramento

2.1 Tra l’appalto di servizi e la licenza d’uso

Un primo orientamento16 osserva come i contratti di cloud siano dotati di una struttura composta contemporaneamente da elementi caratteristici del contratto di appalto di servizi e di licenza d‟uso.

Così, come nell‟appalto di servizi l‟obbligazione assunta dall‟appaltatore consiste in un facere, ovvero nella fornitura di un servizio verso un corri- spettivo in denaro, pattuito con il committente, così, nei contratti di cloud

computing, l‟obbligo che assume il fornitore del servizio consiste nella mes-

sa a disposizione di spazio di memoria, risorse computazionali ed altri servi- zi. Da questo primo confronto si rileva che l‟obbligazione assunta dal cloud

provider (al pari di quella assunta dall‟appaltatore) è da considerarsi di risul-

tato, essendo il fruitore soddisfatto solamente con l‟esatta fornitura dei ser- vizi pattuiti in contratto.

15 Tra i tanti, MANTELERO A., “Processi di Outsourcing informatico e cloud computing: la

gestione dei dati personali ed aziendali” Saggi, in Dir. Informaz.informat., 2010.

16

In questo senso MANTELERO A. nella relazione: “Il cloud computing, inquadramenti giuri-

dici e differenze di approccio contrattuale” tenuta dall‟autore al convegno di Milano del 17

gennaio 2012 :“Cloud Computing - I diversi approcci contrattuali e nuove definizioni in ambito

privacy”. L‟audio di tale intervento e la relativa presentazione sono fruibili on-line. Sulle diver-

se tesi in ordine alla natura del contratto di cloud cfr.: BENDANI S., Software as a Service (Sa-

as): aspetti giuridici e negoziali,in http://www.altalex.com/index.php?idnot=44076; FABIA- NO N., I nuovi paradigmi della rete. Distribueted computing, cloud computing e “computing paradigms”:abstract sugli aspetti e profili giuridici, in http://www.diritto.it/art.php?file=/ archi- vio/27973.html

171 Il contratto di licenza d‟uso consiste, invece, in un accordo attraverso il quale il licenziante consente l‟utilizzo di un prodotto, solitamente un pro- gramma informatico, al licenziatario stabilendo modalità e obblighi a cui l‟utente deve conformarsi nell‟uso del prodotto stesso. Nella fattispecie dei contratti del cloud, lo schema della licenza d‟uso si sostanzia nell‟attribuzione del diritto di utilizzo di un software da parte dei fruitori.

Ebbene, nella prassi commerciale, i cloud provider propongono diverse soluzioni contrattuali che presentano, in combinazione, talvolta gli elementi predominanti dell‟appalto di servizi e talaltra quelli tipici della licenza d‟uso. È proprio osservando tali fattispecie, che la dottrina sopraccitata ritie- ne atipici (o meglio misti17) tali negozi, non essendo possibile ricondurli e- sclusivamente ad un tipo.

Concentrando l‟analisi sui servizi informatici, è agevole notare che essi sono riferibili a tutti quei contratti che hanno ad oggetto un‟attività riguar- dante un sistema informatizzato: dai contratti di assistenza o manutenzione di sistemi informatici, da una parte, a quelli che hanno ad oggetto una pre- stazione di attività automatizzate, dall‟altra. Nonostante il denominatore co- mune, sono presenti differenze che, per ragionare sulla qualificazione giuri- dica, e quindi sulla disciplina applicabile a ciascuna delle categorie suddette, è necessario procedere distintamente. I primi, ossia i contratti che hanno per oggetto una normale prestazione, consistente nello svolgimento di un‟attività materiale o intellettuale di tipo tradizionale, la cui unica peculiarità è l‟oggetto della condotta (connesso ad un sistema computerizzato), non com- portano particolari problematiche di inquadramento. Al contrario, la natura particolare della prestazione automatizzata richiede un esame più approfon- dito delle regole della disciplina codicistica, proprio per il prevalere di aspet- ti del tutto peculiari, i quali rendono difficile il ricorso a categorie tradizio- nali di riferimento.

Per le prime fattispecie è possibile richiamare le disposizioni del codice civile che distinguono nettamente tra prestazione d‟opera e prestazione di un servizio dettando differenti discipline. Nel caso di prestazione informatizza- ta, invece, non è sempre chiaro se la stessa possa assimilarsi ad un‟opera ov- vero ad un servizio e, proprio sotto questo profilo, appare preferibile soste- nere l‟applicabilità di una disciplina mista e cioè, come già detto, di norme

172 in parte di un istituto e in parte di un altro. Potrebbe così trattarsi di contratto di appalto, così come di contratto d‟opera, i quali si distinguono soltanto sot- to il profilo della responsabilità dell‟organizzazione dei mezzi. Entrambi, quindi, possono avere ad oggetto la realizzazione di un‟opera, intesa come risultato dell‟attività creativa del debitore, ovvero in un servizio18 prestato in maniera continuativa che pur non comportando un incremento patrimoniale in senso stretto del committente ne realizza l‟interesse negoziale.

