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§ 1. — Il problema del grado di variabilità dei fenomeni ha sempre vivamente interessato gli studiosi di ogni cate-goria di fatti, siano pure tali categorie le più lontane le une dalle altre; e ciò indipendentemente dal modo e dalla possibilità di misurare tale variabilità.

Nell'esame della vita sociale, il grado di variabilità fu indicato come indice dell'importanza di questo o di quel fenomeno sociale : da H. Taine, per esempio, col dirsi che l'importanza di un dato fenomeno sociale. è in ragione in-versa del grado di variabilità del fenomeno stesso. E su tale principio il Taine basò alcune sue essenziali vedute sulla filosofia dell'arte, le quali, sebbene alquanto risen-tano di quello spirito, un pò rigido, di sistema, che ispira tutta la filosofia dell'arte di quell'autore, sono, tuttavia, del più vivo interesse. » Che cosa è, — egli si chiede, — un carattere fondamentale » ? E scrive : << La invariabilità, più o meno grande, di un carattere, gli dà, in una gerarchia di caratteri, un posto più o meno importante » (1). Da cui, anche, il criterio di ripartizione, aggiungiamo noi, dei fatti sociali, in fatti variabili, e fatti quasi invariabili o costanti. Se, nella vita sociale, invero, esistono fatti va-riabili e fatti costanti (questi ultimi, abbiamo chiamato altrove residui) (2), sembraci doversi basare su questi

( 1 ) H . T A I N E , PMlosophie de l'art, XII édit., Paris, 1906, t. Il,

p. 239-245.

(2) A . NICEFORO, Il progresso, risposta all'Inchiesta della «Rivista

ultimi, soprattutto, un esame sociologico obbiettivo della vita sociale. E, sempre nell' esame della vita sociale, H. Spencer, dal suo canto, afferma che l'evoluzione del-l'Umanità è data da un accrescersi dell' eterogeneità (e, dunque, della variabilità). Anzi, tal,e « legge » è portata su campo più vasto del sociale poiché si parla, sempre dallo Spencer, e da un lato, dell'aumento dell'eterogeneità della materia durante l'evoluzione, e dall'altro dell'aumento di eterogeneità che si farebbe sentire anche nell'evoluzione delle arti e della letteratura (1). Dirà, a sua volta, E. Dur-kheim che, tanto più le società sono primitive, e tanto più, in esse, gli individui sì raésomigliano; più noi ci facciamo indietro nella storia, e più troviamo omogeneità (2). Ag-giungeremo : la ricerca del grado di eterogeneità di una Nazione in confronto ad altra, per quel che riguarda la sua composizione territoriale e demografica, o la ricerca del grado di eterogeneità di una classe sociale in confronto con altra, non sono forse ricerche tra le più interessanti e le più eleganti che abbiano a dibattere i moderni studi della vita sociale ?

Anche l'esame, poi, della vita psichica, perfino nelle sue forme più delicati, ha sempre sentito la necessità di ricercare e apprezzare la variabilità dei fatti psichici : si differenziano tra loro, per esempio, di più, gli uomini, per i caratteri psichici superiori o per gli inferiori ? Si diffe-renziano maggiormente, tra loro, gli uomini, nelle manife-stazioni di un medesimo carattere psichico, durante lo stato di làvoro, di fatica, o di riposo ? Si differenziano tra loro maggiormente gli intelligenti o i non intelligenti ? Sono, questi, alcuni esempi soltanto di temi che, trattati dalla psicologia sperimentale, hanno a base l'esame della variabilità.

Nè occorre far cenno dell'esame della vita fìsica e fi-siologica dell' uomo, esame che 1' antropologia cerca tra-durre in cifre : la variabilità delle diverse parti del corpo umano, quella dei caratteri fisici dei primitivi in confronto

( 1 ) H . S P E N C E R , / primi principii, paragrafi i n e seguenti, pp. 2 5 4 e seg. dell'ediz. it. Torino, 1901.

