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Il metodo statistico : teoria e applicazioni alle scienze naturali, alle scienze sociali, all'arte : con numerose figure e tavole numeriche

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(1)

ALFREDO N1CEFORO

Il Metodo Statistico

Teoria e Applicazioni

alle Scienze naturali, alle Scienze sociali, e all'Arte.

C o n diagrammi e tavole numeriche.

(2)

ex l i b r i s

(3)

!1 M e t o d o S t a t i s t i c o

Teoria e Applicazioni alle Scienze naturali,

(4)

D E L L O S T E S S O A U T O R E

I t a l i a n i del nord e italiani dei sud. Un volume di VII-619 pag. ; n. 34 della « Piccola biblioteca di scienze moderne »; Bocca ed., Torino, 1901. Les classes pauvres, recherches anthropologiques et socialos. Un volume

di 344 pagine; n. X X X I della « Bibliothèque soeiologique internatio-nale »; Giard et Brière editori, Paris, 1905.

F o r z a e ricchezza, studi sulla vita fisica ed economica delle classi sociali. Un volume di XVIII-267 pagine; li. 114 della «Piccola biblioteca di scienze moderne»; Bocca editore, Torino, 1906.

• F a e r z a y riqueza (edizione spaglinola dell'opera precedente). Due volumi di 184 e 200 pagine, della «Biblioteca sociològica internacioual » ; Henricb y C., editori, Barcellona, 1907.

Ricerche sui contadini, contributo allo studio antropologico ed economico delle classi povere. Un volume di 208 pagine; n. 63 della « Biblioteca di scienze sociali e politiche»; Palermo, Sandron editore, 1908. Aathropologie der niclitbesitzenden Klassen. Un volume di Vlll-512 pa

gine; Mass e van Suchtelen editori, Lipsia ed Amsterdam, 1910. Antropologia delle classi povere. Un volume di 283 pagine, del « T r a t t a t o

di medicina sociale», diretto dai proti'. A. Tamburini e A- Celli: Val-lardi editore, 1908-1910 (il volume fa seguito al precedente). P a r i g i ; una città rinnovata. Un volume di XI-483 pagine ; n. 10 della

Collezione « L a Civiltà contemporanea»; Bocca editore, Torino, 1911. Les Gcrmains; liistoirc d ' u n e idée et d'une « r a c e » . Un volume di 181

pagine; Bossard editore, Paris, 1919.

L a misura della vita; applicazioni del metodo statistico alle scienze natu-rali, alle scienze sociali, e all'arte, con 112 tabelle e 29 diagrammi. Un volume di XU-515 pagine; n. 73 della grande « Biblioteca di scienze moderne»; Torino, Bocca editore, 1919.

Les indiccs numériques de la civilisation et du progrès. Un volume di 211 pagine, della « Bibliothèque de culture générale »; E. Flammarion editore, Paris, 1921.

Criminali e degenerati dell'inferno dantesco. Un volume di 142 pagine; n. X X X I I I , serie II, della « Biblioteca antropologico-criminale »; Bocca editore, Torino, 1898.

L a « mala vita » a R o m a (in collaborazione con Scipio Sighele). Un vo-lume di 217 pagine, Eoux e Frassati editori, Torino , 1898 (edizione spagnuola, Barcellona 1911).

L a transforniaeión del delito cn la sociedad moderna. Un volume di XVI 151 pagine, della «Biblioteca, de derecho y de cieneias sociales»; Madrid, Suàrez editore, 1902.

Oiiia para el estudio de la criminologia. Un volume di 112 pagine, n. 1 della «Biblioteca do ciencias penales», Serra editore, Madrid, 1903. Ij'enquète j n d i c i a i r e scientiflque. Un volume di VII-445 pagine con 300

fotografie; Paris, Librarne Universelle, 1907.

Die Kriminalpolizei und ihre Hilfswissenschaften (edizione tedesca del-l'opera precedente). Un volume di X L V I I I - 4 7 2 pagine con 300 fotogra-fie; Berlino, Langensclieidt editore, 1909.

Essai sur les iangages spéeiaux, les argots et les parlers niagiques. IT" volume di 277 pagine; « Editions du Mercure de F r a n c e » , Paris, 1912.

I n c o r s o d i s t a m p a :

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D E P I 1 5 3 5

ALFREDO NICEFORO

l o o o 3 1 3 5 6

Il Metodo Statistico

Teoria e Applicazioni

alle Scienze naturali, alle Scienze sociali, e all'Arte.

C o n diagrammi e tavole numeriche.

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M.ro INVENTARIO

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Ogni copia deve portare la firma dell'autore

(7)

CAPITOLO r.

Nozioni preliminari.

§ 1. — Il metodo statistico ha per iscopo di ridurre grandi masse di osservazioni, espresse con quantità o con attri-buti e fatte su gruppi omogenei di oggetti o sulle manife-festazioni, simultanee o successive, del medesimo fenomeno, a pochi ma efficaci valori segnalatici. Tali valori indicano lo stato e le variazioni della massa osservata, ne facilitano i confronti, e ne mostrano le relazioni con altre masse; por-tano lo studioso a scoprire la redola nell'apparente irregola-rità con cui le masse studiate si presentano.

| 2. — Si veda di dare un primo chiarimento e una pri-ma specificazione.

Si è detto: ridurre grandi masse di osservazioni, espresse sia con quantità (ossia espresse con cifre le quali indicano risultati di misure) sia con attributi (indicanti le qualità) a pochi ma efficaci valori segnaletici. Nello stesso modo con cui i moderni metodi per il segnalamento di una persona, hanno saputo non solo descrivere con esattezza ogni parte della fìso-nomia, ma anche e soprattutto rappresentare, con pochis-simi cenni, quella fisonomia, fermandosi a indicai'ne, con precisa nomenclatura, poche parti soltanto che siano di alto valore segnaletico, così, di fronte a una grande massa di osservazioni esattamente espresse con quantità o con attri-buti, su gruppi omogenei di oggetti o di manifestazioni del medesimo fenomeno, il metodo statistico tende, avendo ordinatamente disposto quella massa, a mettere in evidenza

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pochi valori che servano di segnalamento della intera massa, e ne facilitino quindi lo studio. Esso metodo considera, per tale studio, la intera massa non solo di per se stante, ma anche nei suoi confronti con altre masse.

Senza dubbio,—per continuare il paragone,—è neces-sario determinato sistema di norme per sapere, in un pri ino momento, esaminare tutti gli elementi che compongono una fisonomia, e poi, per sapere scegliere i pochi eli-menti soltanto che formeranno il segnalamento: diversa-mente si verrebbe a descrizioni non esatte in ogni partico-lare, ora più ora meno prolisse, riè rispondenti al fine cui ha da mirare un segnalamento: brevità di indicazioni, cioè, ma efficaci, per procedere sicuramente ai confronti e quindi alla determinazione delle siniiglianze, dell'identità e della non identità. Il Rochefoucauld, a modo di esempio, descrive lungamente, in un ritratto classico, la propria fisono-mia; ma quella sua pagina è pittura di ogni particolare, non segnalamento; è intera massa di osservazioni, non scelta di indicazioni segnaletiche (1).. Chi avesse, quindi, parec-chie di quelle descrizioni da confrontare, ossia parecchi di quei ritratti da mettere l'uno accanto all'altro, a scopo di confronto, smarrirebbe lo sguardo e la mente. Si ag-giunga che quella descrizione è minuta esposi/ione di ca-ratteri descrittivi fatta con nomenclatura, diremo cosi, arti-stica e subbiettiva, non con nomenclatura precisa e obbiet-tiva; da cui, anche, difficoltà di esame preciso dell'oggetto stesso descritto. Medesime osservazioni potrebbero farsi circa quelle descrizioni di fisonomia, ancor più estese e par-ticolareggiate, che, dovute a scrittori e ad artisti pur grandi, potrebbero ricordarsi a questo proposito : manca a siffatte descrizioni tutte, o fa difetto, un modo preciso <"• obbiettivo di esaminare e di descrivere, e manca poi il criterio per scegliere le notazioni più efficaci, e quindi per segnalare (2). Sol quando precise norme furono trovate dal cosi detto «

se-; 1) In testa ad ogni edizione delle Maximes et réflextons moraU.<se-;. per esempio, a p. 5 del t. I, Oeuvres, Paris, 1866

(2) A. NICEFORO, / caratteri descrittivi della flsor,ornici umana e l'i

loro trattazione statistica, in « Archivio di Antropologia, Psichiatria e

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gnalamento scientifico » per osservare, descrivere, segnala-re, si potè venire a serio esame descrittivo delle fisonomie e a sicuro segnalamento, e a facili confronti (1).

Qui, nel campo in cui stiamo per entrare, accade la medesima cosa. Date le numerose quantità o qualità, espri-menti la massa, occorre sistema di norme per- ordinare tali quantità o qualità, e per scegliere o calcolarne i valori segnaletici, sistema di norme che il metodo statistico, per l'appunto, suggerisce.