Altri autori19, con particolare riferimento ai servizi di cloud SaaS hanno ritenuto che “la prevalenza di una prestazione di fare, avente ad oggetto la

fornitura di uno o più servizi software o di altra natura, unitamente alla pre- senza di un’organizzazione dotata di mezzi e gestione propri e al pagamento di un corrispettivo sono tutti elementi che fanno propendere per la configu- rabilità di un appalto di servizi sia pure avente ad oggetto prestazioni conti- nuative o periodiche. La prima diretta conseguenza di tale inquadramento è che l’obbligazione dell’appaltatore costituisce un’obbligazione di risultato, anche se nella pratica non mancano casi di soggetti interessati a far figura- re nel contratto i propri obblighi come mezzi”.

Per quanto concerne la componente dei contratti di cloud riconducibile alla licenza d‟uso di un programma per elaboratore, questa sarà presente in tutti i casi in cui nel servizio offerto dal fornitore sia compreso, dietro corri- spettivo, il diritto di utilizzare in modo non esclusivo uno o più software, spesso residenti nei server remoti del cloud provider.

18 “Nell’appalto di servizi […] il contenuto della obbligazione è una prestazione di fare, che ha

ad oggetto il compimento di un servizio, il quale dà luogo solo ad una produzione di utilità (e non ad una trasformazione di materia) […]. In altri termini, mentre nell’appalto d’opera l’opus, realizzatosi attraverso la trasformazione della materia, unifica in sé l’attività e la mate- ria, per cui la detenzione dell’opus da parte dell’appaltatore è sempre anche nel suo interesse (incorporandosi in essa l’attività); nell’appalto di servizi, invece, operandosi la produzione di utilità distinte dalla res (che resta un mero strumento attraverso il quale il servizio si svolge), l’interesse dell’appaltatore si rivolge alla produzione delle utilità, con la conseguenza che la detenzione della res da parte sua (restando la res distinta dall’attività) viene posta in essere nell’interesse del committente”: Cass. civ. Sez. II, 17.4.2001, n. 5609.

19 BENDANDI S., Software as a service (SaaS). Aspetti giuridici e negoziali, in Altalex, 18 di-

cembre 2008, http://www.altalex.com/documents/news/2008/12/18/software-as-a-service-saas- aspetti-giuridici-e-negoziali; Nello stesso senso BELISARIO E., “Cloud Computing”, Informa- tica Giuridica – collana diretta da Michele Iaselli - eBook n.17, Altalex 2011, pag. 12 e ss.

173 L‟inquadramento giuridico delle licenze d‟uso, che si presentano, già per il loro nomen iuris, come negozi atipici, necessita di una approfondita inda- gine sulla volontà delle parti per, poi, ricondurre il regolamento concreta- mente adottato all‟interno di uno specifico tipo codicistico (normalmente vendita o locazione), ovvero collocarlo quale espressione della libertà con- trattuale sancita all‟art. 1322 c.c.

Il termine licenza d‟uso, dal punto di vista prettamente civilistico è sco- nosciuto all‟ordinamento italiano e, di conseguenza, non ha una valenza tec- nico-giuridica in sé insita. Soltanto il termine uso, inteso come diritto d‟uso, è familiare al diritto privato. La licenza, invece, è tipica del diritto ammini- strativo ed ha una valenza autorizzativa.

Fatta questa precisazione, è possibile affermare che lo schema contrattu- ale della vendita potrebbe, probabilmente, essere invocato nelle distribuzioni che non prevedono alcuna riserva di diritti esclusivi per l‟autore. Infatti, l‟immissione dell‟opera nel mercato, attraverso un contratto riconducibile alla previsione dell‟art. 1470 c.c., non conserva il privilegio dei diritti esclu- sivi di controllo in capo al venditore ma, al contrario, esaurisce tutti i diritti patrimoniali di quest‟ultimo sul bene alienato.

