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Ukraine, n°5187/07, 02/03/2017; Boyko vs Russia, n°42259/07, 20/02/2018; Bektashi Community and others vs The former Yugoslav Republic of Macedonia,

costante giurisprudenza. L'utilizzo del margine d'apprezzamento quindi, per dirla con Sapienza, si declina come un “controllo di ragionevolezza”15, con il quale i giudici europei mirano ad accertare se il

comportamento in concreto adottato da uno Stato risponda a certi “parametri di plausibilità”16 ricavati dall'insieme della Convenzione

stessa, e che si rende necessario in virtù della presenza di concetti generali ed “espressioni indeterminate”, le quali richiedono di essere sottoposte ad un procedimento interpretativo che prenda in considerazione di volta in volta le precipue specificità che caratterizzano il caso concreto. Nel valutare, quindi, la necessità di una data misura, “la Corte s'interroga sulla possibilità di considerare quella misura ragionevolmente necessaria (…) affermando che non può essere tale una misura restrittiva che non sia proporzionata all'importanza del fine perseguito, ovvero che imponga al singolo un sacrificio eccessivo rispetto alla possibilità che abbia di raggiungere il fine perseguito e rispetto all'importanza dello stesso”17. È proprio per dirimere tali

questioni, che la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ricorre al margine di apprezzamento, uno strumento, come è stato definito, “a geometria variabile”18 che permette alla stessa, pure nell'ambito dei diritti umani

universali, di assolvere al proprio compito di giudice del caso concreto prendendo in debita considerazione le particolarità culturali, sociali ed economiche che distinguono tra loro i vari Stati Contraenti19.

Ritornando al nostro quesito iniziale, dall'analisi delle sentenze condotta nel Capitolo 2, possiamo constatare come, una risposta univoca a tale domanda sia difficile da individuare, mentre risulta più agevole prendendo in considerazione ambiti e tematiche ristretti, dove si nota una certa coerenza nell'utilizzo che viene fatto del margine di apprezzamento. In particolare, si può vedere come, da un lato, la Corte, visto anche il sempre maggior numero di sentenze che si concludono con una condanna, sia sempre meno incline, in alcuni particolari settori e ambiti, a fare affidamento sul tale strumento, ovvero, dall'altro, anche quando lo

15 Vedi Rosario Sapienza, “Sul margine d'apprezzamento statale nel sistema della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo”, in Rivista di Diritto internazionale, 1991, pg 612-614.

16 Vedi Rosario Sapienza, ibidem. 17 Vedi Rosario Sapienza, Ibidem

18 Vedi Yutaka Arai-Takahashi, “The Margin of Appreciation Doctrine: a theoretical analyses of Strasbourg's variable geometry”, Cambridge University Press, pg 62- 105, 2013.

19 Fra le sentenze che abbiamo visto nel cap. 2, nelle quali i giudici prendono espressamente in considerazione il contesto culturale e sociale, possiamo citare, ad esempio, S.A.S vs France, n°43835/11, 2014, Ebrahimian vs France, n° 64846/11, 2015 o Dakir vs Belgium, n°4619/12, 2017.

