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Sismica a riflessione ad onde SH per lo studio di un corpo di frana (Frana di Patigno, Appennino Settentrionale). Acquisizione, elaborazione dati, interpretazione e confronto con dati pregressi di sismica ad onde P e geoelettrici.

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Tesi di Laurea Magistrale

FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Corso di Laurea Magistrale in

Geofisica di Esplorazione e Applicata

Sismica a riflessione ad onde SH per lo studio di un corpo di frana (Frana

di Patigno, Appennino Settentrionale). Acquisizione, elaborazione dati,

interpretazione e confronto con dati pregressi di

sismica ad onde P e geoelettrici

Candidata: Elvira Lauriti

Relatore: Eusebio Stucchi

Correlatori : Adriano Ribolini

Andrea Tognarelli

Controrelatore: Alfredo Mazzotti

ANNO ACCADEMICO

2013/2014

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2 1. INTRODUZIONE………..pag.4

2. CARATTERISTICHE GEOLOGICHE E

GEOMORFOLOGICHE DELL’AREA DI STUDIO………..pag.7

2.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO………..pag.7 2.2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO……..………..pag.8 2.3 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO………..pag.12

2.3.1 LE FRANE: CENNI TEORICI………..pag.12 2.3.2 LA GRANDE FRANA DI PATIGNO……….………..pag.14

3. CENNI TEORICI……….pag.19

3.1 SISMICA A RIFLESSIONE………pag.19 3.2 LE ONDE SISMICHE………..………...pag.21 3.3 LA RISOLUZIONE SISMICA………..……….pag.30 3.4 ATTENUAZIONE DELL’AMPIEZZA.. ………..……….pag.32

4. CAMPAGNA DI ACQUISIZIONE……….…..pag.34

4.1 OBIETTIVI………..……….pag.34 4.2 STRUMENTAZINE E METODOLOGIA……….pag.35

5. ELABORAZIONE DATI………..………..pag.42

5.1 FLOW CHART………..……….pag.42 5.2 RAW DATA E POPLAMENTO HEADER………..……….….pag.45 5.3 ELIMINAZIONE TRACCE RUMOROSE……….……..pag.48 5.4 BILANCIAMENTO DELL’ ENERGIA DELLE TRACCE………….………..pag.51 5.5 SOMMA DELLE TRACCE………..……….…………pag.54 5.6 ASSEGNAZIONE GEOMETRIE……….pag.58 5.7 CORREZIONI STATICHE……….………...pag.62 5.8 FILTRAGGIO PRELIMINARE ED ATTENUAZIONE ONDE DI LOVE………pag.66 5.9 MUTING DEI PRIMI ARRIVI……….pag.72 5.10 GUADAGNO (TRACE ENVELOPE) ………..………..……….pag.74 5.11 FILTRAGGIO PASSA BANDA………..……….pag.76 5.12 COSTANT VELOCITY STACK……….pag.79 5.13 CREAZIONE DEI SUPERGATHER ………..………..pag.83 5.14 ANALISI DI VELOCITA’ E NMO………..pag.84 5.15 STACKING…..……….pag.86 5.16 FILTRAGGIO F-K IN DOMINIO SHOT………...………….pag.90 5.17 ANALISI DI VELOCITA’ CON DATI FILTRATI………..…….pag.101 5.18 FILTRAGGIO POST-STACK………..……….….pag.103 5.19 STATICHE RESIDUALI E GAIN………..………..pag.107 5.20 CONVERSIONE IN PROFONDITA’ E MIGRAZIONE ……….….…pag.111

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3

6.1 CONFRONTO SEZIONE SISMICA AD ONDE

SH RIFLESSE CON SEZIONE SISMICA AD ONDE P RIFLESSE………pag.118

6.1.1 DIFFERENZE TRA ONDE SH ED ONDE P: CENNI TEORICI…….pag.118 6.1.2 SEZIONE MIGRATA SH E SEZIONE MIGRATA P: CONFRONTO

DEI RISULTATI OTTENUTI……….………pag.119

6.2 CONFRONTO SEZIONE SISMICA AD ONDE SH RIFLESSE CON

TOMOGRAFIA ELETTRICA……….pag.125

6.2.1 DIFFERENZE TRA SIMICA AD ONDE SH

E GEOELETTRICA: CENNI TEORICI. GEOELETTRICA………pag.125 6.2.2 SEZIONE MIGRATA SH E TOMOGRAFIA

ELETTRICA: CONFRONTO DEI RISULTATI OTTENUTI…………pag.129 7. INTERPRETAZIONE: COMMENTI E DISCUSSIONI DEI RISULTATI ………pag.133

