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L’Unione Europea nella lotta al Cambiamento Climatico: il mercato europeo delle quote di emissione e l’evoluzione degli strumenti posti in

essere.

Dal Quarto Rapporto dell’IPCC sul Cambiamento Climatico emerge tra gli scienziati un sostanziale accordo nell’individuare l’origine di tale fenomeno nelle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane.

Stando alla relazione comunitaria annuale sull’inventario dei gas serra, elaborata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente e pubblicata nel Giugno 2008129, le emissioni dei gas ad effetto serra responsabili dei cambiamenti climatici in Europa sono diminuite e l’Unione Europea a 15 Stati è quindi a buon punto per raggiungere il traguardo del Protocollo di Kyoto. In particolare:

• l’UE a 15: le emissioni di gas serra sono diminuite dello 0,8% tra il 2005 e il 2006;

• l’UE a 15: le emissioni di gas serra sono diminuite del 2,7% tra il 1990 e il 2006;

• l’UE a 27: le emissioni di gas serra sono diminuite dello 0,3% tra il 2005 e il 2006;

• l’UE a 27: le emissioni di gas serra sono diminuite del 7,7% rispetto ai livelli del 1990.

I Paesi che maggiormente hanno contribuito alla diminuzione delle emissioni nell’Unione Europea a 15 sono Germania e Regno Unito (si veda la tabella riportata a p. 148). Il Regno Unito e la Germania sono dunque i due “Vecchi Membri” più virtuosi in termini di evoluzione delle emissioni rispetto all’anno base, con riduzioni rispettivamente di circa il 18% e il 16%. Uno dei principali fattori che ha contribuito alla riduzione delle emissioni in Germania è stato il passaggio dal carbone al gas nella produzione di energia elettrica e termica; sono inoltre diminuite sostanzialmente le emissioni dovute al trasporto su strada, alle famiglie (settore domestico) e ai servizi.

La riduzione delle emissioni di gas serra del Regno Unito è il risultato di un notevole miglioramento in termini di efficienza energetica dovuto a molte politiche riguardanti i principali settori consumatori di energia, ma è anche la conseguenza della liberalizzazione del mercato dell’energia, del massiccio abbandono di combustibili fossili (come il carbone e il petrolio) a favore di una produzione di elettricità a scarse o nulle emissioni di carbonio, come il gas, il nucleare e le fonti rinnovabili.

Gli altri Paesi dell’Unione Europea a 15 che hanno ridotto le emissioni tra il 1990 e il 2006 sono i seguenti: Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia.

129

Si tratta della relazione presentata ufficialmente dall’Unione Europea all’UNFCCC sulla totalità delle emissioni interne di gas ad effetto serra nel periodo 1990-2006 (Annual European Community

greenhouse gas inventory 1990 - 2006 and inventory report 2008). La relazione contiene informazioni

sulle emissioni nell’Unione Europea a 15 e nell’Unione Europea a 27, spiegazioni sui dati relativi alle emissioni e sulla procedura di controllo della loro qualità. L’Agenzia Ambientale Europea è responsabile della redazione e della pubblicazione annuale di questa relazione, sulla scorta di informazioni provenienti dai Governi nazionali. I dati e le informazioni riportate di seguito sono state prese dalla suddetta relazione annuale. La relazione è disponibile sul sito internet dell’Agenzia

L’Italia, insieme ad altri importanti Membri come Spagna, Portogallo, Austria e Grecia, ha visto crescere le proprie emissioni totali nei sedici anni tra il 1990 e il 2006: l’Italia del +10% circa. Tale aumento, osservato dal 1990 in poi, è dovuto principalmente ai settori del trasporto su strada, della raffinazione del petrolio e della produzione di energia elettrica e termica.

La Spagna ha addirittura aumentato le emissioni di circa il 50% tra il 1990 e il 2006, principalmente a causa dell’aumento delle emissioni nei settori del trasporto su strada, della produzione di energia elettrica e termica e delle imprese manifatturiere.

I principali settori che hanno contribuito alle riduzioni delle emissioni tra il 2005 e il 2006 nell’Unione Europea a 15 sono stati la produzione di energia elettrica e termica, il settore domestico, i servizi, nonché il trasporto su strada. Le emissioni di CO2 dal settore della produzione di energia elettrica e termica sono scese grazie ad un minor utilizzo del carbone. Un motivo generale che spiega la diminuzione delle emissioni riconducibili al settore domestico e dei servizi va ricercato nelle condizioni meteorologiche invernali più favorevoli e più miti. La riduzione delle emissioni di CO2 dal trasporto su strada sono diminuite, soprattutto grazie alla Germania, e ciò si spiega con l’aumento della circolazione di vetture diesel e con il conseguente minor consumo di benzina.

