3. Greimas e la semiotica del mondo naturale
3.1. Una risposta greimasiana alla questione percettiva
Greimas ha un punto di vista molto netto sulla questione percettiva, che gli deriva da una presa di posizione altrettanto netta sul piano epistemologico: la semiotica, secondo il teorico lituano, non può non escludere dal suo orizzonte disciplinare una concezione del mondo come esteriorità non semiotizzata rispetto alla quale vengono valutati, gestiti e giocati i discorsi. In questa prospettiva, che resta fondativa di tutta la ricerca semiotica successiva, la realtà non ha cittadinanza in quanto termine di confronto per operazioni di vero-funzionalità o di riferimento, ma solo considerata come a sua volta prodotto di uno specifico discorso, del tutto all’interno di un circolo di significazione che non può essere spezzato.
È ben noto il collegamento, spesso esplicito, che la semiotica greimasiana intrattiene con la fenomenologia, e questo rifiuto di inquadrare la realtà come indipendente dall’attività semiotica si inserisce perfettamente in questo contesto. Ma, attenzione: occuparsi della radice sensibile e fenomenologica della semiosi non significa necessariamente riconoscere all’attività percettiva una qualità fondante nella dinamica del senso. Greimas non contesta mai esplicitamente l’idea hjelmsleviana che il sensibile non è la base di partenza per la semiotica, essendo a sua volta una dimensione collocabile arbitrariamente sul piano dell’espressione o sul piano del contenuto, modulabile e costruibile su percorsi discorsivamente determinabili. A maggior ragione, perciò, Greimas rivendica per la semiotica, almeno apparentemente, il diritto di occuparsi anche della nostra
attività conoscitiva rispetto al mondo, vista come un caso particolare (ma non primario) del funzionamento semiotico generalmente inteso.
In sintesi, la proposta greimasiana è quella di prendere sul serio la premessa fenomenologica che percepire è già produrre senso in senso proprio e non parziale e superficiale, specificando attraverso i suoi strumenti cosa vuol dire produrre senso. Col risultato che la realtà percettiva, invece di essere un dato di partenza, diventa una semiotica come le altre, detta “semiotica del mondo naturale”:
Intendiamo con mondo naturale l’apparenza secondo la quale l’universo si presenta all’uomo come un’insieme di qualità sensibili, dotato di una determinata organizzazione che lo fa talvolta designare come “il mondo del senso comune”.
Per altro, e soprattutto, il mondo naturale è un linguaggio figurativo, le cui figure – che noi ritroviamo nel piano del contenuto delle lingue naturali – sono fatte delle “qualità sensibili” del mondo e agiscono direttamente – senza mediazione linguistica – sull’uomo. (Greimas e Courtès 1979: 205)
Questa è la definizione del Dizionario: la semiotica del mondo naturale ha un piano dell’espressione composto da quelle figure che poi costituiscono il livello figurativo del contenuto delle lingue; tali figure agiscono sull’uomo in modo diretto, senza passare attraverso la mediazione linguistica, e quindi portano il loro contenuto direttamente alla consapevolezza del soggetto, senza fare parte di un piano del contenuto manifestato da altre sostanze.
Quando parliamo di “gatto”, quindi, stiamo usando sul piano del contenuto della lingua una figura che appartiene al piano dell’espressione della semiotica del mondo naturale: il che fa sorgere spontaneo un problema (che abbiamo già visto in forma più primitiva nell’introduzione, e che si
ripresenta invariabilmente quando si cerca di affermare la natura semiotica della percezione): se l’espressione del mondo naturale sono le figure che noi utilizziamo sul piano del contenuto della lingua, da cosa è costituito il piano del contenuto del mondo naturale? In altre parole, se il gatto che vediamo è una figura del piano dell’espressione, cos’è che sta sul piano del contenuto? Eco direbbe, lo vedremo, che considerare i percetti come segni di qualcos’altro è un errore, perché i percetti non stanno per qualcosa d’altro, ma solo per se stessi. Come vede Greimas questo problema?
La semiotica del mondo naturale non è mai stata uno dei concetti maggiormente esplorati dal teorico lituano: in questo paragrafo troviamo citati quasi tutti i luoghi in cui si attua una riflessione esplicita sull’argomento. Su questo concetto, come su molti altri che egli ha introdotto e sbozzato, Greimas ha lasciato alla ricerca successiva il compito di completare e raffinare le sue intuizioni. È, tuttavia, possibile, a mio avviso, rinvenire negli scritti di Greimas sufficienti indizi per discutere il problema che ci interessa.