( 2 ) E . D U R K H E I M , De la division du travati social, Paris, 1 8 9 3 pp. 143-153 e seg.

con i caratteri fisici dei popoli superiori, la variabilità dei caratteri fisici dell'uomo in confronto con quelli della donna, e via dicendo, sono temi che sempre più hanno il dono di attirare l'attenzione degli antropologi (1). Quello speciale ramo, poi, dell'antropologia, che è la cosi detta « eugenica », di recentissimo sviluppo, tratta ad ogni istante e sotto i più vari aspetti, il problema della variabilità: quando si chiede, ad esempio, se i primogeniti siano più variabili degli ultimogeniti; se il grado di variabilità di un gruppo di nati sia in rapporto con l'età , dei genitori; e si-mili (2).

Quante volte, infine, botanici e zoologi ebbero a trat-tare il problema della variabilità, e si sforzarono di dare

misura più o meno precisa della variabilità stessa nel mondo delle piante e degli animali ! Da Carlo Darwin che, ad ogni passo delle sue opere, si chiedeva se per questa o quella categoria, o si ttocategoria, di fatti biologici la va-riabilità di tale o tale pianta o di tale animale è maggiore o minore (ma parla di variabilità tanto da specie a specie o da razza a razza quanto da esemplare a esemplare della stessa specie o della stessa razza), si è oggi giunti ai più recenti studi di «biometrica)) che hanno moltiplicato le misure della variabilità di ogni carattere negli animali o nei vegetali con metodi precisi ed esatti di misura (3). Chè poi, perfino nel mondo della natura inorganica viene spesso fatto di parlare della variabilità di questo o quel fenomeno, e se ne cerca dare, sia pur con metodi grossolani ed em-pirici, qualche misura. « La mitezza del clima francese, — si legge in qualche recente trattato di geografia, — trova la sua espressione nella breve ampiezza delle variazioni della sua temperatura » (4). Si vedrà, più in là, che

me-li) Si veda un riassunto dei risultati ottenuti in tale campo con metodi di misura precisi, nel volume: C. B. DAVENPORT, Statistical methodx,

New York, 1904, II ediz., p. 62.

(2) V. la pubblicazione, fatta a cura del I Congresso intern. di Euge-nica, tenuto a Londra nel 1912: Problems in Eugenies, London, 1912. (3) C. D A R W I N , Sull'origine delle specie, ediz. it., Torino, 1875, p. 49

e segg. Per la misura della variabilità nelle piante e negli animali vedi la citata opera di C. B. DAVENPORT.

(4) I I . BUSSON-, .1. F È V R E ; I I . H A U S E R , La France d'au'lourd'hui, Paris,

todi precisi vi sono per misurare, anziché sui semplici scarti estremi, tale variabilità. E si vedrà anche, che molti fatti del mondo inorganico possono e debbono es-sere esaminati in quanto alla loro variabilità, della quale si può dare misura.

In conclusione, ogni categoria di fatti, da quelli della natura detta, o creduta, inerte, e cioè dai fatti del mondo inorganico a quelli del mondo organico e quindi della vita delle piante, degli animali, dell' uomo e della psiche, a quelli del mondo superorganico, ossia della vita sociale, presenta allo studioso una quantità di problemi fondati sulla ricerca e sulla misura della variabilità.

§ 2. — Cercare il grado di variabilità della massa os-servata, ed esprimere con una sola misura tale variabi-lità, è aggiungere nuovo valore segnaletico a quelli già cercati e calcolati.

Questo nuovo valore è tra i più importanti a conoscersi. Il grado di variabilità muta da categoria a categoria di fenomeni, e muta anche, per lo stesso fenomeno, a seconda che si manifesti in questo o in quell' ambiente, presso questo o quel gruppo di individui, in questa o quell'epoca, e così di seguito. Se tutte le manifestazioni di un dato fe-nomeno si presentassero in modo rigorosamente uguale, la variabilità sarebbe nulla; e verrebbe indicata da zero. Ma quando ciò non accade, e quando tra le varie manife-stazioni sono differenze più o meno grandi, è evidente che Ci si trova di fronte a più o meno grande variabilità; in che modo misurarla, ed esprimerla con una sola cifra, o valore segnaletico ?