Per questo, scriveva R. Pearl ragionando delle applica-zioni del metodo statistico alla biologia, tale metodo è, in ultima analisi, metodo descrittivo non degli indivi-dui o casi singoli, ma del gruppo in intero per mezzo di caratteristiche costanti ossia di caratteristici valori da chiamarsi, nello specifico caso delle ricerche biologiche,

costanti biometriche (2).

§ 3. — Ora, la ricerca di siffatti valori, che noi proponia-mo di chiamare segnaletici, fu indicata, in vario proponia-modo, quale principale o essenziale obbietto del metodo dà non pochi che al metodo stesso cercarono dare precisione. Diceva il Galton : « Obbietto del metodo statistico è il condensare le notizie concernenti un folto gruppo di fatti omogenei, in espressioni brevi e compendiose, su cui poggiare la discus-sione ». E il King dirà essere precipuo scopo della statistica (metodo), il permettere allo studioso di dare un com-prensivo colpo d'occhio a una larga collezione di fatti, sem-plificandola, riducendola a forme facilmente comprensibili... e ottenere quindi immagine sufficientemente precisa di un dato gruppo di oggetti, senza essere obbligati al lungo e la-borioso esame di osservazione di ognuno degli oggetti che compongono il gruppo stesso. E il Goring : « La determina-zione delle costanti di una massa (i nostri « valori segnale-tici ») è il primo e principale compito di uno studio stati-stico. I confronti formano l'ultimo obbietto; ma nessun utile

(1) A . NICEFORO, L'empiite judiciaire scientifìcjue, Paris, 1 9 0 7 , pp. 2 8 9 -3 9 5 . e ecllz. tedesca, ampliata, Berlin ( 1 9 0 9 ) , pp. 2 8 2 - 4 2 4 .

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confronto è possibile senza prima aver determinato le «

co-stanti » (1).

§ 4. — Si è aggiunto: scoprire la regola. Vogliamo dire con ciò che, nell'apparente irregolarità con cui, studian-do gruppi di oggetti o manifestazioni, simultanee o succes-sive, del medesimo fenomeno, si presentano quantità o qua-lità noi possiamo, grazie ai valori segnaletici di cui sopra, giungere a mettère in evidenza la regola. A saper ben guardare, invero, ciò che ne circonda, vien fatto di ri-petere, col filosofo: " T u t t o appare, al nostro primo sguardo, spontaneo e libero, e capriccioso come il vento che spira; tuttavia, come il vento che spira, tutto ha precise condi-zioni e leggi fisse; sarebbe utile cosa metterle in evi-denza » (2). Di qui, quel che spesso si compiacciono far no tare gli statistici quando, nel dare o nell'illusti are la de finizione della loro disciplina, ora nell'uno ora nell'altro modo cercano mostrare che vuole, soprattutto, il metodo statistico mettere in evidenza ciò che vi è di regolare nel-l'apparente irregolarità. E cercheranno esprimere tale idea, or più or meno specificandola, e ora in questo or in quel modo esprimendola., a seconda del concetto che si fanno di tale « regolarità ». Diranno, allora, che il metodo statistico mette in rilievo rapporti numerici che siano sensibilmente indipendenti dalle anomalie del caso, e denotanti l'esistenza di cause regolari (3). O diranno, — senza direttamente far cenno dell'idea causa, — che il metodo statistico studia i fati; variabili, per cercare « il punto fisso intorno a cui oscillano le variazioni », e cerca dì » mettere in luce i fatti relativa-mente permanenti, ossia di astrarli da quelli acciden-tali » (4). O scriveranno, ricercare, esso metodo, attraverso le variazioni individuali ciò che può esservi di costante, o

:L) F . GALTON, lnquiries inlo the human faculty, London. 1 8 8 3 p. 4 9 . — W . I . K I N G , The elements of statistical metliod, New York, 1 9 1 2 . p. 2 2 e p. 2 8 . — C H . GORING, The english convlct, a statistical study, London, 1913, p. 31.

(2) H T A I N E , phllofophie de Vari. XII ediz., Paris, 1906, t. 1. p IL (3) A . A . COURNOT, Théorie des chances, Paris, 1 8 4 3 , p. 1 8 2 .

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metodo in questione intende mettere in evidenza » la mi-sura uguale e costante, o il tipo, vale a dire l'idea generale numerica in mezzo alle sue varietà » (2). Per i più, infine, il mètodo mette in luce la regola, semplicemente perchè svela le « leggi » che governano il mutar delle variabili.

§ 5. — Il metodo, — si aggiunga, —ha da applicarsi ai fat-ti detfat-ti » colletfat-tivi » o <i afat-tipici ». Fatto colletfat-tivo o afat-tipico è quello le cui manifestazioni non si presentano mai, ripeten-dosi o simultaneamente verificanripeten-dosi, nello stesso modo (3). Ciré se, — si fa notare, — le manifestazioni del medesimo fenomeno fossero, tra esse, assolutamente uguali, nessun 1 isogno vi sarebbe di por mano al njetodo statistico. Ver-rebbe fuori, senz'altro, di per se stessa la regola, dall'esame di una sola manifestazione. Fu detto, e ripetuto al propo-sito,, sfuggire alla statistica ciò che è tipico, cioè a dire ciò che sempre segue a un modo. Che « atipicità » esista nei fatti della vita sociale, e cioè del mondo superorganico, è per certo da ammettersi; ma sembra che vi sia pur bisogno di rammentarlo, se il Guicciardini, nel pensiero VI dei suoi

Ricordi politici e civili, si ferma a far notare che » è grande

errore parlare delle cose del mondo (sociale) indistintamente e assolutamente, e, per così dire, per regola; perchè quasi tutte hanno distinzione ed eccezione per la varietà delle circostanze, in le quali non si possono fermare con una medesima misura... » (4).

(1) A. MF.SSEUAGI.U, in «Archivio di Statistica». Roma, 1870, IV, p. 251. (2) P . E . F A H L B E C K . La régularité dans les choses humaines, ecc in « Journal de la Société de Statistique de Paris •>, juin, 1900, p. 188.

(3) Fatti collettivi, o «casi collettivi» indica BACONE, ma in senso diverso alquanto da questo qui adoperato, e di « fatti collettivi » fa pa-rola F. W. HERSCHEI., latti che Bacone avrebbe dimenticato, ma che non sono nemmeno da intendersi come quelli di cui qui facciamo parola; quelli, cioè, secondo la classificazione dei fatti dell'Herschel, nei quali si vede a un tratto, quando nel loro insieme siano considerati, l'espres-sione matematica della legge che regola la loro produzione. Discorso

preliminare svilo studio della filosofia naturale, ed. italiana, Torino,

1840, paragrafi 194 e 195, pp. 210-211.

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pensiero, — regna, senza contesto, « atipicità »; nè v'è da affacciar dubbi a tale proposito. Ma che cosa potrà dirsi dei fatti del mondo inorganico (1) ?

In generale si ritiene che i fatti del mondo inorganico (considerati, bene inteso, nel seno di ogni loro gruppo omo-geneo) siano per la più gran parte tipici, ossia uguali gli uni agli altri. Sicché, una sola osservazione o pochissime condurrebbero alla completa conoscenza del fenomeno. Per tal modo si conclude che i fatti del mondo inorganico sfug gono al metodo statistico, il quale non vuol conoscere se non quei fatti che ripetendosi, non si presentano mai a un modo (2).

Ma, pur volendo ammetter e che la <i tipicità », in questo senso, abbia largo dominio nel mondo inorganico, vien pur fatto di chiedere: esistono veramente oggetti, o fenomeni, i cui duplicati o le cui manifestazioni, anche considerati nel seno solamente della più ristretta varietà cui possiamo ri-durli, sempre si presentano, o sempre seguono, a un modo ? Non si venga a dimenticare che, anche in tale mondo, gli «individui» formano, ciascuno, esemplari di per se stanti. E vero, poniamo, che un dato minerale sempre cristallizza a un modo, o in pochissimi modi soltanto, sì che bastano poche osservazioni per concludere (3). Tuttavia, è bene inteso che da ciò non si può correre ad asserire che, anche per gli

(1) Ci si conceda l'uso di queste tre parole-: inorganico, organici», superorganico, nel noto senso indicato da HERBERT SPENCER, perchè conci-samente indicano le varie manifestazioni dell'essere, senza tuttavia che vogliamo dar loro il significato di classificazione rigorosa di fenomeni nettamente separabili, o facilmente, gli uni dagli altri. Vedi, dell'i SPENCER, Princlpes de sociologie, l . a parte, cap. 1, paragrafi 1-5, p. 5 e segg. della II ediz. francese, Paris, 1880.

(2) Della più grande variabilità come fatto speciale alla natura umana e sociale (in contrapposto alla natura inorganica) si fece cenno da J. STUART M I L L , Sgstème de logique, libro IV, cap. 10, paragrafo 3. p. 511 del tomo II, dell'ediz. francese, Paris, 1806.

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altri caratteri passibili di misura, o di precisa descrizione, ogni altro esemplare si presenterà come quello che si ha sott'occhio.