utilizza, a fare derivare da esso una presunzione di ragionevolezza e di deferenza alle scelte nazionali. In molte delle sentenze, ad esempio, riguardanti casi di violenza o discriminazione nei confronti di minoranze o di soggetti deboli (ad esempio carcerati: vedi Vartic vs Romania), pur riconoscendo la necessità di concedere un ampio spazio di discrezionalità agli Stati interessati, la Corte ha più volte ritenuto che gli Stati avessero violato quello loro riconosciuto. Infatti, se ogni sentenza in cui viene utilizzato tale strumento non si conclude con l'assoluzione dello Stato di volta in volta convenuto, è perché i giudici ritengono che i primi abbiano “ecceduto nel loro margine d'apprezzamento”, oltrepassando quella linea, mutevole e cangiante a seconda delle circostanze, all'interno della quale un determinato Paese membro può decidere il modo con cui rendere effettive ed operative le disposizioni della Convenzione. Gli organi di Strasburgo non si limitano a riconoscere l'esistenza di uno spazio di discrezionalità da riconoscere agli Stati membri e da ciò dedurne in maniera automatica la legittimità della misura in questione, ma anzi sottopongono la stessa a vari test, fra i quali i principali sono il “necessity” ed il “proportionality test”. Ad esempio, nel caso Vartic vs Romania, abbiamo visto come i giudici, pur riconoscendo l'esistenza di un ampio margine d'apprezzamento, decisero di condannare lo Stato rumeno in quanto “having regard to the foregoing factors, and despite the margin of appreciation left to the respondent States, the Court finds that the authorities failed to strike a fair balance between interests of the prison authorities and those of the applicant”20; oppure nel caso Magyar

Keresztèny Mennonìta Egyàz and others vs Hungary dove i giudici affermarono che “the freedom afforded to States in regolating their relations with Churches (…) cannot extend so far as to encroach upon the neutrality and impartiality required of the State in this field”21, di fatto

sottolineando come, nella gestione dei rapporti fra uno Stato ed un' organizzazione religiosa, la neutralità e l'imparzialità rappresentino degli standard inviolabili da parte di ogni governo nazionale, a prescindere dal margine d'apprezzamento. Come abbiamo visto, quindi, in molti dei casi analizzati, quando, pur concedendo un certo margine alle autorità nazionali, la Corte decide comunque di condannare lo stesso per violazione dell'art. 9, essa ricorre a concetti quali quelli di “fair balance”22, “vera essenza del diritto”23 ed “inadeguato contemperamento

fra diritti”, concetti che, in generale, fanno riferimento a situazioni in cui uno Stato membro, nello stabilire una misura adeguata per una determinata situazione, non sia riuscito a prendere in debita

20 Case of Vartic vs Romania, 17/12/2013, n°14150/08, §54-55.

21 Case of Magyar Keresztèny Mennonita Egyhàz and others vs Hungary, 08/04/2014, n°70945/11 – 23611/12 – 41150/12 – 41463/12, §110-111 22 Vedi Case of Vartic vs Romania , 17/12/2013, n°14150/08, §54-55. 23 Vedi Case of Adyan and others vs Armenia, n°75604/11, 2013

considerazione le esigenze di tutti gli attori coinvolti, arrivando a violare il “giusto equilibrio” fra gli stessi e sacrificando in maniera sproporzionata e non necessaria le esigenze di una parte rispetto all'altra. Un altro test al quale, in questi casi, la Corte ricorre è quello riguardante la presenza di un pressing social need, indicante la presenza di un bisogno sociale qualificato ed urgente tale da rendere una determinata misura come necessaria e giustificata in virtù del contesto sociale e culturale nella quale essa si trova ad essere applicata. Come si può vedere, quindi, l'applicazione o meno del margine d'apprezzamento, come la sua stessa ampiezza, dipendono in larga parte da valutazioni che la Corte Europea effettua, non in maniera astratta, ma tenendo conto dei vari contesti, le quali, essendo sempre cangianti, rendono, in molti casi, difficoltoso persino per gli operatori e gli addetti ai lavori, fare previsioni sull'applicazione di tale strumento. Un discorso parzialmente diverso, deve essere fatto, invece, per un altro dei concetti al quale la Corte ricorre, ossia quello di “vera essenza del diritto “, un concetto già presente nella giurisprudenza europea, ma che solo in un periodo relativamente recente ha trovato un'applicazione frequente e generalizzata, anche nell'ambito dell'art. 925. Nel case Suveges vs

Hungary, ad esempio, nel ritenere le misure prese in considerazione come legittime e rientranti all'interno del margine concesso, i giudici fanno direttamente riferimento a tale concetto nelle loro argomentazioni, affermando che “the interference with the applicant's confessional rights was not such as impairing the very essence of his rights under article 9 of the Convention”26. Pur nato all'interno della giuriprudenza relativa all'art.

