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L' USABILITÀ E L ' ESPERIENZA UTENTE

Nel documento Esplorare la biblioteca (pagine 38-44)

2. B IBLIOTECHE E SOFTWARE

2.2 L' USABILITÀ E L ' ESPERIENZA UTENTE

Gli OPAC sono a tutti gli effetti delle applicazioni web. Come tali, devono sottostare non solo ai requisiti imposti dalla loro natura di cataloghi di biblioteca, ma anche a quelli imposti dalla loro natura di applicazioni web. Tutti i bibliotecari si aspettano che il pro- prio OPAC funzioni, ossia restituisca risultati corretti a partire da determinate chiavi di ricerca; non tutti però pretendono che esso offra agli utenti un'esperienza chiara e il più possibile interessante, coinvolgente e al passo coi tempi. Eppure, per le web app più strettamente commerciali, una buona esperienza utente è il fulcro della progettazione: senza di essa, anche un ottimo servizio rischia di venire presto abbandonato e di perde-

re potenziali clienti45. Come si è visto, i software OPAC in generale e soprattutto quelli in Italia soffrono in misura minore delle oscillazioni di mercato dovute a gusti e preferen- ze degli utenti finali; questo tuttavia non deve essere un pretesto per allontanarsi dalle buone pratiche della creazione di web app e per non incentrare l'intera progettazione sui bisogni dell'utente.

Le basi di una buona esperienza utente sono date da una buona usabilità. Per quanto talvolta i due termini vengano citati in modo indifferenziato, in realtà si tratta di due concetti sensibilmente diversi: mentre il primo fa riferimento al coinvolgimento emoti- vo che un'applicazione riesce a creare nel proprio utente, il secondo viene definito come «la misura in cui un prodotto può essere usato da specifici utenti per raggiungere specifici obiettivi con efficacia, efficienza e soddisfazione, in uno specifico contesto d'uso» [HCI 2012, p. 160]. Si tratta dunque di un concetto applicabile non solo al web, ma a qualsiasi prodotto destinato a essere utilizzato attraverso un interfaccia che permette l'interazione fra uomo e macchina: una lavastoviglie, una stampante, un modulo da compilare, il quadro comandi per manovrare un treno. Il riferimento alla soddisfazione dell'utente come elemento essenziale può far pensare che questa definizione di usabilità

45 Più in generale, le conseguenze di un design non centrato sull'utente finale possono essere in effetti mol- to più severe della perdita di clienti da parte di una compagnia privata ma coinvolgere anche la finanza pubblica, come nel caso del software commissionato dal governo britannico per modernizzare la gestione del rapporto medico-paziente: dopo dieci anni di tentativi fallimentari e lo spreco di milioni di sterline, il progetto fu abbandonato poiché continuava a non rispondere pienamente alle esigenze espresse (Camp- bell, NHS told to abandon delayed IT project, in The Guardian 22 settembre 2011: https://www.theguardian.com/society/2011/sep/22/nhs-it-project-abandoned). Non mancano poi i casi in cui una cattiva interfaccia utente abbia provocato la perdita di vite umane. Fra i molti episodi citati online, riporto quello di una giovane malata di cancro morta in ospedale perché, dopo la chemioterapia, non ha ricevuto il necessario trattamento di reidratazione: pare che ben tre infermiere esperte si siano succedute al suo capezzale senza riuscire a interpretare correttamente l'interfaccia software che indica- va loro di somministrare il trattamento. Al di là dell'effettiva veridicità di questo triste racconto (la storia è rimbalzata su molti blog statunitensi di user experience, senza tuttavia riportare collegamenti a fonti pienamente attendibili, forse per motivi di privacy) non può non balzare all'occhio la pessima qualità grafica delle interfacce dei software medici usati negli ospedali: la sovrabbondanza di testo e l'accosta- mento apparentemente casuale di vari colori o, peggio, la piatta uniformità di un'unica nuance cromatica che occupa l'intero schermo rendono difficile per l'utente capire qual è il passo successivo da compiere – e ricordano purtroppo le interfacce di alcuni dei cataloghi italiani considerati in questa ricerca. Per leg - gere la storia e visualizzare alcune delle interfacce incriminate: Shariat, How Bad UX Killed Jenny, in me-