D‟altronde, non potrebbe essere altrimenti, se si tiene in dovuta conside- razione il cosiddetto principio dell‟esaurimento, per il quale “la prima vendi-

ta di una copia del programma nella Comunità Economica Europea da par- te del titolare dei diritti, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di distri- buzione di detta copia all’interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l’ulteriore locazione del programma o di una copia dello stes- so”20. Si tratta di un principio di ordine pubblico, inderogabile dalle parti, già previsto per le altre opere dell‟ingegno. L‟unica condizione imposta dalla legge affinché si producano gli effetti del principio di esaurimento è la preci- sa scelta delle parti di uno schema negoziale perfettamente coincidente, in quanto dotato di tutti gli elementi essenziali, con il contratto di vendita. Di- viene, pertanto, di fondamentale importanza capire, al di la della denomina- zione utilizzata, a quale modello negoziale tipico abbiano voluto aderire le parti.

Nelle altre ipotesi, invece, nelle quali l‟autore non esaurisce i suoi diritti esclusivi e continua a governare la distribuzione dell‟opera, le variabili da

174 considerare sono molteplici ed anche in questo caso non mancano i tentavi di riconduzione alle fattispecie codificate; prima fra tutte la locazione. In particolare, a partire dagli anni ‟80 si sono intervallati molteplici tentativi di inquadramento, le cui Voci21 dominanti hanno evidenziato la corrispondenza tra il modello contrattuale delle licenze d‟uso e quello della locazione, ba- sandosi esclusivamente sull‟oggetto della cessione, ossia il diritto di godi- mento sul software.

Risultava, per tale orientamento, fuorviante l‟attribuzione del nome li- cenza ad una figura giuridica che si presenta sostanzialmente come locazio- ne: “diciamo locazione e non diciamo invece licenza, poiché la figura della

licenza evoca altre cose”22.

In effetti, il contratto di locazione, previsto agli artt. 1571 ss. c.c., pre- senta delle caratteristiche non perfettamente coincidenti con ciò che, in pra- tica, rientra sotto il nome licenza d‟uso. La locazione è un contratto consen- suale il cui effetto principale è quello di costituire, in capo al conduttore, un diritto personale di godimento sulla cosa locata e, in capo al locatore, l‟obbligo di far godere la cosa stessa al conduttore. Le principali obbligazio- ni del locatore sono: consegnare cosa locata in buono stato di manutenzione; mantenere la cosa in stato da servire all‟uso convenuto; garantire al condut- tore, durante la locazione, il pacifico godimento della cosa. Il conduttore è, da parte sua, obbligato a osservare la diligenza media nel servirsi della cosa per l‟uso pattuito o per quell‟uso che, secondo le circostanze, può presumer- si; restituire la cosa al termine della locazione nel medesimo stato in cui l‟ha ricevuta; dare il corrispettivo nei termini convenuti. Ebbene, com‟è vero che il comune denominatore, tra il contratto di locazione e quello di licenza d‟uso, è senz‟altro la cessione del diritto di godimento sul programma dietro corrispettivo pecuniario, è altrettanto certo che tutti gli altri effetti tipici della locazione, sopra richiamati, sono estranei alle principali distribuzioni di sof-

tware pacchettizzato.

21 GALGANO F., La cultura giuridica italiana di fronte ai problemi informatici, in G. Alpa, V.

Zeno Zencovich, I contratti d‟informatica, 1986, p. 379; LEONE S., La concessione del softwa-

re tra licenza e locazione, in G. Alpa, V. Zeno Zencovich, I contratti d‟informatica, 1986, p.

349 ss.; FINOCCHIARO G., I contratti ad oggetto informatico, 1993, p. 94 ss; TOSI E., I con-

tratti di informatica, Il Sole 24 Ore, 1993, p. 157 ss.

175 In numerosi casi il programma viene ceduto senza l‟apposizione di un termine finale del diritto di godimento e, di conseguenza senza la possibilità, per il licenziante, di rientrarne in possesso; infine, senza espressa previsione del divieto di ulteriore cessione.

Il licenziante ha, certamente, l‟obbligo di consegnare il bene esente da vizi ma, dal canto suo, il licenziatario non ha l‟obbligo di restituire il pro- gramma alla scadenza (se prevista) della licenza. Il licenziatario, inoltre, non risponde nei confronti del licenziante in caso di perdita o deterioramento del bene; egli sopporta il rischio in prima persona come se fosse il proprietario del bene. Tutto ciò è più che sufficiente per escludere l‟esatta coincidenza tra il contratto di locazione e la licenza d‟uso, in favore di una locazione ati- pica23.

Tuttavia, questi non sono gli unici modelli di riferimento per i contratti del cloud.

Nel documento Il Cloud Computing in ambito sanitario (pagine 178-183)