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Trust e protezione di soggetti deboli: un valore aggiunto

Nel documento Rilievi in materia di Trust (pagine 119-129)

3.1 Trust e diritto delle successioni

3.2.1 Trust e protezione di soggetti deboli: un valore aggiunto

Grazie alla sinergia tra legislatore internazionale, europeo e – non ultimo – italiano, il panorama del diritto delle persone nel nostro Paese sta assumendo delle connotazioni innovative, tutte tese a rafforzare la tutela dei “soggetti deboli” per giungere ad una parificazione delle opportunità e ad una uguaglianza quanto più effettiva e sostanziale.

La disciplina della protezione civilistica dei soggetti inidonei alla cura dei propri interessi è stata significativamente innovata per effetto della legge 9 gennaio 2004, n. 6: “Introduzione nel libro primo, titolo

XII, del codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione, di coordinamento e finali”.

L’elemento di principale innovazione è rappresentato dall’inserimento nel corpo del codice civile (artt. 404-413) della nuova misura dell’Amministrazione di Sostegno (Ads). Essa consente di attivare nei confronti di una pluralità di persone un sostegno protettivo ed assistenziale “discreto”, caratterizzato da ampia elasticità e versatilità.

121 La riforma del titolo XII “Delle misure di protezione delle

persone prive in tutto o in parte di autonomia” del libro I del c.c. ha

non solo modificato – quindi – alcune disposizioni, ma aggiunto e dedicato all’Ads un intero Capo (il Capo I) del codice.

Il legislatore del 2004 ha forgiato un istituto a largo spettro di applicazione (in quanto a potenziali beneficiari ed a circostanze in cui è in concreto attivabile), facilmente plasmabile (sulle mutate esigenze protettive del beneficiario), nonché connotato da un marcata semplicità nelle procedure di emanazione, permettendo all’interessato di non dover necessariamente passare per pesanti pronunce ablatorie della capacità di agire.

L’obbligatorietà dei procedimenti da seguire in riferimento alle persone bisognose di protezione è stata del tutto smussata, tant’è che attualmente non vi sono più persone che devono ma che possono essere interdette; è possibile ricorrere ad un progetto personalizzato di attività giuridiche, predisposto dal giudice tutelare e da questi modificabile, che garantisce al beneficiario una vita dignitosa ed autonoma con particolare attenzione anche alla tutela dei terzi.

È il giudice tutelare ad occuparsi dell’amministrazione di sostegno e non –come per interdizione ed inabilitazione – il Tribunale, con un procedimento che è nettamente più vantaggioso anche in termini di costi.

In un sistema di tutele così sensibilmente cambiato, attento ed attivo – in concreto – sul fronte dei diritti inviolabili dell’uomo, il

trust sembrerebbe non dover trovare più (almeno dal 2004) ragione di

utilizzo.

Ebbene, è del tutto sbagliato credere che il trust in questo ambito possa dirsi istituto ormai ultroneo e – perciò – congedabile.

Si ricorre al trust, come ampiamente dimostrato, ogniqualvolta l’ordinamento risulti deficitario di strumenti capaci di soddisfare pienamente interessi individuali o collettivi; è d’altra parte innegabile

122 che l’Ads (o l’art. 2645ter) rappresenti una valida soluzione, non solo per la protezione di persone speciali, ma anche per la cura e per la valorizzazione del patrimonio umano in ogni stagione della vita.

Diciamo subito che nel corso della XIII legislatura fu avanzata una proposta di legge, la n. 5494 (successivamente e più volte ripresentata), recante “Norme in materia di trust a favore di soggetti

portatori di handicap”. Le norme civilistiche proposte riguardavano

principalmente: la durata non inferiore a quella della vita dei beneficiari, l'obbligatoria presenza della figura del protector o “guardiano del trust” e, soprattutto, una relativa impermeabilità alla ordinaria disciplina della successione legittima.

Il legislatore, pur espungendo ogni riferimento al trust, ha disegnato in risposta una figura molto simile a quella del trust: l’amministrazione di sostegno. Un figura simile, appunto, ma non perfettamente sovrapponibile… vediamo perché.

Il trust può essere adoperato anche per scopi protettivi in senso lato perché mentre permette di preservare l’integrità patrimoniale, promettendo un peculiare effetto segregativo, consente anche di tenere riservata la situazione di disagio dell’interessato.

Ci è ben noto che il trust, tra le altre, abbia l’innata peculiarità di sposarsi bene con esigenze di pianificazioni patrimoniali pro futuro: pensiamo – ad esempio – alla posizione di chi sia anziano, o affetto da malattie degenerative o, semplicemente, iperpremuroso o iperprevidente.

