49 Analizzando tale affermazione nel dettaglio, si può vedere che la Corte si concentra sul valutare se lo Stato Moldavo, pur trattandosi di un territorio su cui
riconosce la violazione dell'art. 9. Tale condanna, basata sul concetto già sottolineato di giurisdizione extraterritoriale, si concentra sulla legalità dell'arresto e della detenzione a cui è stato sottoposto il richiedente; per la Corte, infatti, non ci sono basi per ritenere che il sistema politico e giudiziario operante all'interno del territorio Transnistrano, sia un sistema che rifletta i valori ed una tradizione giuridica compatibile con quella presupposta dalla CEDU, quali la necessità di una vita politica svolgentesi con attività democratiche e, per quanto riguarda la vita giuridica, il rispetto e la garanzia fornita dalla “rule of law”; di conseguenza l'arresto e la detenzione devono considerarsi come illegittimi, tenendo conto anche dell'art 5 della Convenzione, e quindi non giustificati in quanto non prescritti dalla legge50. Non avendo la
Russia fornito alcuna prova o testimonianza che l'operato delle Corti Giudiziarie nel territorio del MRT sia conforme a tali parametri, gli organi di Strasburgo non possono far altro che riconoscere la violazione51.
In quest'ultimo caso, quindi, come negli altri precedentemente analizzati e nonostante le peculiarità dettate dal caso di specie, il ragionamento della Corte si sofferma sulla tematica dei requisiti di giustificazione necessari, ed in particolare su quello della “prescrizione di legge”, ossia
non può esercitare un pieno e totale controllo, si sia comunque adoperato e si adoperi tuttora nel garantire che siano predisposte misure sufficienti ed adeguate per far sì che i diritti e le libertà garantite dalla Convenzione siano tutelate. Queste obbligazioni positive riguardano sia la predisposizioni di misure e procedure volte a garantire e tutelare i diritti individuali del richiedente e, sia l'attivarsi in maniera concreta, nelle opportune sedi politiche ed internazionali, per ristabilire il controllo sull'intero territorio. Scrive la Corte: “In the presents case (…) the Court considers that the Moldovan Government made considerable efforts to support the applicant.(...) the authorities made a number of appealsto various intergovernmental organitation and foreign countries,notably Russia, asking them to assit in securing the applicant's rights.” Case of Mozer vs Moldova
and Russia, 21/02/2016, § 151-154.
50 “In the Courts view, it is in the first place for the Contracting Party which has effective control over the unrecognised entity at issue to show that its courts form part of a judicial system operating on a constitutional and legal basis reflecting a judicial tradition compatibile with the Convention”
51 Per esigenze di completezza, bisogna sottolineare come il profilo relativo alla violazione dell'art. 9, sia stato sollevato dal richiedente anche in relazione all'art. 13 della Cedu, articolo che garantisce il diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un'istanza nazionale, chiedendo quindi il riconoscimento della violazione di tale articolo , letto in congiunzione agli art. 2, 3, 5, 8 e 9 della Convenzione. Anche nella valutazione di tale violazione, l'esito del ragionamento operato dalla Corte è lo stesso, con l'assoluzione dello Strato Moldavo per ritenuto soddisfacimento degli obblighi positivi e, invece, con la condanna della Russia basata sul principio della giurisdizione extraterritoriale. Vedi Case of Mozer vs Moldova and Russia, 21/02/2016, §202-218.
se una determinata misura possa dirsi conforme alla legge interna materiale e se tale legge corrisponda ai requisiti qualitativi, enucleati nel tempo, dalla giurisprudenza di Strasburgo: quali la comprensibilità, la certezza e la prevedibilità del diritto. Per la tematica da me trattata, è importante sottolineare che in tutti questi 3 casi, la Corte non fa nessun riferimento al margine di apprezzamento o ad un suo possibile utilizzo, nonostante alle volte venga sollecitata dagli stessi Stati convenuti: quando l'esito e la parte centrale della decisione si concentra, non su requisiti quali la proporzionalità o la necessarietà democratica, implicanti una valutazione che deve tenere conto di vari fattori culturali e politici, ma, invece, su quelli dell'ammissibilità, della prescrizione di legge o dell'illegalità della misura stessa, l'Organo di Strasburgo difficilmente prende in considerazione ed è disposta a concedere quegli spazi di libertà e di discrezionalità che le Parti Contraenti spesso invocano, evidenziando un ridotto, se non nullo, margine d'apprezzamento.
