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Zhang Xianliang nacque a Nanchino l’8 dicembre 1936 in una famiglia di ricchi industriali e funzionari legata al Partito Nazionalista Guomindang 国民党. Trascorse parte dei suoi anni giovanili fra Chongqing e Shanghai, la metropoli più moderna e occidentalizzata della Cina, dove rimase fino al 1949. Frequentò la scuola media a Nanchino fra l’agosto 1949 e l’agosto 1951 e sarà proprio in questo periodo che inizierà a pubblicare le sue prime poesie sulla rivista Xinhua Ribao 新华日报. Negli anni delle scuole leggerà molte opere di letteratura cinese e straniera in traduzione, oltre a sviluppare una passione per la musica e per il cinema. Successivamente si trasferì con la famiglia a Pechino, dove, in seguito alla separazione dei genitori, visse con la madre e una sorella minore. Qui continuò la sua educazione nella Scuola Media no. 39, dove si diplomò nel 1955. I legami con il Partito Nazionalista costarono al padre l’arresto nel 1952 per spionaggio, la prigione e la morte in carcere: per questo anche Zhang sarà bollato come appartenente alla classe borghese e vivrà sempre con un profondo senso di colpa le sue origini sociali. L’assenza del padre peserà notevolmente e significativamente nella vita e nella formazione psicologica dell’autore, che sarà sempre molto evasivo a proposito del padre, anche nelle sue opere: sappiamo solo che era un imprenditore con interessi in una serie di settori, fra cui la cantieristica navale (Nieh 1981). Nonostante venisse spesso colpevolizzato per le sue origini di classe, durante gli anni della scuola si avvicinò alla retorica idealistica di un “nuovo ordine sociale”. Nei primi anni Cinquanta la madre si trasferì a Pechino con i figli, e qui vissero in gravi ristrettezze economiche.

Dopo essersi diplomato tentò di entrare all’università ma non vi riuscì, in parte per i suoi scarsi voti in matematica, scienza e chimica ma soprattutto – a detta dell’autore stesso – per le sue origini familiari: infatti era già stato bollato come «capitalista». Pertanto, nonostante la sua famiglia ormai non possedesse più molto, gli fu impedito di entrare all’università (Sybesma 1989a, p. 56). Secondo Hsia (2006), tuttavia, la sua mancata ammissione all’università fu dovuta presumibilmente alla sua cattiva condotta alle superiori, più che per alle sue origini familiari o al fatto di avere un padre in carcere. Sarebbe stato molto difficile anche trovare lavoro in una grande città e per questo Zhang Xianliang decise di cercarlo in una regione dell’interno, dove era più facile per giovani con un’istruzione poter trovare un impiego dignitoso. Inizialmente venne assunto come impiegato in un remoto villaggio presso il Fiume Giallo, nell’amministrazione della città di Jingxiang, nella contea di Helan nel Ningxia 宁夏, dove si trasferì con la madre e la sorella minore, e in seguito come insegnante

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in una scuola quadri di Yinchuan 银川, il capoluogo provinciale. Dopo le sue prime prove letterarie si creò una certa reputazione locale, che gli fece guadagnare una posizione migliore come insegnante in una scuola per quadri nel Gansu 甘肃.

