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Le ragioni che fanno di questi tre esempi dei casi interessanti nello studio della ricezione della produzione neorealista calviniana sono principalmente due: la prima riguarda i tempi – talvolta

590 R. Chlodovskij, Ob Italo Kal’vino, ego predkach, istorii i o našich sovremennikach, op. cit., pp. 16-17. 591 C. Kin, Predislovie, in Ital’janskaja novella XX veka, op. cit., p. 24.

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discronici (Il sentiero dei nidi di ragno), spesso anacronistici (Una notte) e raramente sincronici

(Marcovaldo, ovvero le stagioni in città) – tra l’uscita delle opere in Italia e la loro pubblicazione in URSS; la seconda, invece, è da ricercarsi nell’anomalia che tali opere rappresentano – sebbene ognuna con modalità e caratteristiche proprie – nel fenomeno globale della diffusione dell’opera calviniana nel paese dei Soviet. Nella prospettiva della tripartizione critica fin qui esaminata, inoltre, essi costituiscono tre casi esemplari poiché sono riconducibili ai tre gruppi tematici principali, ovvero, neorealismo e antifascismo, neorealismo e marxismo, neorealismo e fantasia: dove il romanzo Il

sentiero dei nidi di ragno rappresenta un’anomalia nella ricezione della cosiddetta letteratura della

Resistenza non soltanto in riferimento alla sola produzione di Calvino, ma anche in riferimento al fenomeno più generale della diffusione della letteratura antifascista italiana; il racconto di fabbrica

Una notte è un esempio che bene illustra l’anacronismo di alcune scelte editoriali compiute in URSS

e finalizzate all’omologazione ideologico-culturale (anacronismo che, in questo caso specifico, non è da riferirsi soltanto alla tardiva ricezione sovietica del singolo racconto, ma anche più generalmente alle modificazioni che ciò ha prodotto sulla diffusione dell’intera produzione narrativa di Calvino); e, per finire il caso dei racconti del ciclo Marcovaldo che costituiscono l’esempio più rappresentativo di quella commistione fra realismo e fantastico e che segnerà, nel panorama della critica sovietica, il punto di contatto tra la produzione del Calvino-realista (Kal’vino-realist) e del Calvino-favolista (Kal’vino-skazočnik) aprendo la strada ad una nuova stagione della ricezione dell’autore in URSS.

Il Sentiero di Calvino: l’anti-eroe partigiano e l’anomalia del realismo.

Nello studio della ricezione della produzione realista di Calvino in URSS, il caso certamente più significativo è quello della pubblicazione de Il sentiero dei nidi di ragno (1947)593 che, pur essendo considerato uno tra i migliori esempi della letteratura italiana impegnata del secondo dopoguerra, uscì in Unione Sovietica soltanto nel 1977 con il titolo Tropa pauč’ich gnëzd594. Alla luce dell’analisi fin qui condotta, si potrebbe considerare inspiegabile il ritardo di trent’anni che ha interessato l’uscita di un romanzo che narrava la lotta partigiana, scritto per altro da un partigiano della prima ora. In realtà, le ragioni che hanno variamente contribuito a determinare questo stato di cose sono diverse e le loro tracce possono essere individuate facilmente tra le righe del discorso ufficiale della critica sovietica al romanzo.

La prima volta che il lettore russo apprese dell’esistenza di questo romanzo fu nel 1958, quando su «Inostrannaja literatura» venne pubblicato l’articolo di Cecilija Kin Literatura ital’janskogo

593 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Torino: Einaudi, 1947.