Proprio per quanto riguarda gli aspetti appena evidenziati e le parziali conclusioni alle quali siamo finora giunti, l'ultimo caso riguardante questa tematica, ovvero il caso Mockutè vs Lithuania del 27 Febbraio 2018, contiene spiccati elementi di diversità, che ci fanno interrogare e domandare se ci troviamo di fronte ad un revirement giurisprudenziale, ad un cambiamento di rotta che possa avere riflessi sulla futura giurisprudenza di Strasburgo, o se, invece, i profili di specialità che verranno elencati siano dovuti unicamente alle particolarità del caso concreto. Il caso trae origine da una vicenda riguardante la richiedente, tale Neringa Mockutè, la quale, a seguito di un crollo nervoso e psicotico, viene ricoverata al Vilnius Psychiatric Hospital, dopo che la madre e la sorella, temendo per la sua salute, avevano chiamato un'ambulanza52. Arrivata alla struttura, la richiedente si rifiutava di
firmare il consenso al suo trattamento, che veniva, invece, firmato da un familiare, per poi, quindi, venire sottoposta forzatamente ad una dose di narcolettici, in quanto ritenuta agitata, aggressiva ed potenzialmente pericolosa per la sua salute e quella altrui. La richiedente, afferma di
52 In particolare, la sig. Mockutè, con un passato caratterizzato da altri ricoveri in strutture psichiatriche e diagnosi che le riconoscevano un disordine paranoico di tipo acuto e da stress post-traumatico, si era assentata improvvisamente da lavoro per tornare a casa, lasciando il veicolo incustodito in mezzo alla strada pubblica e, denudandosi completamente, raggiungeva il balcone del suo appartamento, dal quale cominciava a gridare a squarciagola. Informati e preoccupati per la sua salute, la madre e vari familiari si recavano all'appartamento, ma vista l'impossibilità a comunicare con lei, visto il suo stato mentale, veniva chiesto l'intervento di personale paramedico, che decideva di intervenire con la forza e di portarla al Vilnius Psychiatrich Hospital. Si rinvia a Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018, n° 66490/09, §10-18.
essere stata sottoposta, dal 8 Maggio al 26 Giugno 2003, ad un regime di stretta sorveglianza, da lei ritenuto non più necessario col passare dei giorni ed il miglioramento delle sue condizioni di salute, durante il quale gli veniva impedito di svolgere liberamente le sue pratiche religiose. In relazione a quest'ultima, il personale medico avrebbe, addirittura, iniziato un'opera di convincimento ed intimidazione al fine di far ricredere la stessa sulla sua fede e convinzioni religiose, riconducibili a quelle di un gruppo di meditazione collegato all' Osho Meditation Center, definendosi la richiedente, in virtù di ciò, una buddista praticante. Inoltre, il personale ospedaliero, in particolare, la psichiatra che si occupava del suo caso, avrebbero divulgato impropriamente informazioni sulla sua situazione medica e dati sensibili riguardanti la sua identità, le quali sarebbero poi state utilizzate in una trasmissione televisiva, nella quale si alludeva alla presenza di un collegamento fra la situazione medica della paziente e la sua appartenenza al movimento buddista Osho, del quale veniva data un immagine distorta e prevalentemente negativa sia delle sue attività che dei suoi aderenti53. Nel maggio 2006, la sig. Mockutè citò in giudizio il
Vilnius Psychiatric Hospital davanti alla Corte Regionale, chiedendo un risarcimento per danni non pecuniari consistenti, tra le altre cose, nella sua illegale privazione della libertà e nella violazione dei sui diritti all'inviolabilità personale, alla vita privata, alla privacy ed alla libertà religiosa. Al giudizio della Corte Regionale di prima istanza, che riconosceva come fondata la violazione di tali diritti e concedeva quindi il risarcimento, seguì, però, il procedimento davanti la Corte d'Appello, la quale ribaltava la sentenza di primo grado e affermava, in relazione alla libertà religiosa, come nessuna prova addotta mettesse in evidenza come fosse stato impedito alla richiedente di praticare i propri riti religiosi all'interno della struttura, mentre l'atteggiamento negativo e dissuasivo del personale ospedaliero fosse finalizzato a formare nella paziente un atteggiamento critico nei confronti delle proprie credenze religiose54. Dopo la successiva conferma della sentenza d'appello da
parte della Corte Suprema Lituana, la richiedente si risolveva quindi a ricorrere alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, lamentando la
53 Nella trasmissione, al quale presero parte sia la madre che la psichiatra della paziente, nonostante il giornalista utilizzasse, nel descrivere la vicenda, dei nomi fittizi, vennero diffuse altre informazioni sensibili e potenzialmente identificative riguardanti la richiedente, come la professione, il luogo di lavoro, la città di nascita, il percorso di studi, l'appartenenza religiosa e, persino, la situazione di salute.
