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3. UNO SGUARDO SUL TERRITORIO

3.2 Tracce storiche

La presenza umana in Val di Cornia è attestata sin dal Paleolitico, con il deposito di Botro ai Marmi in cui vennero rinvenuti strumenti di pietra, in particolare armi in selce e diaspro, nonché resti scheletrici di selvaggina,

35 compresi i grandi uri. Ritrovamenti del periodo epigravettiano italico (15.000 anni fa) sono stati effettuati nell’area del golfo di Baratti.

La vocazione mineraria della zona si manifestò nel III millennio a.C. con l’estrazione di rame e cinabro dalle colline campigliesi; è accertata la presenza di un villaggio minerario eneolitico nelle vicinanze della rocca di San Silvestro (Fedeli, 1995).

Figura 5: Antico pozzo minerario a San Silvestro

L’età del bronzo vide ampliarsi e diversificarsi le attività economiche della zona: attività agro-silvo-pastorali ed estrazione mineraria nell’interno, cerealicoltura, pesca, produzione salina e metallurgia lungo le coste.

Scavi archeologici hanno restituito villaggi a Poggio del Molino e presso Campiglia (cultura appenninica), stazioni dell’industria del bronzo sul golfo di

36 Baratti (16° sec. a.C.) ed in località Madonna di Fucinaia (15° sec.), nonché una necropoli del 12° sec. In località Villa del Barone (Marcucci, 2003).

I primi nuclei insediativi a Populonia risalgono al 9° sec. a.C., sul finire del quale vengono edificate le prime tombe a camera d'Etruria.

Populonia sorge nell'area di origine della civiltà etrusca - la fascia costiera maremmana - e rimarrà l'unica città-stato etrusca affacciata sul mare, con il proprio porto nella città bassa sul Golfo di Baratti.

L'importanza di Populonia10, membro della c.d. Dodecapoli (la lega delle 12

capitali d'Etruria), è testimoniata dalla ricchezza dei corredi funerari già nelle grandi tombe a tumulo di stile “orientalizzante” dell'8° sec. (Cristofani, 1978). Proprio in tale secolo, infatti, si ha un incremento significativo dell'estrazione mineraria - basamento della fortuna della città - sia dalle colline attorno Campiglia che dalla prospiciente Elba (soprattutto ferro e rame). L'abbondanza di metalli indispensabili determinò lo sviluppo dell'industria metallurgica, sia a Baratti - nei quartieri industriali della città bassa - che a Madonna di Fucinaia. Lo sfruttamento delle miniere campigliesi durerà fino al 1° sec. d.C.

Nel 6° sec. a.C. Venne innalzato un sistema murario più esteso, che cinse anche i quartieri industriali e portuali.

37 Figura 6: Necropoli delle Grotte (periodo "ellenistico", 4°-2° sec. a.C.)

Durante il 2° sec. a.C. L'Etruria venne gradualmente occupata da Roma (anche se l'autonomia delle città-stato etrusche terminerà con la Lex Iulia dell'89 a.C.). In Val di Cornia sono state rinvenuti i resti di varie fattorie latine (soprattutto di epoca imperiale), Villae (Poggio del Molino) e Mansiones (stazioni di sosta governative), la più importante delle quali a Vignale, località che - pur rimanendo sempre di dimensioni men che esigue - è stata abitata ininterrottamente dal 1° sec. a.C. ad oggi (Galgani, 1973 e DeTommaso, 2003). Le strettoie nella piana del Cornia, fra le Colline Metallifere e la costa, erano (e sono tutt'oggi) zona di transito viario lungo l'asse Nord-Sud: di qua passavano le Viae Aurelia ed Aemilia Scauri, incontrando, oltre le Mansiones, la stazione termale di Venturina (Aquae Populoniae, uno stagno sulfureo già utilizzato dagli etruschi), nelle cui vicinanze è ancora visibile un mausoleo funebre romano.