§ 3. — Molteplici tentativi furono fatti, e da tempo, per misurare, grazie a una sola cifra, il campo di variabilità di un fenomeno, e giungere quindi ad un indice di va-riabilità (che è misura della vava-riabilità assoluta) o a un coefficiente di variabilità (che è misura della variabilità

relativa, ossia della variabilità assoluta messa in rapporto

con una delle tante grandezze del fenomeno; generalmente con una grandezza media).

I primi e semplici metodi di misura, adoperati soprattutto da antropologi, furono grossolani e, diremo cosi, empirici.

Si suggerì di calcolare, semplicemente, la differenza tra la massima grandezza e la minima del fenomeno

(am-piezza assoluta delV oscillazione), differenza da mettersi,

poi, in rapporto, per ottenere l'ampiezza relativa dell'o-scillazione, sia con la grandezza media (aritmetica) del fenomeno, sia con la grandezza mediana, sia con la gran-dezza massima. Chiamiamo M„ la grangran-dezza, o misura, mas-sima del fenomeno e m" la grandezza, o misura minima, M la media aritmetica, Mn(I la mediana. Potremo allora rappresen-tare le su accennate misure, nel modo che segue.

Ampiezza assoluta dell'oscillazione = M0 — m0.

M0— m0 .

Ampiezza relativa dell'oscillazione = (misura

ado-M

perata dal Broca), oppure —".r—— (misura adoperata dalla M na

scuola del De Giovanni), oppure — — (misura adope-M0

rata dalla medesima scuola del De Giovanni e dall'Oehrn). In un secondo tempo, poi, si notò (dal Vaschide e dal Binet) che era pericoloso ricercare gli elementi su cui cal-colare la misura della variabilità, nelle due sole grandezze estreme: essere più ragionevole cosa porre a fronte il gruppo delle misure massime e il gruppo delle misure minime. E si suggerì, quindi, data una seriazione, di prendere in esame le misure presentate dagli individui, o esemplari, formanti il primo 25 % della seriazione (misure minime) e quelle dell'ultimo 25% (misure massime) e di porre a fronte la media aritmetica delle prime alla media aritmetica delle seconde. La semplice differenza tra queste due medie, darà la variabilità assoluta del fenomeno, che indicheremo così

S M„ _ Z m0 11 > "„

Si avrà, d'altra parte, misura della variabilità relativa, ri-solvendo la proporzione seguente

2 Mn 2 m„

2 : - : : 1 0 0 : x.

»> n

Si arriverà quindi a una cifra che misura la variabilità relativa, cifra la quale cresce in ragione inveì sa (lei grado

di variabilità del fenomeno. Essa indica, cioè, che cosa di-venta la media delle misure minime se la media delle misure massime è fatta uguale a 100.

Antropologi e psicologi studiarono ricorrendo, per esem-pio, al metodo dell'ampiezza della oscillazione, tanto per gli individui che per i gruppi, molti caratteri fisici, quali la statura, il peso, il cranio dell'uomo (Topinard); — affer-marono (grazie al rapporto del Broca) che la variabilità, relativa, delle misure rettilinee corte del cranio è più alta dela variabilità delle più lunghe (Broca); — e dall'am-piezza dell'oscillazione si cercò anche dare giudizio circa il grado di purezza della razza (Broca, Topinard). Grazie, inoltre, al rapporto tra 1' ampiezza dell' oscillazione e la media o la mediana del carattere o al rapporto tra la misura massima e la minima, si credette trovare, dalla psicologia sperimentale, che di mano in mano che dai processi più semplici si sale ai processi più complessi, la variabilià si fa più grande, vale a dire che gli uomini si differen-ziano tra loro sempre più a misura che consideriamo ele-menti sempre più complessi dell'intelligenza (Oehrn); si aggiunse che la fatica rende più ampie le oscillazioni o variabilità, delle attività mentali, e le rende, anzi, tanto più variabili quanto sono più elevate; —- servendosi, poi, del-l'uno o dell'altro di tali metodi, e di quello del rapporto tra le misure massime e le minime, si cercò di stabilire una gerarchia della variabilità delle varie parti e delle varie funzioni del corpo umano; di mostrare che l'esercizio diminui-rebbe la variabilità (e così l'emulazione) in prove successive della medesima funzione fisiologica o mentale (Vaschide e Binet). Fatti, tutti, del più vivo interesse) ma da esplorarsi ancora, a nostro giudizio, con metodi più precisi di calcolo della variabilità, prima che si possa realmente venire a conclusioni definitive (1).