Sebbene avesse iniziato a scrivere poesia fin dagli anni delle scuole le sue prime pubblicazioni risalgono agli anni dell’insegnamento: all’età di ventun anni, infatti, pubblicò una sessantina di poesie su diverse riviste, segnando così l’inizio delle sue traversie politiche, durate ventidue anni.105 Venne infatti etichettato come «elemento di destra» nel 1957, dopo la pubblicazione della poesia intitolata «Canzone del grande vento» Dafeng ge 大風歌 pubblicata nel luglio 1957 sulla rivista Yanhe 延河. La poesia, in sé una manifestazione piuttosto enfatica di amor patrio e di dedizione al socialismo, era forse troppo soggettiva: lo «je de la chanson» sembra coincidere con il «moi du poète» (Zumthor 1974), per quanto l’autore, nella lettera accompagnatoria allo stesso giornale affermasse che l’«io» nella poesia – effettivamente ripetuto un po’ troppo spesso per essere inteso in senso più lato – poteva essere anche sostituito da un «noi». Zhang Xianliang, forse piuttosto ingenuamente, voleva da un lato esprimere la sua dedizione alla nuova epoca socialista e quindi affermare la sua lealtà al nuovo governo (soprattutto considerate le origini sociali e l’appartenenza politica della sua famiglia) e dall’altro entrare sinceramente nel dibattito dei Cento Fiori (1956-1957) dando il suo primo contributo da intellettuale alla creazione di una nuova società. Nella lettera al giornale, Zhang Xianliang, ammettendo in una certa misura – come gli avevano fatto notare i redattori – di esprimere la rabbia giovanile, spiega quest’animosità con la constatazione che i giovani della sua epoca, i suoi coetanei, si erano ormai lasciati andare ad un molle edonismo a mano a mano che la vita si faceva più facile e aumentava il benessere: la poesia era stata quindi scritta per risvegliare la gioventù dormiente e per rovesciare una poesia fin troppo ottimista, in cui tutto trova soluzione alla fine e ogni problema viene sempre superato. In fin dei conti, comunque, questa lirica sarebbe passata facilmente inosservata, se non fosse stato per la successiva «Campagna contro gli elementi di destra» Fan youpai

yundong 反右派运动 del 1957: sebbene fosse stato inserito nelle liste di proscrizione perché

la sua unità di lavoro doveva per forza raggiungere la quota del cinque per cento di elementi da epurare, sicuramente le sue origini familiari furono determinanti nel renderlo un bersaglio della purga. Il comitato editoriale della rivista Yanhe definì la poesia antisocialista e reazionaria, finalizzata a «spazzar via ogni cosa nella società socialista» (Nieh 1981, p. 141).

105 Fra le sue prime poesie si ricordano «Notte» Ye 夜; «Canzoni cantate alla sera» Zai Bangwan chang de ge 在傍晚唱的

歌 e soprattutto «La canzone del grande vento» Dafeng ge 大风歌. In queste prime liriche, in particolare nell’ultima, sono stati riconosciuti echi di Walt Whitman e di Percy Bysshe Shelley (Zhou 2006, p. 21).

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La stessa rivista, dopo aver stabilito il criterio in base al quale giudicarlo, per denigrare ulteriormente l’autore pubblicò la sua postfazione alla poesia: in essa Zhang Xianliang spiegava come il Grande Vento della sua lirica fosse effettivamente una nuova epoca che avrebbe cambiato tutto e metteva in guardia coloro che non erano stato battezzati dalla guerra o dalla lotta di classe e che quindi in quella fase si sentivano disorientati. Essi, continuava l’autore, non riescono a ottenere che una conoscenza superficiale dei tempi, poiché sono preoccupati solo dal proprio tornaconto: «non vogliono soffrire, non vogliono lavorare all’aperto. I loro problemi individuali li preoccupano più dei problemi collettivi» (Nieh 1981, p. 143). Sembra quasi una premonizione di quanto avrebbe di lì a poco sofferto proprio a causa di questa convenzionale poesia. La rivista Yanhe insistette nel condannare Zhang Xianliang affermando che la rivoluzione che auspicava l’autore di Dafeng ge non era una rivoluzione socialista e i cambiamenti che questo grande vento poteva portare erano solo le cattive notizie che giungevano dall’Ungheria dove, in seguito alla destalinizzazione, si ebbe una rivolta antisovietica e anticomunista. Secondo Zhang – continua lo Yanhe – se doveva sorgere una nuova alba, significava che fino ad allora la Repubblica Popolare Cinese era immersa nelle tenebre; che cosa poteva significare per lui “nuova vita” e “nuova era” se non il ritorno alla vecchia vita sotto il controllo dei capitalisti e dei proprietari fondiari? (Nieh 1981, p. 149). Se la condanna che ricevette attraverso il «Quotidiano del Popolo» Renmin

Ribao 人民日报 nel gennaio 1958 poteva passare inosservata in una grande città in cui molti

intellettuali ben più in vista erano ormai presi di mira dalle autorità politiche, nella piccola città in cui viveva l’autore era un fatto considerato molto grave. Fu in questa occasione che iniziò a scrivere obbligatoriamente confessioni su confessioni delle sue pretese eresie politiche.