In sintesi, rispetto al 1990 le emissioni dell’UE a15:

– sono diminuite del 4% nel settore energetico (esclusi i trasporti);

– sono diminuite del 12% nell’industria, sostanzialmente per la riduzione delle emissioni dovute alla produzione di esafluoruro di zolfo e dal settore del ferro e dell’acciaio;

– sono calate dell’11% in agricoltura, grazie al minor numero di capi di bestiame allevati e al minor utilizzo di fertilizzanti minerali e di effluenti organici;

– sono diminuite del 39% nel settore dei rifiuti, grazie al calo delle emissioni di metano prodotto dalle discariche controllate.

Nell’ambito del Protocollo di Kyoto l’Unione Europea a 15 ha l’obiettivo di ridurre le emissioni totali di gas serra dell’8% rispetto ai livelli del 1990. L’Unione Europea a 27, invece, non possiede un obiettivo comune. La comunicazione ufficiale delle emissioni ai fini dell’adempimento degli obblighi previsti dal Protocollo di

Kyoto inizierà soltanto nel 2010, quando verranno presentate le emissioni per l’anno

2008. La relazione annuale sull’inventario dei gas serra rappresenta quindi la fonte di informazioni più importante e accurata sulle emissioni nell’Unione Europea ed è estremamente utile per verificare i progressi dell’Unione in termini di riduzione delle emissioni interne di gas serra rispetto al raggiungimento degli obiettivi del

Protocollo. Secondo i dati forniti da questa relazione, le emissioni interne di gas ad

effetto serra (UE a 15) sarebbero diminuite del 2,7% rispetto all’anno di riferimento specificato nel Protocollo di Kyoto.

Dall’analisi di questi dati si evince che l’Unione Europea si è attivata notevolmente per predisporre interventi mirati a ridurre le emissioni di gas serra e ha elaborato una strategia di lotta al Global Warming che rappresenta una quadrupla sfida: a livello di rischio climatico e della volontà politica di farvi fronte, a livello della partecipazione internazionale alla lotta contro il Cambiamento Climatico, a livello dell’innovazione necessaria per cambiare i modi di produzione e di utilizzazione dell’energia e a livello dell’adattamento dei Paesi agli inevitabili effetti dei mutamenti del clima.

L’Unione Europea infatti svolge un ruolo trainante a livello internazionale, come dimostrato dall’atteggiamento tenuto in occasione dei negoziati per il

Protocollo di Kyoto e per le pressioni esercitate sul Presidente americano George W.

Bush, ma anche considerando che tutti i suoi membri hanno ratificato il Protocollo, sebbene solamente pochi ne abbiano rispettato pienamente gli obiettivi. Non è dunque esagerato affermare che si deve all’azione comunitaria se il Protocollo di

Kyoto è diventato operativo.

L’Unione Europea si è anche adoperata nel delineare un modello di strategia globale per il post-Kyoto, con l’ambizione di svolgere un ruolo guida nelle politiche ambientali. Tutti i leaders europei hanno inserito il riscaldamento climatico tra le priorità della propria agenda nazionale e sono determinati a intraprendere una decisa transizione verso un diverso modello di produzione e consumo di energia.

Sulla base delle analisi degli effetti dei cambiamenti climatici e dei costi e benefici di un’azione in tale settore, la Commissione ritiene che la futura strategia dell’Unione Europea debba garantire l’attuazione immediata ed efficace delle politiche finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo dell’8% complessivo di riduzione delle emissioni dei gas serra rispetto ai livelli del 1990. Le misure da adottare sono quelle elencate nel Green Paper - Towards a European strategy for the

security of energy supply130, nel Libro Bianco sulla politica dei trasporti fino al

130

Il Libro Verde reso noto dalla Commissione nel Novembre 2000 intitolato Green Paper - Towards

a European strategy for the security of energy supply (Verso una strategia europea di sicurezza dell’approvvigionamento energetico) [documento COM(2000) 769 def] ha proposto il riesame

strategico della politica energetica dell’Unione per affrontare le principali problematiche relative alla costante crescita della dipendenza energetica europea da fonti esterne. Delineando lo scenario in cui si troverà ad operare l’Europa nel XXI° secolo, il Libro Verde ha individuato nell’equilibrio tra sviluppo sostenibile, competitività del mercato interno e sicurezza dell’approvvigionamento, l’obiettivo di fondo che deve ispirare le scelte di una politica energetica comune. Il Libro Verde inoltre ha fissato tra le priorità da affrontare quella della lotta al Cambiamento Climatico, promuovendo l’efficienza energetica e il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili. Il documento è reperibile sul sito internet http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l27037.htm.

