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Il trattamento contabile dei beni immateriali secondo i principi contabili nazionali

CAPITOLO II - La classificazione dei beni intangibili e la loro rappresentazione in bilancio

2.4 La rappresentazione degli intangible assets all’interno del bilancio d’esercizio secondo i

2.4.2 Il trattamento contabile dei beni immateriali secondo i principi contabili nazionali

La definizione di “Beni immateriali” è rinvenibile dalla lettura congiunta dell’articolo 2424-bis c.c. e del principio OIC 24, par. A, in base ai quali si definiscono immobilizzazioni immateriali quegli elementi patrimoniali destinati ad uso durevole, ai quali manca il requisito della tangibilità e che, pertanto, vengono definiti immateriali.

Tale definizione comprende tutti quei costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, bensì manifestano benefici economici lungo un arco temporale che copre più esercizi. Si includono, di conseguenza, non solo i beni immateriali in senso stretto, ma anche i costi

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pluriennali, ossia quegli oneri non collegati direttamente all’acquisizione o alla produzione interna di un bene o di un diritto, ma che comunque non esauriscono la propria utilità nell’esercizio in cui tali spese vengono sostenute.

Alla luce di suddette considerazioni, le immobilizzazioni immateriali nella più ampia accezione comprendono:

- i costi pluriennali, che non si concretizzano nell’acquisizione o produzione in economia di beni o diritti (costi di impianto ed ampliamento, costi di ricerca e sviluppo, costi di pubblicità);

- l’avviamento15;

- i beni immateriali in senso stretto (quali diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione opere dell’ingegno, concessioni, licenze, marchi e altri diritti simili); - i costi interni ed esterni sostenuti per la produzione o l’acquisto di beni immateriali,

compresi eventuali acconti.

Tali beni, come previsto dall’art. 2424 c.c., vengono iscritti nell’attivo di Stato Patrimoniale della voce B I secondo la classificazione di seguito riportata:

Tabella 1 - Prospetto di Stato Patrimoniale attivo: Immobilizzazioni immateriali

La differenza tra beni immateriali e oneri pluriennali è dovuta al fatto che i primi godono di un propria individualità ed identificabilità, in quanto rappresentati da diritti tutelati da un punto di vista giuridico, grazie ai quali l’azienda è in grado di sfruttare benefici attesi, mentre i secondi, pur non essendo collegati all’acquisizione di beni o diritti, in presenza di determinati requisiti -

15 Si precisa che, come previsto dall’OIC 24, in questa voce è possibile iscrivere esclusivamente l’avviamento a titolo derivativo e non originario, ossia il solo avviamento pagato dall’azienda in seguito a processi di acquisizione e non quello originato internamente, in quanto soltanto nel primo caso l’azienda ha sostenuto dei costi per acquistarlo.

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oggetto di trattazione nel prossimo paragrafo - sono considerabili immobilizzazioni immateriali poiché non esauriscono la loro utilità in un solo esercizio (ad esempio le spese per ricerca e sviluppo).

Si precisa, inoltre, che nella trattazione dei successivi paragrafi, non verranno analizzate le singole attività immateriali previste dalla normativa civilistica, ma ci si limiterà a delinearne le caratteristiche comuni.

Rilevazione e valutazioni

Il principio OIC 24 stabilisce che le immobilizzazioni immateriali sono inscrivibili nell’attivo di Stato Patrimoniale quando si riferiscono a costi effettivamente sostenuti che non esauriscono la propria utilità nell'esercizio di sostenimento e che manifestano una capacità di produrre benefìci economici futuri.

Pertanto l’inscrivibilità di un bene immateriale, o costo pluriennale, tra le poste dell’attivo patrimoniale è subordinata alle seguenti condizioni:

1. riferimento a costi effettivamente sostenuti, ovvero costi che possono essere distintamente indentificati e attendibilmente qualificati;

2. mancato esaurimento della propria utilità nell’esercizio di sostenimento del costo; 3. capacità ed attitudine a generare benefici economici futuri.

Qualora siano accertate le condizioni per l'inscrivibilità di un'immobilizzazione immateriale, l'impresa le deve capitalizzare.