(1)' P. TOPINARD, L'anlliropologle, ecc. Paris, 1 8 0 5 , p. 2 8 7 ; — P . IÌROCA

La méthode des moyennes, ecc. in Mémolres d'anthropologle, t. IV

Paris, 1 8 8 3 , p. 7 2 3 ; — P. BROCA, L'indice nasal, in C Revue d'Anthropo-logie», Paris, 1 8 7 2 , pp. 2 5 - 2 6 , in cui si nota che l'indice cefalico non deve oltrepassare una oscillazione di 10 unità nelle razze pure, e l'In-dice nasale di 20. Vedi anche TOPINARD, nello stesso senso, in « Revue d'Anthropologle », Paris, 1880, p. 145. Vedi anche il volume: A. DE

§ 4. — Si noti, sempre per rimanere nel campo di que-ste misure empiriche della variabilità, che una misura della variabilità (relativa) che conducesse a un coefficiente oscil-lante tra 0 e 1 indicante con 0 variabilità nulla e con 1 va-riabilità massima, si potrebbe avere mettendo in rapporto la differenza tra misura massima e minima con la somma

M„ — m„

di queste due misure, e cioè calcolando — (1). M0 + m0

Oppure, meglio ancora, servendosi di tale rapporto e A — B del metodo Binet-Vaschide, insieme; calcolando cioè—; — A -)- B in cui B è la. media del primo 25 % delle misure (le più basse) e A la media dell'ultimo 25 % delle misure (le più alte).

§ 5. — Anche i quartili sono stati a lor volta invocati per un calcolo che dovesse portare a misura della variabilità. Poiché il quartile inferiore separa il primo quarto delle frequenze della distribuzione, e il quartile superiore l'ul-timo quarto (vedi, qui indietro, il paragrafo 2 del capitolo IV), una maggiore o minore distanza dei quartili dalla me-diana dà idea di maggiore o minore dispersione della distri-buzione di frequenze. Quindi, la semidifferenza dei quartili potrà dare misura della variabilità assoluta. Proporzionando tale variabilità, che si potrebbe chiamare y in ricordo del

Galton a cui si debbono i suggerimenti per tali calcoli, alla mediana, oppure anco, se si vuole, alla media aritmetica, oppure, ancora, e, meglio, calcolando il rapporto fra la differenza dei quartili e la somma dei quartili stessi, si potrà avere idea della variabilità relativa, del fenomeno stu-diato. Quest'ultimo rapporto darà sempre valore oscillante tra 0 e 1, valore che cresce col crescere della variabilità

GIOVANNI, Lavori dell'Istillilo ecc., t. I I , Padova, 1 0 0 4 - 1 9 0 5 ; — G . VIOLA, Lettura 3.; — A. OEHKN, in Kraeplin's psych. Arlieit., t. I, Leipzig, 1896; — A. B I N E T et N. VASCHIIIE, in « Année psychologique », t. I V , Paris, 1898, p. 137.

- (1) H . SECRIST, An ivtroduction to statistical melhods, New York, 1917,

del fenomeno. Si avrà, dunque, per la variabilità assoluta,

Q, — Q, Q, — Q,

T = — * — e per la relativa r — ; - (1). Un coefficiente 2 + W , di variabilità relativa potrebbe anche ottenersi calcolando

Q, — Q, u Qi — Q) M

0

— ni,,

r = —M 5 , o anche —2 —1 ; - — — ? .