Il che non dovrebbe, davvero, destare meraviglia. Si pensi, infatti, che, a rigore, categorie in natura non esi-stono, ma soltanto individui, e quindi, per così dire, esem-plari ciascuno di per se stante. « Ci sbaglieremmo assai, fa-ceva notare il Condillac, se ci immaginassimo che realmente esistono in natura specie e generi... Non vi sono che indivi-dui... Non tanto relativamente alla natura delle cose quanto al modo con cui noi le conosciamo, ne determiniamo i ge-neri e le specie... Se avessimo vista abbastanza acuta per scoprire negli -oggetti un più gran numero di proprietà, con-stateremmo subito differenze tra quelli- che ci sembravano i più uguali, e potremmo quindi suddividerli in nuove classi » (1).

Invero, nell'apparente uniformità e « tipicità » di una serie di flocchi di neve non si riscontrano forse, sapendo ben guardare, numerosissime e varie forme di « cristalli » gli uni dagli altri così diversi come sono diversi gli uni dagli altri i fiori dei campi (2) ? Ogni qual volta ben si guardi, ove appaia uniformità si può invece accertare che non esi-ste uguaglianza. In generale, il non soccorrerci che ci fanno sensi e strumenti per scorgere e misurare differenze che pure esistono, induce noi spesso a credere eh", tra esem-plari molteplici di una data categoria, e anche tra mani-festazioni varie del medesimo fenomeno, differenze, vera-mente, non vi siano. Illusione, a proposito della quale fu os-servato che l'uomo, se avesse Sensi abbastanza sviluppati, vedrebbe il movimento di crescenza delle foglie e

senti-li CUNMLLAC, (Euvres, t. XXII {La logique), Paris, 1798, pag. 41; e t. VI (L'art de penser), Paris, 1798, pp."' 97-98. Vedi concetto analogo, a

proposito delle classificazioni, in t. V ( C o u n d'étude, ecc., La grammaire), Paris, 1798, p. LXXIX.

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vato la natura, — scrive il Diderot in una delle sue note al Systèrne de ìa nature del cl'Holbac, — ben sanno che non si trovano due granellini di sabbia perfettamente uguali » (1).

Anche per gli individui, o esemplari, del mondo inorga-nico, dunque, siano pur essi appartenenti alla medesima varietà, potrebbe ripetersi la considerazione con cui amava chiudersi l'antica tragedia greca: " Come innumerevoli e dissimili sono le forme che prendono le manifestazioni tutte delle cose ! » (2).

Conseguenza ? Che si fa valido, il nostro metodo, così nel dominio del mondo inorganico, come in quello del mondo organico, e del superorganico. Di guisa che, può esso pren dere a considerare, ora i fenomeni della natura apparen-temente inerte e priva di vita; ora, fatti della botanica e della zoologia; ora, quelli antropologici nel largo senso della parola, e cioè considerato l'uomo si nel fisico che nella psiche; ora, infine, quelli della vita sociale, ancor qui nel più comprensivo senso che a tale indicazione può essere dato.

§ 6. —Trovare, dicevamo, la regola nella disordinata va rietà dei fatti tutti dell'Universo. Il che, in certo senso, e dire trovare l'ordine. Ma è ordine nell'Universo, e che cosa, precisamente, s'avrebbe, caso mai, a intendere con tale pa-rola ? È lecito qui presentare siffatta domanda poiché più volte, appunto, gli statistici ebbero a parlare proprio di un « ordine » che, nell'Universo, il metodo statistico ha da svelare.

In verità, il concetto di « ordine » nell'Universo, da tempo assai ha travagliato lo spirito, non che di, questo o quello statistico, amante di generali, forse troppo generali, considerazioni, e sintetiche, ma di ogni uomo che pensi; seb-bene non sempre nel medesimo modo fosse compreso 1' « or-dine » da coloro che da tale problema si lasciarono sedurre.

(1) Nota al cap. 11 del Sijstéme de la nature, p 34 del t. I, edizione di Parigi, 1821.

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E, a mo' d'esempio, un « ordine » quello che fu più facile cosa, in sulle prime, constatare soprattutto nei fatti nella Natura, — voglio dire del mondo fisico, — e che Ari-stotele volle segnalare, con compiacenza assai viva, quando osservava esservi ordine nella Natura, vuoi perchè nella Na-tura i fenomeni si presentano con rivoluzioni, o cicli, deter-minati, e seguono vie costanti, vuoi, ancora, perchè nella Natura tutto è armonia di contrari; frase oscura, quest'ul-tima, e oscuro concetto che il filosofo aveva derivato da Eraclito (1). Concetto oscuro, questo, dico, e concetto assai generico l'altro, circa l'ordine dell'Universo; nè l'uno nè l'altro poi, contenenti veramente idea di traduzione numerica, ossia di ordine svelato da numeri.

La quale idea, per contro, — ordine rivelato da numeri, — si trovava in Pitagora, il quale aveva insegnato esservi or-dine nell'Universo in quanto era esso modellato su numeri e proporzioni: non è perennemente obbligata la Natura a regolare le sue operazioni profonde sulle eterne propor-zioni dei numeri ? Consiste l'ordine nel perpetuo presentarsi che, nei fenomeni dell^Universo, sempre fanno alcuni pochi numeri e alcune poche proporzioni, sempre le stesse; nu-meri e proporzioni che a guisa di eterni e indistruttibili modelli dominano ogni fenomeno: nè solo il mondo propria-mente fisico; chè anche il tempo, la giustizia, e l'intelligenza sono rapporti e armonie. E la scuola pitagorica, poi, tra-vestendo e allargando il pensiero del Maestro, farà diven-tare i numeri i segni che esprimono l'essenza stessa dei primi elementi, anziché, le idee e gli indistruttibili esemplari delle cose; principii costitutivi, dunque, dell'Universo.

Que-(1) ARISTOTELE. De muiìdo. Cap. V . Ricordi anche, il lettore, l'aristo-telico, Ttàvxoiv yàp iaxt t a g i " tutto è ordine », in De generaliove

et corrvptlone, liti. II. cap. X, 6, dell'edizione Firmin-Didot; — e la

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sto è modellato secondo lo proporzioni dei numeri, avea detto il Maestro. Per virtù dei numeri, avevano amplificato gli altri. La Scuola, per ripeterla con Aristotele stesso, nutrita dagli studi matematici, volle credere che i principii della matematica fossero anche quelli di tutti gli esseri » (1). Come che sia, è senza dubbio ordine nell'uno come nell'altro senso. Ed è, anzi, per questo aver ridotto l'Universo a espressione di numeri e proporzioni (un modo di vedere 1' « ordine »), che in Pitagora, sia detto tra parentesi, fu salutato dai filosofi « meccanicisti » del diciottesimo secolo, colui che, primo, portò il calcolo nello studio dell'uomo, e, primo, volle sottomettere i fenomeni della vita a formule meccaniche, e primo, ancora, intravide, nell'umana vita, ritorno regolare di numeri (2), Nè dovrebbe, al proposito di un ci ordine » nell'LTniverso, tacersi, in questo rammenta'' che facciamo gli antichi, degli Stoici. Poiché essi vedevano, nel mondo un tutto collegato da ineluttabile causalità: i fatti tutti, ancor quelli che sembrano avvenire a caso, non sono fuori di quella coordinazione e di quel complesso di cause che dal Fato son rette. Il mondo è ordine, scrive Marco Aurelio; tutte le cose sono tra loro connesse e dipen-denti le une dalle altre. I fatti, anzi, non dimostrano sol-tanto una mera successione, ma parentela tra loro; l'Univei so, poi, è regolato da rivoluzioni periodiche, di determinata durata. Per il che, non a torto osservò lo Zeller essere ca ratteri della filosofia .stoica il materialismo, il panteismo e il dinamismo. E per queste ragioni tutte, ma in ispecie per la fatale concatenazione dei fatti, retta dal Fato o provvidenza

(1) Vedi la vita ili Pitagora in DIOGENE LAERZIO; e vedi soprattutto l'esposizione e le critiche fatte alla dottrina pitagorica da ARISTOTELE in

Morallum macjnorum: liti 1, cap. J; Metafìsica, lib. 1, cap. 5, cap. s

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(rigofoia), era per gli Stoici possibile la previsione: ogni avve-nimento preindica quello che gli succederà. Non è questo, un i< ordine » '? (1).

E non è forse, anche, un « ordine » quel che trovava lo storico Polibio, e questa volta proprio contemplando l'apparente disordine nella storia delle umane Società, quan-do credeva scoprire « un circolo di governi e un ordine di natura secondo il quale si cangiano e si tramutano tutti .gli Stati »; e il Machiavelli quando diceva di un cerchio

entro il quale girano tutti gli Stati; e il Vico che, pur bia-simando gli Stoici perchè credevano soltanto una sorda catena di cagioni e ni effetti trascinare le faccende degli uomini, affermava che vi sono » gradi » nella storia di tutte le Nazioni, « gradi », cioè, attraverso i quali esse deb-bono passare (2) ? Qui si entra proprio tra quelli che nel vedere un ritmo negli umani avvenimenti, vi vedono, con ciò, un ordine. E si è ancora tra gli storici e i filosofi della vita sociale, quando, col Saint-Simon, si vorrà vedere, nella sto-ria, l'alternarsi di periodi « organici », ossia costruttivi, sin-tetici, segnati da spirito religioso, di obbedienza, di disci-plina, di associazione, con periodi « critici » ossia disso-ciativi, negativi, analitici, anarchici. 0 quando, con Augu-sto Comte, si esporrà la dottrina sulle tre fasi, - teologica, metafisica, positiva, — che le umane società hanno da

attra-D MARCO A U R E L I O , incordi, I I , 3 : I V , 27. I 5 : V . 1 3 . — E . Z E L L E R . Die

Philosophic dei1 Criechen, tirao V, p. 117 e segg., 1880. Questa filosofia

degli Stoici è senza dubbio da considerarsi coinè uno dei tre grandi si-stemi creati in antico per raggiungere la consolazione e la tranquillità dal travagliato spirito umano : rassegnarsi al lato, e obbedirgli, dice-vano gli Stoici e cercar consolazione e pace nella virtù: nel saggio pia-cere dei sensi e nella saggezza, dicono gii Epicurei; nella tranquillità e nell'indifferenza del non supere, dicono gli Scettici.

