SOPRAVVIVERE: LA PASSIONE DEL POTERE
UNA VITA CONTRO LA MORTE: LA LINGUA SALVATA
Le diverse lingue che si dovrebbero avere: una per la propria madre, e dopo non la si parla mai più; una che si legge soltanto, ma non si osa mai scrivere; una in cui si conta, che riguarda tutte le faccende di denaro; una in cui si scrive (ma non lettere); una con cui si viaggia, e in questa si possono anche scrivere lettere.420 Se Canetti scrisse le sue opere come se si trattasse di una questione di vita o di morte fu proprio perché il XX secolo aveva ormai reso anacronistica la forma condizionale di tale equiparazione. A questo radicamento della scrittura di Canetti nelle singole pieghe della sua vita personale, a sua volta intrecciata alle drammatiche circostanze storiche allora in corso, risale il giudizio di chi, come Claudio Magris, riconobbe piuttosto precocemente nella sua opera complessiva «[...] un mondo, una totalità di vita, di pensiero, di fantasia, di asciutta e gigantesca passione»421. Questa strettissima alleanza tra vita e
420 E. Canetti, La provincia dell'uomo, cit., p. 22.
421 C. Magris, Dedicato a Elias Canetti, in «Nuovi argomenti», cit., p. 244. La rivista diretta da Alberto Moravia,
Pier Paolo Pasolini e Enzo Siciliano dedicò un'intera sezione allo scrittore bulgaro poco prima dell'uscita del già citato volume Canetti lesen: Erfahrungen mit seinen Büchern, curato da Herbert G.Göpfert e uscito nel 1975. Non altrettanto benevolo si è dimostrato Canetti nei riguardi di Magris in uno dei suoi ultimi appunti, dove il secondo viene apostrofato come un «chiacchierone a velocità accelerata, il suo tirocinio in un giornale e in cattedra. Il suo oggetto: un fiume e le letterature lungo il suo corso. Quanto più lento ne è il fluire, tanto più veloce è la chiacchiera», E. Canetti, Un regno di matite, cit., p. 102 (il riferimento implicito, ovviamente, è l'opera di C. Magris, Danubio, cit.). Canetti non aveva reagito bene alla rivelazione, da parte di Magris, della sua abitudine ad assumere i panni della domestica quando non voleva essere importunato al telefono da colleghi e conoscenti (cfr. C. Magris, Lo scrittore che si nasconde, in Id., Itaca e oltre, Garzanti, Milano 1991, pp. 55-60). Ma prima ancora della rivelazione di questo aneddoto, fu forse l'“intrusione” del grande germanista italiano nella vita e nell'infanzia di Canetti per la stesura di Danubio a indisporre lo scrittore bulgaro nei suoi confronti. Dalla casa di infanzia di Canetti situata in via Gurko 13 nell'attuale città di Ruse, Magris scrive infatti: «Mandiamo una cartolina a Canetti, a Zurigo, ma so che non apprezzerà questa intrusione nei suoi domini, nel suo passato, questo tentativo di andare a scovare il suo nascondiglio e di identificarlo», C. Magris, Danubio, cit., p. 420. Il presentimento di Magris, come abbiamo visto, si sarebbe rivelato più che fondato, ma – secondo il germanista – non soltanto per il carattere risoluto e appartato di Canetti: a innescare il giudizio sprezzante di Canetti su
Danubio fu sicuramente la ricostruzione fatta da Magris a proposito del fossato scavato dalla sua autobiografia
rispetto ad Auto da fé. Se nel romanzo che gli valse ufficialmente il premio Nobel Canetti si nasconde come scrittore, nell'autobiografia egli riuscì a ottenere tale riconoscimento in via ufficiosa andando in cerca di se stesso senza riuscire a trovarsi del tutto, esercitando un potere assoluto nei confronti del proprio passato, che punisce chiunque attenti al monopolio dell'autore stesso come in effetti fece Magris recandosi a Ruse. «Talvolta Canetti assomiglia ai potenti dei suoi libri, a quel loro desiderio di tenere la vita sotto controllo, ch'egli ha indagato e smascherato in Massa e potere; ogni grande scrittore è insidiato dai demoni ch'egli mette a nudo, li conosce perché li ha in se stesso, denuncia la loro potenza in quanto anch'egli rischia di soggiacervi. Sembra che talora egli voglia tenere in pugno il mondo o almeno la propria immagine, nell'inconfessato desiderio che sia soltanto Canetti a parlare di Canetti. […] La mia accoglienza alla sua autobiografia gli è forse dispiaciuta, ma chi ha