594 I. Kal’vino, Tropa pauč’ich gnëzd, in G. Bogemskij (a cura), Soprotivlenie živët, Moskva: Progress, 1977, pp. 21-

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Soprotivlenija che, come abbiamo già visto, provocò le ire del konsultant per la letteratura italiana

presso l’Unione degli scrittori – Georgij Brejtburd – a causa della scarsa ortodossia con cui l’autrice trattava alcuni degli scrittori italiani fuoriusciti dal PCI595. In quell’occasione, infatti, Kin ebbe a scrivere di Calvino e del suo romanzo quanto segue, senza illustrare al lettore né gli “errori” ideologici del suo autore né tantomeno i “difetti” dell’opera:

Большой интерес представляет творчество писателя, которому к моменту Сопротивления исполнилось всего двадцать лет и который стал одним из самых ярких представителей литературы Сопротивления. Это – прозаик Итало Кальвино, талантливый писатель с очень своеобразной творческой манерой. […] Очень характерна для творческой манеры Кальвино его книга «Тропа паучьих гнезд», вышедшая в 1947 году. Книга читается с напряженным интересом. Автору прекрасно удался образ подростка, отлично знающего темные стороны жизни, умеющего виртуозно ругаться, не имеющего как будто никаких иллюзий и в то же время остающегося совершенным ребенком со своими детскими интересами и желаниями, со своей тропой паучьих гнезд, тайну которой он не может никому доверить. Но у Кальвино, бесспорно, «жестокий» талант, который временами выводит его даже за пределы крайнего натурализма. Перед читателем проходят образы различных людей – смелых и трусливых, великодушных и подлых, героев и предателей, и все это написано резко, четко, без намека на «интонации» Пратолини или лирический подтекст Вигано.596

Di tutt’altro tono fu invece la recensione che uscì nel 1961 nella già citata monografia di Zlata Potapova interamente dedicata al neorealismo italiano, dove si evidenziavano non soltanto le pecche estetiche ed ideologiche del romanzo – l’assenza di eroi positivi, il decadentismo morale di alcuni personaggi, la loro scarsa vis patriottica –, ma si individuava persino l’origine e la causa di tali anomalie: В этой повести [Тропинка к паучьим гнездам, I. S.], в которой, как и в других неореалистических произведениях этого периода, много автобиографического, непосредственно увиденного, Кальвино в значительной степени является учеником Элио Витторини. Партизаны у Кальвино лишены ясной целеустремленности, многие из них пришли в партизанский отряд отнюдь не из патриотизма; в изображении их внутреннего мира и душевных качеств много декадентских черточек.597

Stando a questa lettura, all’epoca in cui fu scritto il romanzo Calvino risentiva dell’influenza (negativa) esercitata su di lui da Elio Vittorini, con il quale collaborò a partire dal 1945 alla rivista «Il

595 Cfr.: RGALI, f. 631, op. 26, ed. chr. 1664.

596 C. Kin, Literatura ital’janskogo Soprotivlenija, «Inostrannaja literatura», 10 (1958), pp. 179-180. 597 Z. Potapova, Sud’by neorealizma i puti molodych, in Neorealizm v ital’janskoj literature, op. cit., p. 162.

133 Politecnico». Il perché la vicinanza ad un intellettuale del calibro di Vittorini fosse considerata sfavorevolmente in URSS è presto detto. Dopo lo scoppio della polemica sulla “corrente Politecnico” (1946) – che vide contrapporsi Vittorini da un lato e Mario Alicata e Palmiro Togliatti dall’altro in un dibattito infuocato sul rapporto tra i letterati ed il Partito – e ancor di più all’indomani della fuoriuscita di Vittorini dal PCI (1951), il nome dello scrittore siciliano cominciò ad essere inviso alle alte sfere culturali e politiche sovietiche. Già a partire dal 1952 nei documenti stilati ad uso dell’Inostrannaja komissija dell’Unione degli scrittori, non di rado Vittorini viene apostrofato con la formula poco lusinghiera di “scrittore-rinnegato” (pisatel’-renegat)598. L’allusione di Zlata Potava alla “cattiva” influenza di Vittorini su Calvino trae origine proprio da questi antefatti e lascia intendere che la rappresentazione poco ortodossa dei partigiani, la decadenza ideologica e morale di alcuni combattenti e persino un certo psicologismo rintracciabili nel Sentiero derivassero proprio da essa. Un’affermazione più esplicita di questa idea la si trova qualche riga più avanti quando la critica, riconoscendo ai racconti neorealisti della silloge Ultimo viene il corvo un valore estetico superiore, mette in diretta relazione di causa ed effetto la migliore riuscita dell’opera con l’affrancamento dell’autore dall’ascendente di Vittorini:

