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4.TRATTA DI ESSERI UMANI E CONTRABBANDO DI MIGRANTI: ANALOGIE E DIFFERENZE.

Nel documento Terrorismo e immigrazione (pagine 175-180)

237 L’abuso di potere era stato contemplato fra le modalità della condotta già nelle prime Convenzioni relativa alla tratta delle bianche (quella del 1910 e quella del 1921) e fu ripreso, con il nome di abuso di autorità o di posizione dominante anche dalla Global Alliance Against Traffic in Women (GAATW) nella definizione di tratta che elaborò, nel 1999, insieme alla Foundation Against Trafficking in Women e all’International Human Rights Law Group e che definisce la tratta come: “All acts involved in the recruitment and/or transportation of a person within and across national borders for work or services by means of violence or threats of violence, abuse of authority or dominant position, debt bondage, decption or other forms of coercion” (cfr. Global Alliance Against Traffic in Women, Foundation Against Trafficking in Women and the International Human Rights Law Group, Human Rights Standard for the Treatment of Victims of Trafficking in Persons, Forced Labour and Slavery-like Practices, 1999, reperibile sul sito www.hrlawgroup.org).

238 United Nations General Assembly, Interpretative notes for the official records (travaux préparatoires) of the negotiation of the UN Convention against Transnational Organised Crime and Protocols thereto, U.N. Doc.A/55/383/Add.1, Vienna 2000, par. 63. Nei lavori preparatori del Protocollo si è proposto di utilizzare la dizione inducement per indicare uno dei mezzi atti a reclutare le persone per la tratta. In questo caso però nel comportamento del reclutatore sarebbe stata compresa anche la semplice prospettazione di una più elevata qualità di vita nel Paese di destinazione, con il rischio concreto di vedere pericolosamente avvicinarsi la condotta del trafficante a quella del contrabbandiere di migranti.

È necessario analizzare la differenza tra la tratta di esseri umani e il cosiddetto traffico o contrabbando di migranti, ovvero lo smuggling, al quale è stato dedicato un altro Protocollo addizionale239. All'interno del generale fenomeno del traffico di

esseri umani è andata delineandosi, negli ultimi decenni, la distinzione tra trafficking, tratta di persone, e smuggling, contrabbando di migranti240. Le due fattispecie si differenziano

principalmente per due fattori: la durata del rapporto che si instaura tra trafficante e trafficato241 e il ruolo che quest'ultimo

riveste nella relazione con l'organizzazione criminale. Nel caso del contrabbando, l'attività delle organizzazioni criminali si avvicina molto a quello che potremmo definire ''favoreggiamento dell'immigrazione clandestina'': implica cioè esclusivamente la facilitazione nell'attraversamento dei confini nazionali e nell'ingresso illegale in un paese terzo di persone che non avrebbero titolo per farlo con lo scopo di trarne un vantaggio economico. Nel trafficking, invece, le organizzazioni criminali, una volta che il soggetto è entrato nel paese di destinazione, instaurano con esso un vero e proprio rapporto di sfruttamento

239 Protocol against the Smuggling of Migrants by Land, Sea and Air, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime, risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite n° 55/25, annex II, in U.N. Official Records of the General Assembly, 55th sess., Suppl. n° 49 at 60 (UN Doc.A/55/49- Vol 1, 2001). Per precisione, è bene ricordare che esiste un terzo Protocollo addizionale alla Convenzione sul Crimine Transnzionale Organizzato che si occupa del traffico di armi e che dunque non tratteremo in questa sede.