( 2 ) P O L I B I O , Le storie, lib. VI, paragr. 7 , e anche paragr. 5 0 . — N. M A C H I A V E L L I . Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, lib. I, cap. 2. Storie fiorentine, al principio del libro V. — G. B. Vico, Scienza

nuova, lib. I, sezione 4, e lib. II, sezione 1. I concetti, tuttavia, sono

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versare; teoria, forse, derivata dal Saint-Simon stesso (1). Per non parlare, infine, dell' « ordine » di quegli economisti che scopriranno « l'ordine naturale » nell'apparente disor-dine della vita sociale, quell'ordisor-dine naturale, - e facciamo allusione alla scuola dei fìsiocratici, — che non è da inten dersi come il preteso ordine dello stato di natura, nè come il fatto, per le umane cose, di essere rette da « leggi natu-rali », ma sì bene come 1' << ordine provvidenziale », con-cetto oscuro anche questo, e non chiaro, forse, ai fìsiocra-tici medesimi (2). Ordine geometrico, dunque, « col suo doppio attributo dell'universalità e dell'immutabilità » come tenta spiegare un interprete della teoria stessa (3).

Ma ben altro genere di ordine, quello, cioè, che può farsi per via di constatazioni numeriche, in grandi masse, sulla costanza annua del numero delle morti e dei nati, e sulle proporzioni dei morti delle varie classi ili età, e sul costante rapporto tra nascite maschili e femminili, vide nell'Universo il Sussrnilch, poiché ordine era per lui la simiglianza e l'uniformità di cose diverse che coesistono o succedono l'una all'altra. Ordine perfetto, di origine di-vina (4). Siffatto concetto, 0 analogo, profondamente re-ligioso, farà anche mostra di sè in una dimenticata pagina di quel paradossale filosofo ortodosso che fu Joseph De Mai-r,tre. Il quale, dopo aver definito l'ordine come c il ninnerò ordinato e la simmetria », dovunque, nell'Universo, ma so-prattutto nel corpo umano, rintracciava tale carattere: per conseguenza, sì come il naufrago, gettato sull'isola scono-sciuta, trovando disegnata sulla sabbia una figura geome-trica, riconosce, esultando, la traccia e la presenza dell'ilo ino, così, dall'ordinato disegno dell'Universo riconosceva

(1) Vedi S. A. BAZARD, Doetrtne de Saint-Simon. Exposition, Paris. 1 8 2 9 ; — A. C O M T E . Conrs ile philosopMe positive, lezione 11 e seguenti

(2) MERCIER DE LA RIVIÈRE, L'ordre riatiirel et essenliel iles sociétés

pu-litlques, Paris, 1 7 6 7 ; per cui. D U P O K T de N E M O U R S , nella sua Pliysiocratie. Paris, 1768, definiva la physiocratie (economia politica) come la scienza dell'ordine naturale.

(3) C H . GIDE. in C H . GIDF. et C H . R I S T . Histoire des doclrines

irono-miques, Paris, 1920, III edjz., p. 11.

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il De Maistre la presenza e l'orma della Divinità. O, in al-tri termini, se i dadi, gettati di seguito più volte danno sempre doppio sei, provano la costanza di una causa agente nella medesima direzione, così l'invariabilità e l'ordine dei numeri nell'Universo proverebbero l'intelligenza ordinatri-ce (1). Tuttavia non sembra, il De Maistre, almeno a giudica-le dagli esempi che egli adduce, aver sostenuto che il numero ordinato e la simmetria si presentassero anche nella so-cietà umana. Sono pur sempre constatazioni di tal genere, — quella del Sùssmilch come quella del De Maistre, — de-rivazioni dell'antichissima lode alla divinità: Sed omnia, in numero, et pondere, et mensura, distribuisti ! (Sapienza, XI, 21). Per contro, pur movendo da osservazioni -analoghe, - ma più complete, — a quelle del Sùssmilch, troverà l'ordi-ne, e diversamente dal predecessore cercherà spiegarlo, il Quételet, quando, nella sua Physique sociale constaterà che i fatti della vita si ripetono, anno per anno, pressocchè nella medesima quantità; che le manifestazioni del medesimo fe-nomeno, nel mondo biologico e forse nel mondo psichico, se-guono, manifestandosi, la << legge » di distribuzione degli er-rori accidentali, o curva binomiale; e che infine, e soprat-tutto, da « leggi naturali » sono governati i fatti sociali, proprio come da leggi naturali sono governati quelli del mondo fisico (2).

Come si vede, concetti vari, — sebbene, in fondo, più o meno affini, — di « ordine ». In generale, si vede ordine nell'Universo perchè vi si .scòpre, o vi si vuol scoprire, che la disposizione e quindi anche la successione delle cose sono fatte secondo numeri ordinati, e secondo figure geo-metriche; qualche cosa di simile, in tutto l'Universo, a quel che naturalisti misero in evidenza nel mondo delle forme, come fece E. Haeckel nell'esame delle forme inorganiche e organiche, in cui trovava « armonia e bellezza » perchè, come diceva, « la grande maggioranza dei corpi naturali presenta

1) J O S E P H DE M A I S T R E , Leu soirées de Salnt-P'ètersboura, Vili En-tretien, 1842, Lyon, IV cdlt, pp. 111-118.

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proporzioni matematiche (1) ». Ma si vuole anche dire, sempre in generale, che v'è ordine nell'Universo perchè nulla accade a caso; certe cause sempre producono certi ef-fetti, e quindi ordine di natura potersi chiamare « la costanza, del rapporto tra causa ed effetto ». Parole dell'Huxley, il quale fa al tempo stesso osservare che, ricondurre i fenomeni alla loro legge (di causalità) è far rientrare nell'ordine ciò che sembrava allontanarsene, e rendere manifesto l'ordini» nascosto'sotto la molteplicità e la confusione. Anzi « a misura che con maggior cura ci è dato studiare la Natura, tanto più si scopre regnarvi l'ordine, ed esservi il preteso disor-dine null'altra cosa che complessità» (2). E, infine,'nell'i dea di « ordine » si introduce anche, o soprattutto, il con cetto di fine o scopo: perchè questa o quella cosa è ordinata '? Perchè è ordinata, appunto, secondo il suo scopo; e la sua disposizione è tale quale deve essere per toccare uno stabi-lito, anzi prestabistabi-lito, intento. V'è chi pensa essere l'Uni verso un complesso di manifestazioni così fatte, quali con viene siano per raggiungere1 prestabiliti scopi; e chi cosi

pensa, in tal modo e per siffatte ragioni vede l'ordine. Cosi pensava il Leibniz quando tutto vedeva, nel mondo, già re-golato in fin dal principio con « armonia prestabilita »; e così ha da vedersi la storia umana secondo il Bossuet, pei il quale, ciò che alla nostra vista superficiale e incetta sembra dovuto al capriccio e al caso, non è che

cradu-(1) E. H A E C K E L , Kunstformen der Satur, dieci fascicoli e cento ta vole, Leipzig, 1 8 0 9 - 1 9 0 4 . Il quale ordine sarebbe,, per certo, meraviglioso qualche statistico ripeteva, con altri, che costanza nella ripetizione nu-merica in alcuni fatti sociali era sorprendente come un paesaggio dei viaggi del Gulliver ( M . B L O C K . Op. cit., p. 1 3 3 ) , e il VOLTAIRE, non senza ironia, osservava essere stato necessario che qualcuno, più sa piente della Reale Società delle Scienze, avesse combinato nell'Universo le cose in modo che il quadrato delle rivoluzioni di ogni pianeta fosse sempre proporzionale ai cubi delle distanze medie al Sole (sic) VOLTAIRE, Le

-oreilles du Comte de Chesterfleld, cap. 1. p. 345 del t. II del llornans.

ediz. Flammarion, Paris, s. d.