0 — in 2 2

Ma è evidente che misure della variabilità basate sui quartili non dànno peso alle variazioni estreme della seria-zione; esse portano, per così dire, soltanto su quella parte della seriazione che si trova tra il l.o e il 3.o quartile; di-remo dunque, che contribuiscono soprattutto a caratterizzare quella parte della seriazione che sta più vicina alia me-diana.

§ 6. — Con lo scopo di costruire delle seriazioni le quali contribuissero a dare idea del modo con cui si distribui-scono i giovani delle scuole in rapporto alla loro abilità nel sostenere gli esami finali (contributo allo studio della distribuzione degli individui per abilità mentale) noi ab-biamo fatto lo spoglio dei punti ottenuti in varie prove, scritte e orali, e in varie materie d'esame per il prosciogli-mento e per la licenza elementare, nella scuola elementare Vittorio Emanuele di Roma (anni 1909-10 e 1910-11). E ci serviremo di queste nostre distribuzioni per dare esempio dei diversi modi di misura della variabilità or ora accen-nati. Ci fermeremo soltanto a gruppi omogenei, e precisa-mente ai risultati degli esami scritti di italiano per il pro-scioglimento, e terremo separati i maschi dalle femmine. Ot-terremo le due seguenti seriazioni (Tabella XXX).

L'ampiezza dell'oscillazione (assoluta) è di 9 — 2 = 7 per i maschi e di 9 — 4 = 5 per le femmine. Si noti che in questi calcoli prendiamo il valore centrale della classe considerando, per esempio, il punto 2 come 1,5... 2,5 ecc. La media aritmetica è di 6,33 per i maschi e di 6,49 per le bam-bine; quindi, l'ampiezza relativa dell'oscillazione sarà rispetti-vamente di 1,11 e di 0,77. La mediana è di 6,32 per i maschi e di 6,43 per le bambine (come si è detto, ogni punto, in tali nostri calcoli è considerato come se fosse valore centrale

(1) Per la variabilità calcolata con quest'ultima formula, vedi A. L. B O W L E Y , Elements of statistics, III ediz., London, p. 13G.

di una classe, e cioè il 6 come se fosse 5,50-6,50; il 7 come se fosse 6,50-7,50 ecc.) e per conseguenza l'ampiezza dell'o-scillazione, se fatta relativa alla mediana anzi che alla media, è 1,11 per i maschi e di 0,78 per le bambine. Propor-zionando, invece, la differenza tra massimo e minimo al valore massimo (fatto quest'ultimo uguale a 100) si avrà una variabilità (relativa) di 78 per i maschi e di 56 per le bam-bine.

TABELLA X X X

Punti ottenuti

dagli alunni della Smola elementare Vittorio Emanuele di Roma, nelle prove scritte di italiano agli esami di proscioglimento.

P u n t i

Numero di giovani clie hanno ottenuto • il punto qui a fianco P u n t i Maschi Femmine 0 1 2 1 3 2 4 2 1 ì 5 4 7 2 0 6 1 5 6 6 3 7 1 1 6 5 0 8 4 5 2 2 9 8 2 10

Totale dei giovani 3 9 6 1 5 8

Come si vede, queste prime misure empiriche, accusano sempre una variabilità un po' più grande per i maschi .in confronto con le femmine.

I quartili, d' altro canto, sono, per i maschi, 5,68 e 7,11, — e per le bambine, 5,80 e 7,21. La media dei punti ot-tenuti da tutti coloro che. cadono nel primo 25 % è di 5,00 per i maschi e di 5,45 per le bambine; la media dei punti di tutti coloro che cadono nell'ultimo 25 % è di 7,62 per i

variabilità col proporzionare la media delle misure più basse alla media delle misure più alte, fatta quest'ultima uguale a 100, si avrà 65,6 per i maschi e 71,1 per le bambine (si ricordi che,qui, l'ammontare di tale misura è inversamente proporzionale alla variabilità). E ricorrendo, invece, alla semidifferenza dei quartili (variabilità assoluta) si avrà 0,72 per i maschi e 0,71 per le bambine. Facendo il rapporto tra la differenza dei quartili e la loro somma si avrà (va-riabilità relativa) 0,11 tanto per i maschi quanto per le bambine.

