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Il volontariato in Italia

“Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà. L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario” 42.

Il terzo settore deve gran parte della sua produttività al lavoro dei volontari, come si può evincere dal nostro ordinamento, il volontariato è segnato prevalentemente dal concetto di gratuità dell’attività, mentre nella prospettiva europea ci si focalizza maggiormente sull’adesione volontaria43. I principi e fini del volontariato

non sono molto dissimili da quelli del Servizio Civile Nazionale, anche questo si basa sulla solidarietà, sulla partecipazione all’utilità sociale dei servizi resi nel settore ambientale, in quello dell’assistenza, della promozione culturale, della tutela del patrimonio artistico e protezione civile, una forma per servire la propria nazione, nata come alternativa alla leva militare. Come vedremo più avanti i due mondi si incrociano proprio perché spesso il Servizio Civile viene svolto presso enti non profit o di volontariato che possono quindi da una parte usufruire di un ulteriore capitale umano rappresentato dai giovani del servizio civile e dall’altro posso invece offrire loro un modo per accrescere le loro competenze.

42 GAZZETTA UFFICIALE, Decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117, art.17.

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Nel dibattito corrente sono due le concezioni legate al volontariato e al suo ruolo nella nostra società. La prima concezione viene definita “additivista”, vede il volontariato come un settore societario che si aggiunge agli altri già esistenti, tanto da essere avanzata l’ipotesi di parlare di un “quarto settore”, che si distingue dal primo, il Mercato, sia dal secondo, cioè lo Stato, e anche dal terzo, come cooperative sociali o fondazioni. I volontari andrebbero così ad occupare una nicchia ben circoscritta della società, una nicchia che manterrebbe bensì rapporti di buon vicinato con gli altri tre settori, ma da essi separata.

La seconda concezione, è quella “emergentista”, secondo cui il volontariato è una forma di agire che, una volta raggiunto il suo punto massimo, è in grado di modificare anche le relazioni già esistenti tra le altre sfere della società. Il paragone più appropriato è quello con il lievito, che una volta aggiunto nell’impasto fa fermentare tutta la massa e non solo la parte con cui viene a contatto. Per la concezione emergentista la missione fondamentale del volontariato è quella di costituire una forza trainante per la società tale da modificare le istituzioni sia politiche che economiche44.

Ma cosa spinge una persona a dedicare parte del suo tempo libero gratuitamente agli altri?

Uno dei motivi è legato al desiderio di socializzazione e ad aspirazioni di autorealizzazione in un’attività a contatto con altri. Un altro, soprattutto per i giovani, è rappresentato dall’esigenza di acquisire competenze che potranno essere utilizzate anche nella ricerca di lavoro, non mancano infatti gli studi e le statistiche che dimostrano che far parte o aver fatto parte di un’associazione di volontariato aiutano nella ricerca del lavoro. Infatti, mettono in luce alcune delle soft skills utili sul posto di lavoro come per esempio la predisposizione al lavoro di gruppo. Il prevalere di un aspetto o dell’altro, come di un più ampio insieme di variabili relative ai valori o alle forme organizzative permette di distinguere tra “stili” di attività volontaria. L’orientamento al bene comune e la dimensione

44 S. ZAMAGNI, Del volontariato organizzato, Psicologia sociale, fascicolo III, settembre- dicembre,

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altruistica rappresentano essenzialmente la componente e la principale caratteristica di auto presentazione del volontariato oltre che la principale percezione da parte dell’opinione pubblica45.

Se la figura del volontario è indubbiamente la protagonista di questo panorama non dobbiamo dimenticare l’importanza della figura del socio che non solo partecipa attivamente alle attività, ma spesso partecipa attivamente al sostegno economico dell’attività grazie alle quote associative e alla loro adesione. La partecipazione a questo tipo di attività è regolamentata dagli stessi statuti delle organizzazioni, infatti molti di essi prevedono che possano diventare soci dell’associazione tutti coloro che condividono gli scopi e che intendono impegnarsi alla loro realizzazione mettendo gratuitamente a disposizione parte del proprio tempo libero46, la rendicontazione e misurazione di queste ore rientra tra quegli

aspetti gestionali su cui ci si sofferma maggiormente quando si parla di pratiche gestionali legate al no profit.

