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CAPITOLO 2: LUCIANO GALLINO E LA CRISI ECONOMICA

2.7 I Trattati Ue nella crisi economica

In più di un’occasione ma soprattutto ne Il, denaro, il debito e la

doppia crisi Gallino afferma che un peso preponderante nella crisi è

riconducibile alla politica, alle scelte politiche. O meglio, se è vero che i sintomi della crisi iniziata nel 2008 si manifestano nei settori dell’economia e dell’ambiente, con ricadute drammatiche sullo stato sociale, le cause di essa sono politiche. Alla base della crescita smisurata delle diseguaglianze tra una minoranza sempre più ricca e la stragrande maggioranza della popolazione impoverita, della crisi occupazionale, del meccanismo del debito nel quale sono avvitati gli Stati, ci sono decisioni politiche. Gallino in particolare nel suo ultimo saggio si mostra sempre più convinto del fatto che la crisi globale sia andata sempre più peggiorando nel tempo, soprattutto dopo il 2010, a causa delle omissioni o, difetti strutturali contenuti nei due Trattati fondativi dell’Unione: il Trattato di Maastricht del 1992 e poi di Lisbona 2008, che di fatto costituiscono un corpo unico. Difetti strutturali che, a detta del nostro sociologo, non sono stati erroneamente ignorati dagli autori dei Trattati poiché essi rientrano in quelle trasformazioni da documenti originariamente ispirati a idee politiche e intellettuali di matrice liberale, a documenti intesi

39 J. Stiglitz, Serve una nuova Bretton Woods, in” la Repubblica”. Affari & Finanza”, 10 novembre

2008. (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/11/10/serve-una-nuova- bretton-woods. Html).

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principalmente a salvaguardare gli interessi e le esigenze dei grandi gruppi economici che Gallino racchiude sotto l’espressione di “oligarchia europea” ovvero: associazioni pubbliche e/o private come il Gruppo Bilderberg (costituito da personalità di spicco dal punto di vista politico, finanziario e produttivo), la Tavola rotonda degli industriali europei, la Business Europe costituita dalle maggiori imprese europee; e diverse organizzazioni internazionali tra cui spicca l’Ocse che egli definisce un pilastro delle politiche economiche neoliberali. I difetti strutturali di cui parla Gallino sono di due tipi. Da un lato egli fa riferimento agli errori di valutazione e previsione circa la riuscita del buon funzionamento dell’Ue da parte degli autori dei Trattati i quali prevedevano che l’imposizione di politiche economiche uguali a tutti gli Stati membri che comunque si presentavano diversi su molti piani (produttivo, r&s, sistema di istruzione professionale ecc.), nonché una moneta unica, l’euro, avrebbero portato alla convergenza delle loro economie. Infatti, spiega Gallino, non si è verificato nulla di tutto questo anzi, esattamente il contrario.

Inoltre, un’importante omissione, a parere di Gallino, sta nel non aver degnato della giusta considerazione uno scopo che è da ritenersi primario cioè il raggiungimento di una piena occupazione all’interno dei paesi dell’Ue. E ciò indubbiamente è indicativo per il nostro autore dell’intento di favorire gli interessi dei teorici i e politici neoliberali rappresentati dalla classe di finanzieri e industriali che rigettano la piena occupazione in quanto sinonimo di inflazione (secondo la loro visione) e prediligono regolare aspetti quali la concorrenza. Anzi, ancor peggio costoro confidano nel fatto che la piena occupazione

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possa derivare da un aumento della competitività interna e internazionale. Dura la considerazione di Gallino di fronte a tale concezione:

«La crisi che attanaglia l’Europa deve molto a tale vetusta concezione, degna forse di un alchimista medievale ma non di discipline che

pretendono di chiamarsi «scienze» economiche».40

Dall’altro lato, quando parla di difetti strutturali insiti nei Trattati dell’Ue, Gallino fa riferimento alla concentrazione di poteri in poche istituzioni, la Commissione europea e il Consiglio europeo coadiuvati dalla Bce, la cosiddetta Troika per intenderci, che agiscono senza alcun controllo sul loro operato. L’unica istituzione elettiva nel quadro dei Trattati, ha dei poteri molto ridotti nel settore delle politiche economiche e sociali, nessuna autonoma iniziativa di legge e può semplicemente esprimere un parere sulle iniziative degli altri organi appena citati che dispongono praticamente di poteri illimitati in suddetti settori.

Gallino parla, riferendosi alla crisi, di un vero e proprio piano, a partire dal 2010 di trasferimento di poteri e dunque di sovranità dagli Stati membri alle principali istituzioni Ue, che in caso di violazione di alcuni indicatori (elaborati da ignoti funzionari della CE con criteri che sfuggono a ogni controllo), impongono sanzioni automatiche. Egli parla addirittura di “attività di sequestro della sovranità economica e politica” degli Stati Ue con l’imposizione del Fiscal Compact e il suo inserimento del pareggio di bilancio in ogni legislazione degli Stati membri. E prosegue denunciando la CE di mancanza di trasparenza,

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definendola al contrario “un costoso elefante burocratico del tutto opaco” in cui lavorano una miriade di dipendenti che lavorano agli ordini di commissari e non rispondono a nessuno. Sono quest’ultimi a informare il commissario competente di eventuali sforamenti del deficit di bilancio, il quale sulla base di queste informazioni non verificate da nessuno, invia lettere al governo interessato intimandolo di rientrare nei cosiddetti parametri.

Ma, tra tutte forse l’istituzione più pericolosa in quanto la sua indipendenza risulta inattaccabile, quali siano i suoi limiti ed errori, è la Bce. A essa, come già sottolineato, è vietato prestare denaro agli Stati, sebbene si ricordi che originariamente le banche centrali erano state istituite con questa specifica funzione. E allora lo presta alle banche per far sì che questo denaro giunga alle imprese che dovrebbero aumentare gli investimenti, la produzione e l’assunzione di personale. Nulla di tutto ciò si è verificato in seguito allo scoppio della crisi poiché dei trilioni di euro messi a disposizione dalla Bce alle banche, solo una minima parte sono state richieste dalle imprese e ciò perché non per gli alti interessi bensì perché esse non saprebbero a chi vendere quanto prodotto. La maggior parte del denaro è stato usato dalle banche vuoi per ripagare i debiti nei confronti di altre banche, vuoi per acquistare titoli di stato o accrescere il proprio patrimonio. E poi ancora a esser messa in evidenza da Gallino è l’arroganza con cui la Bce si rivolge agli Stati membri, la quale impone con un linguaggio autoritari regole rigorose, sorveglianza e sanzioni indiscutibili. E ciò è quantomeno assurdo.

È stato il binomio difetti strutturali ed erosione di sovranità a portare l’Ue ad adottare politiche di austerità che si sono comunque dimostrate

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disastrose. Ancora una volta è discutibile l’adesione cieca dei governanti europei ai dettati di Bruxelles che non si sono nemmeno adoperati per proporre possibili alternative. Ma come sottolinea Gallino:

«Va detto d’altra parte che l’austerità è un progetto politico, rigorosamente coerente con l’impostazione dei Trattati, che privilegia su ogni altra cosa il funzionamento dei mercati e del sistema finanziario. I cittadini europei debbono adeguarsi: il «tallone di ferro» dell’oligarchia made in UE (cito ancora di proposito il romanzo di Jack

London) non lascia loro, per ora, alcuno scampo.»41

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