Значительно более зрелыми и самостоятельными являются рассказы Итало Кальвино, вошедшие в сборник «Последним прилетает ворон» […]. Рассказы сборника в большинстве своем также посвящены партизанской теме, но здесь Кальвино освобождается от подражания модернистскому психологизму Витторини.599

La poca ortodossia dei protagonisti del romanzo, tuttavia, fu una precisa scelta stilistica di Calvino che, descrivendo degli anti-eroi, si proponeva di criticare l’atteggiamento di quanti – all’indomani della guerra – condannavano o esaltavano la lotta partigiana per una pura presa di posizione politica, strumentalizzandola. In un’intervista rilasciata nel 1960 al «France-Observateur» egli puntualizzava che il rifiuto dell’eroe positivo di matrice socialista fu allora una provocazione contro tutti i borghesi che «dicevano con una smorfia di disgusto: “I partigiani? Tutti criminali”. Ma io non descrivevo certo l’“eroe socialista”. Della Resistenza ho preso quello che c’era di più basso, un gruppo di sottoproletari, di reietti: sono loro che ho mostrato, e con loro quello che c’era di buono in tutta la Resistenza».600 Questo concetto era già stato espresso qualche anno prima nella prefazione alla terza edizione del Sentiero (1954) – che fu scritta dallo stesso autore e pubblicata in forma anonima – ma,

598 RGALI, f. 631, op. 26, ed. chr. 1643, l. 50. 599 Ivi.

600 I. Calvino, Sono nato in America…Interviste 1951-1985, L. Baranelli (a cura), Milano: Mondadori, 2012, p. 49. Il

134 ciò che è interessante notare in questo caso, è il distacco e l’autocritica dello scrittore che, curiosamente, anticipava la posizione di Potapova:

[…] l’autore, non riconoscendosi più in quella esasperazione di linguaggio e d’immagini, in quell’ossessione della violenza e del sesso, – atteggiamenti letterari del dopoguerra, presto diventati di maniera, – si disamorò del libro e ne fece rimandare d’anno in anno la terza edizione. Lo sentiva troppo legato alla data in cui era stato scritto, nello stile, nell’approssimativa teorizzazione politico-sociale che si mescolava alla narrazione e pure nella spavalderia di porre al centro del racconto – quasi per paradossale sfida ai detrattori della Resistenza – non i migliori ma i peggiori partigiani possibili «il reparto più scalcinato della brigata», i declassati del

lunpenproletariat [sic], e rappresentare ed esaltare l’elementare spinta di riscatto umano operante

anche in chi s’era gettato nella lotta senza un chiaro perché.601

Questo cambiamento di rotta si può comprendere considerando che nel 1954 Calvino attraversava la fase più intensa della sua militanza politica e il ruolo dell’influenza ideologica nell’esprimere il proprio giudizio di valore appare ancora più evidente se si confronta questa nota introduttiva con la prefazione al romanzo che scriverà dieci anni dopo (giugno 1964):