strizzi già l'occhio a quella di esperienza utente; si tratta però di una concezione di sod- disfazione meno emotiva e più oggettiva, ossia quell'innegabile sensazione di pace inte- riore che si prova quando, dopo esserci prefissi un compito, lo portiamo a termine otte- nendo esattamente quello che volevamo (efficacia), in poco tempo e con poco sforzo (ef- ficienza). Per capire meglio il bilanciamento fra questi concetti, nel mondo degli esperti di UX (User eXperience) circola un'immagine molto azzeccata: un cavallo bardato, in cui le zampe sono la funzionalità (ossia il mero funzionamento dell'applicazione), le briglie sono l'usabilità e la sella è l'esperienza utente. L'utente cavallerizzo, quindi, non potrà andare da nessuna parte se, pur avendo un animale sano e vigoroso, utilizza briglie mal congegnate; e se, al contrario, le briglie sono perfette ma la sella è scomoda, possiamo star certi che il nostro cavallerizzo, pur potendo andare dove vuole, non vedrà l'ora di scendere [Lepore 2017].

L'usabilità dovrebbe quindi essere l'obiettivo primario di ogni interazione uomo- macchina, sia la macchina uno strumento del mondo fisico oppure una porzione del web. Data la sua definizione così ampia e generalizzata, la misurazione dell'usabilità si può applicare a tutti gli aspetti di una web app: l'interfaccia è tipicamente l'aspetto più evidente, e tuttavia anche l'architettura dei dati e la progettazione del flusso di utilizzo dell'applicazione sono alcuni esempi di aspetti in cui l'usabilità gioca un ruolo cruciale.

Fra gli OPAC considerati in questa ricerca, anche i più avanzati presentano qualche piccola pecca di usabilità, legata spesso all'interfaccia. Solo per citare alcuni esempi:

• l'OPAC Biblioest (DM Cultura) dà all'utente informazioni contrastanti riguardo all'effettiva disponibilità della risorsa che sta considerando. Nella Figura 3, l'utente legge la scritta “Documento in prestito. Rientro previsto per il 10/10/2019” e tuttavia a poca distanza nella stessa pagina si legge “Copie per il prestito: 5 / Disponbili: 4” (Figura 3). Poiché l'utente ha già specificato in prece- denza di voler cercare il libro nella biblioteca di Pordenone, impostando il filtro adeguato, questa dicitura potrebbe suggerire che in quella biblioteca vi sia una copia in prestito ma altre quattro copie disponibili. In realtà non è così. Le copie

disponibili sono quelle conservate presso le biblioteche di quartiere del sistema bibliotecario pordenonese, distanti qualche chilometro dalla biblioteca che l'utente aveva scelto all'inizio della sua ricerca.

• l'OPAC delle Biblioteche Civiche Torinesi (Comperio) dà la possibilità all'utente di verificare già dalla pagina dei risultati la collocazione e l'effettiva disponibilità di un libro, senza dover entrare nella pagina del singolo risultato. In termini di ri- sparmio di tempo, questa opzione è sicuramente molto utile. Peccato però che la veste grafica del pulsante “Copie totali”, da cliccare per aprire la finestra pop-up con le informazioni, sia completamente diversa da quella dell'altro pulsante clic- cabile accanto a esso e sia invece identica a quella delle etichette non cliccabili (Figura 4). Guardando la schiera di pulsanti ed etichette, insomma, non verrebbe da pensare che “Copie totali”, il pulsante che permette di risparmiare tempo, possa essere cliccato46.

• l'OPAC Bia. Biblioteche in Abruzzo (Nexus IT) presenta una maschera di ricerca avanzata molto dettagliata ma dalle funzionalità piuttosto essenziali. Ciò che bal- za maggiormente all'occhio è l'apparente impossibilità di specificare un interval- lo di tempo come data di pubblicazione. Il metadato Data, infatti, è associato a un solo campo di ricerca che permette di specificare un solo anno di pubblicazione, almeno a quanto può risultare in prima battuta47.