627, tale concetto si è mano a mano fatto strada anche in fattispecie

relative ad altri articoli convenzionali, come, per quel che a noi interessa, l'art. 9 e la tutela della libertà religiosa. Come abbiamo visto, la Corte, sempre più spesso, si è interrogata se la misura presa in considerazione fosse tale da intaccare la vera essenza del diritto di volta in volta preso in considerazione, decidendo di condannare o meno uno Stato membro a seconda della risposta a tale domanda28. Nel cercare d'identificarne le

caratteristiche specifiche e quali requisiti derivano da una tale nozione,

25 Per un'analisi di tale concetto, si veda Yutaka Arai-Takeshi, “The Margine of Appreciation Doctrine and the Principle of Proportionality in the Jurisprudence”, Intersentia Uitgevers, 2002, in particolare Part 2-2.2.2: “The “Very

Essence”Requirements”, pg 36-45.

26 Case of Suveges vs Hungary, 05/01/2016, n°50255/12, §155-157. Riferimenti a tale concetto, si possono trovare anche in Adyan and others vs Armenia e Krupko

and others vs Russia.

27 Per un breve excursus storico sul concetto si veda: Yutaka Arai-Takeshi, “The Margine of Appreciation Doctrine and the Principle of Proportionality in the Jurisprudence”, Intersentia Uitgevers, 2002, pg 95 ss.

28 Rientra in tale casistica il già citato caso Suvèges vs Hungary, deciso dalla Quarta Sezione, 05/01/2016, n°50255/12.

Takeshi ritiene di poterle racchiudere prevalentemente in due aspetti: da un lato, la nozione è stata interpretata come comprendente al suo interno i requisiti di accessibilità e prevedibilità, ossia quelli riguardanti le condizioni secondo le quali una data misura possa essere considerata conforme al principio della prescrizione di legge; dall'altro, la stessa sarebbe “closely associated” e correlata ad i test di proporzionalità che i giudici adottano nello stabilire la ragionevolezza e l'indispensabilità di un certo tipo di misura rispetto ad altre simili29. Associata a tale nozione, e

quasi un corrolario alla stessa, vi sarebe l'esigenza, più volte rimarcata, di “to assert that the guarantee of the right to a court must be both “practical” and “effective” and that such a guarantee must not be illusory or theoretical in nature”30. Pur richiamandosi a tali caratteristiche, vari

giuristi non hanno mancato di sottolineare come la stessa nozione di “vera essenza del diritto” sia circondata da un' aura d'incertezza e sia costituita da confini labili, i quali non ci fanno sfuggire dalla sensazione che, alle volte, sia utilizzata più come un “rethorical tool” che come un vero e proprio strumento giuridico31. Nonostante ciò, è innegabile come

l'utilizzo di una tale nozione da parte degli organi di Strasburgo faccia riferimento ad un “heightened standard of review”32, ossia ad uno

scrutinio più rigoroso nei confronti degli Stati di volta in volta interessati e delle misure da loro adottate. In particolare, il concetto di “very essence right” funge da limite invalicabile oltre il quale la discrezionalità e le pretese nazionali non potranno mai estendersi; pur riconoscendo la presenza di un certo margine d'apprezzamento, con l'utilizzo di una tale nozione, la Corte Europea sottolinea come le varie misure prese dai governi nazionali non possono, per nessuna ragione, arrivare ad intaccare quel “nucleo essenziale” che caratterizza i vari diritti enunciati nella CEDU, il quale, se violato, finirebbe per far perdere agli stessi la loro effettività, svuotandoli di significato e riducendoli su un piano meramente “theoretical and illusory”. In questo senso, il margine assolve, quindi, ad una funzione che potremmo ricondurre a quella di una

29 “The notion of very essence has been construed to include three requirements: the foreseeabilty test, the effectiveness principle and the proportionality principle”; Arai-Takeshi,“The Margine of Appreciation Doctrine and the Principle of Proportionality in the Jurisprudence”, Intersentia Uitgevers, 2002.

