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CAPÍTULO 1: PROPUESTA DE TRADUCCIÓN DE EL HOTEL DE MÓNICA

13. La zia Juanita e mamma Leo

UN POMERIGGIO vidi la zia Juanita seduta vicino al fuoco. Il riflesso delle fiamme le colorava d’arancione il suo viso infantile. Sembrava essere assorta in quella vivacità e quella luce. Teneva in mano la lettera rovinata di Faustino. All’improvviso, le fiamme si ravvivarono ed osservai turbata come quel foglio si ritorceva nel fuoco, producendo una nuvola di fumo nera e ondeggiante.

–Perché hai bruciato la carta? – chiesi sconcertata.

Lei mi guardò, e sembrò provenire da molto lontano quando esclamò con tristezza: –Che importanza ha ora.

–Ma era la lettera di Faustino! – protestai.

La zia Juanita mi guardò sorpresa, come se avessi detto una sciocchezza. –Di Faustino? Ma va! Quella lettera me l’ero scritta io.

Rimasi di stucco. –Tu?

–Ovvio. Mica avrai creduto che quel tale Faustino potesse scrivere una lettera così bella. –Ah, non lo so. Mi piaceva il nome e firmai così.

Non la trovi una cosa bella? –Sì…

–E che cose fantastiche scrive. Ormai era ora che ricevessi una lettera come Dio comanda, Paloma, che i ragazzi di oggi non sanno nemmeno mettere una parola dopo l’altra. Guarda che ricevo lettere da ammiratori, il fatto è che sono tutte insipide. Come la sua, nessuna. Perché Faustino è…è…era… diverso.

In quel momento, la sua espressione cambiò e guardò il fuoco, dove già non rimanevano più le tracce di fumo di quel foglio letto così tante volte.

–Ma forse ha ragione il signor X ed è meglio smetterla con questa sciocchezza. Era il fatto che alle mie sorelle piacesse così tanto questo gioco che mi spingeva a fare ogni volta gli occhi da innamorata. Pensavo di scrivermene altre, ma ora che senso ha. La sua voce suonò tremula ed il fuoco tremò nelle sue pupille totalmente disilluse. Io provai molto dispiacere e molta rabbia, tornando ad alzare il pugno in modo vendicativo. Che importavano al signor X le fantasie della zia Juanita!

Pero mucho peor era lo de mamá Leo, que en esos días había envejecido una barbaridad. Ya no salía, estaba siempre sentada en la butaca con la vista fija en los cristales, donde se sucedían la lluvia y el sol, la noche y sus polillas. La tía Azucena le decía que no se pusiera así de tontona, que en menos que canta un gallo el barco volvería a emprender ruta, y esta vez hacia Groenlandia.

–¿O no ha querido usted siempre conocer Groenlandia, doña Leonor?

Pero mamá Leo no levantaba la cabeza ni se le iluminaban los ojos. Una tarde, perdida en sus ensoñaciones, murmuró:

–Ya me decía mi Leocadio que yo nunca haría un crucero.

Todos nos sobrecogimos, y al señor Aguado, nuestro notario, tan sensible desde el cambio de voz del tren de Orense, le tembló la barbilla y se le escaparon algunas lágrimas monóculo abajo. Hasta los canadienses, que parecían no enterarse de nada, estaban como apagados y ya no corrían a coger el teléfono.

Todo parecía haberse transformado en el hotel. Incluso dejé de sentir aquel aire y aquella presencia dulce que era mi padre, y me sentí de nuevo completamente abandonada. Todas nuestras ilusiones se esfumaban como el humo del que estaban hechos los bisabuelos.

Una noche, hundí la cabeza en la almohada y lloré por mi padre muerto y por aquel nuevo mundo que estaba desvaneciéndose ante mis ojos. Y entonces, muy bajito y muy cerca, escuché:

No llores, no, que la vida es muy breve. Todo se pasa como una sombra leve, ea que se vá…

Duérmete né que les xanes del río vienen por ti y márchense contigo… Era el tío Manolo cantádome al oído.

Le sonreí. Él me dio un beso y yo pensé que era bueno tener una familia como aquella. –Me da mucha pena que nos tengamos que separar – le dije.

Però molto peggiore era il caso di mamma Leo, che in quei giorni era invecchiata di uno sproposito. Non usciva più, se ne stava sempre seduta sulla poltrona con lo sguardo fisso sulle finestre, dove si succedevano la pioggia e il sole, la notte e le sue falene. La zia Azucena le diceva di non essere così sciocca, che in un batter d’occhio la nave avrebbe ripreso la rotta, e questa volta verso la Groenlandia.

–O non ha sempre voluto visitare la Groenlandia, signora Leonor?

Però mamma Leo non alzava la testa né le si illuminavano gli occhi. Una sera, persa nei suoi sogni, mormorò:

–Me lo diceva il mio Leocadio che non avrei mai fatto una crociera.

Tutti ci sorprendemmo, e al signor Aguado, il nostro notaio, così sensibile dopo il cambiamento della voce del treno di Ourense, gli tremò il meno e gli scappò qualche lacrima da sotto il monocolo. Perfino i canadesi, che sembrava non si accorgessero di niente, erano come spenti e non correvano più per rispondere al telefono.

Tutto sembrava essersi trasformato nell’hotel. Smisi anche di sentire quell’aria e quella presenza dolce che era mio padre, e mi sentii di nuovo completamente abbandonata. Tutte le nostre illusioni sfumavano come il fumo del quale erano fatti i bisnonni. Una notte, sprofondai la testa sul cuscino e piansi per mio padre e per quel nuovo mondo che stava scomparendo davanti ai miei occhi. E in quel momento, sentii una voce bassa e molto vicina:

Non piangere, no, che la vita è tanto breve. Tutto accade come una sfumatura lieve, se ne va…

Dormi piccola che le fate del fiume Vengono per te e se ne vanno con te…

Era lo zio Manolo che mi cantava all’orecchio.

Gli sorrisi. Lui mi diede un bacio ed io pensai che era bello avere una famiglia come quella.

–Eso no va a ocurrir – me susurró el tío Manolo–. Ya lo verás. Tu abuelo Aquilino ha convocado mañana una reunión familiar para conseguir darle la vuelta a ese maldito informe.

–Questo non succederà – mi sussurrò lo zio Manolo–. Lo vedrai. Tuo nonno Aquilino ha convocato una riunione familiare domani per riuscire a ribaltare le sorti del rapporto. E con queste parole di incoraggiamento, mi addormentai dolcemente.