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L’utilizzo del rendiconto finanziario nelle PMI in tempi di crisi

Nel documento La liquidità nelle piccole e medie imprese (pagine 139-147)

CAPITOLO 2 L’ANALISI DELLA DINAMICA MONETARIA

2.7 L’utilizzo del rendiconto finanziario nelle PMI in tempi di crisi

La definizione di piccola e media impresa (PMI) avviene, a livello comunitario, considerando alcuni parametri quantitativi come il numero dei dipendenti, il volume delle vendite ed il totale di bilancio. In base all’allegato della raccomandazione della Commissione n. 361/2003/CE del 6 maggio 2003, si definiscono piccole e medie imprese le aziende che hanno meno di 250 dipendenti ed un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o con un totale di bilancio, sempre annuo, inferiore a 43 milioni di euro (359). All’interno si dividono

359 Raccomandazione della Commissione n. 361 del 6 maggio 2003 “Definizione delle microimprese, delle

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rispettivamente in micro imprese, piccole imprese e medie imprese. Le prime hanno un numero di dipendenti pari od inferiore a 10 ed il fatturato/totale del bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro. Successivamente troviamo le piccole imprese con un organico inferiore a 50 persone, un totale fatturato o totale dell’attivo annuo dello stato patrimoniale inferiore a 10 milioni di euro. Infine, si definiscono medie imprese le aziende con un numero di dipendenti inferiore a 250 ed un fatturato o totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro (360).

Nell’attuale periodo di crisi, iniziato nel 2008, le PMI rappresentano un focus molto interessante visto che identificano la maggior parte delle società insediate nel nostro Paese. Infatti, si osserva che l’Italia con ben 5,3 milioni di imprese attive alla fine del 2013 è lo Stato europeo che possiede il maggior numero di microimprese e di piccole/medie imprese dell’Unione Europea (361). Dato che negli anni precedenti alla crisi la loro attività è stata fondamentale nella creazione di ricchezza (362), si è voluto osservare con attenzione la loro solvibilità vista la situazione di criticità che stanno tutt’oggi attraversando. La negazione al credito promossa dagli istituti bancari non ha di certo rafforzato la loro situazione già compromessa da una gravosa diminuzione delle vendite e da un coordinato allungamento del periodo di dilazione dei crediti concessi ai clienti. Ogni giorno le PMI riscontrano gravi difficoltà nel rispondere in termini monetari ai propri fabbisogni nei confronti di finanziatori, fornitori, dipendenti e Stato. Esse, da sempre, dipendono strettamente dalle disponibilità messe a disposizione degli istituti bancari e dal momento in cui questi ultimi hanno attivano una forte stretta creditizia, cosiddetta credit crunch, si sono trovate a rispondere ad una situazione di tracollo finanziario (363). Per molte di esse non c’è stata via di scampo se non quella del fallimento, generando così degli effetti sociali assai rilevanti (364). Il flusso di credito all’economia reale si è a tratti irrigidito generando da una parte l’incremento della

360 Ibid.

361 DE BERNARDIS G., “Rapporto Cerved PMI 2014”, vedi bibliografia, p. 7.

362 GALOSSI E., MORETTINI G., SIMONETTI M., TESELLI A., “Le piccole e medie imprese al tempo della

crisi. Politiche per le PMI, impatto della crisi e ruolo della formazione continua”, in Istituto Ricerche

Economiche e Sociali, rapporto di ricerca n. 7, settembre 2011, p. 4.

363 Per un apprendimento dell’argomento si rinvia a: PANETTA F., SIGNORETTI F., “Domanda e offerta di

credito in Italia durante la crisi finanziaria”, in Banca d’Italia. Questioni di Economia e finanza (Occasion

Papers), n. 63, Aprile 2010, p. 7.

364 “Sul versante del mercato del lavoro va segnalato, infatti, come l’indagine sulle Forze di Lavoro – Istat

evidenzi che, nel 2013, l’occupazione è scesa del 2,1% rispetto ad un anno prima (circa 480 mila persone in meno). Con ogni evidenza, la flessione degli occupati, la riduzione dell’intensità del lavoro (ore lavorate) ed un consistente ricorso agli ammortizzatori sociali si riflettono sul livello medio delle retribuzioni. A gennaio 2014, il tasso di disoccupazione cresce ancora e raggiunge quota 12,9%, mentre la disoccupazione giovanile (15-29 anni) a fine 2013 si attesta al 29,6%, con una situazione particolarmente preoccupanti per i residenti nel Mezzogiorno”, MAZZITELLI A., RONDINI L., SAPORITO C., “Le tendenze innovative della piccola e media imprenditoria italiana”, in Focus PMI, vedi bibliografia, p. 30.