30 Vedi Yutaka Arai-Takeshi, “The Margine of Appreciation Doctrine and the Principle of Proportionality in the Jurisprudence”, Intersentia Uitgevers, 2002 31 Si veda, ad esempio, lo stesso Takeshi: “There was a great degree of uncertainty

over the circumstances in which and the extent to which the Strasbourg organ were willing to find the very essence to be impaired . This uncertainity was reinforced in that the Strasbourg often failed in their actual practice, fully to employ

proprtionality as a device for indicating such circumstances”. Vedi Yutaka Arai- Takeshi, “The Margine of Appreciation Doctrine and the Principle of

Proportionality in the Jurisprudence”, Intersentia Uitgevers, 2002

“valvola di sicurezza, con cui le Corti Europee, in casi ben determinati, prospettano agli Stati coinvolti nella specifica decisione alcuni limiti non superabili”33.Come quello di margine, anche il concetto di “vera essenza”

non è fissato in maniera astratta e definitiva, ma dipende dai vari fattori, dalle varie circostanze che di volta in volta i giudici prendono in considerazione per decidere: ad un margine di apprezzamento caratterizzato da una variabile ampiezza, si contrappone, quindi, un tale “nucleo essenziale”, anch'esso influenzato dalle circostanze, e che funge da limite invalicabile alla sua espansione indiscriminata, seppur dai contorni ancora indefiniti e non scevro anch'esso dal rischio d'arbitrarietà.

Nei casi, invece, dove l'applicazione del margine porta a riconoscere come legittime le misure adottate dagli Stati membri, la Corte, come abbiamo visto, ricorre a concetti quali il contesto socio-culturale, il rispetto delle tradizioni giuridiche o la mancanza di un consenso europeo sulla materia, per affermare la necessità di adottare un certo self -restrain, ed aderire, quindi, alle posizioni espresse dalle autorità nazionali. In questo senso, fra i gruppi di sentenze da me analizzati nel cap. 2, spiccano inequivocabilmente quelle relative alla tematica dei simboli religiosi: al contrario delle decisioni prese in altri ambiti, nel caso di sentenze riguardanti l'utilizzo dei simboli religiosi negli spazi pubblici si assiste, invece, ad un utilizzo pressoché uniforme di tale strumento, con una conseguente quasi totale deferenza nei confronti delle scelte nazionali. La Grande Camera in S.AS. vs France, che rappresenta il leading case al quale, a partire dal 2014, tutte le decisioni in materia non mancheranno mai di richiamarsi, afferma espressamente come “as regards of Article 9 of the Convention, the State should thus, in principle, be afforded a wide margin of appreciation in deciding whether and to what extent a limitation of the right to manifest one's religion or belief is necessary”34. Fra le varie motivazioni che i giudici di Strasburgo hanno

33 Vedi Pierluigi Consorti, “La battaglia per la libertà religiosa nel “dialogo fra Corti” e la funzione dei “margini di apprezzamento”, in “Il Diritto come scienza di mezzo. Studi in onore di Mario Tedeschi” a cura di Maria D'Arienzo, Luigi Pellegrini Editore, 09/04/2018, pg 617 . Scrive ancora l'autore: “In altri termini, il margine d'apprezzamento fissa una “linea di galleggiamento al di sotto del quale è certamente impossibile andare, mentre restando al di sopra lo Stato può agire per migliorare il suo livello di garanzia dei diritti umani coinvolti, pur valutando in concreto l'incidenza della soluzione adottata”.

34 Vedi S.A.S. Vs France. Anche nella sentenza Dakir vs Belgium, la Corte,