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zione di disegno prestabilito, sicché tutto concorre al me-desimo fine, e tutto seguita, — sebbene a noi sembri irrego-lare nei singoli particolari,—con regolarità (1). Concetti tutti, questi, basati su un prestabilito ordine, da cui sem-pre, nell'una o nell'altra maniera, viene fuori una filosofia ottimista del mondo. Il che, — sia ancor questo detto tra parentesi, — è sempre un modo di scoprire l'ordine. Otti-mismo, non individuale, si intenda bene, che è, nelle cose cogliere il buono, per temperamento; ma filosofico, che è, nell'Universo credere che tutto vada per il meglio si che noi viviamo, anzi, nel migliore dei mondi possibili : è vero che esiste il male, ma il male fisico, o dolore, è neces-sario per la gioia, e il male morale, o peccato, è necesneces-sario per l'esistenza del bene e della morale: sono sempre, come ognun sa, le idee del Leibniz, dianzi rammentato.

Quindi, quale che sia il modo di voler vedere e render chiaro questo oscuro e confuso concetto di ordine, sempre si arriva a questa o a quella definizione unilaterale; ma tutte rientrano in più generale definizione : « disposizione delle cose secondo rapporti apparenti e costanti, semplici o comples-si » (2). La quale definizione comprende; e l'ordine rivelato con ordinati nùmeri e forme geometriche, e il riportare le ma-nifestazioni dei fenomeni alla loro » legge », con numeri e forme geometriche, o senza, e il riconoscere elle tutto si muove secondo prestabilito scopo. Il primo modo di vedere, evidentemente, fra i tre così passati in rassegna, più si accosterebbe, forse, a quello che si sforzano mostrare gli statistici, e pur anco il secondo quando, tuttavia, la « legge » sia esprimibile quantitativamente o pon espressione analitica. Ciò non ostante, come diversi, e spesso non chiari, appaiono questi vari concetti di un ordine che, nell'Uni-verso, ora in uno ora nell'altro modo si volle vedere ! E come, ancora, ai già indicati modi di vedere l ordine,

al-ti) G. L E I B N I Z , Tlieodicea, I parte, paragrafi 8 a 5 4 . — J . - B . B O S S U E T ,

Discours sur l'histolre ìlnièerseùe, III parte, cap 8.

(2) È una definizione data da E. I.ittré, alla parola Ordre del suo

Dlctlonnaire, ediz. del 1885, in cui si contano ventisette diversi significati

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tri se ne potrebbero aggiungere se ili questo tema aves-simo qui a fare trattazione particolare, e non semplice cenno ! Gli è che il concetto di « ordine » dell'Universo è già di per se stesso non chiaro, e passivo di diverse inter-pretazioni; e che, inoltre, nel cercare e dimostrare questo o quel preteso ordine, si inizia spesso la ricerca, o la di-mostrazione, movendo da un determinato concetto di ordine ma sostituendovene poi, più o meno inconsciamente, altro e diverso; senza dire, in ultima analisi, che è da chiedersi se, in questo voler cercare ad ogni costo l'ordine, tanto dal numero quanto dalla presenza di questo o quel carattere, non siano sovente, studiosi e filosofi, caduti or nell'equivoco, ora nel tranello di qualche giuoco di parole.

§ 7..— Qui, noi, senza tanto allargare o portare troppo in alto il dibattito, per non smarrirci nel vago e nell'equi-voco, ci limiteremo a specificare che cosa si può intendere quando si afferma che, il metodo statistico, mettendo in evidenza la regola, scopre 1' « ordine » delle cose.

Di già i vàri accenni, fatti in un paragrafo precedente, alla scoperta di una regola da parte del metodo statistico : cercare rapporti indipendenti delle anomalie del caso (Cour rrot), cercare il punto fisso intorno a cui oscillano le varia zioni (Block) ecc., indicavano che cosa significa, per il me-todo statistico, scoprire l'ordine; ma occorrerebbe specifi-care. Al che si giungerebbe dicendo: giunge, il metodo sta-tistico, a trovare l'ordine, nei fatti variabili, semplicemente perchè esso riesce: a) a scoprire la regola quantitativa nella

distribuzione delle manifestazioni dei fenomeni; e la regola

quantitativa nel loro movimento-, b) a determinare e misu-rare le relazioni tra i fenomeni stessi; c) e quindi la

probabi-lità del verificarsi di essi fenomeni; d) a esercitare, per

conse-guenza, grazie alla scoperta di tali regole, la previsione e a precisarla numericamente.

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ve-dere a suo tempo, curva di distribuzione di cui il metodo stesso può dare, per ogn; fenomeno, i valori segnaletici e i loro errori probabili; ecco, dunque, un dare la regola della distribuzione delle manifestazioni dei fenomeni. E sempre grazie al metodo statistico può giungere, lo studioso, a constatare che il movimento, attraverso il tempo, armo per anno, della mortalità, della natalità, del suicidio, della ricchezza, può essere rappresentato sia da rette discendenti, o ascendenti, o da parabole, — mentre quello, sempre attra-verso il tempo, ma mese per mese, di alcuni dei suddetti fenomeni, e di molti altri, può essere rappresentato da una sinusoide : ecco un dare la regola del movimento. Si troverà, ancora, grafie al metodo statistico, che esiste re-lazione, — o se si vuole adoperare più adatta parola, seb-bene pur sempre generica, — che esiste covariazione, nelle oscillazioni, in un paese, della natalità e della nuzialità, o, esaminando un gruppo di uomini, tra statura e la grande apertura delle braccia; tra il colore degli occhi e la forma del cranio e simili, e relazione tale da poter venire espressa con misure o con equazioni che permettano le previsioni : ecco un dare la regola delle relazioni tra i fenomeni. Troverà, lo statistico,, grazie al suo metodo, di quanto il rischio di morte di un adulto, abitante un dato paese e appartenente a una data classe sociale è diverso da quello di un adulto di con-dizioni diverse, — o troverà quali siano i diversi rischi di morte, entro l'anno, per diversi gruppi di neonati diversa-mente allevati: ecco un dare la probabilità dei fenomeni stessi, e nello stesso tempo, ancor qui, permettere la

pre-visione numerica.

Ecco, dunque, perchè potremmo dire che il metodo trova l'ordine; appunto perchè trova siffatte regole. L, anzi, po-trebbe qualcuno farsi ancora più in là. E aggiungere che il metodo statistico riesce a trovare l'ordine anche e soprat-tutto perchè il modo di distribuzione (o meglio: curva di

distribuzione, come si vedrà a suo tempo) dei fenomeni, che esso metodo mette in evidenza; perchè il modo del movimento dei fenomeni che esso riesce a disegnarè; e perchè quelle re-lazioni, persino, tra i fenomeni da cui riesce a trarre le previsioni, possono mettersi in equazioni le quali, tradotte graficamente, dàrmo immagini geometriche, quali curve binomiali, o del tipo binorniale, o rette, o parabole, o

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boli, o sinusoidi. Esse, è vero, a propriamente parlare, non esprimono sempre la <I legge J> del fenomeno, poiché non tanno che esprimere soltanto uno schema che è valevole per l'ambito delle osservazioni fatte; tuttavia, siffatte equazioni e siffatte immagini geometriche rappresentano un ordine là dove, a prima vista, non apparivano che disordinate di-stribuzioni, e disordinati movimenti, di senso e di forma incerti, e non visibili relazioni tra i fenomeni, o poco deter-minabili, o impossibili previsioni (1).

§8. — Si continui a illustrare la nostra definizione. Di-cemmo applicarsi il metodo statistico a gruppi di oggetti, o a fenomeni, atipici (o collettivi). Aggiungeremo: i cui caratteri siano esprimibili quantitativi/mente o, se ciò non accade, trat-tandosi di caratteri qualitativi, siano tuttavia caratteri ca paci di essere trattati quantitativamente.

Anche qui giova qualche dilucidazione. Vi sono og-getti o fenomeni graduabili in misure: essi possono formare, allora, obbietto di una statistica delle quantità. Vi sono og-getti, per contro, o fenomeni che sono semplicemente

classi-ficabili con attributi, o aggettivi, o qualità: essi possono

formare obbietto di una statistica delle qualità. Fiori gra-duati per numero di petali; uomini, o stature, gragra-duati pei' centimetri di altezza; uomini, o sensibilità, graduati per mil-limetri di apertura di compasso di Weber, o per milligrammi di soluzione amara, e via dicendo, portano a una statistica delle quantità. Indicazioni di colori, all'incontro, usate da uno scrittore in una descrizione, classificate a seconda del nome del colore stesso; individui classificati a seconda che presentino questo o quel disturbo nervoso o mentale; o reati

(l) Per altri modi di specificare «l'ordine» che. nell'apparente di-sordine delle cose, trova il metodo statistico, vedi tra gli altri, ad esem pio, R. I Ì E N I N I , principii di stallatica metodologii a. Torino 10OB, p. 3 (cercare ciò che vi è di più freiiuente nella varietà del cast, di costante nella variabilità, di più probabile nella apparente accidentalità) e con maggiore specificazione ancora, R. B E N I N I , Elementi ili statistica

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classificati a seconda del genere di reato; o morti classificati a seconda della causa di morte, portano a una statistica degli attributi, o delle qualità.

Qualche parola su queste due grandi categorie di « sta-tistiche ».

§ 9. — <c Statistica delle quantità » in "primo lùogo. Assai volte, la graduazione per quantità riesce facile ed evidente : le età, in anni; i. salari, in lire; lo sviluppo del corpo in misure di lunghezza, di capacità, di peso. Altre volte, invece, avviene che a qualche speciale artificio occorrerà indiriz-zarsi per giungere alla graduazione per quantità; artifici di natura e significato vari.