8. CONCLUSIONI………..…….pag.140

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1. INTRODUZIONE

La sismica a riflessione ad onde SH, una metodologia geofisica utilizzata e convalidata da vari studi, viene nel presente lavoro di Tesi applicata ad un ambito di difficile impiego e poco investigato a livello internazionale, ma per il quale ci possono essere potenziali ed interessanti sviluppi, quale lo studio stratigrafico e strutturale di una frana. Per investigare un mezzo con metodi indiretti, come quelli geofisici, è necessario poter descrivere l’oggetto dell’indagine (in questo caso la geometria dei corpi geologici) in termini numerici (moduli elastici) direttamente o indirettamente misurabili. Un volta ottenuti i dati quantitativi si provvederà con un processo inverso a risalire ai dati qualitativi, ottenendo così l’informazione di interesse a partire dalla quantità numerica che la descrive.

Nel caso di una frana, uno dei parametri misurabili che può permette di distinguere il corpo in movimento dal substrato è l’impedenza acustica (prodotto tra densità e velocità) in quanto, anche se corpo di frana e substrato hanno caratteristiche litologiche analoghe, come nel caso di specie, lo stesso non si può dire riguardo la tessitura e il contenuto d’acqua; tali differenze di densità e velocità permettono di considerare la sismologia un metodo di indagine potenzialmente idoneo per lo studio di una frana. Ad avvalorare la validità di questo approccio, sono disponibili in letteratura molti lavori in cui la sismica a riflessione e rifrazione ad onde P è stata applicata nella descrizione delle geometrie interne del sottosuolo, con buoni esiti che in alcuni casi trovano conferma da indagini di diversa natura, in una convergenza di risultati.

Limitarsi all’uso di onde sismiche di tipo compressionale, però, restringe il raggio di azione a porzioni più profonde, tralasciando del tutto le geometrie superficiali; anche il grado di dettaglio con cui vengono descritte le geometrie spesso non è sufficiente agli scopi prefissati. In conclusione, la sismologia ad onde P è un metodo sicuramente valevole ed accertato ma, come tutti i metodi, presenta dei limiti. Tali limiti possono presumibilmente essere superati affiancando i dati di onde P a quelli provenienti da

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un’indagine di simica a onde SH, caratterizzata teoricamente da una risoluzione più elevata, ed è questo nuovo approccio che è stato utilizzato nel presente lavoro. A partire dagli anni ‘60 il campo dell’esplorazione per la ricerca di idrocarburi ha visto lo sviluppo di innovazioni tecnologiche sempre più avanzate per la ricerca di petrolio e gas; tale innovazione non ha però coinvolto le onde di taglio SH, convenzionalmente in uso per ricerche e applicazioni di superficie ma di basso interesse per il settore energetico.

A partire dagli anni ’80 e fino agli inizi degli anni ’90, invece, le onde S hanno ricevuto una crescente attenzione, e molte compagnie petrolifere si sono affacciate con interesse al campo delle onde di taglio per scopi energetici, anche grazie agli studi di Conoco (Shoot Conoco Group) ed altri. Ad ogni modo, il campo dell’esplorazione superficiale resta, ad oggi, l’ambito in cui l’applicazione delle onde di taglio SH è più diffusa.

Le onde sismiche S sono onde di taglio e in particolare le SH sono polarizzate orizzontalmente; esse attraverso solo i mezzi solidi e viaggiano a velocità fino ad un ordine di un grandezza inferiore rispetto alle compressionali; questo dovrebbe permettere di ottenere una grado di risoluzione decisamente maggiore rispetto a quello auspicabile con la sola applicazione della sismica a onde P; di contro, però, le SH sono soggette ad un grado di contaminazione di rumore maggiore e non riescono ad indagare profondità elevate.

Per valutare l’applicabilità del metodo è stato scelto come oggetto di studio una frana dell’Appennino Settentrionale, la Grande Frana di Patigno, dall’omonima località in provincia di Massa-Carrara. La scelta è ricaduta su tale struttura sia per l’interesse generale (è una tipica frana appenninica) che locale (ha creato notevoli dissesti e danni ad edifici locali), ma soprattutto perché in tale sede è stato effettuato uno studio nell’anno 2010 dal Dott. Anfuso. In tale lavoro è stata analizzata una porzione della frana posta in prossimità della Chiesa di San Lorenzo, a Sud dell’abitato di Patigno, tramite indagine sismica a rifrazione e riflessione di onde P e tramite geoelettrica. Nell’ambito del nostro lavoro, è stata acquisita una linea sismica ad

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onde SH tramite sorgente appositamente ideata e costruita; successivamente i dati sono stati elaborati tramite software ProMax® e i risultati ottenuti sono stati interpretati e confrontati con quelli pregressi provenienti da sismica ad onde P e geoelettrica.