Già nella scelta del tema c’è un’ostentazione di spavalderia quasi provocatoria. Contro chi? Direi che volevo combattere contemporaneamente su due fronti, lanciare una sfida ai detrattori della Resistenza e nello stesso tempo ai sacerdoti di una Resistenza agiografica ed edulcorata. […] Fu in questo clima che io scrissi il mio libro, con cui intendevo paradossalmente rispondere ai benpensanti: «D’accordo, farò come se aveste ragione voi, non rappresenterò i migliori partigiani, ma i peggiori possibili, metterò al centro del mio romanzo un reparto tutto composto di tipi un po’ storti. Ebbene: cosa cambia? Anche in chi si è gettato nella lotta senza un chiaro perché, ha agito un’elementare spinta di riscatto umano, una spinta che li ha resi centomila volte migliori di voi, che li ha fatti diventare forze storiche attive quali voi non potrete mai sognarvi di essere!».602 La polemica contro la “cultura di sinistra” che andava delineandosi nel secondo dopoguerra, ma ancor più quella contro il tentativo di imbrigliare la creazione artistica – specie letteraria – entro i limiti di precise imposizioni ideologiche, rappresentava il perno attorno cui ruotava la provocazione calviniana:

Cominciava appena allora il tentativo di una «direzione politica» dell’attività letteraria: si chiedeva allo scrittore di creare l’«eroe positivo», di dare immagini normative, pedagogiche di condotta sociale, di milizia rivoluzionaria. Cominciava appena, ho detto: e devo aggiungere che neppure in seguito, qui in Italia, simili pressioni ebbero molto peso e molto seguito. Eppure, il

601 I. Calvino, Nota introduttiva 1954 al Sentiero dei nidi di ragno, in Romanzi e racconti, Vol. 1, op. cit., p. 1206. 602 I. Calvino, Prefazione 1964 al Sentiero dei nidi di ragno, in Romanzi e racconti, Vol. 1, op. cit., p. 1192.

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pericolo che alla nuova letteratura fosse assegnata una funzione celebrativa e didascalica, era nell’aria: quando scrissi questo libro l’avevo appena avvertito, e già stavo a pelo ritto, a unghie sfoderate contro l’incombere di una nuova retorica.603

A ben guardare, è difficile negare che qui l’autore abbia peccato di un’eccessiva indulgenza nel giudicare – con un senno di poi fin troppo relativo – la propria condotta perché, come abbiamo già visto, negli anni Cinquanta egli si lasciò sedurre svariate volte da quella “nuova retorica” che altrove affermava di aver combattuto strenuamente. Per quanto riguarda la resistenza opposta al dilagare dell’eroe positivo nella letteratura militante di quegli anni, invece, è altrettanto innegabile che la scelta di rappresentare l’anti-eroe partigiano si poneva apertamente in rotta di collisione con l’estetica socialista:

La mia reazione d’allora potrebbe essere enunciata così: «Ah, sì, volete “l’eroe socialista”? Volete il “romanticismo rivoluzionario”? E io vi scrivo una storia di partigiani in cui nessuno è eroe, nessuno ha coscienza di classe. Il mondo della “lingère”, vi rappresento, il lunpenproletariat! [sic] […] E sarà l’opera più positiva, più rivoluzionaria di tutte! Che ce ne importa di chi è già un eroe, di chi la coscienza ce l’ha già? È il processo per arrivarci che si deve rappresentare! Finché resterà un solo individuo al di qua della coscienza, il nostro dovere sarà di occuparci di lui e solo di lui!».604

Ed è proprio in questa sfida al canone della letteratura socialista che va rintracciata la ragione della mancata pubblicazione del Sentiero in URSS per ben trent’anni. Pertanto, quando nel 1977 il romanzo venne pubblicato dalla casa editrice Progress di Mosca, il critico G. Bogemskij dovette giustificare la scelta tematica dell’autore in un’introduzione studiata ad hoc, in cui si leggeva:

Кальвино решил показать партизанскую войну «по-своему», как бы увиденную глазами подростка, почти ребенка. Писатель остро ощущал свою сопричастность Истории, Сопротивлению, героическим подвигам и трагедии своего народа, но вместе с тем он чувствовал, что события, участником которых он стал, драмы людей, свидетелем которых он явился, серьезнее и сложнее, чем поначалу могло показаться ему, слишком юному, еще не до конца преодолевшему свою оторванность от стихии народной жизни – яростной, порой жестокой. «Я придумал историю, – говорит Кальвино, – которая должна была происходить где-то в стороне от партизанской войны, ее героизма и жертв, но в то же время должна передавать ее колорит, терпкий аромат, пульс».605 603 Ivi, p. 1193. 604 Ibidem.