Caratteri propriamente quantitativi di un oggetto o di un fenomeno, già non misurabili o difficilmente misurabili, diventano tali quando si sia trovato opportuno strumento misuratore: studiando il volo degli insetti il Marey riesce a contare il numero di battiti d'ala per minuto secondo grazie all'iscrizione su carta affumicata scivolante con moto con-tinuo e regolare; la precisa durata dei vari movimenti del cuore è ugualmente tradotta quantitativamente per mezzo di uno strumento scrivente su carta affumicata, ideato dallo stesso Marey; e via di seguito.

Oppure, un dato carattere qualitativo è preso in esame misurando, del fenomeno od oggetto che si sta esaminando, un carattere quantitativo che con quello qualitativo sia in rapporto. Si giunge anche così, evidentemente, a una stati-stica delle quantità, pel' quanto sia essenzialmente, tale statistica, una statistica delle quàlità; statistica sui generis delle qualità, se si vuole, che si potrebbe dunque chiamare

statistica delle quantità, rivelatrice delle qualità, La

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colore dello spettro è classificabile per mezzo di un agget-tivo; ma se a quella indicazione si sostituisce la lunghezza d'onda di quel colore (le quali lunghezze vanno dalle più lunghe — rosso — alle più corte — violetto), il colore è indi-cato quantitativamente. Lo stile di un autore è carattere emi-nentemente qualitativo; tuttavia verrà trovato modo di ri-durre a espressione quantitativa, e quindi a graduare, al-cune caratteristiche del periodare di uno scrittore, sol che si pensi a misurare, poniamo, la lunghezza del periodo col nu-mero di parole, il suo colorito col nunu-mero di colori usati, e col determinare quantitativamente altre caratteristiche, come preferenza per certi tempi del verbo, abbondanza di prepo-sizioni ed interiezioni e va dicendo; cercando dunque di l'ac-cogliere la traduzione quantitativa del maggior numero di caratteri.

Quando, infine, non si pensi a valutare numericamente l'intensità di un attributo per mezzo di una numerazione che vada da 1 a 10, come si fa, — ricordiamo, — per « mi-surare » la durezza dei minerali, grazie al criterio della scala del Mohs. Analogo metodo per graduare la durezza dei metalli, o grado di resistenza quando siano essi sottoposti a determinate compressioni; il termine di confronto è lo acciaio : se la durezza di esso è 100, quella del ferro è di 88, dell'oro 73, e simili. Anche in tal modo si giunge a una statistica, sui generis, delle quantità.

Qui non facciamo che dar primissimi cenni per un primo e generico orientamento: di tutto si dovrà dire spe-cificatamente a suo tempo.

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collocato; in che modo, in altri termini, occorre chiamare il colore di questo o di quell'esemplare. Medesimamente "chi, date numerose fisonomie, cercasse classificare tali fisono-mie secondo gli attributi di una delle loro parti: varie forme del profilo della fronte; o del profilo del naso; varie for-me del lobo, o dell'elice dell'orecchio, e simili. Anche qui non si saprebbe sempre, e bene, classificare, ossia non si sapreb-be come chiamare tale o tale attributo. Diremo più: non solo non si sa come chiamare, ma non si sa, spesso, nean-che vedere tale o tale attributo. L'occhio non vede se non ciò che è già nello spirito; e se prima non si impara a guardare, e a chiamare ogni particolarità di ciò che si guarda, con un nome, non si giunge a v.edcre, a chiamare, a classificare. Ben a ragione può qui ripetersi il detto : <i l'occhio non vede nelle cose se non ciò che esso vi guarda; e non guarda se non ciò che è già in idea nello spirito » (1). A. Bertillon ne fece sicura e larga applicazione all'esame della fisonomia umana per gli scopi del segnalamento; analoga-mente si potrebbe indicare l'importanza del principio stesso per le successive ispezioni di un luogo o di un oggetto du-rante il « SQpraluogo » giudiziario o nell'esame di una foto-grafia giudiziaria (2). Tn ogni modo, il criterio è da tenersi ognora presente quando si debba guardare, descrivere e classificare sistematicamente, e cioè obbiettivamente e non subbiettivamente, e soprattutto per giungere a statistica delle qualità.

Ne segue, dal poco or detto (trattazione più larga si farà più in là), che è condizione per poter esattamente clas-sificare oggetti o manifestazioni di un fenomeno per mezzo dei loro attributi, una nomenclatura. Nomenclatura specia-le; chè quella che offre, di solito, il linguaggio comune, sempre povero e imperfetto su siffatto terreno, non soccorrerebbe dav-vero.

LTna classificazione, dunque, per mezzo di attributi, non potrà avere valore per un esamè statistico, e cioè per

giuri-li) In testa al trattato di Anatomie artistique, di P A U L R I C H E R , Paris, 1 8 9 0 .

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fatta con criterio veramente obbiettivo e sicuro, cosa non sempre attuabile. Gli attributi o qualità, invero, vengono di solito notati subbiettivamente; occorre, invece, possedere norme di classificazione obbiettiva per giungere a raccolta di attributi trattabili statisticamente. Bastino ad esempio le gravi e non ancora superate difficoltà che gli antropologi incontrano per una classificazione obbiettiva della colora-zione della pelle, e quelle, — soltanto in tempi recentissimi risolte, — per la classificazione del colore degli occhi e dei capelli; o le difficoltà che si incontrano quando si vogliano classificare obbiettivamente i suoni del linguaggio parlato in vista di uno studio quantitativo comparativo delle ca-ratteristiche dei vari linguaggi: il compito è stato intrapreso dalla fonetica sperimentale (1).

Una nomenclatura, in conclusione, obbiettiva e sicura è la condizione del trattamento statistico degli attributi, come, del resto, di ogni esame « scientifico » degli attributi stessi. E utile richiamare, al proposito, quel che lasciò scritto J. F. W. Herschel: « Prima di potere abbracciare con uno sguar-do la Natura in mosguar-do che meriti di essere chiamato gene-rale e sistematico è necessario che, dei suoi materiali e delle sue combinazioni quelli che hanno qualche grado di importanza siano distinti con nomi i quali non solamente aiutino a fissarli nella memoria, ma diventino, per cosi dire, altrettanti centri attorno ai quali le cognizioni si raccolgano a masse. L'imporre un nome ad un oggetto è epoca di grande importanza nella storia [della scienza]. Il nome dà all'og-getto un'esistenza riconosciuta nella nostra mente, lo pone in lista per essere esaminato, e ne forma un capo o titolo sotto il quale si possono disporre cognizioni di varia na-tura » (2).

§ 1 1 . — B i e s c e qualche volta agevole cosa, e non do-manda che attenzione e pazienza, la creazione di una no-menclatura, la quale, mentre deriva dall'aver saputo

(1) P. ROUSSELOT, principe» de phonéthiue esptrintentale, 2 volumi, Paris-Leipzig, 1902-1908.

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« guardare » esattamente da parte di chi creò la nomenclatu-ra, impone poi, a chi di quella nomenclatura si serve, di « guardare » anche esattamente; ma ben al+re volte, al contra-rio, difficoltà si presentano, e il saper guardare con preci-sione, da parte di chi deve creare la nomenclatura, deriva da vera e propria scoperta nel campo della natura del feno-meno osservato: soltanto la nuova scoperta permette di meglio guardare e quindi di giungere a nomenclatura.

Per questo, certamente, senza pur fare la riflessione, di cui sopra, lo Herschel scriveva che ci la nomenclatura è forse più una conseguenza che una causa del sapere; per dare un nome à una cosa, che a un tratto la, collochi a suo luogo in un sistema, ne dobbiamo conoscere le pro-prietà » (1). Ma si potrebbe dire, meglio, usando la fraseo-logia dello Hersxhel, che la nomenclatura, effetto del sa-pere, diventa a sua volta causa del sasa-pere, permettendo l'e-same sistematico, e in massa, dei fenomeni.

È facilitato, inoltre, l'uso della nuova nomenclatura, da uno speciale metodo di notazione scritta degli attributi, del che non pochi esempi si potrebbero addurre : metodo di no-tazione che ha da essere adatto e proprio ad ogni nomen-clatura.

Ma qui basti l'aver accennato a queste due idee: neces-sità assoluta della nomenclatura per la trattazione stati-stica degli attributi, e utilità di speciale notazione per ogni nomenclatura; idee che avremo modo di svolgere quando par-leremo di proposito della « statistica delle qualità ».

§ 12. — Non è, d'altro canto, da dimenticare, a proposito di questi primi cenni sulla graduazione di quantità e classifi-cazione di qualità, che, raccolte in grande massa, e le une e le altre, su analoghi oggetti o sulle manifestazioni del medesimo fenomeno, possono, le une e le altre, essere prese simultaneamente in considerazione, si da venire a ciò che potremmo chiamare statistica correlata delle quantità e delle

qualità. Si abbiano mille neonati per ognuno dei quali si

misuri il peso del corpo e si conosca la professione della madre: si potranno disporre quei mille nati in una tavola detta ti a doppia entrata » in modo da indicare

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mente graduazione del peso (quantità) e professione della madre (qualità) con lo scopo, poniamo, di vedere se esiste o no relazione tra il maggiore o minor peso dei neonati e tale o tale altra professione materna. Analogamente, dimen-sioni del cranio e colore dei capelli; capacità cranica e in-telligenza, numero di anomalie craniche e delinquenza o natura della delinquenza (omicidi, ladri, ecc.) dànno luogo, quando siano fatte simultanee osservazioni su gruppo nume-roso di individui, a una statistica correlata delle qualità e delle quantità.