Presso lo sbocco a mare dello stagno di Piombino fu operativo, dal 4°-5° sec. d.C., il porto di Falesia, dedito soprattutto allo sbarco di minerale proveniente dall'Elba (Claudio Rutilio Namaziano, 417 d.C.); il porto di Baratti e la città di

38 Populonia erano invece decadute e pressoché spopolate dal 1° sec. d.C. (DeTommaso, 2003).

A Baratti, porto ed impianti siderurgici tornarono a funzionare pienamente sotto il dominio ostrogoto di Teodorico, ma la guerra fra ostrogoti e bizantini (535-553 d.C.) portò distruzione anche nella zona. Altro grave pericolo che affligge le zone costiere della Toscana nei primi secoli del Medioevo è la pirateria (prima vandalica, poi saracena): Populonia, rinata a sede vescovile, veniva periodicamente attaccata dai pirati e, nell'809 la Cattedrale venne distrutta. Mentre gran parte della popolazione si rifugiava sull'Isola d'Elba, la Diocesi fu trasferita nell'interno, quasi certamente a Suvereto (9° sec.) che già nel 10° sec. risultava incastellato, anche per offrire riparo alle popolazioni della pianura.

Il borgo incastellato di Suvereto era nato sotto il controllo degli Aldobrandeschi, quale limite settentrionale dei loro domini, mentre il primo nucleo della rocca di Campiglia preesisteva (forse risalente all'8° sec.). È assai probabile che con la caduta dell'impero romano le famiglie patrizie della zona si fossero rifugiate sulle colline campigliesi; è invece certo che verso la fine del 9° sec. Il borgo appartenesse al casato della Gherardesca.

L'edificazione di entrambi i castelli risale comunque al 12° sec.

Su iniziativa dei Conti della Gherardesca sorse, nel 10° sec., il villaggio minerario di San Silvestro, fortificato e dominato dalla rocca. L'esistenza di questo era strettissimamente legata allo sfruttamento degli stessi giacimenti metalliferi che avevano fatto la fortuna dei precedenti stanziamenti etruschi. Quando l'estrazione non fu più conveniente, dato il livello tecnologico di allora e la concorrenza di altre aree delle Colline Metallifere - come Massa Marittima - tra 13° e 14° secolo il castello venne abbandonato, lasciandoci una preziosissima testimonianza dell'architettura medievale, priva di sovrapposizioni rinascimentali (Francovich, 2003).

Nei borghi di Campiglia e Suvereto, oltre alle rispettive rocche medievali, meritano una citazione le pievi, rispettivamente, di San Giovanni e San Giusto, entrambe del 12° sec. In particolare, la pieve di San Giovanni a Campiglia (oggi

39 cappella cimiteriale) espone, sul lato esterno rivolto all'abitato, uno dei 2 quadrati magici presenti in Toscana (l'altro si trova nel Duomo di Siena), 10 in tutta Italia11.

Un'altra preziosa traccia incontaminata di Medioevo è il monastero benedettino di San Quirico, attivo dall'11° al 14° sec., i cui ruderi sono oggi visitabili nel bosco del Promontorio (Francovich, 2003).

Figura 7: Pieve di San Giovanni

Mentre la parte nord del Promontorio era presidiata da quanto restava di Populonia e dal suddetto monastero di San Quirico, a sud - sempre nel secolo 11°- esistevano il porto lagunare di Falesia e la Rocchetta, torre di guardia sulla

11 I c.d. quadrati magici consistono nell'incisione della frase palindromica “Sator Arepo Tenet Opera Rotas”

che, posta in quadrato (come un cruciverba) si rivela un palindromo perfetto.

Si ritiene che, per questa sua caratteristica, fosse usata come talismano, forse contro gli incendi (http://www.slowtuscany.it/toscana/sator_arepo.htm).

40 punta occidentale, entrambe quasi certamente con nuclei abitativi annessi e sotto il controllo del monastero di San Giustiniano di Falesia, fondato dai Gherardesca nel 1022.

Fu per volontà degli abati di S.Giustiniano che venne costruito il primo nucleo del castello di Piombino, a cavallo fra 11° e 12° sec.: la prima testimonianza del castello risale al 1115, descritto in un documento come “dotato di torri e di case” (Carignani e Carrara, 1988).