2010131 e nel Green Paper - A European Strategy for Sustainable, Competitive and

Secure Energy.132 L’Unione ritiene fondamentale inoltre sensibilizzare maggiormente i cittadini in modo da arrivare a modificarne il comportamento, rafforzare la ricerca e la cooperazione con gli altri Paesi sia a livello scientifico che di trasferimento delle tecnologie.

L’Unione Europea dunque si è posta chiaramente e decisamente come volano per sostenere, nei Paesi membri e nel mondo, ogni iniziativa che possa contrastare al meglio i cambiamenti climatici.

A tal proposito, nel Marzo del 2000 la Commissione Europea ha lanciato il

Programma europeo per il Cambiamento Climatico (ECCP) sulle politiche e sulle

misure per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra. La Commissione riteneva infatti che per raggiungere l’obiettivo del Protocollo di Kyoto (riduzione delle emissioni dei gas serra dell’8% negli anni 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990) sarebbe stato necessario uno sforzo maggiore per rendere più incisive le politiche e le azioni di riduzione delle emissioni in tutti i settori dell’economia europea.

In un momento di incertezza sul futuro del Protocollo di Kyoto, inoltre, l’Unione Europea ha voluto dare un chiaro segnale dell’importanza attribuita alle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici, promuovendo lo sviluppo di un sistema internazionale di controllo delle emissioni di gas serra.

131

Il Libro Bianco presentato dalla Commissione Europea nel Settembre 2001 dal titolo La politica

europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte [documento COM(2001) 370 def] ha come

obiettivi quello di conciliare lo sviluppo economico con le domande di una società esigente in termini di qualità e di sicurezza e quello di sviluppare un trasporto moderno e sostenibile fino al 2010. Il documento, dopo aver considerato i rischi di una crescita incontrollata dei trasporti sull’ambiente e sulla qualità della vita dei cittadini, propone quasi sessanta misure per assicurare un equilibrio tra le diverse modalità di trasporto, gestire gli effetti della globalizzazione del settore, rilanciare le ferrovie, promuovere il trasporto marittimo e fluviale e controllare la crescita del trasporto aereo. Il documento è reperibile sul sito internet http://europa.eu/scadplus/leg/it/lvb/l24007.htm.

132

Con il Green Paper - A European Strategy for Sustainable, Competitive and Secure Energy (Libro

Verde: una Strategia Europea per un’Energia Sostenibile, Competitiva e Sicura) del Marzo 2006

[documento COM(2006) 105 def] la Commissione traccia i contorni di una politica energetica comune che punta ad unificare le politiche energetiche e, di fatto ambientali, dei Paesi membri, costituendo un fronte compatto fra i Paesi membri stessi, che avrebbe certamente maggior peso nei negoziati internazionali. Il Libro Verde individua sei settori di azione prioritari, per i quali la Commissione propone misure concrete al fine di attuare una politica energetica europea. Questi sei punti devono permettere all’Europa di dotarsi di un’energia sostenibile, competitiva e sicura per i decenni futuri. I sei punti sono i seguenti:

1) l’energia per la crescita e l’occupazione in Europa: completare il mercato interno dell’energia; 2) sicurezza dell’approvvigionamento: solidarietà tra Stati membri;

3) verso un mix energetico più sostenibile, efficiente e diversificato;

4) l’Unione Europea in prima linea nella lotta contro il Cambiamento Climatico; 5) la ricerca e l’innovazione al servizio della politica energetica europea; 6) verso una politica energetica estera coerente.

Questo sistema era parte integrante del Programma europeo per il

Cambiamento Climatico ed è diventato uno dei pilastri della strategia comunitaria

per la lotta contro il cambiamento climatico. Sempre nel Marzo 2000 la Commissione ha altresì pubblicato il Green Paper on greenhouse gas emissions

trading within the European Union133 per chiarire il funzionamento di questo

meccanismo, promuovendolo a strumento potenziale per la lotta contro il Cambiamento Climatico nell’Unione Europea. Il campo d’applicazione definito dal

Libro Verde è rappresentato dal settore energetico e dai grandi impianti industriali,

focalizzando l’attenzione dunque sulle fonti maggiori di emissione.