E superfluo notare che si può avere, nello stesso n.iodo, « statistica .correlata delle quantità», e ((statistica correlata delle qualità ». Tabella a doppia entrata che mostri come si distribuiscano le zone di un paese, simultaneamente per natalità (quanti nati per 1000 ab. ?) e per nuzialità (quanti matrimoni per 1000 ab. ?) è esempio di statistica correlata delle quantità. Tabella a doppia entrata che indichi come si distribuiscano gli eletti, dopo elezioni politiche, simultanea-mente secondo il partito politico cui appartengono, da un la-to, e la zona (città o campagna) in cui furono eletti, è esem-pio di una statistica correlata delle qualità.

Le tavole a doppia entrata di cui qui parliamo non sono che tavole le quali ripetono, per la loro architettura, la tavola pitagorica: sulla prima linea orizzontale di caselle, in alto, si scrivono le indicazioni di graduazione delle quan tità; sulla prima linea verticale a sinistra di chi guarda, si scrivono le indicazioni delle qualità, e poi, in ogni ca-sella che è punto di incontro di due linee tirate l'una dall'al-to, l'altra da sinistra, si segna il numero di oggetti o di ma-nifestazioni che si trovano ad avere, simultaneamente, quella graduazione e quella qualità. Numerosi esempì saranno dati a luogo opportuno.

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§ 14. — Non esita qualche Autore, nel dar definizione del metodo statistico, a far notare nella definizione stessa che il metodo statistico è un metodo scientifico. Ma senza, in verità, poi, spiegare che cosa si debba intendere per metodo

scientifico, e per scienza. Laddove occorrerebbe, appunto,

definire, o cercare di render chiari questi concetti.

É forse la misura, la caratteristica della scienza e del metodo scientifico ? Non pochi son quelli che rispondono affermativamente. « Quel che dipende dal misurare, diceva già Platone, è pur necessario che sia un'arte e una scienza (èntirrriftij)'» (1). E Leonardo, più tardi: « Nessuna umana in-vestigazione si può dimandare vera scienza, s'essa non pas-sa per le matematiche dimostrazioni » (2). Ed oggi si ripete, precisando, che la « quantificazione » è quei momento della evoluzione delle nostre cognizioni in cui esse, da empiriche e banali diventano scientifiche; che vi è metodo veramente scientifico quando vi è applicazione di precise misure; che per far opera di scienza occorre, innanzi tutto, compiere misure e con esse dare precisione a una formula che rias-suma un insieme di fatti; che tanto più è avanzata una scien-za quanto più i suoi corrispondenti strumenti di misura sono precisi e di facile maneggiamento (3).

Per cui, se cosi fosse, non vi sarebbe dubbio che l'appli-cazione del metodo statistico conferirebbe carattere scienti-fico a ogni indagine che di esso si avvantaggiasse, e costi-tuirebbe, tale metodo, il metodo scientifico per eccellenza.

In verità, non può davvero ritenersi esatta così assoluta concezione della scienza e del metodo scientifico. Comincia-mo, intanto, col dire che in dibattiti di questo genere, meglio vale di rendersi ragione, dapprima, di-che cosa è metodo

scientifico, e venire soltanto dopo a vedere che cosa sia

(1) Nel Protagora, 357 B\

(2) Trattato della pittura. Libro I, paragrafo 1.

( 3 ) F . L E DANTEC; Qiresl-ce que la sclence ? Paris, ( 1 9 1 0 ) , pp. 1 8 - 1 9 , 2 6 , 6 5 , 7 9 , ecc. Si rammenti, "anclie, l'affermazione di C L A U D E B E R N A R D : " La mi'ura dei fenomeni è uno dei punti fondamentali della scienza, poiché per mezzo della determinazione quantitativa di un effetto rela-tivamente a una causa data, puù essere stabilita la legge dei fenomeni"». Ma l'illustre fisiologo si riferiva alle scienze sperimentali. In lntroduction

(32)

studio scientifico di una questione, e poi scienza. E ciò per

che, tanto per compiere lo << studio scientifico » di un feno-meno, quanto per poter affermare che un dato insieme di studi e nozioni è una scienza, è condizione aver seguito « me-todo scientifico ». Quel che, infatti, conferisce dignità <( Scientifica » a un insieme di nozioni o a una data ricerca, non è già la presenza di qùesto o di quel carattere nei fatti stessi obbietto dell'insieme di nozioni o della ricerca, ma sili-bene il metodo che a tali cognizioni condusse, o che nelle ricerche fu adoperato.

Facciamoci, dunque, in primo luogo, a vedere che cosa possa intendersi per metodo scientifico.

§ 15. — Metodo di esame ilei fenomeni che segua deter-minate norme si dirà scientifico; ma quali norme ?

Il metodo scientifico cerca, innanzi tutto, in che modo si possano tradurre in misure, o classificare con precisione grazie ad attributi, le manifestazioni dei fenomeni. Poi, per mezzo della graduazione delle misure e della classificazione per via di attributi, descrive con precisione, riesce a sco-prire in che modo si seguano le manifestazioni dei fenomeni (i< sequenze » dei fenomeni), e ili che modo al variare delle manifestazioni di un dato fenomeno varino quelle di altro (II covariazione » dei fenomeni). Di guisa che, da gradua-zione e classificagradua-zione, da descrizioni precise, da regole di sequenza e di covariazione, esso giunge alla previsione, e arriva alla costruzione di formule le quali riassumono «un insieme di fatti. Si parte, insomma, da una classificazione e da una graduazione obbiettive per giungere a giudizi obbiet-tivi, a un « judgement independent of the idiosyncrasies of the individuai mind », come fu scritto (1).

' a,

§ 16. — Ne segue che, quando tale metodo sarà appli-cato all'esame di un fenomeno si dirà tale fenomeno essere studiato con metodo scientifico; e costituire quindi, tale esa-me, lo studi5 scientifico del fenomeno in questione. Quando sarà applicato, tale metodo, all'esame di un insieme di feno-meni, il quale possa considerarsi come un tutto (che

(33)

senti, ad esempio, unità di obbietto) si dirà che l'insieme de gli studi cosi compiuti su quell'insieme di fenomeni, forma una scienza. « Studio scientifico », allora, è esame di un fe. norneno condotto con metodo scientifico. « Scienza » è

quel-l'insieme di esami o studi, con unità di obbietto, che sono

condotti con metodo scientifico. Metodo scientifico, studii scientifico, scienza, fanno classificazioni precise ed obbiet-tive (di attributi) e graduazioni di misure (quantità); tro-vano le sequenze e le covaria;ioni; esercitano le previsióni, e giungono a formule riassuntive.

§ 17. — Dal qui.detto, derivano, allora, i due seguenti co-rollari :

a) gli scopi di cui sopra possono l'aggiungersi tanto

movendo da graduazioni di misure quanto partendo da classi-ficazioni di attributi, — siano tali classiclassi-ficazioni di qualità, trattate o non trattate con metodo statistico. Per cui, non è essenziale carattere del metodo scientifico (e quindi dello studio scientifico e della scienza) la misura o una tratta-zione degli attributi .che sia trattatratta-zione statistica;

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coynoscere causas ?

Nè, in queste nostre definizioni, facciamo cenno del con-cetto di pratica utilità che metodo e ricerca scientifici, e scienza, dovrebbero portar seco, quasi loro inseparabile ca-ratteristica. Per certo, pongono alcuni l'utilità pratica tra i segni della scienza, e definendo questa o quella scienza, — e questo o quel metodo, — mettono innanzi il pratico gio-vamento che ne proviene: nel definire, ad esempio, l'econo-mia politica fu scritto, dopo aver detto cercare essa le cause che fanno una nazione più ricca di altra, avere essa per scopo l'insegnare quel che si ha da fare per diminuire ii numero dei poveri ecc. (2). Sembra a noi, per contro, che non si abbia affatto la ricerca scientifica a preoccupare delle pratiche applicazioni e del cui prodest, sia perchè il solo fatto dell'osservazione e della scoperta del modo con cui si seguono e insieme variano i fenomeni è già di per se medesimo scopo assai nobile della ricerca stessa, sia perchè quelle speculazioni, un giorno, diventano, o possono di-ventare, utili e utilissime, che pur in sul principio sembra vano di nessuna utilità. Non porremo, quindi, la pratica utilità nell'elenco dei caratteri della scienza, della ricerca e del metodo scientifico, e in ciò ci iscriveremo contro, in

(1) Basti siffatto accenno, senza far quindi neppnr menzione dellp molteplici discussioni che potrebbe sollevare il concetto ili causa. Per gii uni, causa è condizione necessaria e antecedente; e la successione è in variabile (Hume, Stuart Mill) ed ecco gli altri obbiettare che le condì zloni antecendenti sono innumerevoli, per cui tutto diventerebbe causa di tutto, a meno che non scelga una di quelle condizioni antecedenti per darle la dignità di causa. Da altri, ancora, si afferma aitilo non essere, causa ed effetto, che la stessa cosa, ossia, della stessa cosa, nomi diversi. ( W E L T O N e M O N A H A M , Intermediate logie, London, 1 9 1 1 ) . Quando non si dica che la causa, essendo una nostra idea, non appar-tiene alla realtà, ma è pura concezione; dottrina svolta da E N E S I D E M D (vedi SESTO E M P I R I C O , Adv. Malti. I X ) . O non si venga, semplicemente, a con-cludere per la impossibilità di risolvere il problema, come fa G. RENSI,

Introdvzione alla scepsi etica. Firenze, ( 1 9 2 1 ) , pp. 6 1 - 1 4 3 . Qui, non ser vendoci della parola «causa», ci limitiamo a parlare di sequenze dt fenomeni, e di covariazioni tra i fenomeni.