Dal 1162 ricadde sotto il protettorato della Repubblica Pisana; Piombino poté comunque costituirsi in libero Comune, guidato da Consoli elettivi (1187). Sufficientemente isolato via terra, essendo arroccato su di un promontorio circondato da stagni e paludi (Falesia e Rimigliano), Piombino si connetteva con il ristretto mondo di allora quasi unicamente via mare; sfruttando i suoi due porti - cittadino e lagunare - sviluppò una rete di traffici commerciali, basati soprattutto sull’esportazione del sale prodotto nel proprio territorio e sullo smercio del ferro elbano e del grano maremmano.

Durante il 13° sec. Piombino rimase ai margini delle lotte per il dominio in Maremma, ampliando i propri collegamenti marittimi ed affermandosi come secondo scalo della flotta pisana; nella prima metà del sec. estese il perimetro murario, includendovi 3 porte ed arricchendo le difese del castello, nel 1247 furono ultimati lavori di adeguamento del porto cittadino, compresa la costruzione della Fonte dei Canali, a cui gli equipaggi potessero rifornirsi di acqua potabile.

Il 1399 fu un anno cruciale nella storia della zona: l’allora signore di Pisa Gherardo Appiani vendette la ex repubblica marinara a Gian Galeazzo Visconti, tenendo per sé un piccolo dominio comprendente Piombino e Populonia, Suvereto, Vignale, Scarlino, Buriano, isole d’Elba, Pianosa e Montecristo. L’anno successivo strappò a Massa Marittima i castelli di Valle e di Montioni.

41 Figura 8: Fonte dei Canali (originariamente detta "delle serpi in amore")

Durante il 15° sec. la città ebbe un interessante sviluppo artistico dovuto al coinvolgimento - per volontà degli stessi Appiani - di alcuni valenti scultori ed architetti toscani, fra i quali il fiesolano Andrea Guardi (a cui è dedicato il Museo Diocesano di arte sacra). Sono del Guardi l’ospedale della SS. Trinità, il complesso architettonico della Cittadella ed il chiostro del Duomo di S. Antimo.

Attorno alla metà del secolo vennero edificati il castello di Populonia così come si presenta oggi ed il bastione detto Rivellino (1447), addossato al precedente Torrione di Porta a Terra (1212)12.

12 Il Rivellino fu voluto da Rinaldo Orsini, marito di Caterina (sorella del defunto Jacopo II).

42 Figura 9: Il Rivellino

Altre fortificazioni di epoca tardo medievale e rinascimentale tutt'oggi visibili sono le torri costiere, imprescindibili connotati paesaggistici del litorale toscano (Baggiossi, 1988).

La prima, scendendo da nord, é la torre di San Vincenzo, costruita dai pisani nel 1304 per fornire una tutela militare e giuridica alle genti bisernesi, dopo che il castello di Biserno era stato distrutto nel sanguinoso contrasto tra guelfi e ghibellini (Morandini, 2005). Attualmente é utilizzata come spazio pubblico per esposizioni, dibattiti ed altri eventi.

Procedendo verso sud si incontra la Torraccia, di cui non si hanno tracce documentali ma che comunque - dato lo stato in cui versa da che se ne ha memoria - deve aver esaurito assai precocemente la propria utilità. È proprietà privata e si presenta come un rudere di scarsa attrattiva.

Alcune centinaia di metri avanti s'innalza Torre Nova, adibita ad abitazione privata. Iniziata nel 1670 e terminata 53 anni dopo, sorge (letteralmente) sopra un fosso scolmatore scavato per drenare le acque del padule di Rimigliano.

43 Al capo occidentale del golfo di Baratti campeggia l'omonima torre quattrocentesca, antica sede del comando torri costiere del Principato di Piombino. Oggi include un ristorante ed un affittacamere.

Altra torre quattrocentesca è Tor del Sale, situata in prossimità della foce del Cornia, che prese il nome dalle saline attive (sin dal 1094) allo sbocco della laguna di Piombino (o stagno di Falesia). Versa in stato d'abbandono, essendo in disuso dal 1967.

Per finire, 5 miglia e mezza a sud-est di Tor del Sale sorge Torre Mozza, fatta costruire dagli Appiani attorno al 1500 per la sorveglianza sia marittima che viaria. Così chiamata per l'aspetto tozzo (torre bassa a pianta larga, addossata ad un corpo di batteria), oggi è adibita a ristorante.