Più dettagliatamente, nel caso di acquisto o produzione di beni immateriali in senso stretto il Legislatore prevede un obbligo di iscrizione nell’attivo patrimoniale, mentre nel caso di costi pluriennali è prevista la semplice facoltà di capitalizzazione, a causa della discrezionalità di valutazione e dell’aleatorietà di tali elementi16. L’avviamento, in particolare, può essere iscritto solo se acquisito dall’esterno, a titolo oneroso, mentre non si tiene in considerazione quello generato internamente dall’azienda17. Nel caso di capitalizzazione degli oneri pluriennali e dell’avviamento è necessario il consenso del collegio sindacale, qualora esistente.

16 Il Legislatore all’art. 2426, comma 1, n. 5, c.c., nonostante non definisca regole precise per la capitalizzazione di questa categoria di costi, tuttavia pone i seguenti vincoli: (i) consenso del collegio sindacale, che deve verificare l’esistenza di ragioni economiche che ne permettano la capitalizzazione; (ii) periodo di ammortamento non superiore a cinque anni; (iii) limite di distribuzione dei dividendi tramite costituzione di una riserva vincolata.

17 Per avviamento generato internamente si fa riferimento all’avviamento derivante da spese sostenute dall’impresa nella prospettiva di generare benefici economici futuri, senza che ciò si concretizzi nella creazione

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Le immobilizzazioni iscrivibili possono essere acquisite a titolo di proprietà ovvero a titolo di gradimento, od essere generate internamente dall’azienda. Nell’ipotesi in cui un bene immateriale venga acquisito a titolo gratuito non è consentita la capitalizzazione e pertanto non è possibile iscriverlo tra le attività patrimoniali.

Per quanto concerne la valutazione delle immobilizzazioni immateriali, il Codice Civile all’art. 2426 dispone che esse vengano iscritte al costo di acquisto o di produzione.

Per costo di acquisto si intende la somma di tutti i costi sostenuti per acquisire la proprietà del bene, comprendendo anche eventuali costi accessori, eventualmente collegabili al bene o al suo utilizzo.

Per costo di realizzazione si fa riferimento all’insieme dei costi sostenuti per la costruzione interna del bene, tenendo conto di tutti gli oneri direttamente imputabili alla realizzazione del bene, includendo anche eventuali costi accessori, imputabili indirettamente al bene, nel limite della parte ragionevolmente riferibile ad essi per il periodo di costruzione (eventualmente, con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento per la realizzazione di beni immateriali).

È necessario precisare che il valore d’iscrizione in bilancio dell’immobilizzazione immateriale, fin dal momento della sua acquisizione, non può eccedere i valore recuperabile dell’immobilizzazione stessa, ovvero il maggiore tra il valore d’uso ed il presumibile valore di realizzo tramite alienazione.

Si definisce valore d’uso il valore attuale dei flussi di cassa attesi nel futuro, derivanti dalla continuazione dell’utilizzo dell’immobilizzazione, compresi quelli derivanti dallo smobilizzo della stessa al termine della sua vita utile.

Il valore realizzabile dall’alienazione, invece, è rappresentato dall’ammontare che può essere ricavato dalla cessione dell’immobilizzazione in una vendita contrattata a prezzi normali di mercato tra parti ben informate ed interessate.

Il Codice Civile, all’art. 2426, comma 1, n. 2, prevede che le immobilizzazioni la cui utilizzazione sia limitata nel tempo debbano essere “sistematicamente ammortizzata in ogni esercizio in relazione alla residua possibilità di utilizzazione”.

Il processo di ammortamento, che prende inizio dal momento in cui l’immobilizzazione si trova nella disponibilità dell’impresa ed inizia a produrre benefici economici, presuppone la

di un’attività immateriale avente i requisiti della identificabilità e del controllo da parte dell’impresa. Per questi motivi l’avviamento generato internamente non deve essere rilevato come un’attività immateriale.

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definizione di tre elementi: a) il valore da ammortizzare; b) la vita utile; c) il criterio di ripartizione del valore.