605 G. Bogemskij, Predislovie, in G. Bogemskij (a cura di), Soprotivlenie živët, op. cit., p. 8. La citazione calviniana

presente nel testo è tratta dalla summenzionata prefazione dell’autore al Sentiero del 1964: «Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l’aspro sapore, il ritmo…» (I. Calvino, Romanzi e racconti, Vol. 1, op. cit., p. 1191).

136 La deviazione dal canone estetico che caratterizza il Sentiero, quindi, viene qui illustrata come una personalissima interpretazione della lotta partigiana, ovvero una narrazione che Calvino realizza alla “sua maniera” («po-svoemu») e che non ambisce ad essere rappresentativa del genere. La scelta di incentrare il romanzo sulle vicende di un gruppo di scalcinati combattenti di un “battaglione di disciplina” (štrafnoj batal’on) viene sì presentata al lettore russo come una provocazione, sebbene il critico sovietico si preoccupi di spostare l’obiettivo della polemica calviniana dall’estetica socialista a quella fascista: Повесть «Тропа паучьих гнезд», как и многие другие неореалистические произведения, писалась в полемическом задоре. Полемика в ту пору шла по многим направлениям. Направление главного удара – вчерашняя фашистская литература, риторическая, цветисто восхваляющая ратные подвиги «голубых героев» – беззаветно смелых, скромных, высоконравственных.

Indirizzando il fervore polemico (polemičeskij zador) di Calvino verso la letteratura fascista, infatti, Bogemskij trasforma la scelta dell’autore in una critica nei confronti della letteratura di regime che, durante il Ventennio, innalzava a modello di condotta morale degli eroi valorosi qui definiti golubye

geroi. Pertanto, il rifiuto originario dell’autore di rappresentare l’eroe socialista viene mutato nel suo

esatto contrario diventando la negazione dell’eroe fascista.

Un altro aspetto che ha certamente contribuito al ritardo nella pubblicazione sovietica del romanzo è da individuarsi non soltanto nell’impostazione stilistica dell’opera, ma anche in alcune tematiche considerate piuttosto scottanti nell’URSS del secondo dopoguerra. Il riferimento ad alcuni combattenti sovietici scappati dalla prigionia tedesca e unitisi alle file dei partigiani fu senza dubbio uno di questi («C’è la squadra dei russi, con Baleno, ex prigionieri scappati dai lavori di fortificazione del confine»606). Com’è noto, infatti, la sorte che attese molti dei combattenti russi rimpatriati a guerra finita fu drammatica, sebbene le notizie riguardanti questa triste storia cominciassero a circolare soltanto alla fine degli anni Sessanta. La primavera del 1945 vide consumarsi la tragedia di due milioni e mezzo di prigionieri di guerra e di rifugiati politici sovietici rimpatriati forzosamente in URSS dall’esercito americano. L’«operazione Keelhaul» condotta dagli Alleati prese nome da una punizione corporale cui venivano sottoposti i marinai rei di infrazioni gravi – nota in gergo come il “giro di chiglia” – quasi a voler sottolineare il carattere punitivo del trattamento riservato ai cittadini russi che dall’Austria e dall’Italia settentrionale furono obbligati a far ritorno in Unione Sovietica607.

606 I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, in Romanzi e racconti, Vol. 1, op. cit., p. 111.

607 Con “operazione Keelhaul” spesso si indica erroneamente l’intero processo di rimpatrio dei sovietici che ebbe luogo

dal 1945 al 1947. Con questo nome, invece, venne designata solamente l’operazione che riguardò l’area comprendente l’Austria e l’Italia settentrionale.