In queste organizzazioni il numero dei volontari mantiene un equilibrio con il numero di personale retribuito in modo tale da non snaturare la tipicità dell’organizzazione offrendo quindi la possibilità di integrare diverse risorse47. Il terzo settore rappresenta un universo variegato, il volontario e il lavoro delle associazioni che ne fanno parte, non solo hanno un potenziale di crescita economica, ma hanno un potenziale di crescita sociale che può contribuire ad un sistema di welfare più equo.

Il volontariato italiano si trova, oggi, di fronte ad un bivio: continuare sulla via, fino ad ora battuta in prevalenza, dell’Advocacy e della supplenza, in risposta ai fallimenti dello Stato e del Mercato, oppure intraprendere la via della civilizzazione del Mercato e dello Stato48. Restare ancorati alla prima alternativa significa, per il

volontariato, accettare il ruolo di terzo incomodo e conservare quindi un rapporto

45 A. MELA, Il volontariato tra crisi e transizione, Rivista di Psicologia dell’Emergenza e

dell’Assistenza Umanitaria, Numero VII, 2008, p.11.

46 M.CUPPONE, A. MOCAVINI, Studio sul lavoro nelle organizzazioni di volontariato. Risultati di

un’indagine sulle regioni dell’obiettivo Convergenza, Osservatorio Isfol, IV (2014), n. 1-2, pp. 105-

123. pp. 107-108.

47 Ivi., p.112.

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subordinato, ed anche non esclusivo, nei confronti delle pubbliche amministrazioni e della filantropia d’impresa; accontentarsi di occupare una posizione di nicchia all’interno della sfera del mercato e accettare di svolgere un ruolo meramente implementativo nelle politiche di welfare.

Con la seconda alternativa, invece: potrebbe mirare ad acquisire uno statuto di autonomia e indipendenza attraverso il conseguimento di una soggettività sociale e culturale; intervenire da comprimario, nella realizzazione pratica del modello di welfare society49.

Le organizzazioni di volontariato sono caratterizzate sia dal creare valore strumentale, sia valore espressivo. Il primo è misurabile nei termini dei risultati prodotti, cioè degli output. Il valore espressivo, o simbolico, si misura, invece, rispetto agli stati finali conseguiti, cioè agli outcome, definiti come la capacità di produrre beni relazionali e capitale sociale, di far crescere le reti sociali e la fiducia generalizzata50.

Per questo oltre a rendicontare le risorse del terzo settore è importante capire come gestire al meglio queste organizzazioni e come farle diventare da strumenti per il sostegno al welfare, enti che possano offrire ai giovani occasioni di formazione da spendere successivamente nel mondo del lavoro.

È necessario quindi, incentivare il volontariato e la regolamentazione tramite una legislazione ad hoc, che possa quantificare il valore economico e sociale creato per la collettività, affinché l’intero settore diventi una risorsa a vantaggio della collettività. Con la riforma del terzo settore sono state abolite le normative precedenti in particolar modo la legge 266/1991 sul volontariato. Con la nuova normativa si dà una definizione unica della figura del volontario e del volontariato, valida per tutti gli ETS, sottolineando il punto più importante ossia, la gratuità delle attività di volontariato e le nuove forme di aggregazione previste per le organizzazioni di volontariato e i nuovi criteri di accreditamento dei centri di servizio per il volontariato.

49 Ivi., pp. 274-275.

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I numeri e organizzazione del volontariato italiano

In Italia il volontariato moderno può essere considerato l’esperienza fondante del Terzo settore. Dalla prima metà degli anni Settanta il volontariato ha rappresentato una novità considerevole, sia sul piano della cultura del lavoro sociale, sia su quello degli interventi. Le associazioni di volontariato, soprattutto quelle di prima generazione, hanno svolto una importante funzione anticipatrice, sono riuscite cioè ad intercettare ed interpretare i nuovi bisogni, non ancora riconosciuti come tali, e a suggerire modalità di intervento originali. Questa capacità di innovazione sembra legata strettamente alla dimensione del radicamento sociale. Questo tipo di presenza sul territorio segna una forte discontinuità con la prassi delle organizzazioni più tradizionali che sono controllate in parte dalla chiesa e in numero minore da altri51. È questa, sua capacità

anticipatrice e di supplenza alle carenze dello Stato, la ragione del successo e della crescita evidenziata dall’ultima indagine Istat che per ogni regione ci riporta le percentuali di crescita rispetto al 2011, un trend positivo che fa ben sperare per il futuro. Nella tabella a seguire i dati ci mostrano la distribuzione dei volontari su tutto il territorio italiano, uno degli obiettivi della riforma del terzo settore è anche quello di regolamentare il settore, in modo da poter contribuire alla crescita del numero dei volontari.