scrittura, in effetti, ricorre in tutti i generi frequentati dall'autore nel corso della sua produzione complessiva. Prima ancora di valere come utili e imprescindibili supporti per una ricostruzione realmente esaustiva del capolavoro canettiano422, infatti, il romanzo, i drammi, gli appunti, i saggi e i diari composti prima e dopo la sua pubblicazione sembrano coltivare su terreni stilistici differenti il medesimo attaccamento critico dell'autore al proprio tempo che attraversa da cima a fondo la sua vita e che, non a caso, trova in Masse und Macht il suo frutto più maturo nell'ambito di una diagnosi epocale delle patologie sociali della modernità423. In questo senso, «la poliedricità, dal punto di vista formale, di Canetti non trova […] riscontro dal punto di vista dei contenuti: anzi, verrebbe da dire che l'opera di Canetti presenta i tratti di una serie inesauribile di variazioni sul tema»424. Le diverse coppie concettuali intorno a cui gravitano le sue opere sembrano infatti volgersi in direzione di un medesimo punto di fuga concettuale, anche se attraverso la diversità prospettica messa a disposizione dai multiformi prismi stilistici e categoriali di volta in volta adottati. Che i protagonisti di tali opposizioni concettuali siano la massa e il potere, un sapere specializzato e l'incomunicabilità universale tra gli uomini, la nozione di maschera e quella di metamorfosi, al centro di tali antagonismi si situa sempre la morte e, agli estremi della scena, gli espedienti o le “menzogne necessarie” con cui la vita tende a rimuoverla o, più realisticamente ancora, a ingannarla proiettandola sugli altri.
Una tale convergenza tematica di generi così distanti tra loro consente di riscontrare nella vita
imparato da lui a vedere i mille volti del potere ha il dovere di resistere, in suo nome, a questo potere, anche quando esso assume, per un istante, il suo volto», ivi, pp. 421-422. Magris avrebbe avuto facilmente torto se nei suoi appunti Canetti non avesse indirettamente dato ragione alle sue parole.
422 Ciò vale in particolare per i quaderni di appunti trascritti dall'autore fino al 1960, che rappresentano un
supporto indispensabile per la lettura di Masse und Macht: «[...] anche troppo di ciò che si riferisce al lavoro su
Massa e potere è confluito in essi», E. Canetti, «Vorbemerkung», in Id., Alle vergeudete Verehrung. Aufzeichnungen 1949-1960, cit., p. 8. Originariamente destinati alla lettura postuma dello scrivente medesimo,
nei quaderni di appunti è possibile cogliere alcune delle tracce sottaciute nel capolavoro canettiano e mettere in luce alcuni dei suoi nodi più enigmatici: ciò vale anche per gli appunti scritti dopo il 1960 (anno di pubblicazione di Masse und Macht), perché se è vero che gli appunti presi fino a quel momento risultano concomitanti con la sua stesura, quelli successivi tornano a più riprese su tematiche affrontate in essa.
423 Cfr. D. Scalzo, In preda al terrore. Considerazioni inattuali su “Massa e potere”, in (a cura di) L. Alfieri, A.
De Simone, Leggere Canetti. “Massa e potere” cinquant'anni dopo, cit., pp. 189-190: «dal suo primo libro,
Auto da fé, […] fino all'autobiografia in tre volumi, Storia di una vita, passando per i quaderni di appunti stesi
l'ungo l'arco teso tra l'inizio e la fine del sogno impossibile di sconfiggere la morte, la scrittura di Canetti non piega mai il capo sotto il gioco del potere». Per un primo inquadramento della produzione complessiva di Elias Canetti, si veda K. Wachinger, Auf den Spuren Canettis, in (a cura di) R. Ascarelli e W. Pfeistlinger, «Cultura tedesca», cit., pp. 23-29.
424 M. Galli, Invito alla lettura di Canetti, cit., p. 135. In questo senso, mi sembra riduttiva l'ipotesi interpretativa
secondo cui Masse und Macht dovrebbe essere letta alla luce delle altre opere letterarie, in particolare dell'unico romanzo di Canetti (cfr. G. Seibt, «Das verworfene Paradies», in (Hrsg. Von) O. Huber, Wortmasken. Texte zu
Leben und Werk von Elias Canetti, Hanser, München–Wien 1995, pp. 7-11): la sua stessa autobiografia, d'altra
parte, sembra testimoniare a favore della precedenza degli interessi che saranno al centro di Masse und Macht e che si ritroveranno nelle altre opere di finzione, anche se queste ultime furono pubblicate prima del suo saggio. A ulteriore conferma di tale ipotesi di lettura subentra la cronologia stessa di Massa e potere, la cui stesura iniziò a essere pianificata già nel 1925 – molto prima del romanzo – e i materiali progressivamente raccolti dall'autore a questo scopo furono integrati con uno studio completo sul potere a partire dal 1931, cfr. E. Canetti, «Gespräch mit Horst Bienek», (1965) in Id., Aufsätze. Reden. Gepräche, cit., p. 167.