137 La condanna a sofferenze certe era quindi ben nota tanto agli americani quanto agli inglesi, ma a Yalta sia Roosevelt che Churchill firmarono accordi bilaterali con Stalin per mettere in atto quella spietata risoluzione che, dal 1945 al 1947, di fatto condannò a morte o ai lavori forzati non soltanto i combattenti sovietici accusati di collaborazionismo con i tedeschi – come, ad esempio, i componenti delle Osttruppen di Andrej Vlasov –, ma anche i prigionieri di guerra e migliaia di émigrés che erano fuoriusciti dalla Russia all’indomani della Rivoluzione d’ottobre608. I sopravvissuti ai campi di lavoro furono amnistiati soltanto nel 1955, dopo la morte di Stalin, ma la questione continuava ad essere spinosa poiché non soltanto l’URSS, ma ancor più gli Stati Uniti e l’Inghilterra volevano mantenere la segretezza su quanto accaduto. Il clima si distese sul finire degli anni Sessanta quando in occidente furono pubblicati i primi studi sull’argomento609 che aprirono la strada (lunga e tortuosa) alla desecretazione degli archivi americani e britannici avvenuta tra 1971 e il 1972610. Gli effetti di questa apertura in qualche modo si ripercossero anche in URSS dove, ad esempio, venne riabilitata la memoria dei soldati sovietici che, dopo esser scappati dalla prigionia tedesca, in Italia combatterono tra le file delle Brigate Garibaldi. Ciononostante, si dovette attendere ancora un decennio prima di leggere frasi come queste sui libri sovietici:

[…] в отрядах Гарибальди сражалось немало русских. […] В освободительной борьбе итальянского народа против немецких захватчиков и чернорубашечников участвовало более 5 тысяч советских военнопленных, бежавших из фашистских лагерей. Воспитанные на идеях марксизма-ленинизма, в духе братства и дружбы между народами, советские люди, оказавшись в Италии, считали своей священной обязанностью принять участие в борьбе против общего врага.611

Appare evidente che una rilettura del fatto storico posta in questi termini fosse assolutamente strumentale alla propaganda politica, specie in quel suo bieco tentativo di trasformare le vittime in eroi:

С огромным уважением произносят итальянцы в другие имена русских партизан, участвовавших в движении Сопротивления. Это Анатолий Тарасов, Иван Петров и Павел

608 Sull’argomento si veda: J. Epstein, Operation Keelhaul: The Story of Forced Repatriation from 1944 to the Present,

Old Greenwich: Devin-Adair Publishing Company, 1973; N. Bethell, The Last Secret: The Delivery to Stalin of over Two

Million Russians by Britain and the United States, New York: Basic Books Inc. Publishers, 1974; A. Margalit, On Compromise and Rotten Compromises, Princeton-Oxford: Princeton UP, 2010, in particolare le pp. 99-103; N. Tolstoy, Victims of Yalta. The Secret Betrayal of the Allies 1944-1947, New York: Pegasus, 2013 (1ª ed. 1977).

609 P. Huxley-Blythe The East Came West, Caldwell: The Caxton Printers, 1964.

610 R. T. J. Fisher, Reviewed works: Operation Keelhaul: The Story of Forced Repatriation from 1944 to the Present. by Julius Epstein, Bertram D. Wolfe; The Last Secret: The Delivery to Stalin of over Two Million Russians by Britain and the United States. by Nicholas Bethell, Hugh Trevor-Roper, «Slavic Review», Vol. 34, 4 (1975), p. 823.