240 È utile chiarire la questione che concerne il corretto utilizzo della terminologia che indica i fenomeni nella lingua italiana. Non essendo lingua ufficiale delle Nazioni Unite, non è stata prodotta nessuna redazione e traduzione ufficiali della Convenzione madre e dei Protocolli allegati in italiano. Per supplire a questo problema (che riguarda ogni lingua non ufficiale), durante le prime sessioni di lavoro per l’elaborazione della Convenzione, è stato creato un glossario dei termini che si devono utilizzare nelle diverse lingue non ufficiali. Per quanto riguarda l’italiano si è stabilito che si debba fare riferimento al testo della Convenzione in lingua francese, per la maggiore somiglianza che l’italiano ha con questa lingua piuttosto che con l’inglese. Dai termini francesi trafic (smuggling) e traite (trafficking) si effettua, quindi, la traduzione italiana con i vocaboli: traffico e tratta. Fino ad ora abbiamo utilizzato e continueremo ad usare il termine tratta per indicare il trafficking, data la totale coincidenza delle espressioni, mentre per quanto riguarda lo smuggling intendiamo utilizzare principalmente il termine originale per due motivazioni: in primo luogo perché il termine traffico non crei confusione nell’indicare la fattispecie generale del traffico di esseri umani piuttosto che la fattispecie specifica dello smuggling; in secondo luogo perché le traduzioni italiane “contrabbando di migranti” o favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” non corrispondono del tutto alla definizione di smuggling contemplata dal Protocollo specifico. 241 J. FITZPATRICK, Trafficking as a Human Rights Violation: the Complex Intersection of

arrivando spesso anche alla riduzione in schiavitù o alla sottomissione totale della persona, come se fosse oggetto di possesso da cui trarre vantaggio economico, attraverso diverse modalità di sfruttamento. Inoltre, se nel trafficking la persona è di norma inconsapevole dello sfruttamento al quale verrà sottoposta nel paese di destinazione, nello smuggling la relazione tra il migrante e l'organizzazione criminale si instaura proprio su domanda dello stesso ''cliente'' il quale decide di rivolgersi alle organizzazioni criminali per trasferirsi illegalmente in un altro paese perché sprovvisto dei mezzi legali. Secondo alcuni studiosi, la principale distinzione ruota attorno alla presenza nel trafficking e all'assenza nello smuggling degli elementi dell'inganno, della coercizione e dell'abuso di potere nella relazione tra il trafficante e il soggetto trafficato. Nello smuggling esiste infatti uno scambio di benefici tra i due soggetti coinvolti: l'ottenimento diretto o indiretto di un vantaggio economico e l'ingresso illecito in uno Stato. Il migrante clandestino non può essere considerato, diversamente da colui che è oggetto di trafficking, una vittima, ma è comunque soggetto attivo del reato, in quanto agisce volontariamente per ottenere l'ingresso illegale. Per queste ragioni, lo smuggling si configura come un reato contro lo Stato, piuttosto che contro l'individuo che in questo caso è partecipe della condotta criminosa242. Le due fattispecie dal punto di vista teorico

sembrano facilmente distinguibili ma nella pratica la distinzione non è sempre così evidente. Può infatti accadere che coloro che si rivolgono alle organizzazioni criminali non dispongano di denaro sufficiente per pagare il viaggio e che quindi siano

242 Tuttavia, non bisogna pensare che il migrante trafficante sia responsabile allo stesso livello del trafficante e non sia degno di tutela: l’art. 4 del Protocollo, infatti, esclude espressamente la responsabilità penale del migrante clandestino, anche se, come vedremo in seguito, non gli concede alcuna prospettiva di permanenza nel territorio dello Stato in cui è illegalmente entrato. Ciò, d’altro canto, non esclude che egli sia perseguito nello Stato di destinazione per aver violato le sue leggi in materia di immigrazione.

costretti a indebitarsi. Per poter pagare il trafficante queste persone, una volte giunte a destinazione, sono costrette al sacrificio del proprio corpo tramite attività di prostituzione o altri metodi illegali di sfruttamento fino a quando il debito non sia stato saldato243. Per questi motivi, i due fenomeni possono

avvicinarsi, confondersi e sovrapporsi. Questa considerazione fa ricadere l'attenzione su un elemento fondamentale per la differenziazione tra tratta di esseri umani e contrabbando di migranti: l'elemento del consenso. Nulla infatti esclude che durante le vicende del traffico, il rapporto tra trafficante e trafficato muti e che il consenso originariamente prestato sia ritirato senza alcun effetto. Si pongono quindi due ordini di problemi: il primo riguarda il momento in cui deve essere manifestato il consenso ai fini della qualificazione della condotta e il secondo riguarda la distinzione tra consenso e coercizione. In relazione al primo problema, la prassi mostra come si tenda ad individuare il momento rilevante per la manifestazione del consenso nel momento della partenza ai fini dell'ingresso illegale in un paese straniero, mentre sul fronte delle organizzazione non governative che si pongono a tutela dei migranti, si sostiene che le intenzioni reali debbano essere rilevate nel momento dell'arrivo.

