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Wright, Hale Una proposta di soluzione al problema dell' accettazione: la nuova

CAP 2 ARROGANZA e ACCETTAZIONE

2.2. Wright, Hale Una proposta di soluzione al problema dell' accettazione: la nuova

Se dunque Horwich non coglie nel segno nel rifiutare in toto il fatto che une definizione basata sulla stipulazione possa costituire il fondamento di una conoscenza a priori, resta dunque da vedere quale sia la forma corretta della stipulazione. Prima di sondare in che modo essa venga intesa nell'idea di Wright e Hale, è interessante osservare in che modo è da essi interpretata la natura della stipulazione deliberata, arbitraria di tipo convenzionalista.

La stipulazione arbitraria criticata dai due filosofi viene, infatti, da essi associata non solo alla stipulazione di stampo convenzionalista, ma anche a certe versioni della

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concezione classica dell'inferenzialismo.

La ragione di queste identificazioni è il fatto che alla base di ogni genere di stipulazione arbitraria vi è una accettazione diretta della teoria #f (IDAP, 2001: 286-310 ).

Il riferimento all'idea che la stipulazione debba invece essere intesa come indiretta, è funzionale alla tesi che è possibile fare a meno dell'accettazione

L'idea di Wright e Hale, in sostanza, è che ciò che deve risultare frutto di un accettazione non è direttamente la teoria #f, o teoria T, ma piuttosto un enunciato ϕ(T) corrispondente alla teoria T sul modello del condizionale di Carnap. Siffatto enunciato deve essere infatti concepito in modo tale da poter sostenere tutte le vicissitudini empiriche alle quali la teoria andrà incontro (IDAP, 2001: 308).

L'idea trae ispirazione dallo stesso condizionale carnapiano quale prodotto della fattorizzazione. Vediamo dunque più da vicino in che cosa consiste questa idea, nelle sue linee generali.

Riepilogando quanto detto finora, data la seguente forma rappresentativa della natura della definizione implicita:

j) f → #f

Carnap aveva introdotto, come abbiamo visto, la strategia della fattorizzazione della teoria #f.

Questa distinzione per Carnap dava origine a due fattori, l'enunciato esistenziale di Ramsey e il condizionale di Carnap, equivalente per Wright e Hale alla stipulazione di tipo convenzionale di f. Il vantaggio di questa strategia era il fatto che ciò che era stipulato mediante il condizionale non era, per i due filosofi, la teoria #f qui chiamata T, ma qualche altro enunciato φ (T) che potesse andare incontro a tutte le vicissitudini empiriche cui sarebbe andata soggetta la teoria (IDAP, 2001: 308). Ciò che serviva come veicolo per la stipulazione di questo enunciato era perciò correttamente proprio un condizionale come quello di Carnap, rappresentativo di tutto ciò che avrebbe potuto

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soddisfare la teoria #f (IDAP, 2001: 309): Carnap: fattorizzazione della teoria #f): i) (Enunciato esistenziale di Ramsey)

∃x (#x) e

ii) (Condizionale alla Carnap) ∃x (#x) → #f

Una cosa che vale la pena osservare, è il fatto che Wright e Hale intendono il condizionale di Carnap come un esempio di stipulazione convenzionale (IDAP, 2001: 309), ma indiretta della teoria #f. Ma come abbiamo cercato di mostrare prima, un punto essenziale dell'idea di Carnap nella terza fase, era stato quello di intendere questa concezione del condizionale come un postulato teorico di forma condizionale, di natura diversa dai vecchi postulati di significato della fase intermedia. Un punto essenziale è che in quell'ambito, infatti, il postulato teorico era rappresentato da un condizionale in cui la teoria #f, che figurava come il conseguente era intesa come un insieme di coppie di riduzione. Ma l'esigenza di Carnap di rendere sempre conto della parziale indeterminatezza dei termini teorici aveva indotto il filosofo a rivedere la stessa nozione di analiticità in modo tale da includere questo aspetto in una revisione della stessa nozione di definizione. Senza ricostruire ora tutto l'argomento di Carnap, per il quale rimandiamo al capitolo I, relativo alla natura dell'analiticità ampia e al modo in cui in quest'ambito si intende la funzione del condizionale, osserviamo tuttavia che un ruolo di primo piano riveste, in quella strategia, il cosiddetto enunciato S'.

S' rappresentava, infatti la portata fattuale del termine introdotta dalla teoria intesa come insieme di coppie di riduzione. Nel caso ad esempio delle coppie di riduzione che abbiamo già incontrato in precedenza:

(R1*) Q1⊃(Q2⊃ Q3 ) (R2*) Q4⊃(Q5⊃ ~Q3 )

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(Carnap 1936-1937 = 1970: 176)

l'enunciato S

'

1 sarebbe stato analogo al seguente:

S

'

1: (x) ~(Q1, Q2x e Q4,Q5 x)

Rispetto alla proposta di Wright e Hale ciò che sembrerebbe fare le veci dell'enunciato φ(T) rappresentativo della teoria, nella strategia di Carnap, sarebbe perciò l'enunciato S'.

Ciò che intendiamo mostrare qui di seguito è come, diversamente, Wright e Hale facciano riferimento piuttosto a una proposizione S(f) che essi intenderanno come costituita da altre stipulazioni più basilari. Esse verranno chiamate S1 edSE e verranno intese come analoghe alle regole inferenziali introduttiva ed eliminativa ottenute sulla base di un modello inferenzialista classico.