611 I. Konstantinova, Sovetskij sojuz – eto vsegda novost’!, in Ital’janskie pisateli o Strane Sovetov, Leningrad: Lenizdat,

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Орлов из Ленинграда, Александр Тириков из Одессы, Николай Буянов из Могилева […] сотни других героев со всех концов нашей страны.612

Basti pensare ad esempio che il primo “eroe” della lista, Anatolij Tarasov, dopo aver combattuto in Emilia a fianco dei partigiani ed esser sfuggito alla morte per mano dei fascisti trovando riparo a casa degli altrettanto eroici fratelli Cervi, una volta rimpatriato fu arrestato e condannato a tre anni di lavori forzati con l’accusa di collaborazionismo. Al di là di queste speculazioni, però, il dato più rilevante ai fini della nostra analisi risiede proprio nel processo di riabilitazione delle vittime che ebbe luogo in quegli anni, il quale tuttavia avvenne tacendo sulla triste sorte di alcuni di loro a discapito della verità storica: con la parziale e distorta interpretazione degli eventi, infatti, vennero meno – almeno sul piano della propaganda ufficiale – le ragioni che rendevano spinosa la questione dei combattenti russi tra le file dei partigiani italiani e, di conseguenza, questo nuovo atteggiamento fece cadere il veto che per oltre trent’anni aveva posto una pietra tombale sull’argomento613. Ed è proprio in questo contesto che va inserita la ricezione del Sentiero, un’opera che – per usare una definizione della critica sovietica – è da considerarsi una vera e propria “anomalia del neorealismo” non soltanto per i contenuti, ma ancor più per le dinamiche della sua tardiva diffusione in URSS.

La lotta di classe, il lavoro, la fabbrica: il racconto Una notte.

A partire dal suo esordio sulle pagine de «l’Unità» (1946)fino al 1956, Calvino scrisse una serie di racconti e di cronache giornalistiche che, come fa notare Bruno Falcetto, erano «maggiormente compromessi con la politica e l’attualità. Una produzione indirizzata essenzialmente a due generi: i racconti di ambientazione operaia e l’apologo politico»614. L’attivismo di quegli anni spinse non di rado lo scrittore a seguire da vicino alcuni episodi di attualità in qualità di inviato speciale615. Tra il

612 Ibidem.

613 A tal proposito è interessante segnalare la pubblicazione del libro di M. Galleni I partigiani sovietici nella Resistenza italiana (1967) uscita in URSS nel 1970 (Sovetskie partizany v italʹjanskom dviženii Soprotivlenija) e da allora riedita

diverse volte sempre per la casa editrice Progress (1980, 1988). Un brano della stessa opera fu altresì incluso nella miscellanea Ital’janskie pisateli o Strane Sovetov edita da Lenizdat nel 1986 (M. Galleni, Sovetskie partizani v

ital’janskom dviženii Soprotivlenija. Fragmenty iz knigi, pp. 78-90) assieme alla prefazione al volume di Luigi Longo (L.

Longo, Predislovie k knige Mauro Galleni «Sovetskie partizany v ital’janskom dviženii Soprotivlenija, pp. 75-77). Si veda pure la pubblicazione dei memoriali di uno tra i più famosi combattenti sovietici in Italia, Anatolij Tarasov, edita nel 1976 da Lenizdat con il titolo Italija v serdce. Zapiski russkogo garibal’dijca. Frammenti del libro furono inclusi nel volume

Sovetskie pisateli ob Italii (Lenizdat, 1986) assieme ad un memoriale di K. Simonov, anch’egli unitosi ai partigiani italiani

(Raznye dni vojni. Iz dnevnika pisatelja, pp. 151- 160); ad un saggio sull’esperienza partigiana di F. Poletaev (S. S. Smirnov, Bessmertnie geroja. Novie podrobnosti podviga F. Poletaeva, pp. 132-136); e, per finire, un articolo sui partigiani Aleksandr Kliment’evič e Nikolaj Bujanov (N. Paklin, Russkie garibal’dijcy, pp. 161-170).

614 B. Falcetto, Racconti esclusi da “I Racconti”, in I. Calvino, Romanzi e racconti, Vol. 3, M. Barenghi, B. Falcetto (a

cura di), Milano: Mondadori, 2010 (1ª ed. 1994), pp. 1319.

615 Nel 1947 fu inviato speciale da Praga in occasione del festival della gioventù, pubblicando diversi articoli sull’edizione