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3.1-UN INSIEME COERENTE GLI INNI MAGICI AD APOLLO

Del vasto insieme degli Inni Magici, questa trattazione si occuperà di analizzare specificamente solo un particolare Inno, denominato, secondo la classificazione adottata all’interno del Papyri Graecae Magicae, H.4 Preisendanz sopravvissuto in quattro diverse varianti (H.4 A e H.4 B all’interno di PGM IV, H.4 C in PGM VIII, mentre un estratto del medesimo inno è presente all’interno di H. 22, componimento facente parte di PGM I), all’interno di tre Papiri Magici, appartenente ad un insieme particolarmente omogeneo e compatto di componimenti, ossia quelli dedicati alla figura di Apollo-Helios. Ritengo che sia opportuno, prima di passare a considerare nello specifico l’Inno in questione, spendere alcune parole per delineare gli Inni Magici ad Apollo nel loro insieme, dal momento che essi posseggono caratteristiche e peculiarità che li distinguono dagli altri componimenti magici, con un'identità ben delineata.

Come premessa necessaria, informo che questo lavoro si occuperà sia degli Inni Magici ad Apollo, sia degli Inni Magici ad Helios, ciò in quanto, nonostante siano in apparenza dedicati a divinità differenti, i due gruppi non presentano differenze rilevanti, a livello stilistico o formale. Tale corrispondenza è attribuibile al fatto che, in età tardo-antica, all'epoca cioè della composizione di questi testi, l'identificazione delle due figure divine, già avviata alla fine dell'età classica, poteva dirsi ormai completa. Pertanto, tratterò i due gruppi come un gruppo unico e come se tutti i componimenti fossero rivolti alla medesima divinità.

Passando a trattare informazioni più precise, gli inni ad Apollo-Helios raccolti da Preisendanz nel suo Papyri Graecae Magicae sono in tutto dieci, suddivisi tra sei

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differenti papiri, ossia PGM I, II, III, IV, VI e VIII, per un totale di circa 212 versi82. Nello specifico, PGM I contiene un inno, PGM II ne contiene due, così come PGM III. PGM IV, tra i Papiri Magici sicuramente il maggiore in lunghezza, contiene ben tre inni ad Apollo, mentre PGM VI e PGM VIII contengono un inno ciascuno. È necessario, tuttavia precisare, che i due inni contenuti in PGM II fanno parte di un unico incantesimo e la stessa cosa si può dire di quelli presenti in PGM III. Già nel precedente capitolo abbiamo avuto modo di notare come, all’interno di un incantesimo, la scelta della divinità da invocare non fosse casuale, bensì dettata dalla tipologia stessa di incantesimo che il mago intendeva utilizzare. A questo proposito, il culto tradizionale aveva un ruolo non piccolo nell'influenzare la struttura e la natura dei rituali magici. Basandosi su queste premesse, non risulta sorprendente, osservando da vicino i vari Inni ad Apollo, constatare come quasi ognuno di loro sia utilizzato all'interno di una formula magica a carattere divinatorio. Quale patrono migliore, se non il dio di Delfi, per fornire al mago una visione del futuro? Abbiamo così PGM I, dove l'Inno ad Apollo compare all'interno di una Licnomanzia, ossia una particolare forma divinatoria che prevedeva l'uso di una lampada83, PGM II contiene due Inni,

82 In questo computo non ho tenuto conto di un componimento magico dedicato a Dafne, sebbene

presenti strette analogie con le invocazioni dedicate ad Apollo e i brevi testiche Preisendanz denomina Historiolae Magicae, poiché in prosa e non riconducibili alla struttura fondamentale dell’Inno in esametri. Date queste premesse, risulta che la figura di Apollo-Helios occupi un ruolo da protagonista in una percentuale assai rilevante di invocazioni ed incantesimi, risultando essere la divinità più rappresentata all’interno degli Inni Magici. Ciò, può essere visto come un segno dell’importanza che i maghi tributavano al dio e, in generale, della popolarità che il culto solare doveva avere all’interno della popolazione.

83 Questa particolare forma di divinazione sembra avere forte analogia con una tecnica divinatoria di

origine iranica e descritta nel dettaglio da Dodds, ossia la nn , in cui la visione era ottenuta tramite l’intensa osservazione delle fiamme.