133 domanda di prestiti, dall’altra invece, una manovra restrittiva dell’offerta da parte degli istituti bancari generando conseguenze negative sugli investimenti e sulla crescita aziendale. Il miglioramento visto nel 2014 non ha normalizzato completamente le condizioni di offerta, infatti, l’incremento riguarda principalmente le grandi aziende con solide condizioni di bilancio (365). Le PMI soffrono ancora oggi di una mancanza di credito. Secondo la ricerca dell’Istat mensile, la percentuale di aziende che non riescono ad ottenere i prestiti è pari al 14,5% delle aziende con un numero di dipendenti inferiore a 50 (366). Le PMI sono influenzate, inoltre, dalla fragilità della loro struttura interna, caratterizzata quasi sempre da una leva finanziaria piuttosto elevata ed, allo stesso tempo, da un’importante dipendenza dal credito bancario e, di conseguenza, da una bassa propensione al ricorso di forme alternative di finanziamento. Le posizioni debitorie sono, di norma, il 54% delle risorse complessive aziendali, determinando una sottocapitalizzazione delle fonti di finanziamento e generando così un’inevitabile stretta dipendenza dagli istituti bancari (367). In pochi casi le PMI hanno reagito cercando una via di uscita dalla crisi e dal forte storico legame con gli istituti bancari, implementando nel loro business innovazione ed internazionalizzazione (368).

La recessione dei mercati internazionali ha generato una fortissima stretta negli scambi e, di conseguenza, nella domanda influenzando le aziende con un irruente meccanismo a ricaduta. Inoltre, le PMI sono state travolte dalle difficoltà del settore di appartenenza, oppure, sono state influenzate dalla sofferenza delle grandi imprese a cui erano fortemente collegate. Esse, quindi, si sono trovate a combattere la crisi senza disporre degli opportuni strumenti necessari per fronteggiare il panorama esterno. La notevole rilevanza delle piccole e medie imprese, a livello europeo, ha portato la Commissione Europea ad emanare nel 2008 lo “Small Business

Act” (369). L’obiettivo alla base di questo documento consiste nello sviluppo

365 PANETTA F., “Crescita economica e finanziamento delle imprese. L’Italia fuori dalla crisi nel 2015?”, vedi

bibliografia, p. 5.

366 Ibid. 367 Ivi, p. 6.

368 GARBELLANO S., Come le medie imprese di successo hanno superato la crisi, Franco Angeli Editore,

Milano, 2015, p. 92.

369 “I dieci principi su cui si basa il documento sono i seguenti: 1) dar vita a un contesto in cui imprenditori e

imprese familiari possano prosperare e che sia gratificante per lo spirito imprenditoriale; 2) far sì che imprenditori onesti, che abbiano sperimentato l’insolvenza, ottengano rapidamente una seconda possibilità; 3) formulare regole conformi al principio “pensare anzitutto in piccolo”; 4) rendere le pubbliche amministrazioni permeabili alle esigenze delle piccole e medie imprese; 5) adeguare l’intervento politico pubblico alle esigenze delle PMI: facilitare la partecipazione delle PMI agli appalti pubblici e usare meglio le possibilità degli aiuti di Stato per le PMI; 6) agevolare l’accesso delle PMI al credito e sviluppare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali; 7) aiutare le PMI a beneficiare delle opportunità offerte dal mercato unico; 8) promuovere l’aggiornamento delle competenze nelle PMI e ogni forma di innovazione; 9) permettere alle PMI di trasformare le sfide ambientali in opportunità; 10) incoraggiare e sostenere le PMI perché beneficino della crescita dei mercati.” CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA

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dell’imprenditorialità, soprattutto per giovani talenti e per soggetti reduci da un’esperienza professionale non positiva. Un ulteriore obiettivo dell’elaborato è quello di omogeneizzare le legislazioni europee in modo da rendere più spicci e semplici gli adempimenti burocratici. Queste azioni si sono tradotte in utili strumenti di supporto ma non hanno risolto la situazione in maniera complessiva. Infatti, sono sempre più preoccupanti i numeri delle imprese: risalgono ad oltre 4.000 quelle che nel secondo trimestre del 2014 hanno aperto una procedura fallimentare, pari al 14,3% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno antecedente (370). Si evince quindi che esternamente le piccole e medie imprese non riescono a trovare la soluzione alla crisi nemmeno con gli strumenti proposti dal “Small Business Act”. Infatti le proposte di tale documento, recepite nei vari stati membri dell’Unità Europea, non sono sufficienti alle PMI per combattere la crisi; esse, perciò devono reagire ed, allo stesso tempo, devono adottare al proprio interno le azioni indispensabili per ritrovare il successo imprenditoriale. Per rimanere vive all’interno del mercato, le piccole e medie imprese, in termini generali, devono modificare la propria mentalità in modo da riuscire a trovare internamente la soluzione ai problemi in termini di liquidità. Il sistema integrato di analisi che fino all’inizio della crisi non era diffuso è da considerare come un elemento indispensabile per conoscere gli aspetti critici della gestione aziendale al fine di intraprendere le opportune strategie necessarie per il successo di qualsiasi iniziativa imprenditoriale.