Figura 10: Torre Mozza

Il castello di Piombino, a cui come già detto era stata aggiunta una nuova porta nel 1235 (peraltro distruggendo una preesistente area cimiteriale), venne ampliato da Pisa nella seconda metà del 14° sec. e da Gherardo Appiani agli inizi del 15°.

44 Nel 1548, su incarico di Cosimo I dei Medici (che momentaneamente controllava Piombino), l’architetto Giovanni Battista Camerini diresse la costruzione di una fortezza più moderna, comprendente quattro grandi bastioni triangolari giunti da spessi tratti murari, attorno al castello, a sua volta modificato ed adeguato alle nuove esigenze difensive. La fortezza mantenne il proprio ruolo militare fino alla seconda metà del 19° sec., allorché fu adibito a carcere fino al 1960.

Sotto il governo mediceo la Val di Cornia godette di vari interventi economicamente vantaggiosi, come il potenziamento dell’estrazione di allume, sia dalle cave di Montioni (già attive dal 1474) che dalle nuove cave nel campigliese (1556) nel sito poi chiamato Le Allumiere (oggi località Lumiere), nonché le prime opere di bonifica dello stagno di Piombino, delle quali rimangono alcuni canali di drenaggio come il c.d. Fosso Cosimo.

Sempre sotto Cosimo I riprese la coltivazione mineraria nella zona di San Silvestro.

Nel 1628, essendosi estinta la linea maschile degli Appiani, la principessa Isabella venne destituita dall'imperatore Ferdinando II (per “incompatibilità” con la Legge Salica) che, 6 anni dopo, affidò il Principato di Piombino al di lei genero Niccolò Ludovisi.

Sia i Ludovisi che i Boncompagni (coi quali si imparentarono nel 1734), entrambe famiglie della bassa aristocrazia romana, si disinteressarono alquanto del Principato, permettendone addirittura occupazioni temporanee da parte di francesi, spagnoli e pirati maltesi.

L'incuria da parte dei governanti portò a due secoli di declino economico e demografico, soprattutto per il progressivo dissesto idraulico delle campagne, dovuto alla pressoché totale assenza di tentativi di bonifica nonché di interventi di regimazione e governo delle acque. Conseguentemente a ciò gli acquitrini si allargarono, invadendo aree agricole e la malaria - male endemico della Maremma - prese a propagarsi con maggiore intensità13.

45 Il quadro demografico della piana del Cornia era caratterizzato da scarsa popolazione residente, concentrata nei borghi meno esposti alle infestazioni stagionali di zanzare, con apporti consistenti di manodopera forestiera (soprattutto montanari, per lo “sverno” del bestiame transumante); mentre l'economia era andata concentrandosi sulla cerealicoltura estensiva -di tipo fondiario- e l'allevamento “brado” di equini, bovini e bufali (Carignani e Carrara, 1988).

Con l'invasione napoleonica la zona tornò nei ranghi della storia, vivendo quella stessa febbre di rinnovamento che pervase Italia ed Europa.

Nel Giugno 1805 Napoleone Bonaparte istituì il Principato di Lucca e di Piombino, affidandolo alla sorella Elisa ed al marito Felice Baciocchi.

L'interesse di Elisa (soprannominata dal popolo “la Baciocca”) verso il nuovo Stato portò molte innovazioni e benefici, fra cui un nuovo Codice Rurale, un decreto sulla ripartizione delle terre demaniali, l'eversione dei retaggi feudali, l'istruzione pubblica primaria, l'Ufficio del Registro ed il riordino della Milizia.

I principi avviarono importanti opere infrastrutturali come la costruzione di una strada carrozzabile per i collegamenti verso nord (“Strada della Principessa”), vari progetti per il risanamento idraulico delle campagne (solo in parte effettuati) e l'avvio di escavazioni nel Porto Vecchio. A Montioni furono riaperte le cave d'allume e venne edificato un nuovo villaggio minerario.

Piombino visse un profondo risveglio civile e culturale - che si protrasse ben oltre la breve parentesi napoleonica - e la vita urbana si animò al punto che la cittadina venne definita una piccola Parigi.