Si pensi al caso di un figlio portatore di handicap, che presenti minorazioni psichiche, ed al quale i genitori ormai attempati intendano assicurare, dopo la loro morte, i mezzi necessari al sostentamento, nonché all’assistenza ed alle cure indispensabili.

Attraverso il ricorso al trust, i genitori potranno attribuire al

123 (comprendente anche la nuda proprietà di un immobile destinato a soddisfare post mortem i bisogni abitativi del disabile superstite).

In ossequio alla volontà espressa dai disponenti il trustee avrà il bene (o i beni), così trasferitigli, per il mantenimento, l’assistenza, la cura del figlio disabile. Tenendo conto delle istruzioni contenute nell'atto istituivo, il trustee – qualora sia un’associazione di volontariato competente – dovrà occuparsi direttamente dell'assistenza materiale del disabile, ovvero farsi coadiuvare a tale scopo da un

protector (di solito un professionista di fiducia). Vale a dire che, l’atto

istitutivo del trust potrà contenere specifiche indicazioni, oltre che sulla gestione economica del trust fund, sulla cura personale dell’interessato per garantire allo stesso condizioni di vita decorose, un’assistenza qualificata, il soddisfacimento dei propri bisogni e la valorizzazione delle proprie inclinazioni.

Ricordiamo che l’art. 15 della Convenzione dell’Aja, come per il testamento, fa espressamente salvi i limiti della legge nazionale in materia di protezione di minori ed incapaci (lett. a).

Si ripropongono in questa sede le difficoltà di riconoscimento del

trust connesse alla violazione dei principi interni in ambito

successorio e, per di più, si aggiungono altri profili di possibile interferenza.

La disciplina autorizzativa prevista per il compimento, da parte dei rappresentate legale dell’incapace, degli atti eccedenti l’amministrazione ordinaria (artt. 374 e 375 c.c.) vale anche per il

trustee?

Innanzitutto va fatta una doverosa distinzione tra le ipotesi di incapacità: per incapace si può intendere sia il soggetto afflitto da menomazione solo fisica, sia quello colpito da una temporanea e diminuita capacità di autodeterminarsi e di provvedere a se stesso (alcolista, tossicodipendente, ecc.), oppure quello affetto da grave ed irrimediabile deficit delle facoltà volitive e cognitive. Nel primo caso,

124 non ricorrendo i presupposti per chiedere i provvedimenti di volontaria giurisdizione, né l’Ads, non servirà alcuna autorizzazione per istituire il trust.

Nell’ultima delle tre suddette ipotesi il trustee: per taluni, essendo proprietario dei beni in trust almeno quoad effectum, non dovrà mai chiedere il previo provvedimento autorizzativo giudiziario per disporne; secondo altri come il disponente, in tutto o in parte incapace, dovrà chiedere l’autorizzazione sia per istituire che per dotare il trust, allo stesso modo dovrà fare il trustee quando il beneficiaro sia incapace.

Segnali di distacco, quantomeno parziale, del trust dalla disciplina operante in tema di amministrazione di beni dell’incapace ci giungono da un ambito limitrofo:

- dall’interpretazione dell’art. 169 c.c., poiché in materia di fondo patrimoniale è consentito derogare alla regola che, in presenza di figli minori, taluni atti di disposizione debbano ricevere previa autorizzazione del giudice tutelare;

- dall’art. 356 c.c., ove si prevede che il disponente di una donazione o di un testamento a favore di un minore (o di un interdetto) possa nominare un curatore speciale (per l’amministrazione dei beni donati o lasciati in via testamentaria), ed inserire nell’atto una clausola che esoneri quest’ultimo dalla richiesta delle autorizzazioni giudiziali previste ex artt. 374 e 375.

Il comportamento infedele del trustee troverebbe, comunque, una tutela giudiziale nell’azione di tracing per il recupero del valore del bene(137).

(137) Riflessioni tratte da ARCERI A., BERNARDINI M., BUCCHI M., Trust ed

125 Nel titolo del presente paragrafo si è affidato al trust, senza prestare il fianco a formule di dubbio, l’epiteto di “valore aggiunto”(138

).

Proveremo, qui di seguito, a dischiudere il senso di quanto asserito.

3.2.2 Ads e Trust

Due sono le accezioni a cui si è inteso far riferimento, usando l’espressione “valore aggiunto”.

Innanzitutto, ed è facile dedurlo in base a quanto scritto sul trust in funzione successoria, il trust consente di dare sollievo alle preoccupazioni dei familiari di un soggetto “debole” o disabile su quanto accadrà quando non saranno più in vita, o non potranno più occuparsi del loro caro. Il trust ad es. autodichiarato offre ai familiari la possibilità di ricoprire in prima persona il ruolo di trustee, prevedendo per “il dopo” la nomina di un successivo e qualificato

trustee di fiducia.