46 Secondo la scuola psicologica della Gestalt, il cervello che vede tende ad accorpare elementi che presen- tano qualcosa in comune (come ad esempio il colore o la vicinanza), seguendo alcuni procedimenti chia- mati appunto leggi della Gestalt. La legge di somiglianza, nella fattispecie, afferma che elementi con le stesse caratteristiche grafiche vengono idealmente raggruppati fra loro e separati dagli altri [HCI, 2012 p. 90]. Perciò, nel caso dell'OPAC di Torino, i tre pulsanti grigio chiaro vengono considerati identici nel loro scopo, che è puramente informativo e non cliccabile, mentre l'unico pulsante diverso sembra essere quel- lo verde petrolio (“Prenota”). Esprimere il medesimo concetto (in questo caso, “pulsante cliccabile”) in modo diverso, inoltre, contraddice anche il principio della coerenza, una delle dieci euristiche elaborate dal guru dell'usabilità Jacob Nielsen per valutare le applicazioni web [Nielsen 1990].

47 In fase di ricerca, si è provato a inserire le stringhe “1970-1979” e “1970 1979” nel tentativo di capire se, usando una particolare sintassi, fosse possibile lanciare una ricerca per intervallo di anni. Queste due mo- dalità non sono servite allo scopo; possiamo immaginare la frustrazione dell'utente che ha bisogno di cercare le risorse pubblicate solo in un determinato periodo di tempo.

Figura 3: la visualizzazione della disponibilità di un libro su BiblioEst. Al momento della consultazione, il testo risulta in prestito fino al 10 ottobre 2019. Sulla destra, tuttavia, si trova l'indicazione di 4 copie disponibili.

Figura 4: alcuni risultati dall'OPAC delle Biblioteche Civiche Torinesi. Fra le quattro etichette visualizzate sotto ogni titolo, la prima sembra differenziarsi per scopo e utilizzo rispetto alle altre; anche la seconda etichetta, però, può essere cliccata, a differenza delle ultime due.

Questi e altri intoppi possono sembrare di importanza secondaria, soprattutto perché, fortunatamente, stiamo pur sempre parlando di software per le biblioteche e non c'è il rischio di uccidere nessuno. E tuttavia, volendo riprendere l'immagine del cavallo, sco- priamo che i tre problemi citati sopra sono tutti ancora legati alle briglie o, nel caso dell'OPAC abruzzese, addirittura alle zampe del nostro cavallo. Gli utenti che navigano nei primi due sistemi non sono aiutati a capire cosa possono fare e dove possono anda- re; mentre quelli del terzo sistema potrebbero avere il desiderio di effettuare un'opera- zione piuttosto banale (cercare in un intervallo di anni) che, però, non possono portare a termine.

Un articolo sui più clamorosi errori di progettazione di interfacce compiuti dalle web companies più famose (Spotify, Facebook, Google) si conclude affermando che que- ste aziende sono probabilmente “too big to fail”, troppo importanti ormai perché gli er- rori di progettazione, per quanto eclatanti, possano realmente costituire una minaccia di abbandono e fallimento. «Chances are» chiosa l'autore Sandro Cantante «that these simple mistakes will not affect companies at this level, and most users will keep using their products, despite being annoyed by the multiple obstacles that the UX designers left for people to stumble. However, it's probably enough to seal the fate of a brand new product from a small company» [Cantante 2018]. I giudizi elargiti nell'articolo potrebbe- ro sembrare perfino troppo severi: l'interfaccia mobile di Spotify, per esempio, viene ac- cusata di presentare troppi contenuti contemporaneamente, mentre il percorso da ef- fettuare per impostare alcune scelte di privacy su un account Facebook è ritenuto trop- po contorto. La campagna di sensibilizzazione verso i problemi dell'interfaccia utente, portata avanti da molti professionisti del settore, sembra assumere talvolta i toni della crociata; è innegabile però che questi problemi esistono e, a meno di non essere un co- losso del web, il rischio di abbandono è concreto. E mentre per una piccola azienda l'abbandono significa spesso direttamente il fallimento, per un'interfaccia OPAC l'abbandono si può tradurre nella sopravvivenza in stato vegetativo di uno strumento di biblioteca inutilizzato.

Nel documento Esplorare la biblioteca (pagine 38-44)