Infine, col rapporto tra la differenza del massimo col minimo e la somma del massimo e del minimo, si avrà 0,64 per i maschi, 0,38 per le bambine, e col rapporto tra la dif-ferenza della media dei massimi con la media dei minimi, da un lato e la somma della media dei massimi e di quella dei minimi, dall'altro, si avrà 0,21 per i maschi e 0,17 per le bambine.

In conclusione :

a) con ogni sorta di misura si ottiene maggiore

varia-bilità, tanto assoluta che relativa, per i maschi, ma mag-giore variabilità dei maschi, tuttavia, di poco o pochissimo superiore a quella delle bambine. Con una misura, anzi, quella basata sui quartili, tale variabilità è uguale o pres-socchè uguale;

b) Si trova, anche, che per tutti i valori indicanti la

media, la mediana, e i quartili, le bambine ottengono punti leggermente superiori a quelli dei maschi. Il « sistema », dunque, dei punti delle bambine è leggermente scostato verso i più alti valori, in confronto col « sistema » dei punti dei maschi; ed è un po' meno variabile.

§ 7. — Metodi più precisi, ed oggi più generalmente usati dai tecnici del metodo statistico, esistono, i quali fanno en-trare nel computo che si deve eseguire, non già pochi va-lori della seriazione, come i massimi e i minimi soltanto, o i quartili, m a tutte le grandezze delle frequenze che compon-gono la seriazione stessa.

Siffatti metodi, — almeno i principali, — possono così in-dicarsi :

1) calcolo dello scostamento semplice medio dalla media aritmetica;

2) calcolo dello scostamento semplice medio dalla

me-diana-,

3) calcolo dello scostamento semplice medio dalla

ci moda )>;

4) calcolo dello scostamento quadratico medio dalla media aritmetica.

Ricordiamo che, data una serie di termini, ogni diffe-renza tra ognuno di essi termini e la media aritmetica di tutti questi termini, è uno scostamento dalla media aritme-tica; e lo stesso dicasi, mutando ciò che si deve mutare, per gli scostamenti dalla mediana e dalla « moda ». Giova anche, a questo proposito, ricordare che quello scostamento che è mediano tra tutti gli scostamenti dalla media arit-metica si chiama «scostamento mediano'».

Il 1) è dato dalla media aritmetica dei valori assoluti degli scostamenti dalla media aritmetica, ed è indicato da

n

Il 2) e il 3) sono dati dalla media aritmetica dei valori assoluti degli scostamenti dalla mediana, o dalla moda, ri-spettivamente, e sono indicati da

, 1X™na , -XMr f a

e, = e da e„ = . n n

Il 4) è dato dalla radice quadrata della media dei

qua-y

2a;2

— • — — .

Queste quattro misure sono misure assolute della va-riabilità, o indici di variabilità. Divengono misure relative quando ognuna di esse misure sia messa in rapporto con la misura da cui fu calcolato lo scostamento; divengono, quindi coefficienti di variabilità, da indicarsi rispettivamente

M • M„„' Ma. ' M '

Quest'ultimo coefficiente, che è tra i più usati, si suole in-ai

dicare con. C.V. '00, e misura la variabilità del

nomerio, quando sia fatta uguale a 100 la media aritme-tica del fenomeno stesso (1).

§ 8. — Il calcolo dei predetti indici e coefficienti non presenta davvero difficoltà. Basti tener presente che, per il calcolo di e, di e, e di c„ tutti gli scostamenti, tanto quelli in più quanto quelli in meno, e cioè tanto i positivi quanto

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