L’uso interdisciplinare dei corpora contempla diversi ambiti tra cui gli studi culturali, la psicolinguistica, la pragmatica, il discourse analysis, la sociolinguistica, la stilistica, la linguistica storica, la dialettologia. In questo capitolo saranno presi in considerazione i campi più strettamente collegati al tema della tesi, ossia la traduzione, la lessicografia e la didattica. Vista l’importanza del rapporto tra i corpora e la didattica per la presente tesi questo tema sarà trattato in modo approfondito nel capitolo successivo.
3.4.1. Corpora e traduzione
I corpora possono essere utilizzati sia nella traduzione o nella didattica della traduzione sia per riflessioni teoriche intorno al medesimo tema. In entrambi i casi i corpora possono essere d’aiuto per comprendere meglio il processo di traduzione e i suoi meccanismi impliciti che con diversi gradi di precisione portano a un risultato finale da considerare sempre alla stregua di un’interpretazione del testo originale. Secondo Halliday, infatti, «What the translator is doing when translating or interpreting is taking decisions […] about what is the relevant context within which this functional equivalence is being established» (Halliday 1992a: 16).
3.4.1.1. Didattica della traduzione
Ai fini di un lavoro pratico sarebbe innanzitutto utile disporre di corpora paralleli – che nel caso della lingua serba sono in numero esiguo – almeno per quanto concerne la combinazione linguistica di cui ci stiamo occupando (serbo e italiano). Se si prende in considerazione un corpus monolingue, a questa lacuna si riesce a porre rimedio grazie alla
47
possibilità concessa a chiunque di crearsi un proprio corpus attraverso un procedimento relativamente semplice e svolto in automatico mediante alcune piattaforme. Nel caso di un corpus parallelo, le difficoltà tecniche che consistono nell’allineamento dei testi in un determinato formato rendono questa operazione più complessa per un utente non del tutto esperto o con conoscenze informatiche non profonde.
Durante le lezioni con gli studenti si possono utilizzare i corpora monolingui che pur non offrendo una traduzione immediata aiutano tuttavia a determinare una parola come «functionally complete unit of meaning» (Tognini-Bonelli 1996, 2000). Le equivalenze tra le due lingue possono essere osservate a diversi livelli (semantico, funzionale, pragmatico). In questo senso una parola può essere determinata come unit of meaning, mentre a livello extralinguistico ci si riferisce alle strategie di traduzione di una parola in termini di unit of translation (Tognini-Bonelli 2001: 132). Il procedimento proposto dalla studiosa consiste nei seguenti passaggi:
1) si determinano il significato e la funzione di una parola a partire dal corpus L1 (comparabile);
2) L1 e L2 vengono considerate insieme; si propone una traduzione prima facie per ogni significato/funzione e possono essere utilizzati corpora paralleli oppure le nostre conoscenze pregresse/dizionari;
3) si parte da una funzione in L2 per arrivare alla sua realizzazione formale a livello collocazionale e colligazionale; viene utilizzato il corpus L2 (comparabile).
Nel cercare le equivalenze tra le parole nelle due lingue occorre verificare entrambi i contesti (preferenze semantiche, prosodia semantica) prestando attenzione alla rappresentatività dei testi (registro, stile) che di una parola può determinare un diverso uso. In alcuni casi le corrispondenze tra le parole sono parziali o lasciano alcuni spazi vuoti (lexical gaps) dovuti talvolta alla polisemia (Šipka 2015). Nel lavoro svolto insieme agli studenti questa tipologia di parole in assenza di un equivalente necessita di ulteriori spiegazioni. In tale ottica i verbi družiti se e prijati possono essere oggetto di un’analisi corpus-based nel tentativo di delimitare il loro campo semantico e identificare possibili traducenti a livello funzionale e pragmatico (Perišić Arsić 2018d, 2018e).
48
Allontanandosi dal dualismo competence/performance e langue/parole, Toury aveva sviluppato un modello tripartito in cui norms, che è una categoria dell’analisi descrittiva, si pone in mezzo agli altri due concetti (Toury 1978, 1980). I norms non emergono né dal testo originale né da quello target, piuttosto da una tradizione traduttiva, e possono essere individuati e osservati solamente per mezzo dell’analisi di una grande quantità di testi tradotti in una data lingua e cultura. Non si analizzano pertanto le interferenze tra le due lingue, ma particolari aspetti di un testo, cioè i cosiddetti «universali traduttivi» (universal features of translation). Alcuni studi ai quali Hunston (2002) si richiama hanno messo in evidenza come sia possibile osservare, grazie all’aiuto dei corpora, le specificità dei testi tradotti così come la tendenza a rendere espliciti alcuni termini, ragion per cui ci si potrebbe aspettare di trovare più frasi dichiarative nel testo tradotto. I testi tradotti riducono spesso le ambiguità e nel processo di traduzione il passaggio dal testo originale a quello target può portare a quello che Toury (1995) definisce «normalizzazione del testo tradotto». In questo caso il flusso di informazioni relativo al significato non va più dalla parola al testo ma dal testo alla parola, anche se sotto un aspetto ideale questo scambio dovrebbe avvenire in entrambe le direzioni (Sinclair 2004a: 134-135). Una traduzione è sempre legata al contesto della lingua target, allo stile individuale di ogni traduttore e alla sua interpretazione del testo. Raffrontare diverse traduzioni di un unico testo può mettere in luce eventuali ambiguità o incoerenze già presenti nel testo di partenza. Queste ambiguità, dovute a più motivi linguistici e non, riguardano gli ambiti del registro e sono riconducibili a diversi fattori culturali, ma difficilmente vengono notate nell’analisi monolingue di un testo.
Mona Baker ha aperto la strada a ricerche nell’ambito traduttologico corpus-based basato sui Translation Studies (TS). Muovendo dalle nozioni teoriche sul concetto di equivalenza, che ha subito un mutamento passando da una prospettiva concettuale a una situazionale e dal significato all’uso (Haas 1968; Firth 1957a, 1957b), si giunge agli studi descrittivi, in particolare quelli corpus-based. Gli studi concettuali e semantici si basano sull’introspezione, mentre quelli che si fondano sul contesto e sulla frequenza d’uso necessitano di una estesa quantità di dati autentici (Baker 1993: 237).
L’uso dei corpora nella traduzione è stato a lungo un campo inesplorato. Ancora oggi nell’analisi delle traduzioni ci si riferisce spesso a singoli testi o a un gruppo limitato di essi. Nei primi lavori condotti intorno a questo tema Baker pronosticava gli effetti che i corpora
49
avrebbero avuto sugli studi traduttologici, in quanto avrebbero permesso di identificare tutti quegli aspetti di un testo tradotto indispensabili per capire che cosa sia la traduzione e come essa funzioni nello specifico (Baker 1993). Oggi attraverso una semplice ricerca per parole chiave (corpus-based e traduzione) condotta su Google Scholar è possibile individuare una quantità di testi e contributi di studio che insistono sulla metodologia dei corpora per riflettere intorno alla traduzione specialistica e non solo (Megale 2008; Ulrych, Anselmi 2008; Gandin 2009; Ondelli, Viale 2010; Zanettin 2012; Millán, Bartrina 2013, e altri ancora si potrebbero citare).