Fra il maggio 1958 e l’ottobre 1961 fu sottoposto alla rieducazione attraverso il lavoro nella fattoria di Stato Xihu nel Ningxia. In quegli anni la detenzione per l’autore significò soprattutto privazione del cibo, in particolare nel periodo del «Grande Balzo in Avanti»

Dayuejin 大跃进 (1958-1962), nei primi anni Sessanta, quando la carestia e la penuria dei

mezzi di sussistenza scarseggiavano drammaticamente per tutta la popolazione, e ancor più per i detenuti dei campi di lavoro e delle fattorie di Stato. La fame e la lotta per la sopravvivenza spinsero l’autore a ripensare la sua stessa condizione di essere umano e di intellettuale: spinto dal bisogno nel 1960 scappò dal campo e si trovò nella stazione di Lanzhou 兰州 come un mendicante, e si rese conto che la vita di una persona non può ridursi soltanto alla mera sopravvivenza materiale e che le aspirazioni di un individuo contano più di ogni altra cosa nella definizione di sé stessi e della propria dignità. Le sue aspirazioni

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erano lo studio e la lettura, necessarie per poter giungere alla comprensione della dolorosa realtà contemporanea e di come si fosse giunti a tali estremi. Tornò alla fattoria di Stato di sua spontanea volontà e fu posto in isolamento: fu proprio durante questo isolamento che iniziò a studiare i classici del marxismo, a partire da Il Capitale di Karl Marx (Sybesma 1989a, p. 57). Per quanto potesse essere un’esperienza che avrebbe spezzato e piegato la volontà e lo spirito di chiunque, l’autore ebbe la forza morale di volgere questa situazione in un vantaggio, temprandosi fisicamente e mentalmente e uscendone rafforzato, anche intellettualmente. Non perse mai la speranza in una vita migliore e nella possibilità di poter un giorno essere chiamato, come i ministri leali ingiustamente allontanati dal governo nei tempi antichi, al cospetto dee potenti per poter riformare lo Stato e contribuire a migliorare la condizione del popolo.

Nel 1961 venne rilasciato una prima volta, ma la situazione politica si stava facendo nuovamente molto tesa dopo la fine del Grande Balzo in Avanti e nell’Ottava sessione del Decimo Congresso del Partito Comunista Cinese nel 1962 Mao, per rilanciare il socialismo, affermò: «qualunque cosa accada non dobbiamo mai dimenticare la lotta di classe» (Hong 2007). Le origini familiari dell’autore continuavano a perseguitarlo anche in questa nuova fase, insieme all’etichetta di «elemento di destra». Per questo fu nuovamente accusato di essere un «controrivoluzionario» e condannato al lavoro coatto «sotto sorveglianza» nella fattoria di Stato Nanliang del Ningxia per tre anni: dall’ottobre 1961 al luglio 1963. Venne ancora una volta etichettato come «controrivoluzionario» e posto sotto stretta sorveglianza per tre anni, fino al gennaio del 1965. Prima che finisse di scontare la prima condanna, infatti, era stato lanciato nel 1963 il «Movimento di Educazione Socialista» Shehuizhuyi jiaoyu

yundong 社会主义教育运动 che colpì anche chi era già detenuto. Quindi per Zhang

Xianliang il lavoro sotto sorveglianza non fu più sufficiente e doveva essere rieducato ancora: per questo venne inviato nuovamente in un campo di lavoro. Facendo un confronto, secondo l’autore era peggio il lavoro sotto sorveglianza piuttosto che il campo di rieducazione attraverso il lavoro, dove le condizioni erano le stesse per tutti i detenuti senza discriminazioni. Nel luglio del 1965 fu rispedito alla fattoria Xihu dove rimase fino al gennaio 1968, quando tornò alla fattoria Nanliang per un altro periodo di lavoro forzato. Nel 1968 fu rilasciato ancora una volta, sebbene l’autore stesso preferisse restare, temendo che fuori dal campo potesse essere molto peggio per uno con i suoi precedenti sociali nel bel mezzo della Rivoluzione Culturale. Tuttavia, gli fu permesso di lasciare il sistema concentrazionario per tornare dalla sua famiglia, che allora viveva a Pechino; poté in questo modo incontrare la madre, che non vedeva ormai da dieci anni. Dopo essere rimasto in città

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per soli tre giorni, venne preso dalle Guardie Rosse e rispedito nel Ningxia. Tornò nella fattoria di Stato da cui era partito e ci rimase fino al 1970, quando fu nuovamente incarcerato nei campi di lavoro.