stessa dell'autore interessi così ricorrenti da poter essere legittimamente considerati alla stregua di vere e proprie ossessioni e, nel contempo, di risalire alla matrice storica della loro ispirazione: il potere o – più nello specifico – quella forma di potere totalitario che nel corso del XX secolo utilizzò la morte su milioni di vite umane dopo averla incorporata nelle sue stesse istituzioni425. Se questa sotterranea interdipendenza tra vita privata e storia collettiva trova una sua mediazione peculiare nello stile inimitabile che contribuisce a fare di Masse und Macht un vero e proprio unicum nella storia del pensiero occidentale, le pieghe più intime di un'esistenza intersecano frontalmente i destini collettivi di un'intera epoca là dove, fuor di metafora, il legame tra vita e scrittura si fa stilisticamente più evidente, anche morfologicamente. D'altra parte, se Masse und Macht può e, anzi, deve essere considerata come l'“opera di una vita”, è attraverso l'autobiografia stessa del suo autore che è possibile vedere all'opera le pieghe più intime della sua vita tra le righe del testo e, per converso, ricostruire la vitalità di quest'opera monumentale426. Come ha esemplarmente notato Christoph Menke, se è stata proprio l'opera autobiografica in tre volumi a mettere in ombra il libro che Canetti non smise mai di considerare come l'opera se non addirittura il compito della sua vita, «[…] ancor più decisiva di queste ombre è la luce che dalla storia della sua vita è proiettata sull'opera della sua vita. Poiché leggere
Massa e potere a partire da ciò che venne successivamente, ossia dall'autobiografia, significa al
contempo leggerlo a partire da ciò che lo precedette: le prime esperienze dell'autore»427.
Beninteso, una simile scelta programmatica di dedicare un certo spazio all'opera autobiografica di Canetti non deve e non può in alcun modo edulcorare i contenuti dell'opera della sua vita e indurre a confonderli se non addirittura a ridurli a mero riflesso delle esperienze personali della vita stessa
425 Ecco perché, a dispetto della varietà stilistica delle sue opere, sono propenso a rinvenire nella produzione
complessiva di Canetti una sostanziale continuità dei temi indagati dall'autore, più che a condividere l'ipotesi interpretativa che intravede in essa un “primo” e un “secondo” Canetti: cfr. Y. Ishaghpour, Metamorfosi e
identità in Elias Canetti, in «Nuova corrente», cit., pp. 37-61, dove viene avanzata l'ipotesi secondo cui «si può
dividere l'opera di Canetti in due, prima e dopo Massa e potere. […] nella sua opera, si ha una separazione in due parti, la finzione all'inizio e la riflessione a partire da Massa e potere», quasi la diversità di stili compromettesse la continuità dei temi e nelle opere di finzione l'autore non avesse esercitato la sua capacità critico-riflessiva, restringendo l'esercizio di quest'ultima solo alla produzione saggistica. Se è senza ombra di dubbio che nella prima metà del XX secolo la realtà aveva superato ogni sua possibile rappresentazione deformante, ciò non sancì la fine di ogni possibile finzione letteraria, come peraltro dimostra Vite a scadenza (scritta negli stessi anni della stesura prolungata di Masse und Macht), quanto piuttosto la fine di ogni possibile finzione letteraria disinteressata ad assumere la frammentarietà del reale e la sua irrappresentabilità a oggetto della rappresentazione stessa. È questo livello meta-narrativo ulteriore che si va ad aggiungere alla già sviluppata consapevolezza dell'autore negli anni dell'esilio forzato in Inghilterra in cui fu scritta Masse und Macht.
426 Non è un caso, del resto, che Canetti debba proprio alle pagine della sua autobiografia la fortuna raggiunta
presso un vasto pubblico di lettori a partire dagli anni anni ottanta nei paesi di lingua tedesca così come all'estero, in ogni caso dopo che gran parte delle opere letterarie, teatrali e saggistiche era già stata pubblicata da diversi anni: in Italia «[...] Canetti era fino al 1980, anno in cui Adelphi pubblicava La lingua salvata, un vero e proprio sconosciuto, nonostante che fossero già usciti da tempo sia Auto da fé sia Massa e potere», M. Galli,
Invito alla lettura di Canetti, cit., p. 23. Uno dei modelli per l'autobiografia canettiana fu Herzen, cfr. E. Canetti, La rapidità dello spirito, cit., pp. 150-154.