Gli aspetti sui quali le imprese del nostro Paese avevano basato nel decennio precedente il loro sviluppo e la loro stabilità sul mercato internazionale, come ad esempio la qualità, la diversificazione, la flessibilità ed il prezzo, non sono, ad oggi, accettabili elementi per il successo (371). In quest’ottica l’azienda ha dovuto cambiare la propria strategia di pari passo allo stravolgimento dell’ambiente esterno.

La disponibilità di liquidità, con l’arrivo della crisi, è diventato un aspetto indispensabile per tutti i piccoli e medi imprenditori che hanno deciso di superare il dissesto attraverso una nuova idea di strategia aziendale volta all’innovazione ed alla prosperità in un’ottica aziendale di medio e lungo periodo. Da qui ne discende l’importanza del corretto monitoraggio dell’andamento dei flussi di cassa in un sistema di analisi integrato, in modo da osservare i

ARTIGIANATO E AGRICOLTURA, “Lo small Business Act”, in Collana editoriale ―I quaderni per

l’imprenditoria‖, n. 1, maggio 2011, p. 9.

370 ARLOTTA C., ET ALII, La crescita delle PMI attraverso strumenti di finanza innovativa. Mini Bond,

Cambiali finanziarie, AIM, Progetto Elite, SPAC, Incentivi allo sviluppo, Franco Angeli Editore, Milano, 2014,

p. 19.

371 MAZZITELLI A., RONDINI L., SAPORITO C., “Le tendenze innovative della piccola e media

135 risultati ottenuti con l’intento di comprendere la dinamica finanziaria dell’azienda (372). Il documento che rappresenta la dinamica monetaria aziendale è il rendiconto finanziario, il quale non risulta essere uno dei documenti più utilizzati dato che il legislatore fino a poco tempo fa non ne obbligava la redazione. Infatti, le PMI non sono solite a redigere il rendiconto finanziario anche se la dottrina ne suggerisce da sempre l’utilizzo ed i principi contabili nazionali ed internazionali ne disciplinano il contenuto. Va sottolineato che il codice civile, anche dopo l’ultima modifica di agosto 2015, non prevede la redazione del documento per le aziende che redigono il bilancio in forma abbreviata e per quelle che rispettano i limiti quantitativi richiamati nella definizione, inserita nel codice stesso, di micro impresa. Vista la non obbligatorietà, la gran parte delle piccole e medie imprese non redigono spontaneamente tale documento privilegiando solo gli obblighi normativi a scapito di quelli informativi. Alla base di una mancata redazione diffusa vi è anche un’avvertita complessità nella sua elaborazione, oltre che una concentrazione particolare da parte del management aziendale esclusivamente nei documenti obbligatori di bilancio. Infatti, nelle PMI il focus è da sempre diretto principalmente, in primo luogo, sulle grandezze del conto economico quali ad esempio il fatturato, il margine operativo lordo, il risultato ante imposte e l’incidenza dell’aspetto fiscale su questi risultati. Successivamente, l’attenzione è concentrata sui risultati di stato patrimoniale e sull’analisi statica per indici tralasciando l’analisi dinamica per flussi (373). Ne discende che la rappresentazione dei risultati aziendali nei confronti dei così detti “portatori di interessi” non segue una logica dinamica, bensì ne privilegia quella statica.

Proprio in questo periodo di criticità le PMI devono definire un stretto rapporto diretto e trasparente con i propri stakeholder anche nella rappresentazione dell’equilibrio monetario, in quanto, grazie alla sintonia con gli stessi, si determina un valore aggiunto aziendale. Il mercato non lascia un minimo spazio alle zone cupe ed ai comportamenti oscuri, ne consegue che i soggetti che non seguono gli standard di trasparenza sono destinati a scomparire dal meccanismo (374). La comunicazione finanziaria, a tal proposito, gioca un ruolo fondamentale in quanto deve comunque rispettare le istruzioni normative intese come obblighi di contenuto e di pubblicazione. La disciplina normativa però, lascia un grande spazio e, di conseguenza, le informazioni ottenibili nei documenti obbligatori sono spesso influenzate dagli scopi che ogni azienda intende perseguire con la propria comunicazione finanziaria. La presenza di alcuni

372 BENCINI F., MARINESI S., “Basilea 2: il ruolo del rendiconto finanziario nelle PMI. Uno strumento

essenziale di comunicazione e analisi aziendale”, in Contabilità finanza e controllo, n. 2, febbraio 2006, p. 100.