Con il Congresso di Vienna del 1815 tutta la Val di Cornia entrò a far parte del Granducato di Toscana.

46 Figura 11: Il castello di Populonia

3.3 Il tramonto dell'acciaio

Come già detto, la lavorazione dei metalli in Val di Cornia era già praticata in epoca preistorica e nell'area archeologica del golfo di Baratti ve ne sono testimonianze evidenti.

La moderna siderurgia comparve a Piombino nel 1864 con la nascita della Magona d'Italia, proseguendo poi attraverso le varie società che si succedettero e sovrapposero a cavallo fra 19° e 20° sec., come la Ferriera Perseveranza e la Soc. Anonima Altiforni e Fonderie di Piombino.

Il nuovo sviluppo industriale portò ad un veloce incremento demografico e la città si espanse in ogni direzione, anche a scapito della vecchia cinta muraria,

47 ritrovandosi ad essere - dopo l'impulso dato dalle commesse militari nella I Guerra Mondiale - uno dei maggiori poli industriali d'Italia.

Nel 1936 l'acciaieria passò sotto il controllo dell'IRI (Istituto per le ricostruzioni industriali), istituito dall'allora presidente del consiglio Benito Mussolini con il fine di gestire tutte le industrie controllate fino ad allora dalle grandi banche italiane. L'interesse degli strateghi IRI della siderurgia (nel 1937 era stata creata a tal scopo Finsider) verso gli impianti a ciclo integrale attirò importanti finanziamenti a Piombino, incrementandone la capacità produttiva.

L'attività di rinnovamento venne bloccata il 10 Settembre 1943 ed il controllo dello stabilimento passò alle autorità militari tedesche che, nel '44, minano e fanno saltare tutta la zona. Lo stesso 10 Settembre l'Acciaieria fu coinvolta nella battaglia con cui (prima fra le città toscane) Piombino si liberò dal cappio nazifascista (anche se per soli 3 giorni).

Finita la guerra, nell'arco di un decennio tutti gli impianti vengono ricostruiti ed indirizzati verso la produzione di profilati pesanti, oltre che di rotaie ferroviarie. Con questa nuova ristrutturazione, lo stabilimento occupa una superficie di circa 900.000 m² di cui 11.200 coperti; la produzione si avvicina al milione di tonnellate l'anno e il personale in forza allo stabilimento risulta intorno alle 2500 unità.

Negli anni '50 e '60 del 20° sec. a Piombino cresce tutto, non solo la produzione siderurgica: cresce la città, la popolazione, le infrastrutture e cresce anche l'attività sindacale e politica, fornendo stimoli alla vita culturale di tutta la zona. Nel 1960 si unì un terzo stabilimento cittadino: la Dalmine.

Nel 1961 le Acciaierie di Cornigliano confluirono nell'ILVA e, dalla fusione, nacque la ItalSider. Il nuovo gruppo fabbricava il 55% della produzione nazionale di acciaio, l'80% di ghisa e il 56% di laminati e lo stabilimento di Piombino divenne uno dei complessi più produttivi del gruppo Italsider. Nuove società, nate da fusioni, acquisizione e scorpori, si succedettero nel controllo dell'impianto: Dal 1965 al 1984 Acciaierie di Piombino SpA (con Fiat e Finsider quali maggiori azionisti); Deltasider SpA fino al 1987, !987-88 Nuova Deltasider ed infine Ilva

48 SpA. Nel frattanto, il numero di occupati calò progressivamente da 7823 unità nel 1981 a 4000 nel 1988 (Panciatici, 1996).

Nel 1991 Piombino venne inserito in un progetto presentato dall'Ilva e battezzato Piano Utopia, nel quale si tentò un riassetto totale della siderurgia pubblica. Il programma, che per gli stabilimenti di Bagnoli e Cornigliano prevedeva la chiusura, per Piombino contemplava sgombero e bonifica del territorio occupato dal vecchio stabilimento, ricostruzione dell'area produttiva mediante impianti innovativi e ambientalmente all'avanguardia ma, la difficoltà di reperire i finanziamenti necessari ed una situazione politico-economica nazionale assai difficile, portarono all'annullamento del Piano.