427 C. Menke, L'arte del cadere. La politica della conoscenza in Canetti, in (a cura di) G. Solla, Sopravvivere. Il
dell'autore, dato che proprio un simile riduzionismo psicologico non potrebbe allontanarsi maggiormente dalle sue intenzioni428. Canetti definì addirittura “spaventosa” la semplice ipotesi che il suo «[...] duro atteggiamento verso la morte, atteggiamento incrollabile, potesse un giorno essere spiegato e “liquidato” come un fatto psicologico, come se fosse scaturito soltanto da particolari condizioni della mia vita e perciò valido soltanto per me […]. Dovunque si trovi in altri, questo atteggiamento appartiene ad un'altra vita, e la probabilità che esso dovrebbe appartenere a ogni vita ne sarebbe accresciuta»429. Al contrario, anziché interpretare e ridurre l'opera di una vita a una mera proiezione autobiografica, è possibile ricostruire gli eventi storici che accesero la passione critica del suo autore a partire dall'autobiografia, così da trovare conferme anche attraverso le sue dirette esperienze a proposito di alcune chiavi di lettura che saranno proposte nel prosieguo del presente lavoro in riferimento a Masse und Macht430.
Come è stato giustamente notato a questo proposito, d'altra parte, i tre volumi dell'autobiografia canettiana valgono anche e soprattutto come una sorta di romanzo di formazione [Bildungsrsoman], che mette letteralmente in scena le vie tortuose percorse dallo spirito oggettivo dell'Europa della prima metà del Novecento a partire da una fenomenologia dettagliata delle metamorfosi vissute dalla coscienza del suo narratore431. Nella sua autobiografia, del resto, Canetti schiera i propri sensi – lingua, udito, vista e tatto – contro la morte ricordando coloro a cui sopravvisse, come a voler ricapitolare il senso della propria vita e la sua missione di scrittore, emblematicamente raccolta nell'opera in cui l'autore bulgaro diede la caccia al potere per afferrare alla gola il XX secolo. La lingua salvata432, La
428 Cfr. ivi, p. 11: «numerosi commenti si sono avvicinati a Massa e potere e se ne sono rapidamente sbarazzati,
mettendo in stretta relazione le convinzioni lì espresse con le esperienze vissute direttamente dall'autore e giungendo così a una lettura distorta dal continuo ricorso alla biografia. […] Alla luce dei successivi testi autobiografici, anche Massa e potere si trasformerebbe così in un'espressione delle esperienze vissute direttamente dal suo autore».
429 E. Canetti, La provincia dell'uomo, cit., pp. 320-321.
430 A questo proposito, si veda E. Canetti, Gespräch mit Friedrich Witz, (1968), in Id., Aufsätze. Reden.
Gepräche, cit., pp. 190-220, dove Canetti ripercorre la genesi delle sue opere letterarie, saggistiche e teatrali a
partire dalle città europee incrociate e abitate nel corso del suo tragitto esistenziale; analoga attenzione è rivolta alle lingue incontrate e parlate insieme alle persone più care della sua vita, alle passioni letterarie della sua giovinezza, dalle più remoti fonti di paura che destarono il suo disprezzo verso ogni forma di potere e, infine, al ruolo decisivo dei genitori nella sua formazione spirituale.
431 Cfr. F. Eigler, Das autobiographische Werk von Elias Canetti. Verwandlung, Indetität, Machtausübung,
Stauffenburg, Tübingen 1988, che applica la categoria socio-antropologica di metamorfosi [Verwandlung] delineata in Masse und Macht ai tre volumi dell'autobiografia di Canetti, facendola peraltro interagire con la concezione canettiana del potere come istituzionalizzazione dinamica dell'“antimutamento” o dei “divieti di metamorfosi”. A dispetto di questa breve sezione dedicata all'autobiografia canettiana e a notizie rilevanti circa la biografia di Canetti, va detto che l'attenzione rivolta alle vicende personali dell'autore resterà una costante di tutto il presente lavoro, nel corso del quale si tenterà di render conto dei nodi cruciali della sua opera anche a partire da alcune delle tappe biografiche più significative percorse dall'autore e “salvate” dal potere corrosivo del tempo nelle pagine della sua autobiografia.