Da quanto è possibile chiarire, sembra che un medium venisse indotto in una sorta di stato di trance, dopodiché veniva posto davanti ad una lucerna e, con lo sguardo fisso sulla fiamma, gli si chiedeva di descrivere le immagini che vedeva balenare nel fuoco. Essendo importante il rito in sé, non era data particolare importanza alla persona che direttamente lo compiva, che poteva essere l'officiante come il suo cliente, anche se non era infrequente che bambini o ragazzi prepuberali fossero chiamati a fare da medium, per ricevere il messaggio del dio. Tale preferenza per gli infanti era dovuta al fatto che la purezza carnale era considerata particolarmente importante per la buona riuscita dell'azione magica. Cfr. Dodds 1961, pag. 260 ss.

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rispettivamente all'interno di un'altra Licnomanzia e di un incantesimo volto ad ottenere un sogno profetico. Una Licnomanzia unica nel suo genere, che prevede l'uso di un tripode al posto della lucerna comunemente utilizzata, comprende due Inni piuttosto frammentari, mentre l'Oneiromanzia, la tecnica divinatoria volta ad ottenere sogni profetici, torna sia in PGM VI che in PGM.

Unico caso apparentemente incongruo proviene da PGM IV (vv.437-449), dove l'Inno ad Apollo è contenuto all'interno di un incantesimo volto a sedurre una persona. Pur non entrando particolarmente nello specifico, non essendo questo argomento il fine del nostro lavoro, posso dire che in realtà si tratta di un'incongruenza apparente, dal momento che, leggendo con attenzione sia la formula magica nel suo complesso, sia l'Inno nello specifico, si nota come non sia mai fatta ad Apollo richiesta di utilizzare i suoi poteri al fine della seduzione, bensì sia evocato dal mago per ottenere da un lui il controllo su un'entità minore, un δαίμων, uno spirito etereo, cui poi il mago chiederà di intervenire nel suo incantesimo d'amore.

Dunque, una divinità importante e centrale come Apollo non viene "abbassata" ad intervenire direttamente per un sortilegio d'amore, così lontano dalla sua "area di influenza".

In un simile contesto, ossia un dio che viene evocato per concedere al mago il controllo di un'altra entità spirituale, pur a lui inferiore, non sembra ravvisarsi in realtà un'influenza greca, ma sembra appartenere al più generale sincretismo tardo-antico, in particolare quello di matrice monoteista, il quale mostra in più di una corrente (si pensi al Mitraismo, ma anche a un "culto di Stato" come quello del Sol Invictus), di guardare alla divinità solare, genericamente intesa, senza particolari connotati "etnici", come l'unica divinità esistente, o quella dal ruolo preminente rispetto alle altre. La richiesta che il mago fa alla divinità di mandare a lui un'entità inferiore per servirlo, non è una pratica che rimane isolata all'interno di PGM IV e può essere ravvisata anche nell'Inno ad Apollo contenuto in un altro Papiro Magico, PGM I (vv.317-326), che conserva, per di più, come abbiamo avuto modo di dire sopra, una porzione di testo sovrapponibile al testo di H.4, conservato in PGM IV, seppur in PGM I, lo spirito di cui si richiede il servigio serve al fine di ottenere una visione divinatoria, quindi maggiormente in linea con le prerogative divine di cui ci si aspetta si occupi Apollo.

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Un breve cenno va fatto anche ad un'altra caratteristica che rende gli Inni Magici ad Apollo un insieme tutto sommato omogeneo in una raccolta, come quella formata dalla Collezione Anastasi, che raccoglie testi di origine dubbia ma sicuramente piuttosto variegata, ossia il lessico.

Prima di parlare di questo, è bene fare una premessa, generale, che riguarda la letteratura greca antica in uno dei suoi tratti più caratterizzanti: il genere. Infatti, è bene tenere a mente come il genere influenzasse molti più aspetti, di quanto non accada nella letteratura moderna. Non era la semplice scelta di un argomento da trattare su un altro, ma ogni genere portava con sé il proprio bagaglio lessicale, i propri schemi, limiti, la propria poetica e il proprio linguaggio specifico. Ancora una volta, la volontà di ordine razionale tipica della civiltà greca aveva portato una struttura con diversi elementi accuratamente incasellati. Così, ad esempio, non si può scrivere un poema epico senza ricorrere all'esametro.