Conseguentemente, il 13 Ottobre 2003 l’Unione Europea ha emanato la Direttiva n. 87 con la quale ha istituito un mercato europeo di permessi di emissione di gas serra che coinvolge i principali settori energetici e produttivi: l’Emission

Trading Scheme.134 Tale Direttiva promuove quindi la riduzione delle emissioni all’insegna dell’efficacia dei costi e dell’efficienza economica, creando un quadro di riferimento comunitario ed un mercato unico per tutta l’Unione Europea. Essa mira a garantire anche il buon funzionamento del mercato interno ed impedire distorsioni concorrenziali che potrebbero derivare da regimi nazionali distinti di scambi di emissioni. Lo scambio dei diritti di emissione infatti è, in primo luogo, uno strumento di promozione ambientale e, in secondo luogo, una delle misure di politica

133

Il Green Paper on greenhouse gas emissions trading within the European Union (Libro Verde

sullo scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto serra) dell’8 Marzo 2000 [documento

COM(2000) 87 def.] è reperibile sul sito internet http://eur-lex.europa.eu.

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La Direttiva 2003/87/CE si inserisce nella vigente normativa ambientale della Comunità Europea e in particolare, con la Direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, conosciuta come “Direttiva IPCC”. Gli Stati membri potrebbero combinare le procedure autorizzative previste dalla Direttiva n. 87 e dalla Direttiva IPCC, pur continuando a rispettare le differenze inerenti alla natura delle autorizzazioni e agli obiettivi relativi alle due Direttive.

La prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento riguardano le attività industriali e agricole ad alto potenziale inquinante, nuove o esistenti, che operano nei settori dell’energia, siderurgia, metallurgia, chimica, raffinerie, cementifici, gestione e trattamento dei rifiuti, industrie minerarie, allevamento e macellazione di animali, vetrerie e cartiere. Con tale Direttiva è stata introdotta l’Autorizzazione Integrata Ambientale, un provvedimento che concede il nulla osta all’esercizio di tali impianti o a parti di essi a seguito della verifica di determinate condizioni, tra cui il rispetto dei valori- limite di emissione basati sulle migliori tecnologie disponibili per far sì che le imprese stesse si facciano carico della prevenzione e della riduzione dell’inquinamento che possono causare. Si tratta di evitare o ridurre al minimo il rilascio di emissioni inquinanti nell’atmosfera, nelle acque e nel suolo, oltre ai rifiuti degli impianti industriali e delle imprese agricole per raggiungere un livello elevato di tutela dell’ambiente. L’Italia ha recepito la normativa europea soltanto nove anni dopo, con il Decreto Legislativo del 18 Febbraio 2005, n. 59, che fissava al 31 Ottobre 2007 la data del rilascio dell’autorizzazione agli impianti interessati. Nel Dicembre 2007, il Senato ha approvato in via definitiva il differimento dei termini per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, che è slittato così dal 30 Ottobre 2007 al 31 Marzo 2008. In ogni caso, le domande per il rilascio dell’autorizzazione dovevano essere presentate entro il 31 Gennaio 2008 all’autorità competente o, nel caso in cui questa non fosse stata individuata, alla Regione o alla Provincia autonoma di appartenenza.

ambientale che incidono meno sulle condizioni di concorrenza dell’economia europea.

L’Emission Trading Scheme (ETS) europeo ha rappresentato la prima sperimentazione del sistema cap and trade (“tetto e commercio”) introdotto dal

Protocollo di Kyoto. Due sono i pilastri sui quali si regge il sistema:

-l’autorizzazione di cui si devono munire tutti gli impianti che partecipano al sistema;

-le quote di emissione (European Union Allowances-EUA), espresse in tonnellate di emissioni di CO2 equivalente che nella pratica costituiscono un’autorizzazione ad emettere. Ogni permesso corrisponde ad 1 tonnellata di CO2 equivalente.