Tabella 6. Numero di volontari nelle istituzioni non profit per regione/provincia autonoma e ripartizione geografica52. Regioni/province autonome e Ripartizioni Volontari v.a. Var.% 2015/2011 Per 10mila abitanti Piemonte 439.839 5,5 998,8 Valle d’Aosta 25.935 38,7 2.036,9 Lombardia 1.009.795 24,1 1.009,0

51 S. LICURSI, G. MARCELLO, Il ruolo del volontariato dove il welfare si fa debole, Autonomie locali

e servizi sociali, fascicolo III, dicembre 2010, p.442.

40 Liguria 186.554 18,9 1.187,4 NORD-OVEST 1.662.178 18,2 1.031,7 Bolzano 156.476 3,1 3.004,0 Trento 118.397 14,7 2.199,8 Trentino Alto Adige 247.874 7,8 2.595,3 Veneto 505.239 8,4 1.027,9 Friuli Venezia Giulia 168.916 4,4 1.383,2 Emilia Romagna 473.060 10,4 1.063,5 NORD -EST 1.442.089 8,4 1.221,3 Toscana 469.495 8,6 1.253,9 Umbria 133.042 24,4 1.492,9 Marche 177.966 11,3 1.152,8 Lazio 485.958 24,2 825,3 CENTRO 1.266.461 16,2 1.049,5 Abruzzo 129.354 46,0 975,1 Molise 25.255 13,7 809,4 Campania 238.858 50,1 408,2 Puglia 218.695 22,7 536,4 Basilicata 58.527 22,8 1.020,2 Calabria 97.717 9,6 495,9 SUD 768.406 31,4 544,6 Sicilia 216.534 -3,6 426,7 Sardegna 193.091 37,2 1.164,5 ISOLE 409.625 12,1 608,4 ITALIA 5.528.760 16,2 911,4

Dai dati si evince che al Nord- ovest si ha una presenza maggiore di volontari rispetto al Sud e alle Isole, chiaramente questo andamento rispecchia la diffusione sul territorio italiano degli enti no profit.

Nord – Ovest 1.662.178

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Centro 1.266.461

Sud 768.406

Isole 409.625

Per chi si occupa della gestione degli enti no profit, uno dei maggiori problemi gestionali, riguarda la rendicontazione delle ore che i volontari mettono a disposizione e tenere in considerazione le particolarità di questo tipo di prestazione, che influisce molto sui meccanismi di gestione. Se è importante sapere il numero dei volontari lo è molto di più per un’organizzazione quantificare il “lavoro” dei volontari, è necessario infatti che nelle organizzazioni venga sempre mantenuto un equilibrio tra la forza lavoro volontaria e quella retribuita in modo da non snaturare la natura dell’organizzazione.

Caratteristiche dell’azione volontaria sono principalmente la libertà della scelta e la gratuità dell’impegno. Queste caratteristiche influenzano profondamente il lavoro e l’organizzazione di un ente e senza una strategia adeguata per l’inserimento dei volontari possono diventare dei punti deboli.

• Fare volontariato è una scelta autonoma: il volontario sceglie a quale associazione aderire, le attività da svolgere e il tempo da dedicare. Può quindi permettersi di scegliere quali attività accettare e spesso richiede una maggiore flessibilità oraria. Proprio la gratuità delle prestazioni il legame dei volontari e l’organizzazione non viene formalizzato, ma si basa su un contratto “psicologico” che va rinnovato facendo leva sulla soddisfazione e sulla motivazione del volontario.

• Le motivazioni sono diverse e cambiano nel tempo: nel corso dell’evoluzione della società le motivazioni per avvicinarsi al volontariato sono cambiate. Si è passati dalle “classiche” motivazioni altruistiche a quelle più “egoistiche” come per esempio il desiderio di incontrare nuove persone, acquisire crediti formativi o mettersi alla prova per fare qualcosa di utile. Per questo l’organizzazione dovrebbe cercare di soddisfare questi bisogni per assicurarsi una partecipazione attiva dei volontari e la loro collaborazione costante.