Dopo questa premessa, sottolineiamo come gli Inni Magici raramente rispettino i criteri che normalmente ci si aspetta dall'epica nella letteratura greca. Nonostante, teoricamente, facciano parte di un genere molto specifico, quello degli inni religiosi in esametri, gli anonimi compositori di questi testi sembrano non avere che una percezione piuttosto elementare del testo poetico. Ignorano molte delle finezze note ai principali poeti epici ellenistici o romani, su tutti Callimaco, Apollonio Rodio e Nonno di Panopoli, che pure vive in un'epoca pressoché contemporanea ai Papiri Magici più tardi. Gli esametri, per quanto a volte sinceramente ispirati, spesso sono composti in maniera grossolana e faticosa, per non dire del tutto erronea84.

Se, poi, a volte, il fatto che l'incantatore si rivolga ad una divinità del Pantheon olimpio tradizionale esercita un'azione di freno sulla fantasia dei maghi-poeti, quando ad essere invocato è un dio egizio, ecco che compaiono parole composte strane ed eccentriche, che hanno quasi un sapore aristofanesco, quali ψυχροθερμοφύσησε o βυθοταραξοκίνησε85.

84 L’appendice, all’interno del secondo volume del Papyri Graecae Magicae, specificamente dedicata

agli Inni Magici permette di verificare facilmente questo stato di cose.

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In mezzo a tutta questa confusione, gli Inni Magici ad Apollo risaltano per pulizia formale ed aderenza alla tradizione. Per quanto non sfuggano allo "spirito dei tempi" e al sincretismo religioso (specie papiri molto tardi, come PGM I e PGM II, i quali risultano subire una forte influenza culturale giudaico-cristiana per quanto riguarda il lessico), mantengono ancora vivi modi tradizionali ormai scomparsi negli altri Inni Magici, anche in gran parte di quelli dedicati ad altre divinità olimpie. Così, ad esempio, il Genitivo omerico in -οιο, seppur goffamente, viene preservato in parole quali πάτερ κόσμοιο86 e l'epiteto tradizionale di Apollo, ἀργυρότοξε, sopravvive in

PGM III87 così come un altro nome tradizionale, Ἱήιε, in PGM II.

Seppur in forma abbozzata ed approssimativa, lungi dai raffinati schemi omerici, il verso formulare sopravvive, in un certo senso, all’interno degli Inni Magici. Ciò in quanto è possibile constatare, attraverso diversi componimenti, la ripetizione di alcune parole metriche di uso frequente, come è il caso di "ἵλαθι μοι προπάτωρ" parola metrica che più di una volta, nelle varie poesie, concorre a formare il primo emistichio di un esametro, nonché l’introduzione di una preghiera o richiesta.

Sebbene non raggiunga mai le vette della perfezione, la metrica degli Inni Magici ad Apollo risulta generalmente corretta, molto più della media degli altri Inni Magici. Gli errori, per lo meno da quello che ho potuto osservare, possono essere generalmente attribuiti più ad una cattiva trasmissione del testo da parte di copisti incolti, che a un disegno di base già compromesso88.

In definitiva, il peso della tradizione, la fama e l'importanza di cui ancora godeva Apollo in un'epoca pur assai tarda, portano gli anonimi poeti-maghi a sforzarsi maggiormente di imitare, al meglio delle loro possibilità, i canoni del passato, cercando di far rivivere, idealmente, nei loro componimenti l’epica omerica e la solennità dell’invocazione religiosa.

86Preisendanz-Henrichs 1974, pag. 262. 87Preisendanz-Henrichs 1974, pag. 247.

88 Frequenti sono, ad esempio, gli errori di itacismo, o la corruzione in nessi privi di senso di parole non

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3.2-LICNOMANZIA

E

RIUTILIZZO

DI

MATERIALE POETICO, IL CASO DI H.8 E H.22

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