54 “The doctor's attempt to get the applicant to form a critical attitude towards her religious convintions did not mean that (the applicant's) religious freedom has been breached” Corte di Appello Lituana citata così in Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018, n°66490/09, §50. Per l'esposizione di tutta la vicenda interna, si rimanda sempre a Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018, n°66490/09, §10-57.
violazione degli articoli 8 e 9 della Convenzione. In particolare, soffermando la nostra analisi solo sulla tematica relativa all'art. 9, l'applicante ritiene che i suoi diritti e libertà garantiti siano stati violati in quanto non solo gli era stato impedito di praticare la sua religione, ma come durante la sua permanenza nella struttura fosse stata sottoposta ad indebite pressioni ed a esercizi psico-correzionali, aventi l'obbiettivo di spingerla ad abbandonare il proprio credo ed a sviluppare un'attitudine negativa nei confronti dello stesso. Tali misure erano da considerarsi del tutto ingiustificate, in quanto la pratica religiosa attraverso la meditazione, era volta ad incrementare il suo benessere psicofisico generale e non era stata dimostrata alcuna correlazione fra i disordini mentali da cui lei era affetta e l'esecuzione di tali pratiche55. Il governo
rispondeva alle accuse rimarcando, a dire il vero un po' contraddittoriamente, che se, da un lato, nessuno gli ha impedito di svolgere le pratiche necessarie, dall'altro, la condizione mentale della richiedente era direttamente collegata alla sua pratica religiosa, facendo riferimento per quanto riguarda ciò, sia alla sua storia clinica56, sia a
degli articoli accademici che suggerivano l'esistenza di collegamenti conseguenziali fra spiritualità e salute psicofisica. Infine, il Governo metteva in evidenza come la situazione di salute della richiedente e le sue richieste, fossero già state valutate sia dalle autorità ospedaliere che dalle Corti di Giustizia Lituane, non essendo quindi compito degli Organi di Strasburgo, sostituire le proprie valutazioni a quelle delle istituzioni interne, invocando per sé un certo margine d'apprezzamento. Entrando nel merito, il giudice europeo sottolinea, cosa che viene fatta in maniera frequente negli incipit delle proprie sentenze, come la libertà di religione, pensiero e coscienza costituisca non solo uno dei pilastri fondativi sui quali si fonda la tenuta del sistema garantito dalla CEDU, ma anche un elemento ineliminabile di qualsiasi società che voglia ritenersi democratica, la quale rappresenta l'unica forma di governo compatibile
55 A riprova di ciò e con l'intento di confutare le posizioni in merito del Governo Lituano, l'applicante notava come la Suprema Corte Amministrativa aveva stabilito che l'Ojas Meditation Center, branca lituana del noto movimento riconducibile all'Osho Center, non costituiva un pericolo per la sicurezza, l' ordine, la salute e la morale pubblica, e che lo stesso era stato registrato e riconosciuto ufficialmente dalla Stato come una comunità religiosa nel Febbraio del 2005. Rimando a Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018, n°66490/09, §111-112.