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certo senso, per le ragioni accennate, a quel che diceva il poeta : « Nisi utile est, quod facinius, stulta. est gloria; Nihil agere quod non prosit » (1); che ogni ricerca scienti-fica non cessa davvero di esse' tale sol perchè pratica utilità non ne risulti.

§ 19. — Non sarebbe forse criticabile cosa distinguere

tecnica statistica da metodo statistico propriamente detto

per quanto delicate siano distinzioni di tal genere. L'intera successione delle operazioni, d'ogni fatta, che si compie per lo studio statistico di un fenomeno suole, infatti, così presentarsi. Occorre, una volta che sia stato trovato conve-niente modo di misurare o di cìassificdré, occorre effettiva-mente compiere, in primo luogo, l e misure o le classificazioni, vale a dire compiere la rilevazione statistica, che può defi-nirsi come la raccolta, una ad una, per mezzo di schede individuali, di registri, o di questionari, di tutte le manifesta-zioni del fenomeno considerato, con le circostanze che lo accompagnano, in un dato luogo e in un dato momento. In seguito, le unità raccolte per mezzo della rilevazione, vengono trasportate dalle schede, dai registri, dai quistio-nari, in altre tavole, e poi riunite in gruppi, ed esposte in tavole finali e ricapitolative, operazioni che vanno sotto il nome di spoglio, aggruppamento, esposizione statistica.

E soltanto allora, o almeno, essenzialmente da quel mo-mento, si inizia il lavoro per la ricerca e il calcolo dei valori

segnaletici della distribuzione, del movimento, dei rapporti,

e quindi della probabilità e della previsione, valori segnale-tici destinati a descrivere con breve efficacia, a confrontare e a scoprire la regola.

Ora, sembra a noi opportuno riserbare il nome di

me-todo statistico alle norme che guidano lo studioso

nell'ulti-mo nell'ulti-momento soltanto di tale successione di operazioni, e cioè alla ricerca e al calcolo dei valori segnaletici fatti per descrivere brevemente ma efficacemente, pei1 confrontare e

per scoprire la regola. Potersi riserbare, per contro, il nome di tecnica statistica alle operazioni che precedono il calcolo dei valori segnaletici; le quali operazioni, tuttavia, in

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parte, e a volte, sono da eseguirsi, più che dal tecnico statisti-co, dalla scienza stessa di cui è obbietto il fenomeno da rile-vare, spogliare, aggruppare ed esporre, o almeno sono da eseguirsi dalle singole scienze speciali, col soccorso, se si vuole, delle generali regole della tecnica statistica.

Ripetiamo che, in temi ove, come in questo, esistono tante sfumature, tali distinzioni sono di difficile fattura; nè sempre agevole, — al contrario, — riesce dire ove tale ca-tegoria finisca e l'altra si inizi. In ogni modo, precisa docu-mentazione quantitativa da un lato, o collezione dei dati, e dall'altro, analisi di essa; contabilità e formazione delle tabelle da una parte, calcoli e ragionamenti interpretativi dall'altra; operazioni materiali, prima, e calcoli, sintesi e interpretazione, dopo; elementi e dati che dànno notizia quan-titativa, in un primo momento, e calcolo dei valori segnale-tici, in un secondo momento. Forse rendendosi conto di sif-fatte distinzioni scriveva il Cournot, che la ricerca e la critica del materiale statistico si fa con regole speciali « dont nous n'avons pas à nous occuper ici » poiché è nostro com-pito, ammesso che si siano riuniti materiali e documenti esatti, è nostro compito << de les mettre en oeuvre, d'y démè-ler un ordre » (1).

§20. — Prima di venire a mostrare il modo con cui si cercano e si calcolano i valori segnaletici dei fenomeni atipici quantitativi, o suscettivi di trattazione statistica, è ancor necessario soffermarci, sia pure brevissimamente, sul modo con cui di solito occorre ordinare le osservazioni che si sono raccolte, per giungere alla ricerca o al calcolo dei valori segnaletici in questione. Ordinare i singoli esem-plari, o individui, o manifestazioni di un fenomeno, secondo gli attributi (o qualità) che essi presentano, è un distri-buire le frequenze secondo i loro attributi, ed è quindi un ordinare le frequenze in serie, ossia costruire una serie di

frequenze. Fiori della medesima categoria o della medesima

varietà, ordinati secondo il colore della corolla; individui ordinati secondo il loro stato civile (celibi, ammogliati,

ve-li) A . A . COURNOT, Expositton de la Unione des cha»r,.s et dei pi i

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dovi, divorziati); matrimoni ordinati secondo i giorni della settimana o i mesi dell'anno, costituiscono altrettante se-rie di frequenze. Sia notato, di passaggio, che la parola sese-rie ha, qui,- significato diverso da quello che ha in matemati-ca; ma nella terminologia statistica la parola ha ormai co-stantemente assunto il significato ora accennato, ed è forse inutile tentare, a questo riguardo, innovazioni.

Ordinare, per contro, i singoli esemplari, o individui, o manifestazioni di un fenomeno, secondo i loro caratteri quantitativi, o misure, o grandezze, è un ordinare le quenze in seriazione, ossia costruire la seriazione delle

fre-quenze. Fiori della medesima categoria o varietà ordinati

se-condo il numero dei petali; individui ordinati sese-condo l'am-montare del loro reddito; o secondo i loro anni di età; o secondo i centimetri di statura, costituiscono altrettante se

riazioni.

Vale a dire che, la serie si riferisce a frequenze ordi-nate e messe in rapporto con le qualità, e risulta dalla clas-sificazione secondo gli attributi; mentre la seriazione si ri-ferisce a frequenze ordinate e messe in rapporto con le quan-tità, e risulta dalla .graduazione secondo le misure ossia se-condo le grandezze.

§ 21. — Può, quando ciò occorra, essere trasformata "una serie in seriazione, nel modo e nei casi seguenti :

a) La successione delle qualità, o attributi, nella serie,

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cifra massima, per esempio 7 se la successione è di sette colorazioni, per il colore più scuro (marrone che copre tutta l'iride). Si avrà allora, da un lato, la graduazione 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, e dall'altro, e di fronte a ognuna di cotali grandezze, le rispettive frequenze. Si avrà dunque una

seriazione. Ogni qualvolta così si operi, occorrerà

legitti-mamente supporre o ben sapere che l'accrescimento delle intensità delle qualità, ossia degli attributi, da trasformarsi in grandezze, si fa approssimativamente in progressione aritmetica. Questioni tutte assai delicate, che altre ne coin-volgono e che, in parte, a suo luogo, meglio tratteremo. Qui, basti accennare.

b) Le qualità, o attributi, nella serie, sono tali che la

loro successione può essere sostituita, invece che dai numeri di una progressione che si suppone corrisponda approssi-mativamente alla progressione dell'intensità dell'attributo, da quantità, o grandezze che, più o meno direttamente « misurino » realmente l'attributo stesso e ne possano essere quindi considerate come l'espressione quantitativa. Una scala di attributi formata da indicazioni di colori può essere trasformata in una scala di grandezze «quando ad ogni de-nominazione di colore sia sostituita la lunghezza d'onda. c) Da una serie, infine, si può passare a una seriazione, quando le frequenze della serie possano venire ordinate in rapporto a una scala formata dalle stesse grandezze delle frequenze. La lista degli 87 dipartimenti francesi, indicante per ogni dipartimento la produzione media, per ettaro, del frumento, ad esempio, è una serie. Si presenterà in questo modo: Dipartimento dell'Airi, quintali 11; dell'Aisne, 21; dell'Allier, 16 ecc. Ma chi, da quella stessa serie compone una tabella che risponde alle seguenti domande: quanti dipartimenti, degli 87, producono da 5 a 6 quintali ? quanti da 6 a 7 ? quanti da 7 a 8 ? e così di seguito, comporrà, dalla serie, una seriazione (1).

§ 22. — Nè deve, viceversa, dimenticarsi a questo prò posito il caso in cui, da una graduazione di osservazioni

(1) Le su indicate cifre si riferiscono all'anno 1912. Statistique

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