Vediamo, dunque, quali sono queste indicazioni:
Posto in questi termini, il concetto di riconoscimento dipende dal problema più generale della leggibilità del mondo detto naturale. Cos’è “naturalmente” dato e immediatamente leggibile nello
spettacolo del mondo? Supponendo che siano delle figure (che i tratti provenienti dai diversi sensi contribuiscono a costruire), queste non possono essere riconosciute come oggetti, a meno che il tratto
semantico “oggetto” (in quanto opponibile, per esempio, a “processo”) – che è interocettivo e non esterocettivo e non è inscritto
“naturalmente” nell’immagine primaria del mondo – non venga ad aggiungersi alla figura per trasformarla in oggetto; supponendo di riconoscere successivamente una certa pianta o un certo animale particolari, le significazioni “regno vegetale” o “regno animale” faranno parte della lettura umana del mondo e non del mondo stesso.
È questa griglia di lettura che ci rende il mondo significante, consentendo di identificare le figure come oggetti, di classificarle, di collegarle fra loro, d’interpretare i movimenti come processi, attribuibili o meno a dei soggetti, e così via. Di natura semantica – e non, per esempio, visiva, uditiva o olfattiva – la griglia di lettura serve da “codice” di riconoscimento che rende il mondo intelligibile e utilizzabile.
(Greimas 1984: 198)
Qui la difficoltà di cui parlavo riguardo ai piani che costituiscono la semiotica del mondo naturale sembra essere risolta in questo modo: l’espressione è articolata in figure in modo automatico dai sistemi percettivi, che raccolgono e organizzano le qualità sensibili (visive, uditive, olfattive ecc.), mentre il piano del contenuto è costituito da una griglia di lettura, specificamente umana e determinata culturalmente, che permette di coniugare le informazioni esterocettive che vengono dai sensi con le qualità interocettive necessarie alla comprensione del mondo. Ecco, allora, che le figure che si ritrovano sul piano del contenuto delle lingue naturali non sono, esattamente, quelle che popolano il piano dell’espressione della semiotica del mondo naturale: esse sono gli “oggetti” (nel senso forte che troviamo espresso nel passaggio citato sopra) del mondo naturale, che sono già l’unione di qualità sensibili e informazioni culturali. Così, quando rivestiamo un attore della figura di “gatto”, non stiamo affatto utilizzando delle qualità sensibili staccate, senza alcuna traccia di interocettività e di cultura, bensì stiamo inserendo nel discorso un’unità densa di significato, fatta sia di caratteristiche percettive che di determinazioni sociali e culturali. Nel caso dell’espressione della semiotica del mondo naturale, invece, siamo un passo indietro del riconoscimento percettivo, e le figure di cui stiamo parlando sono configurazioni sensoriali che non hanno alcun carattere semantico (che verrà loro fornito dalla griglia di lettura umana).
Questa, almeno, l’idea che Greimas espone nel passaggio citato: tuttavia, non si può fare a meno di notare come questa proposta, che, come vedremo, resta comunque la più coerente e migliore dei suggerimenti di Greimas per caratterizzare la semiotica del mondo naturale in modo rigoroso, provoca alcune perplessità. Sembra, infatti, quantomeno complicato separare il momento del riconoscimento puramente percettivo (che costituisce il piano dell’espressione della semiotica del mondo naturale) con quello della comprensione culturale e semantica delle figure dell’espressione naturale: dalla percettologia sappiamo come spesso siano le nostre aspettative e i nostri pre-giudizi culturalmente determinati e tramandati a influenzare direttamente i nostri riconoscimenti percettivi. L’idea che sia possibile distinguere i due momenti e fare di uno il supporto espressivo per l’altro appare decisamente audace, alla luce delle nostre moderne conoscenze sulla percezione.
Non varrebbe neppure la pena, tuttavia, di elaborare una critica serrata su questo punto, perché si tratta soltanto di un suggerimento isolato e non trova una esposizione articolata negli scritti di Greimas. La stessa definizione del Dizionario, come abbiamo visto, non si basa su questa intuizione della separazione tra un’espressione del mondo naturale totalmente fatta di esterocettività e un contenuto (culturalmente e socialmente determinato) che fornisce ai percetti la loro riconoscibilità oggettale: in quel caso, infatti, si sosteneva che le stesse figure che si trovano sul piano dell’espressione della semiotica del mondo naturale si ritrovano sul piano del contenuto della semiotica linguistica. Esistono, dunque, due modi di guardare alla semiotica del mondo naturale all’interno della tradizione greimasiana?