373 Ibid.

374 GETTO M., DURANDO S., “Il rendiconto finanziario in forma diretta”, in Amministrazione & Finanza, n. 8,

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elementi di vincolo posti dalla normativa, “non rappresenta una garanzia di qualità”, anzi, a volte sono interpretate dalle imprese in maniera da generare informazioni di bilancio agli stakeholder molti distanti dai requisiti minimi di trasparenza e neutralità dell’informativa (375). La comunicazione finanziaria è, perciò, un elemento immateriale di primaria importanza per lo sviluppo delle aziende. La trasparenza viene definita come prontezza da parte dell’azienda nella rappresentazione e diffusione delle informazioni. Essa deve considerare i differenti profili interpretativi degli stakeholder data la varietà dei fruitori delle informazioni; di conseguenza, è opportuno che l’azienda ponga una particolare attenzione alla comunicazione finanziaria dosando i messaggi che si vogliono trasmettere. La consapevolezza dell’importanza dei dati generati del rendiconto finanziario, non solo secondo l’aspetto della qualità della comunicazione finanziaria, ma anche di strumento interno di informazioni relative ai flussi monetari, ha alimentato nelle PMI un’indispensabile ed insostituibile attività di analisi e comprensione dei processi di creazione/consumo delle risorse monetarie al fine di ottenere un’ottimizzazione del governo della liquidità (376).

In aggiunta a questi aspetti, si deve sottolineare che la redazione del rendiconto finanziario, come del resto l’implementazione di qualsiasi altro documento, richiede un dispendio di risorse in termini di costi, tempo impiegato e know how (377). La scelta dell’utilizzo dello strumento in questione, indipendentemente dalla dimensione aziendale, deve essere necessariamente economica, ossia deve avere una spesa tale da non superare i benefici economici che ne derivano. Infatti, come ogni strumento di controllo, ha un costo specifico inteso in termini di risorse tecniche e di risorse umane da impiegare ad esso. È impensabile beneficiare degli output del rendiconto finanziario senza impiegare alcuna risorsa visto che esso richiede dei notevoli sacrifici sia in termini di tempo, sia di professionalità. Se dall’impiego di queste risorse ne risulta, però, uno strumento adeguato a monitorare l’equilibrio finanziario dell’impresa attraverso l’analisi dei flussi di liquidità, ed in grado di constatare il grado di solvibilità della stessa per prevenire a situazioni di dissesto finanziario e, nei casi più gravi, al fallimento, allora il vantaggio che ne deriva dalla sua implementazione può essere di gran lunga superiore al costo sostenuto.

375 Ibid.

376 GETTO M., DURANDO S., “Il rendiconto finanziario in forma diretta: dalla teoria alla pratica nel gruppo

Viasat”, in Amministrazione & Finanza, n. 12, dicembre 2013, p. 25.

377 A proposito del know how aziendale Mariani e Silva affermano che “l’essere in grado di sapere con veloci

automatismi l’impatto di determinate decisioni o accadimenti sull’equilibrio finanziario dell’impresa non solo velocizza il processo decisionale ma tutela la buona gestione dell’impresa stessa”, MARIANI C., SILVA A., Il

controllo del flusso di cassa. Come prevedere e gestire il cash flow per la solidità finanziaria dell’impresa,

137 Infine dall’analisi dei diversi sub aggregati nel documento di rendiconto finanziario si possono ottenere informazioni, anche per le PMI, circa l’assorbimento o la generazione di liquidità e, conseguentemente, mettere in atto le dovute politiche aziendali al fine di correggere eventuali squilibri dovuti a particolari aree della gestione dell’impresa prima che diventino insanabili.

Per queste ragioni, il sistema di analisi integrato deve essere alimentato sulle specifiche caratteristiche dell’azienda oltre che sulle peculiarità amministrative ed organizzative. Quindi, è opportuno porre, in definitiva, una particolare attenzione sull’importanza della redazione del rendiconto finanziario, indipendente dagli aspetti giuridici di obbligatorietà o meno di presentazione del documento da parte delle aziende di piccole e medie dimensioni.

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