L’Emission Trading dell’Unione Europea concerne i grandi impianti industriali per la produzione di energia, per la produzione e trasformazione dei metalli ferrosi, dei prodotti minerali e per la fabbricazione di pasta per carta che rappresentano circa il 46% del totale delle emissioni di anidride carbonica nell’Unione Europea nel 2010 ed ha l’obiettivo di ridurre le emissioni dell’8% rispetto ai livelli del 1990.135 In totale tale sistema coinvolge più di 12 mila imprese (se si considerano 27 Paesi), creando così il più sviluppato sistema di commercio delle emissioni al mondo, nonché il più grande esperimento di politica di mitigazione messo in atto a livello internazionale.136

Il sistema è organizzato in due fasi: nella prima fase (2005-2007) l’unico gas ad essere coinvolto è stata l’anidride carbonica ed è stata altresì prevista l’assegnazione gratuita di almeno il 95% delle quote attribuite agli impianti partecipanti (il rimanente 5% poteva essere venduto all’asta), mentre per la seconda fase (2008-2012) dovrebbero essere inclusi tutti i gas serra e nuovi settori industriali,

135

In Italia ci sono oltre 1.000 aziende facenti parte del settore industriale per la produzione dei metalli ferrosi, dei prodotti minerali e della carta, che risultano inserite nel sistema dell’Emission Trading e alle quali viene richiesto di monitorare, comunicare e soprattutto diminuire le proprie emissioni nei tempi stabiliti. Cfr. A. Brunori, Certificazione dei crediti di Carbonio e settore forestale, in “Alberi e Territorio”, n. 3, maggio-giugno 2008, p. 35.

136

L’Italia ha recepito la Direttiva n. 87 con il Decreto Legislativo n. 216 del 4 Aprile 2006 (con il quale è stata recepita anche la Direttiva 2004/101/CE detta “Direttiva Linking”) che attribuisce il ruolo di autorità competente per l’attuazione della Direttiva al Comitato Nazionale di gestione e attuazione della Direttiva 2003/87. Il Decreto prevede inoltre, in conformità con la Direttiva, che dal 1 Gennaio 2005 nessun impianto che ricade nel campo d’applicazione della stessa possa emettere CO2 in assenza di una autorizzazione, i gestori degli impianti debbano restituire annualmente le quote di emissione pari alle emissioni di CO2 effettivamente rilasciate in atmosfera e che le emissioni di CO2 siano monitorate e vengano certificate da un verificatore accreditato dall’Autorità Nazionale Competente. Fonte: Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

comprese le compagnie aeree. Inoltre, essendo esso uno strumento economico definito dal diritto comunitario, la Commissione Europea ha il potere giuridico di sanzionare i soggetti inadempienti. A tal fine entro l’aprile di ogni anno gli operatori facenti parte del sistema devono consegnare un numero di permessi equivalente alle tonnellate di CO2 prodotta l’anno precedente: per ogni permesso mancante l’operatore deve pagare 40 euro nella prima fase e 100 Euro nella seconda. Tale multa non esenta l’azienda inadempiente dal presentare i permessi mancanti. A ciò si deve aggiungere che le imprese inadempienti vengono rese note al pubblico.

Prima dell’inizio di ogni fase, ciascun Paese membro deve sottoporre alla Commissione Europea un Piano Nazionale di Allocazione della produzione dei gas serra che indichi la quantità di gas che ogni singola azienda avrà l’autorizzazione ad emettere. Tale Piano Nazionale, strumento strategico previsto dalla Direttiva 2003/87/CE sul controllo e commercio delle emissioni di gas serra, ha lo scopo di permettere ad ogni Paese dell’Unione Europea di rispettare gli obiettivi nazionali determinati dal Protocollo di Kyoto. Esso prevede che le imprese che producono le maggiori emissioni di CO2 (industrie energetiche) ricevano annualmente un tetto massimo di emissioni da parte dei propri governi.

La Commissione dovrà verificare che i Piani Nazionali soddisfino una serie di requisiti, il primo fra tutti la compatibilità con gli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Infatti, dalla ratifica da parte dell’Unione Europea del Protocollo di Kyoto, gli Stati membri hanno accettato un limite alle proprie emissioni totali di gas serra e il Piano Nazionale traduce questo limite nella definizione di un obiettivo massimo di emissione per i singoli settori coinvolti e per i singoli impianti, senza favorirne alcuni e né creando distorsioni tra i diversi settori.

Il Governo italiano ha dovuto più volte modificare il Piano Nazionale per il primo periodo 2005-2007 prima che la Commissione Europea lo accettasse il 25 Maggio 2005. La Commissione Europea infatti ha bocciato la prima bozza del Piano Nazionale inviata dal Governo italiano nell’Agosto 2004, poiché il testo è stato giudicato sprovvisto dell’elenco delle installazioni sottoposte all’Emission Trading, rendendo di fatto impossibile verificare i livelli di emissioni di ogni singolo impianto.