Il valore da ammortizzare è costituito dalla differenza tra costo originario e valore residuo della vita utile del bene, con quest’ultimo generalmente considerato nullo a causa dell’incertezza in merito alla sua determinazione. La vita utile economica è rappresentata dal periodo in cui tali attività producono benefici economici per l’impresa. Giova precisare che i costi pluriennali devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore ai cinque anni, mentre l’avviamento può essere ammortizzato in un periodo limitato di durata superiore ai cinque anni, purché esso non superi la durata per l’utilizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella Nota integrativa. Infine, il criterio di ripartizione del valore è la metodologia in base alla quale suddividere ed imputare all’esercizio di competenza le varie quote di costo derivanti dal processo di ammortamento. L’OIC 24 propone il piano di ammortamento a “quote costanti” quale metodo più immediato in ragione della sua semplicità di calcolo. In talune circostanze, nel rispetto del principio di prudenza, il documento suggerisce la maggiore coerenza ed opportunità del “metodo a quote decrescenti”, alla base del quale vi è l’ipotesi che l’immobilizzazione immateriale offra il contributo maggiore nei suoi primi esercizi di vita. Inoltre è importante sottolineare che il presupposto di sistematicità attraverso cui devono essere predisposti i piani di ammortamento è fondamentale per evitare che, nei vari esercizi, in seguito a valutazioni di convenienza, vengano effettuati ammortamenti accelerati o rallentati, fatta salva la possibilità di rivedere ed aggiornare il piano di ammortamento originario qualora mutino le condizioni di utilizzo dei beni.

A questo proposito, il Codice Civile (art. 2424, comma 1, n. 3) ed il principio OIC 24, disciplinano il controllo e la riconferma periodica nel tempo della residua possibilità di utilizzazione delle immobilizzazioni immateriali. Qualora, infatti, nel corso della vita aziendale, vengano a modificarsi le condizioni e le possibilità di utilizzo del bene o venga meno la prospettiva di continuità dell’attività aziendale, è necessario operare una modifica della vita utile residua dell’immobilizzazione immateriale. In particolare, l’immobilizzazione che alla data di chiusura del bilancio di esercizio risulti durevolmente di valore inferiore, rispetto al costo rettificato dal relativo fondo ammortamento, deve essere iscritta a tale minor valore.

Qualora negli esercizi successivi dovessero venire meno, in tutto o in parte, le cause che hanno determinato la svalutazione è necessario ripristinare il valore originario, al netto degli ulteriori ammortamenti non calcolati a causa della precedente svalutazione. Tale ipotesi è alquanto rara, dal momento che una perdita di valore, seguita da una svalutazione, deriva solitamente da fatti

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gravi che difficilmente si risolvono in pochi anni. Inoltre, il ripristino di valore non può trovare applicazione per le categorie dell’avviamento e dei costi pluriennali in quanto non è plausibile che vengano meno le cause che avevano determinato la svalutazione.

Infine, il documento OIC 24 prevede che i beni immateriali possano essere rivalutati solo nei casi in cui le leggi speciali lo permettano: non sono pertanto consentite rivalutazioni discrezionali o volontarie da parte dell’utilizzatore, ovvero rivalutazioni che non derivino dall’applicazione di leggi speciali.

I criteri seguiti per procedere alla rivalutazione, le metodologie adottate per la sua applicazione ed i limiti entro cui la rivalutazione è effettuata devono conformarsi a quanto stabilito dalla legge speciale in base alla quale la rivalutazione è effettuata. Tuttavia, il limite massimo della rivalutazione è rappresentato dal valore recuperabile dell’immobilizzazione stessa che, in nessun caso, può essere superato. Inoltre, il maggior valore derivante dall’operazione di rivalutazione non costituisce un ricavo, ma viene imputato a riserva di patrimonio netto nell’esercizio in cui si realizza.

Alla luce dell’analisi fin qui svolta, si può concludere che l’informativa fornita dal bilancio circa il patrimonio intangibile posseduto dall’azienda è scarsa ed insufficiente, sia in termini quantitativi, in quanto nei suoi schemi non vengono compresi i beni intangibili, che qualitativi dato che dalla lettura dei documenti contabili emerge esclusivamente la presenza ma non l’utilità di determinati beni.

Il bilancio di esercizio è sicuramente un buon punto di partenza per l’ottenimento e l’utilizzazione di informazioni sul livello e sulla qualità del patrimonio intangibile, anche se sicuramente insufficiente al raggiungimento di tale scopo.

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2.4.3 Il trattamento contabile dei beni immateriali secondo i principi