Il secondo problema consiste nell'accertare se il consenso sia stato prestato spontaneamente o sotto coercizione. Vi sono infatti situazioni di estrema povertà e gravi difficoltà economiche, sociali e culturali, aggravate da discriminazioni, ed in cui risulta particolarmente difficile trovare una definizione di coercizione che non sia tanto ampia da dilatare a dismisura il concetto di traffico di esseri umani, tanto da svuotarlo di significato o che

243. J. BHABHA, Trafficking, Smuggling, and Human Rights, in Migration Information Source, March 2005.

non tenga conto delle forme di coercizione indiretta che però arrivano ad annullare la volontà del soggetto244. Questa difficoltà

nell'individuazione della fattispecie concreta, ha fatto si che per lungo tempo i due fenomeni venissero ricompresi nella stessa fattispecie astratta del traffico di esseri umani245. La definitiva

separazione tra le due fattispecie è rappresentata a livello normativo internazionale, dall'elaborazione dei due Protocolli di Palermo che offrono una definizione precisa dei due fenomeni. Nel Protocol against the Smuggling by Land, Sea and Air, il crimine si sostanzia nel procurare l'ingresso illegale in uno Stato, di una persona che non abbia la nazionalità di quello Stato o che non abbia titolo per risiedervi, con lo scopo di ottenere, direttamente o indirettamente, vantaggi finanziari o economici.

244 I. CARACCIOLO, Dalla Tratta di Schiavi alla Tratta di Migranti Clandestini, cit., p. 174, la quale fa notare come questo aspetto si colleghi anche a quello dei mutui benefici per trasportante e trasportato, tipico del contrabbando di migranti. Si tratta cioè “[…] di valutare quanto la speculazione del trafficante sulla necessità di emigrare determini una situazione di sfruttamento e di coercizione che rende irrilevante il consenso manifestato dal migrante, in quanto estorto o forzato, e determina, comunque, una situazione di sfruttamento sull’essere umano, la quale, teoricamente parlando, può determinare situazioni assimilabili alla schiavitù.”

245 Può essere utile, in tal senso, ricordare come la prassi dell’Organizzaione Internazionale per la Migrazione (O.I.M.) si sia orientata, in un primo momento, verso un’identificazione delle due figure di tratta e di sfruttamento commerciale della migrazione illegale. In un suo Rapporto del 1996, infatti, l’O.I.M. identifica gli elementi della nozione di tratta quali: a) l’attraversamento dei confini nazionali; b) il coinvolgimento di un trafficante; c) la corresponsione di denari o di altre forme di pagamento da parte del migrante; d) l’entrata e/o il sogiorno illegali nel Paese di destinazione (cfr. Trafficking of Women to the Europena Union: Characteristics, Trends and Policy Issues, paper submitted by the IOM at the Conference on trafficking in Women for Sexual Exploitation, Vienna, June 1996, p. 2). Secondo l’Organizzazione, non è previsto lo scopo dello sfruttamento servile o sessuale e non viene fatto alcun riferimento alla mancanza o meno del consenso delle vittime. Tuttavia, negli ultimi tempi, nell’ambito dell’attività di lotta al fenomeno del traffico, l’Organizzazione ha focalizzato maggiormente la propria attenzione sull’aspetto dell violazione dei diritti umani dei migranti, tanto che in una definizione più recente, la fattispecie di traffico si realizza quando: “a migrant is illicitly engaged (recruited, kidnapped, sold, etc…) and/or moved, either within national or across international borders; and intemediaries (traffickers) during any part of this process obtain economic or other profit by means of deception, coercion and/or other forms of exploitation under conditions that violate the fundamental human rights of migrants”. Si può, pertanto notare, come in tale definizione, non solo non si faccia riferimento alla possibilità che il traffico avvenga anche all’interno di un dato territorio, ma si contemplino anche i diversi mezzi con cui può essere coartata la volontà del migrante e che determinano una violazione dei suoi diritti fondamentali. Rispetto alla precedente definizione si dà, cioè, maggiore rilevanza alla mancanza dell’elemento del consenso della vittima, anche se non viene fatto riferimento, in particolare, allo scopo dello sfruttamento sessuale o servile, limitandosi a contemplare semplicemente l’elemento del profitto economico.

5.IL DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALE: LA

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