56 La storia clinica della paziente era, infatti, costellata di vari episodi di disordine mentale, riconducibili a vari tipi di traumi ed al difficile rapporto con la madre, ma che, però, si erano presentati molto spesso in concomitanza alla sua partecipazione od affiliazione a diversi gruppi religiosi minoritari e/o sette vere e proprie, non meglio precisate ed identificate. Si rimanda nel dettaglio a Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018, n°66490/09.
con i principi tutelati ed espressi dal Consiglio d'Europa57. Nelle società
democratiche moderne, dove si trovano molto spesso a coesistere esponenti di varie confessioni religiose diverse, può essere necessario predisporre dei limiti all'esercizio di tali libertà, per cercare di contemperare e riconciliare tra loro le diverse esigenze dei vari gruppi, assicurando che il credo e le libertà di ognuno siano rispettate58. La Corte
sottolinea come il ruolo dello Stato deve essere quello di un imparziale e neutrale organizzatore, essendo incompatibile con ciò qualsiasi tentativo di valutare la legittimità delle credenze religiose presenti sul suo territorio o della maniera in cui tali credenze siano espresse, tranne in eccezionali circostanze. Essa, però, sottolinea espressamente come lo Stato, nel giustificare un'interferenza su tali diritti, debba sobbarcarsi l'onere di provare la presenza di giustificazioni impellenti e di come, nel fare ciò, gli Stati godano solamente di un limitato margine d'apprezzamento. Nel caso di specie, i giudici ritengono che le motivazioni addotte dalla linea difensiva del Governo, non siano state sufficienti e tali da escludere un'interferenza nei diritti della ricorrente59.
Passando all'esame delle possibili cause giustificative, la Corte si sofferma, anche in questo caso, sul requisito della prescrizione di legge, evidenziando come, prescindendo dal primo giorno di ricovero forzato, la paziente sia stata costretta a rimanere all'interno del Vilnius Psychiatrich Hospital in maniera illegittima, e che questa situazione sia continuata per tutto il resto della permanenza, in quanto il ricovero forzoso può essere predisposto solo per un limitato periodo di tempo e per situazioni di grave pericolo per sé o gli altri; condizioni che, eccettuato il primo giorno di ricovero, non sarebbero più state presenti. Per quanto riguarda gli ostacoli frapposti dall'equipe medica alla manifestazione della sua libertà religiosa, si afferma che “freedom of religion becomes a matter of legal regulation only to the extent that an individual expresses his or her toughts or religion by actions, and that, as a long as a persons has a religious faith, it falls within the inviolable
57 Meritano di essere riportate le parole dalla Corte, le quali si ripetono costantemente in ogni decisione riguardante l'art.9: “The Courts reiterates that freedom of thought, conscience and religion, as enshrined in article 9,is one of the foundations of a “democratic society” within the meaning of the Convention. It is, in its religious dimension, one of the most vital elements that go make up the identity of believers and their conception of life, but is also a precious assest for atheist, agnostics, sceptics and the unconcerned”, Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018, n°66490/09, §117
58 Queste parole sono prese, quasi in maniera letterale, dalla sentenza Kokkinakis, della cui importanza per quanto riguarda la giurisprudenza sull'art. 9 è già stata evidenziata nel Capitolo 1. Si veda Kokkinakis vs Greece, n°14307/88, 1993, §33. 59 Per un'analisi nel dettaglio si rinvia a Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018,
sphere of private life and may not be limited in any way”60. Infine, alla
Corte preme evidenziare come in relazione alla libertà di coscienza individuale ed alle possibili interferenze alla stessa, gli Stati godano solo di un limitato margine di apprezzamento: la primaria importanza di tale diritto obbliga gli organi di Strasburgo a ridurre lo spazio di discrezionalità di cui gli Stati possono godere nello stabilire limiti e regole che possono rivelarsi in contrasto con il dettato della CEDU. Per questi motivi, di conseguenza, la Corte non può far altro che condannare lo Stato Lituano per violazione dell'art. 9, considerando la misura non prescritta dalla legge e quindi non giustificata secondo i requisiti espressi nell'art. 9 comma 2. Mentre nella vicenda in sé, non vengono in evidenza profili particolari volti a differenziare la sentenza Mockutè da altre sentenze dello stesso tipo, i