Se dunque il modello di teoria #f carnapiano può essere inteso nella forma seguente come l'unione dei due fattori, ovvero:

iii) #f=∃x f(x) & (∃x f(x) → #f)

traducibile, per altri motivi, nell'enunciato rappresentativo della teoria: I) Carnap (teoria):

φ(T)= S

'

1: (x) ~(Q1, Q2x e Q4,Q5 x)

e la natura della relativa definizione implicita, posta la forma (j) della definizione risulta traducibile nel seguente modo:

iv) f → (∃x (#x) → #f)

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II) Wright Hale (teoria). φ (T)= S(f): S1,SE

A questo punto è necessario soffermarsi un momento per chiarire un importante aspetto finora trascurato, dell'impostazione di Wright e Hale. Tornando, pertanto, alla tesi dei due filosofi, osserviamo che sebbene il modello carnapiano venga definito un metodo valido, lo scopo è proporre un modello di definizione implicita alternativo (IDAP, 2001: 308):

Our interest here is in a general and a more specific issue about the role and utility of implicit definition. The general issue is whether, and if so under what conditions, the meanings of any significant class of expressions -for instance, logical constants, basic terms of fundamental mathematical theories, or theoretical terms of empirical science – must be constituted by implicit definitions; the more specific issue is whether, if so, such definitions have a role to play in a satisfactory account of the possibility of a priori knowledge of logic and mathematics. We shall refer to the thesis that at least some important kinds of non inferential (a priori) knowledge are founded in implicit definition as the traditional connection.

(IDA 2001: 286)

Nondimeno Wright e Hale ritengono che questa sia la linea da seguire per la ricerca di una nuova forma della definizione implicita che possa valere in linea di principio non solo nel caso logico-matematico, ma anche in quello epistemico:

What is evident is that Carnap conditionals are not the only kind of conditional sentence by means of which the meaning of new theoretical terms might be thought implicitly to be determined. For instance, a theorist at work during the early stages of subatomic physics, asked what he meant by 'electron', might say: 'Well, I don't know that there are any such things as

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electrons, but if there are such things, this much, at least, is true of them [here he states some bundle of claims which he takes to be electrons, if there are such things]

That is, he might explain (or partially explain) what he means by 'electron', not by giving us the Carnap conditional: 'If there are any things satisfying such and such laws then electrons do' but by means of a kind of converse of it: 'If there are electrons, they satisfy such and such laws'. More generally and formally, we might view implicit definition of a theoretical term 'f' as proceeding through the stipulation, not of the Carnap conditional ∃x (#x) → #f', but rather through that of a conditional of the type: '∀x (x=f → #x)'. This could be called the converse -Carnap conditional. (IDAP, 2001: 310)

La citazione mette in evidenza dunque aspetto essenziale per la questione che abbiamo lasciato in sospeso poco fa, ossia il fatto che la forma che Wright e Hale intendono attribuire ad S(f) corrisponde alla conversa del condizionale di Carnap:

Condizionale di Carnap (postulato teorico che fa le veci della definizione): ∃x (#x) → #f

Definizione (Wright e Hale ): ∀x (x=f → #x) (x)(x=f → S(f))

Un punto essenziale è che tuttavia l'interpretazione conversa del condizionale di Carnap che dovrebbe fare le veci della definizione, secondo Wright e Hale può svolgere questa funzione poiché in modo analogo a un principio di astrazione essa è equivalente a un bicondizionale del tipo “x=f se e solo se S(f)”

Wright Hale (definizione come principio di astrazione) “f (operatore)→ S(f)”

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Vista dunque la forma generale della definizione, quale conversa del condizionale di Carnap, ora la questione che si presenta per prima è come intendere più nello specifico la forma S(f) della teoria.

Poiché la mossa particolare di Wright e Hale è quella di sostituire il condizionale con un bicondizionale, come previsto appunto dalla forma conversa del condizionale di Carnap.

La definizione può così essere intesa in modo simile a un Principio di astrazione. La proposizione S(f) analogamente verrà intesa nella forma di una congiunzione di enunciati S1 e SE equivalenti, in modo analogo a un bicondizionale:

S(f): S1 ≡SE

così la definizione implicita figura nel modo seguente: “f (operatore)→ S1 ≡SE”

La cosa che appare in parte controversa è, tuttavia, il fatto che S(f), come abbiamo visto prima, è intesa come un' alternativa al modello di Carnap non solo nel caso matematico, ma anche in molti casi di tipo epistemico in cui entrano in gioco gli stessi termini teorici.

I casi epistemici coincideranno, perciò solo con quelle situazioni in cui è possibile che l'enunciato rappresentativo della teoria φ (T) coincide con la stessa forma della teoria #f. Ma per Wright e Hale questo sarà il caso in cui S(f) si dà nella forma bicondizionale S enunciata, in realtà, solo per il caso non empirico.

Fatte dunque queste premesse, vediamo ora, più nel dettaglio, in che modo Wright e Hale rendono conto della forma proposizionale S(f) della teoria.

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2.3. Wright Hale. La relazione significato-teoria nella concezione indiretta