Dopo altri anni di lavoro coatto fu riabilitato soltanto nel 1979, poiché inizialmente il Comitato Centrale del Partito decise che coloro che sommavano una condanna come «elemento di destra» e «controrivoluzionario» non avrebbero potuto godere della piena riabilitazione. Questo era infatti il caso di Zhang Xianliang, che infatti dovette attendere tre anni dopo la morte di Mao e la caduta della Banda dei Quattro prima di ricevere una completa riabilitazione. In seguito poté nuovamente tornare al lavoro intellettuale: prima come insegnante fra il settembre 1979 e il gennaio 1980 e poi come scrittore. Già mentre insegnava ricominciò a scrivere, inizialmente articoli di saggistica e poi anche narrativa. Pare infatti che le sue tesi sulla filosofia e la politica economica venissero ignorate dagli editori, e per questo gli amici gli consigliarono di cimentarsi nella narrativa breve per attirare l’attenzione sul suo caso (Li 1991, p. 329). La sua prima apparizione come scrittore dopo il 1957 avvenne nel 1979, quando pubblicò la novella «Quattro lettere» Si feng xin 四封信 sul Ningxia Wenyi 宁夏文艺, rivista poi ribattezzata Shuofang 朔方. Sarà proprio dopo la pubblicazione di questo racconto che il mondo culturale si accorgerà della stessa esistenza dell’autore: il segretario del Comitato per la Cultura e l’Educazione del Ningxia riunì un comitato per esaminare il suo caso. Alla fine Zhang Xianliang sarà riconosciuto semplicemente come «elemento di destra» e quindi riabilitato insieme a tutti gli altri. Questo episodio dimostra con forza la performatività, spesso terribilmente ingiusta e arbitraria, di una definizione di sé proveniente dall’autorità o dalla società: era bastato un atto amministrativo per essere dichiarato, tutto d’un tratto, una “brava persona”.

Una delle sue prime storie, che può a buon diritto essere fatta rientrare nel filone della «Letteratura delle ferite» è Shuang zhong se yu nong 霜重色愈浓 «Il colori spiccano di più nel grande gelo» del 1979. Al protagonista della storia, Zhou Yuan, viene consigliato dalla moglie di restare defilato e di non dare nell’occhio nella scuola in cui è appena tornato ad insegnare dopo due decenni di punizione come «elemento di destra». Lui vorrebbe invece finalmente realizzare le sue idee riformiste nell’ambito dell’educazione, ad esempio poter insegnare la filosofia confuciana anziché denigrarla come vorrebbero le autorità e come fa la maggior parte dei suoi colleghi. La moglie gli ricorda che proprio per questa sua schiettezza era stato condannato nel 1957 ai lavori forzati e perciò, sentendo il peso della responsabilità nei confronti della moglie e del figlio, promette alla moglie di essere più cauto e condiscendente. Il finale, come molte narrazioni della «Letteratura delle ferite» ha una

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«coda luminosa» guangming de weiba 光明的尾巴 in cui l’eroe, prima ingiustamente condannato, ottiene finalmente soddisfazione e il giusto riconoscimento come intellettuale o in ogni caso come elemento utile per la costruzione del socialismo, in particolare del nuovo socialismo denghista. Anche in questo caso, quindi, la sezione locale del partito apprezza i suggerimenti sull’insegnamento avanzati da Zhou Yuan, che ottiene un posto di maggior responsabilità. Per quanto il finale di queste narrazioni, come anche in questo caso, lasci ben sperare per il futuro, il dolore del passato non si può cancellare né riscattare e lascia ben visibili le cicatrici dei traumi vissuti. Sebbene le sue prime prove narrative dopo la fine della rieducazione rientrino nella «Letteratura delle ferite», egli riesce a differenziarsi dalle sue formule semplicistiche e manichee per affrontare con sempre più coraggio temi tabù nel dibattito pubblico, facendoli uscire dalle discussioni fra intellettuali. In ogni caso, il «finale radioso» che aggiunge alle sue storie irritò molti lettori, soprattutto i più giovani, che gli rimproverano una certa complicità con il potere. Del resto, occorre comprendere la necessità per Zhang Xianliang e per molti autori come lui di poter essere pubblicati, cosa che non avrebbe potuto avvenire se non adeguandosi, anche preventivamente, alle richieste delle autorità politiche.106 Un altro motivo per cui molti autori della cosiddetta “generazione di mezzo”, quella degli autori “ritornati” o “riemergenti” spesso scelsero di compiacere le autorità e non diventare troppo critici e scomodi è di natura psicologica: molti di questa generazione avevano bisogno di dimostrare di essere stati condannati ingiustamente e di essere sempre stati fedeli al partito (Link 1991, p. 81) e di conseguenza di dimostrare a sé stessi che la propria vita – e soprattutto una vita di sofferenze – non era stata spesa invano.107 Inoltre, occorre anche mettere in conto l’ambizione, visibilissima in Zhang Xianliang, di poter lavorare per il partito. Questa collaborazione volontaria con le autorità da parte degli intellettuali veterani subì una frattura dopo i fatti di Tian’an men del 1989.108