L’Ads, sebbene in modo non totalizzante, deve comunque rapportarsi all’azione direttiva di un giudice tutelare.

Il giudice tutelare, adesso, non è più inesorabilmente costretto ad un bivio (interdizione/inabilitazione o nulla): ben potrà personalizzare e modellare la tutela sulle effettive e molteplici esigenze del beneficiario, servendosi della “nuova” Ads.

Il GT cucirà uno statuto soggettivo non standardizzato ma personalissimo, su misura, per il destinatario: unico anello debole, a detta dei tecnici, è approntare un controllo realmente capillare ed efficace sulla bontà e sulla diligenza dell’operato dell’amministratore.

(138) Espressione mutuata da M. MONEGAT, Trust e soggetti deboli, in MONEGAT M., LEPORE G., VALAS I. (a cura di), Trust,…cit..

126 D’altra parte in molti casi, dopo la morte dei genitori, il passaggio per un procedimento di dichiarazione di incapacità del soggetto interessato è inevitabile: la tutela degli interdetti e la curatela degli inabilitati (o l’amministrazione di sostegno) è fondamentale, a prescindere dalla presenza di un trust, per assolvere a funzioni di cui il

trustee non può occuparsi (ad es.: il tutore può prestare consenso

informato ad un trattamento medico per il beneficiario).

Gran parte della dottrina e la più recente giurisprudenza sono oggi concordi nell’affermare l’utilità di un impiego interdipendente e contemporaneo di trust e Ads: si parla, infatti, di “funzione sinallagmatica” del trust.

Il Tribunale di Bologna, Sezione I Civile, l’11 maggio 2009 autorizza, su istanza congiunta dell’amministratore di sostegno e dello stesso soggetto sottoposto a misura tutelare, il trasferimento della proprietà di beni dalla persona sottoposta ad amministrazione di sostegno al trustee del trust, che sia stato istituito a suo beneficio per successione mortis causa del padre. Viene nominato anche un “guardiano” con poteri di vigilanza e segnalazione sulla gestione del

trustee, che a sua volta “dovrà confrontarsi con l’amministratore di

sostegno, essendo tenuto a considerare (ex art. 410,1 c.c.) e farsi interprete anche dei desideri del beneficiario”.

Normalmente il guardiano ha ruolo di vigilanza ma, con riferimento al trust per disabili, egli può essere considerato anche come colui che, affiancandosi al trustee, gli riferisce le esigenze personali dell’amministrato.

Quella del guardiano è una figura non necessaria ma decisamente opportuna, egli ha il compito di controllare, e nel contempo assistere il

trustee nella gestione del patrimonio. In altre parole, essa serve a

creare un elemento di raccordo tra il disponente, che per effetto dell’affidamento si è spossessato del suo patrimonio, ed il trustee che ne è divenuto proprietario e gestore fiduciario nell’interesse dei

127 beneficiari o per un fine determinato. Tale figura è obbligatoria nei

trust di scopo, dove mancano i beneficiari.

La tendenza dei trust interni è quella di attribuire al protector una funzione di controllo sull’attività del trustee, che si può esercitare anche attraverso direttive, divieti e pareri (talune alienazioni, ad esempio, possono essere condizionate al suo necessario consenso, può persino essergli demandato di revocare e nominare il trustee).

Per questo il protector spesso e volentieri è presente, ed è scelto dal disponente sulla base della fiducia ed in virtù della conoscenza e della familiarità che esso abbia della situazione su cui dovrà vigilare, coadiuvando e monitorando l’azione del trustee.

Di lì a poco gli fa eco il Tribunale di Genova, Giudice Tutelare,

17 giugno 2009; secondo tale pronuncia, il giudice tutelare può

autorizzare l’amministratore di sostegno di un soggetto debole, contestualmente alla sua nomina, ad istituire un trust in favore dell’amministrato e della famiglia, avente ad oggetto beni in parte di proprietà dell’amministrato stesso.

Il Tribunale di Milano, Sezione IX Civile, Ufficio Tutele, il 20

gennaio 2011 assegna in via definitiva un amministratore di sostegno

ad una madre affetta da ludopatia che, preoccupata di subire un’eccessiva limitazione delle proprie capacità derivante da provvedimento giudiziario e al contempo, conscia del proprio problema, chiede di essere aiutata a mantenere integro il proprio patrimonio anche per trasmetterlo alla propria discendenza. Il giudice caldeggia la costituzione di un trust, con l’assistenza

dell’amministratore per tutti gli atti di straordinaria amministrazione concernenti immobili, previa autorizzazione del GT.