Figura 12: Uno degli altiforni (Fonte: iltirreno.gelocal.it)

Il resto è storia recente: passando attraverso la privatizzazione, dalla Lucchini SpA alla russa SEVERSTAL, la siderurgia piombinese aggancia la crisi generale del settore e si avvia verso il declino e lo spegnimento dell'ultimo altoforno, avvenuto il 24 Aprile 2014 alle 10:56.

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3.4 Il Circondario

Il Circondario della Val di Cornia venne istituito con deliberazione del Consiglio Provinciale di Livorno del 9/10/1998 (ai sensi della L.R. 77/95) a seguito di un percorso di concertazione tra Regione Toscana, Provincia di Livorno e Comuni di Campiglia M.ma, Piombino, San Vincenzo, Sassetta e Suvereto. L’insediamento avvenne nel 1999.

Nell'ambito del sistema delle autonomie, il Circondario della Val di Cornia si poneva le finalità di:

a) favorire e governare il processo di sviluppo locale, ponendo l'area della Val di Cornia in un più stretto rapporto con il contesto regionale;

b) avvicinare al territorio funzioni di governo finora esercitate a livello provinciale; c) accrescere ed istituzionalizzare la capacità di coordinamento delle politiche comunali.

Retto da un proprio regolamento e dotato di autonomia amministrativa, tecnica e contabile, nonché di poteri organizzativi e regolamentari, fungeva da punto d’incontro fra decentramento provinciale e sovracomunalità (vedi ricerca ARSIA “Le reti di relazioni nella comunicazione della qualità: casi di studio relativi a produzioni agro-alimentari tipiche della Toscana”, 2002).

Nell'estate del 2001 il Circondario avviò - assieme ai cinque Comuni membri - un percorso Agenda 21 Locale14 (aree protette, sostenibilità ambientale e

cooperazione internazionale) comprendente, oltre a l'organizzazione del Forum, la stesura di un Rapporto sullo Stato dell'Ambiente in Val di Cornia, del Piano d'Azione Locale A21L e del progetto VAS-VAS (Valutazione Ambientale

14 Agenda 21 (letteralmente: cose da fare nel 21° secolo) è un ampio e articolato programma di azione

scaturito dalla Conferenza ONU su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro del 1992, che costituisce una sorta di manuale per lo sviluppo sostenibile del pianeta. Le Agende 21 Locali sono percorsi partecipativi per l'attuazione, all'interno di singoli territori, delle linee guida teoriche di Agenda 21 (www.a21italy.it/).

50 Strategica - VAldicornia Sostenibile) dal quale prese avvio nel 2005 un piano congiunto di contabilità ambientale nei suddetti Comuni.

I Circondari sono stati aboliti per volontà dello Stato, con la Legge 26 Marzo 2010, n. 42.

3.5 I parchi

Fra il 1975 ed il 1980 nei comuni della zona nacque l'idea di una rete di parchi a gestione intercomunale, per tutelare e valorizzare il patrimonio storico, archeologico e naturalistico. Quest'idea iniziale divenne progetto negli anni successivi, sotto il pungolo della crisi siderurgica ed industriale in genere: un decennio dopo la disoccupazione nella zona arrivò al 14% (contro un tasso medio regionale dell'8%).

Fu quindi la determinazione a dare una risposta programmatica alla crisi economica ed occupazionale che si prospettava a fornire il principale impulso alla creazione della suddetta rete di parchi, con gli obiettivi de “la tutela delle risorse naturali e storiche del territorio ed il supporto per la qualificazione ed il potenziamento dell'offerta turistica, in connessione con la valorizzazione del paesaggio agrario e delle produzioni agricole tipiche e di qualità della Val di Cornia” (Viviani, Rosignoli e Zucconi, 1994), compiendo anche scelte coraggiose e lungimiranti da parte delle amministrazioni municipali, destinando a forme di tutela aree soggette a forti pressioni per la riapertura di cave o per la speculazione edilizia.

La Val di Cornia venne fortunatamente inserita tra le aree dell'Obiettivo 2 dei fondi strutturali CEE, accedendo così a consistenti investimenti per la riconversione economica locale (figura 11).

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