A questo punto l’autore, divenuto una “persona nuova”, poté ottenere un posto di redattore della rivista Shuofang, che era pubblicata dall’Associazione per la Letteratura e l’Arte del Ningxia. Nel 1980 si sposò e l’anno successivo divenne padre. Nello stesso anno ottenne un

106 Altri autori della vecchia guardia che si possono associare a Zhang Xianliang sono Liu Binyan, Wang Meng, Zhang Jie,

Shen Rong, Liu Xinwu 刘心武 (1942-), Feng Jicai 冯骥才(1942-): tutti costoro riescono a conciliare severe critiche delle condizioni sociali e politiche della Cina contemporanea con una sincera dichiarazione di lealtà al partito e di amor patrio.

107 Con grande intuizione, Perry Link nota anche che in Ling yu rou, il protagonista dichiara che «un figlio non rifiuta la

propria madre perché brutta»: in questa frase il “figlio” rappresenta un intellettuale cresciuto dal partito e la madre è ovviamente la Cina. Aggiungerei che, mettendo a confronto la lealtà dell’intellettuale-figlio nei confronti della patria con il legame di sangue fra padre e figlio e facendo prevalere la prima sul secondo, si riafferma un valore tipico della propaganda e delle narrative socialiste di epoca maoista: la rinascita dell’orfano come figlio del partito e della Cina socialista, la perdita del legame familiare biologico in favore di una famiglia basata sull’appartenenza e sulla solidarietà di classe.

108 Zhang Xianliang venne condannato nel 1993 per aver commemorato i fatti della piazza nel giugno 1989 (Starr 2013, p.

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certo successo con la pubblicazione del racconto «La storia del vecchio Xing e del suo cane»

Xing laohan he gou de gushi 邢老汉和狗的故事 e del romanzo breve «Spirito e carne» Ling yu rou 灵与肉, divenuto molto presto un film dal titolo Mumaren 牧马人 «Il pastore di

cavalli».109 Entrambe le storie sono una riflessione sugli anni appena trascorsi della

Rivoluzione Culturale e dei precedenti cataclismi politici che avevano travolto l’intera Cina; per questo le sue prime opere si possono inserire nella riflessione letteraria che va sotto il nome di «Letteratura delle ferite». Nel racconto Ling yu rou il protagonista, Xu Lingjun, descritto dall’autore con evidenti tratti autobiografici, è un giovane già condannato nel 1957 come «elemento di destra» e anche come «controrivoluzionario» durante la Rivoluzione Culturale, che negli anni Ottanta, appena la Cina si riaprì al mondo esterno, poté rivedere il padre, partito all’estero prima di essere coinvolto nelle persecuzioni. Quest’ultimo, divenuto molto ricco, vorrebbe che ora il figlio si trasferisse all’estero per ereditare un giorno il suo impero economico. Trent’anni prima il protagonista aveva visto il padre nella concessione francese di Shanghai, quando era già separato dalla madre ormai malata e in fin di vita in ospedale, e viveva con la propria amante. Il padre poi era fuggito dalla Cina prima che il Partito Comunista Cinese prendesse il potere e la madre morì poco dopo. Il padre nel frattempo era diventato un grande imprenditore e finanziere, mentre il figlio, dopo anni trascorsi nelle regioni nordoccidentali della Cina come pastore di cavalli, capisce che il suo posto non può che essere accanto alle persone semplici e umili che aveva conosciuto sugli