Il Giudice Tutelare di Bologna, Sezione I Civile, Ufficio Tutele, con decreto depositato il 12 giugno 2013, ha autorizzato l’amministratore di sostegno ad istituire un trust, fortemente voluto dal beneficiario della procedura, nel quale far confluire i beni di

128 quest’ultimo per tutelarli e destinarli a soddisfare le sue esigenze, le sue aspirazioni e le sue legittime istanze per tutta la durata della sua vita.

Con l’istituzione del trust, proposto dall’amministratore di sostegno e desiderato dal beneficiario della procedura, i beni in esso trasferiti saranno destinati esclusivamente alle finalità indicate nell’atto istitutivo (preventivamente depositato e valutato positivamente dal GT). Si offrono pertanto risposte corrispondenti alle istanze del beneficiario, nel pieno rispetto di quanto disposto dall’articolo 410 c.c. che, nel dettare i doveri dell’amministratore di sostegno, stabilisce che nello svolgimento dei suoi compiti egli debba tener conto dei bisogni e delle “aspirazioni” del beneficiario.

Inoltre, rileva il Giudice Tutelare che l’atto istitutivo del trust in oggetto distribuisce in modo equilibrato e preciso i poteri tra il trustee (un professionista) ed il guardiano, assicurando un’adeguata copertura assicurativa al guardiano (l’amministratore di sostegno stesso) che contribuirà a garantire una protezione ancor più adeguata al patrimonio del beneficiario.

La legge sottolinea, come appena detto, che la scelta dell’amministratore debba cadere su persona idonea a tener conto dei bisogni e delle “aspirazioni” del beneficiario; un tale parametro di valutazione, chiaramente metagiuridico, denota la qualitas fiduciaria vincolo, quasi genitoriale (di “aspirazioni” il codice parla all’art. 147 c.c.), che deve fondare il rapporto tra amministratore e beneficiario.

Le caratteristiche dell’amministratore richiamano quelle richieste per la persona del trustee: il fondamento fiduciario del rapporto con il beneficiario ed il disponente, il profilo della gestione diligente ed attenta, le abilità (in primis umane) e specifiche richieste.

Non è quindi da escludersi che possa essere designato trustee anche un amministratore di sostegno.

129 La legge non dispone circa il diritto al compenso dell’amministratore di sostegno, che non sia un familiare (per il quale dovrebbero prevalere le regole della solidarietà familiare).

Il rinvio all’art. 379 c.c., contenuto nell’art. 411 c.c., legittima un’interpretazione di gratuità dell’ufficio, salva equa indennità attribuita dal giudice tutelare, in considerazione dell’entità del patrimonio e delle difficoltà dell’amministrazione.

Gratuito è ritenuto anche l’ufficio del trustee salvo che, secondo consuetudine, il disponente non preveda un compenso.

Lo strumento del trust, quindi, è considerato un mezzo efficiente e sicuro da affiancare all’Ads nell’esercizio dei suoi compiti, in grado di tener conto dei bisogni e delle istanze del beneficiario della procedura, espresse nell’atto istitutivo di trust ed approvate dal Giudice Tutelare.

Il connubio dei due istituti è consigliato, soprattutto, in alcuni casi paradigmatici:

- per persone afflitte da importanti patologie, non solo mentali ma anche fisiche (per esempio tetraplegici, malati terminali, soggetti anziani, magari lucidi ma con difficoltà motorio-sensoriali);

- per soggetti afflitti da problemi di tossicodipendenza, alcolismo o che versino in una condizione di disagio esistenziale tale da impedire loro di autoamministrarsi;

- giovani con genitori molto anziani o anziani senza parenti, o con parenti assenti.

Il trust valorizza e realizza quello che è lo scopo che ha ispirato l’istituto dell’Amministrazione di sostegno, ossia quello di proteggere persone che si trovino in stati di oggettiva debolezza nella gestione e nella valutazione dei propri interessi (non riconducibili alle tradizionali forme di incapacità). L’esigenza di “blindare” (oltre il 2645ter c.c.) il proprio patrimonio incontra pienamente quella di organizzare anche aspetti extrapatrimoniali come cure, progetti, luoghi di effettiva residenza (o degenza).

130 Ecco perché, attualmente, il trust è un istituto che ben può funzionare accanto all’Ads, essendo ad essa perfettamente complementare e spesso contestuale.

D’altra parte questo unicum inscindibile tra interessi patrimoniali, esigenze di vita, e desideri è – prima che nel diritto – nell’essenza stessa dell’uomo.

3.2.3 Applicazioni del trust nel diritto di famiglia. In particolare:

Nel documento Rilievi in materia di Trust (pagine 119-129)

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