Fackel nell'orecchio433 e Il gioco degli occhi434 non corrispondono solo alle traduzioni letterali dei titoli
dei tre volumi dell'autobiografia canettiana: nel loro insieme delineano anche una sorta di trilogia dei sensi435, dal cui progressivo affinamento dipende la prontezza di riflessi del futuro scrittore e premio nobel della letteratura, vero e proprio promesso segugio del suo tempo436. Al centro di tale trilogia si collocano le figure chiave della formazione canettiana437: la madre, da cui l'autore apprese la lingua tedesca, vera e propria madrelingua in cui poter rimpatriare per l'eterno esule Canetti438; la vista acquisita nuovamente grazie alla figura solare del dottor Sonne attorno a cui gravita il terzo volume dell'autobiografia439, dopo l'accecamento vissuto in prima persona durante la stesura definitiva di Die
433 Cfr. E. Canetti, Il frutto del fuoco, cit.: omettendo il riferimento alla rivista fondata da Karl Kraus che ebbe un
ruolo fondamentale per la formazione culturale e politica di Canetti, la traduzione italiana riporta il titolo dell'ultimo capitolo del libro e focalizza l'attenzione del lettore sull'incendio al palazzo di giustizia che sconvolse la vita di Canetti, ispirandogli la stesura di Auto da fè e rafforzandolo nella convinzione di scrivere un libro sulla massa.
434 Cfr. E. Canetti, Il gioco degli occhi, cit.
435 Cfr. S. P. Scheichl, Hörenlernen. Zur teleologischen Struktur der autobiographischen Bücher Canettis, in
(Hrsg. von) F. Aspetsberger, G. Stieg, Elias Canetti: Blendung als Lebensform, cit., pp. 73-79; P. Angelova,
Canettis autobiographische Trilogie als Bildungsroman, in (Hrsg. Von) P. Angelova und E. Staitscheva, Autobiographie zwischen Fiktion und Wirklichkeit, cit., pp. 47-62. In realtà nei progetti originari dell'autore
l'autobiografia canettiana doveva comprendere almeno cinque volumi, ciascuno dei quali doveva corrispondere a uno dei cinque organi di senso, come peraltro risulta dai titoli delle prime tre opere autobiografiche pubblicate quando Canetti era ancora in vita. Quanto a Party sotto le bombe. Gli anni inglesi, fu frutto di un lavoro di ricostruzione dei manoscritti (stenografati e non) da parte di Jeremy Adler (cfr. la «Nota del curatore» in ivi, pp. 231-233). Il curatore ha proposto di riscontrarvi la preminenza del senso dell'olfatto e, dunque, del naso, così come del tatto vero e proprio, dati i molteplici riferimenti ai party inglesi in cui vige la mancanza di contatto tra gli invitati. A questo proposito, si veda J. Adler, «Postfazione», in E. Canetti, Party sotto le bombe. Gli anni
inglesi, cit., pp. 203-229. A sostegno dell'ipotesi secondo cui il quarto volume dell'autobiografia canettiana
sarebbe stato dedicato al tatto, va aggiunto che questo senso ha un rilievo centrale nell'opera che Canetti scrisse durante il suo lunghissimo soggiorno inglese: non a caso, Masse und Macht esordisce all'insegna del “timore del contatto dell'ignoto” e del suo capovolgimento nella massa.
436 Sul ricorso di Canetti alla prolessi quale figura retorica chiave nella sua autobiografia, si veda M. Galli, «Ein
Heldenleben»: sull'autobiografia di Elias Canetti, in «Annali. Studi tedeschi», XXVIII, 1985, pp. 445-456.
437 Cfr. E. B. Licciardi, Den neuen Götsen amsiedeln. Le figure tutoriali nell'autobiografia di Elias Canetti, in
«Studia Austriaca», XIV, 2006, pp. 157-188.
438 Cfr. R. Hartung, «Vertrauen zum unverkleideten Wort Elias Canetti zum 70. Geburtstag» (1975), in (Hrsg.
von) B. Albers, Rudolf Hartung. Elias Canetti. Ein Rezipient und Sein Autor, cit., p. 138, in cui la lingua tedesca viene esplicitamente paragonata a una vera e propria patria – l'unica – di Canetti.
439 Cfr. M. B. Licciardi, Maschere dell'io. Gli scritti autobiografici di Elias Canetti, Bonanno, Roma 2010, pp.
108-109: «l'emblema della “Fackel”, che promana una energia via via sempre più fievole, viene sostituito da uno decisamente più forte, dal più potente dei simboli luminosi, il sole (Sonne), accanto al quale anche la fiaccola più luminosa finisce per perdere la propria. Dal dottor Sonne sembra infatti irradiarsi, proprio come dal sole di cui porta il nome, un calore di sapienza ed umana comprensione che ne fanno un personaggio estremamente