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Valutazione dei progetti partecipativi

5. QUARTO CAPITOLO

5.10 Valutazione dei progetti partecipativi

In conclusione è bene fare un breve accenno alle modalità di valutazione dei progetti partecipativi che, come sappiamo, risultano strumento utile per misurare l’impatto dei progetti passati e guidare le iniziative future.

Sebbene i progetti partecipativi non richiedano tecniche di valutazione particolarmente diverse dagli altri tipi di progetti, ci sono quattro considerazioni che rendono questi progetti unici in sede di valutazione: riguardano il processo e il prodotto, in quanto chiedono agli individui di fare qualcosa per il loro funzionamento, perciò la valutazione dovrà concentrarsi sul comportamento del partecipante e sull’impatto delle sue azioni, le cui conseguenze possono essere interne, come un dialogo maggiore fra i visitatori, ed esterne, come lo sviluppo di nuove abilità o relazioni migliori; non si

rivolgono solo ai partecipanti, per cui è importante definire le mete e stimare i risultati

anche per i membri del personale ed il pubblico che non partecipa; in quanto basati sul processo, spesso i progetti traggono profitto da tecniche di misurazione incrementali

ed adattabili, che possono aiutare progetti complessi a rimanere allineati alle loro mete

finali, in relazione a tutti coloro che ne sono coinvolti, nel corso del loro sviluppo; qualche volta è utile rendere partecipativo lo stesso processo di valutazione, in particolare nel caso di progetti co-creativi e di hosting, in cui i partecipanti hanno un alto livello di responsabilità per la riuscita del progetto.

Nel valutare l’impatto dei progetti di partecipazione dobbiamo quindi tenere presente che gli obiettivi guidano le conseguenze, la cui incidenza ed impatto è misurata e stimata tramite indicatori osservabili: questi tre passi non sono gli unici nella valutazione dei progetti di partecipazione, ma spesso questi coinvolgono obiettivi e conseguenze diversi da quelli valutati nei tradizionali progetti museali.

Conseguenze come l’autorizzazione ed il dialogo comunitario, infatti, non sono adatte a strumenti di valutazione tradizionali che tendono a misurare il prodotto piuttosto che l’impatto: bisogna perciò essere pronti ad istruire i direttori ed i sostenitori riguardo modi alternativi di analizzare le mete e le conseguenze dei progetti, ed includere l’adattamento dello strumento di valutazione come parte del processo di sviluppo del progetto e del bilancio, in maniera tale che il budget e la gestione del personale corrispondano alle reali necessità di partecipazione nel corso del progetto.

In particolare, quando si parla di questo specifico tipo di progetti culturali, sorgono alcune problematiche comuni.

In primo luogo alcuni professionisti culturali percepiscono le esperienze partecipative come una moda passeggera e poco accattivante: concentrarsi sull’attinenza alla missione aiuterà queste persone a vedere il potenziale valore sociale ed istituzionale della partecipazione, che va ben oltre il mero scopo pubblicitario e di diletto.

Si riscontra poi come i progetti di partecipazione stiano minacciando le istituzioni poiché comportano un parziale cedimento di controllo. Al contrario di altre pratiche per l’innovazione, come l’investimento nella tecnologia, cui si associano pesanti oneri finanziari, questi progetti non hanno bisogno di grandi costi per essere sviluppati e portati avanti: piuttosto influiscono sulle modalità in cui i membri del personale del museo e gli amministratori percepiscono l’immagine, lo status, e il contenuto dell’istituzione. Per portare avanti un progetto di successo, bisogna quindi essere disposti a coinvolgere gli stakeholder in un dialogo riguardo le modalità in cui la partecipazione possa divulgare o snaturare il brand e il contenuto dell’istituzione: discutere riguardo le conseguenze positive e negative della partecipazione del

visitatore può aiutare i membri del personale ad esternare le proprie preoccupazioni ed esplorare nuove prospettive.

Come abbiamo avuto modo di vedere, inoltre, i progetti partecipativi cambiano profondamente le relazioni tra l’istituzione ed i visitatori: se i membri del personale considerano i visitatori una massa indistinta di consumatori, sarà difficile imporre l’importanza di integrare le voci e le esperienze di questi nel contenuto esperienziale del museo. Inoltre, se ai membri del personale non è permesso di essere intimi ed aperti con i visitatori, probabilmente non saranno capaci di facilitare il dialogo o gestire con successo progetti comunitari: ci deve essere fiducia reciproca ed interesse genuino fra i membri del personale ed i visitatori per incoraggiare con successo la partecipazione.

In ultimo, i progetti di partecipazione richiedono più tempo da parte del personale ed un maggiore bilancio stanziato per le operazioni rispetto a quello per lo sviluppo. Mentre molti progetti delle istituzioni culturali generano prodotti (programmi, eventi, esposizioni, performance) che vengono messi a disposizione già completi e sono mantenuti per un periodo di tempo determinato, i progetti partecipativi sono presentati allo “stadio iniziale” ed evolvono e si sviluppano col tempo, perciò i membri del personale progettuale, che in altre circostanze si sarebbero messi a lavorare su altri progetti subito dopo l’apertura della mostra, potrebbero aver bisogno di continuare a gestire il progetto per tutta la durata dell’esposizione.

La speranza è che, nel futuro, le istituzioni siano completamente aperte all’attività partecipativa, utilizzando il coinvolgimento come veicolo per l’esperienza di visita: si deve immaginare un luogo in cui i visitatori ed i membri del personale condividano i propri interessi ed abilità; un luogo in cui le azioni di ciascuno siano unite a quelle di altri in un unico e flessibile contenuto per la mostra, in cui le persone discutano sugli oggetti esposti con amici ed estranei, condividendo storie ed interpretazioni diverse; un luogo in cui le persone siano continuamente invitate a contribuire, collaborare, co- creare e cooptare le esperienze ed i contenuti di un progetto; un luogo dove le comunità ed i membri del personale si uniscano nella misurazione dell’impatto; un luogo che migliori quanto più le persone lo utilizzino. Un luogo in cui la partecipazione sia un “e”, non un “o” (Simon, 2010).