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• Il lavoro volontario è spesso simile ad un part- time: spesso si tratta anche di poche ore al mese. È necessaria una capacità organizzativa tale da parcellizzare le attività che possono essere svolte dai volontari e al tempo stesso vanno previste forme di integrazione e coordinamento che possano alla fine dare un senso di insieme alle varie azioni unitarie. Per questo è importante l’utilizzo di forme efficaci di comunicazione data la ridotta disponibilità temporale.

• Assenza di vincoli contrattuali ed economici: i volontari potrebbero sentirsi autonomi nell’esercizio delle mansioni e potrebbero scegliere arbitrariamente a quali compiti dedicarsi con maggiore attenzione e a quali no. In mancanza di una strategia di contrasto di queste tendenze, in qualche misura fisiologiche, l’organizzazione può venire a trovarsi in seria difficoltà nel rispettare determinati standard di qualità nell’erogazione dei servizi53.

Per avere un’idea di quante ore di lavoro vengono dedicate al volontariato possiamo utilizzare i dati di un’indagine svolta da ISFOL nel 201354. I dati non sono

riferiti a tutta Italia perché l’indagine prende in esame i dati relativi alle regioni che fanno parte dell’Obiettivo Convergenza (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia), ma rimangono ugualmente dati significativi.

Figura 1. Personale volontario per genere e numero di ore prestate.

53 E. DE PALMA, Accogliere e motivare i volontari. Riferimenti teorici e strategie organizzative,

Coordinamento regionale dei Centri di Servizio per il Volontariato della Lombardia, 2009, pp.4-5.

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Sono impegnati fino a 5 ore settimanali il 63,3% (59,6% maschi e il 40,4% fem- mine), il 20,8% sono impegnati da 6 a 10 ore (51,3% maschi e il 49,7% femmine), il 4,6% sono impegnati per più di 30 ore settimanali, le percentuali non mostrano grosse differenze legate al genere questo evidenzia quanto il volontariato sia un’esperienza trasversale all’interno della nostra società. La condizione occupazionale dei volontari può fornire un elemento ulteriore di analisi: il 13,4% risulta pensionato, il 19,3% è disoccupato, è occupato il 47,7%, è in altra condizione (studente, casalinga) il 19,6%55. Non serve ricordarlo che l’impegno di ciascuno è differenziato nei modi e nei tempi, l’attività può essere saltuaria, episodica o quotidiana. I dati sul numero di ore lavorate e sul numero dei volontari vengono spesso raccolti per rendicontare progetti specifici o per partecipare a bandi che richiedono esplicitamente questi dati, per questo motivo non c’è un monitoraggio costante, che viene effettuato solo in casi specifici, motivo per cui diventa difficile reperire e quantificare questo tipo di dati. Sul bilancio annuale delle organizzazioni non viene quindi riportato il valore economico di queste ore, ma quando è previsto viene invece esplicitata la voce del rimborso spese dei volontari56. Nonostante non sia facile la quantificazione del volontario, la

collaborazione tra i volontari e i dipendenti però è fondamentale per la durata e per le attività delle associazioni, la commistione tra diverse tipologie di persone è quello che rende il modello organizzativo flessibile e capace di risposte rapide ed efficienti. Come è facile immaginare quando si parla di volontariato e no profit ci si trova davanti realtà non molto grandi che operano spesso a livello locale o provinciale. A livello di management e organizzazione spesso prevalgono i rapporti di tipo informali e strutture non sempre formalizzate, capita spesso che la figura del direttore generale sia la stessa del presidente dell’associazione, il presidente di solito è un carica volontaria e quindi quando queste due figure coincidono la remunerazione è nulla, negli altri casi quando le due figure non coincidono la remunerazione del direttore generale risulta comunque più bassa rispetto al

55M. CUPPONE, A. MOCAVINI, op.cit., p.121

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corrispettivo che potrebbe guadagnare la stessa figura nel settore for profit o nel settore pubblico. La differenza di compensi tra for profit e non profit spesso potrebbe rappresentare un deterrente quando l’organizzazione ha bisogno di assumere personale remunerato e con specifiche capacità tecniche. A livello organizzativo più basso troviamo il consiglio direttivo di cui fanno parte i membri interni dell’organizzazione e spesso gli stessi volontari, raramente si trovano altri comitati o sottogruppi direttivi, per gestire al meglio l’organizzazione le riunioni avvengo molto spesso durante l’anno, più raramente vengono indette riunioni con la restante parte dei soci, questo tipo di riunioni avvengo poche volte l’anno è spesso riguardano l’approvazione annuale del bilancio57.