profili più eccezionali e particolari della stessa sono quelli legati al ragionamento giustificativo della Corte, ovvero, all'utilizzo e alla descrizione che la stessa fa del margine di apprezzamento, elementi che vengono ben sottolineati nella opinione parzialmente dissenziente dei Giodici Ydviska e Ranzoni. Quest'ultimi, infatti, mentre condividono l'impianto della sentenza, si trovano in disaccordo con gli esiti raggiunti dalla maggioranza dei giudici nel riconoscimento della violazione ex art. 9 ed all'utilizzo fatto del margine d'apprezzamento. Concentrandomi in particolare su quest'ultimo punto, abbiamo visto come nelle precedenti sentenze e nella costante giurisprudenza lo strumento del margine viene principalmente utilizzato quando viene in gioco la valutazione di proporzionalità e necessità in una società democratica di una misura che interferisce con i diritti garantiti dalla Convenzione; mentre, quando la valutazione si concentra sul primo dei requisiti enucleati nel 2° comma dell'art. 9, ossia la prescrizione di legge, quasi mai la Corte nomina o fa utilizzo di tale strumento, in quanto è da considerarsi superfluo, visto che l'attenzione si concentra sulla presenza di disposizioni normative all'interno dello Stato Membro e sulle caratteristiche qualitative che esse devono avere per essere conformi al principio della “rule of law”. Riguardo a ciò, infatti, i due giudici sottolineano come il riferimento che la Corte fa a tale strumento nei paragrafi 118 e 129 della sentenza, sia da considerarsi “basically superflous”. Per di più, è da evidenziare la descrizione che viene di conseguenza fatta del margine d'apprezzamento, dove la Corte afferma infatti che “the States enjoys only a limited margin of appreciation and must endure convincing and compelling reasons to justify any interference with the freedom of individual conscience”, od ancora che “The Court (…) reitarets the principle of the States limited margine to justify interference with the freedom of individual conscience”61. In
60 Citazione da Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018, n°66490/09, §129. 61 Vedi Case of Mockutè vs Lithuania, 27/02/2018, n°66490/09, §118 e §129. La
realtà, come evidenziato dai due giudici e come abbiamo potuto vedere nel Capitolo 1, si può dire che, in realtà, sia vero il contrario: nei casi riguardanti misure che interferiscono con la tutela dell'art. 9, agli Stati deve di principio essere concesso un ampio margine d' apprezzamento nello stabilire tali limitazioni, in modo da poter meglio contemperare le esigenze portate avanti da tutti i membri di una data comunità, tendo conto sia delle condizioni materiali e culturali in cui tali diritti si trovano ad operare e ad essere esercitati62. Certamente, a tale ampia
discrezionalità, si accompagna la necessità di una concreta supervisione europea operata dagli organi di Strasburgo, di modo che, come abbiamo già visto, la vera essenza del diritto non sia intaccata e messa in discussione63.
I casi sopra riportati, ci mostrano come il ricorso al margine di apprezzamento in relazione a tali tematiche, non sia molto frequente, arrivando l'analisi solo in pochi casi a valutare la proporzionalità e necessità della misura (vedi Vartic vs Romania, Suveges vs Hungary); mentre, nella maggioranza degli stessi, il giudice di Strasburgo si concentra, per decidere la questione, sulle caratteristiche della normativa e gli standard qualitativi della stessa, caratteristiche che rientrano, come abbiamo visto, nel requisito della prescrizione di legge (vedi Moroz vs Ukraine, Boyko vs Russia, Mozer vs Repubblic of Moldova). Quando utilizza tale strumento, la Corte lo fa riconoscendo in tale materia agli Stati un ampio margine di apprezzamento, affermando che il contemperamento dei diritti ed il raggiungimento di una “fair balance” fra gli stessi, sia principalmente un compito che i Paesi Membri, nella gestione del loro sistema carcerario e dei rapporti tra detenuti, devono assolvere, in virtù della loro better position; spazio di discrezionalità che, merita di essere ancora sottolineato, non è illimitato e insindacabile dalla
Corte per giustificare tale affermzaioni fa prevalentemente riferimento a due decisioni, la “Moscow Branch of the Salvation Army vs Russia del 2006, ed il caso “Bayatan vs Armenia”del 2011.
62 Una tale definizione di margine di apprezzamento, conforme alla costante giurisprudenza sul tema, la si può trovare nel caso S.A.S. Vs France, del quale ci occuperemo nei successivi paragrafi e dove viene detto che “the State should in