Per le associazioni di volontariato non sono importanti solamente le relazioni interne, ma quello su cui il management deve concentrarsi riguarda soprattutto il rapporto con enti esterni. Negli ultimi anni si è visto come si siano incrementate le esperiente di collaborazione tra il settore for profit e non profit, questo perché grazie a queste collaborazioni si crea valore sociale di cui beneficiano sia le aziende che promuovendo iniziative sociali, soddisfano la loro esigenza etica, migliorano la loro immagine e beneficiano di agevolazioni o sgravi fiscali e sia le associazioni che trovano degli sponsor per le loro attività58.

La comunicazione verso l’esterno ha un ruolo essenziale nella vita di un’organizzazione. È attraverso di questa che si cerca di raggiungere l’obiettivo principale di creare aggregazione e consenso intorno ad un progetto condiviso. Inoltre, è utile per il reperimento di risorse, sia in termini di nuovi volontari, people

raising, e sia di fondi, fund raising. Diversi studi infatti hanno analizzato quali siano

le motivazioni che portano alla soddisfazione dei volontari in questi enti; non si tratta solamente di quali siano state le motivazioni personali che abbiano spinto la persona a prestare il suo servizio, ma di ricercare strumenti che possano essere utile a motivare quella persona a continuare a rimanere nell’organizzazione59. Così

57 Ivi., pp.9-10.

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come avviene nelle aziende diventa importante motivare al meglio i volontari valorizzarne le capacità e motivarli a restare quando dietro non c’è un compenso economico, ma solamente una soddisfazione personale e voglia di rendersi utile alla comunità.

Il volontariato in Europa

Il volontariato svolge un ruolo importante all’interno della nostra società e non stupisce che anche la Commissione europea si è espressa per promuoverlo ed incentivarlo. Il volontariato è caratterizzato dall’essere un “lavoro” atipico che si distacca dai criteri rigidi e da rapporti definiti, ci si trova invece davanti ad una realtà dotata di flessibilità e competenza con uomini e donne con buoni livelli di preparazione, già impegnati in un altro lavoro retribuito, ma disposti ad impegnarsi in attività di tipo sociale e culturale.

Vista la diffusione del fenomeno e le sue grandi potenzialità anche l’Unione Europea ha messo in atto politiche in favore di questo settore approvando il 22 aprile 2008 la “Risoluzione sul Contributo del volontariato alla coesione economica e sociale” (2007/2149(INI))e il 19 febbraio 2009 ha approvato la “Risoluzione sull’economia sociale” (2008/2250(INI)).

Di queste risoluzioni europee possiamo ricordare alcune delle raccomandazioni e delle esortazioni più interessanti fatte agli stati membri in favore del lavoro volontario 60:

• incoraggiare gli stati membri e le autorità locali a riconoscere il valore del volontariato e il ruolo svolto nella coesione sociale ed economica, operando in partnership con queste organizzazioni per sviluppare piani e strategie di sostegno, agevolazione e incoraggiamento al volontariato; • incoraggiare e promuovere il volontariato in tutte le comunità sia reali che

virtuali, in tutte le categorie in modo da favorire la nascita di associazioni anche in seno a quelle categorie di emarginati che potrebbero non avere

60 Risoluzione del Parlamento europeo del 22 aprile 2008 sul contributo del volontariato alla

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una tradizione di volontariato. Si sottolinea anche quanto sia importante organizzare il lavoro volontario in modo da conciliarlo con la vita professionale e familiare;

• per quanto riguarda i giovani, l’Unione invita a riconoscere il volontariato quale attività idonea ad acquisire competenze e capacità attraverso lo YOUTH PASS legato ad EUROPASS, pur garantendo il volontariato non come un’alternativa alla formazione ufficiale, ma come una sua forma complementare, sperando che questo possa essere uno strumento per la mobilitazione di volontari sia a livello nazionale che comunitario;

• gli stati membri vengono invitati ad adottare la Carta europea del volontariato che è stata proposta per stabilire il ruolo che dovrebbero avere le organizzazioni di volontariato e stabilire i loro diritti, doveri e responsabilità61;

• l’unione invita a riconoscere uno status giuridico chiaro e il riconoscimento dell’economia sociale, visto il suo potenziale e la sua crescita come partner specifico del dialogo sociale, riconoscendo il contributo che può portare la ridefinizione di un modello sociale europeo62.

L’Unione Europea, inoltre, promuove progetti per i giovani dai 17 fino ai 30 anni,

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