La sismica ad onde P aveva permesso di individuare la superficie di scorrimento della frana a circa 40 metri di profondità ma non era riuscita a risolvere la geometria più superficiale del corpo. L’integrazione di dati SH nel sito che già è stato oggetto di analisi dovrebbe permettere quindi di effettuare un efficace confronto dei risultati ottenuti e valutare se l’applicazione dei due metodi in parallelo permetta una buona integrazione dei dati superficiali, forniti dall’indagine a SH, con quelli profondi, relativi alle onde P.

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7

2. CARATTERISTICHE GEOLOGICHE E

GEOMORFOLOGICHE DELL’AREA DI STUDIO

2.1. Inquadramento geografico

L’area di studio interessata da questo lavoro di tesi è situata in Lunigiana (Fig.1), una regione storica attualmente corrispondente al bacino Idrografico del fiume Magra. La Lunigiana è un vasto territorio che comprende parte di tre regioni ovvero la Toscana, la Liguria e l’Emilia Romagna. Nel caso di specie ci troviamo nella Val Gordana, territorio modellato dall’ affluente del fiume Magra da cui prende il nome; il torrente Gordana è situato nella Toscana settentrionale e si sviluppa in direzione Ovest-Est per una lunghezza di circa 13 km. Esso ha un bacino idrografico che si estende per circa 50 km2 con altitudine massima raggiunta di 1589 m (Monte Fabei) e minima di 213 m

alla confluenza con il Magra. Più specificatamente il lavoro di tesi è stato effettuato nella Alta val Gordana, nella frazione di Patigno nel comune di Zeri (Fig.2). Questo piccolo paese della provincia di Massa-Carrara, che sorge a 708 m sul livello del mare, ha dato nome ad uno dei più grandi corpi franosi presenti nella zona poiché sorge su di esso, ovvero la Grande Frana di Patigno.

Figura 1: Carta geografica della Toscana; in rosso la Lunigiana (da Regione.Toscana.it) 30 km

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8 Figura 2: A) Comune di Zeri; B) Frazione di Patigno; C) Area di indagine

2.2 Inquadramento geologico

L’area oggetto di studio si posiziona in un contesto geologico molto complesso, quale l’Appennino Settentrionale; questa è una catena a falde derivata dalla deformazione terziaria originatasi dalla convergenza tra la placca Europea e la placca Adriatica. Guardando trasversalmente da Ovest verso Est, tale settore appenninico si compone di tre domini paleogeografici principali:

 Dominio Ligure:

è suddiviso in Ligure Interno e Ligure Esterno; entrambi i domini sono caratterizzati dalla presenza di ofioliti, che ricoprono però significati diversi nei due contesti; nelle Liguridi Interne le ofioliti sono in posto, alla base della successione, e rappresentano quindi frammenti di fondale marino che testimoniano la natura oceanica del dominio.

N

200 m Area d’indagine 2 km

N

Pontremoli Zeri

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Nelle Liguridi Esterne, invece, le ofioliti sono presenti come clasti rimaneggiati e suggeriscono il passaggio ad un contesto continentale.

 Il Dominio Subligure:

è composto dalla sola unità di Canetolo; è una successione sedimentaria di difficile interpretazione a causa della forte deformazione tettonica subita. Alcuni studi suggeriscono che la sua messa in posto ha avuto luogo lungo una zona di transizione tra la crosta oceanica ligure e il margine passivo adriatico.

 Il Dominio Toscano:

è rappresentato da tre successioni differentemente deformate; Il Dominio Toscano Interno, non metamorfico, Il Dominio Toscano Esterno, con metamorfismo in facies scisti verdi, e l'Unità di Massa, interposta tettonicamente tra la Falda Toscana ed il suo substrato autoctono. La successione mostra l’evoluzione del margine continentale passivo della placca Adria.

Come è possibile vedere in figura 3, la Val Gordana mostra evidenze delle unità sopra descritte, con affioramenti che impilandosi vanno a formare la catena. In ordine di sovrapposizione geometrica, il Macigno documenta la presenza del Dominio Toscano Interno, l’Unità di Canetolo rappresenta il Dominio Subligure e le unità di Ottone-S.Stefano e Gottero testimoniano la presenza del Dominio Ligure.

Figura 3: Carta geologico-strutturale semplificata della Val Gordana

LEGENDA

1) Depositi fluvio-lacustri villafranchiani; 2) Unità del Gottero; 3) Unità di Ottone-S.Stefano;

4) Unità di Canetolo; 5) Falda Toscana; 6) Trincee; 7) Faglie trascorrenti;

8) Faglie inverse; 9) Faglie dirette; 10) Sovrascorrimenti.

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Focalizzando l’attenzione sulla zona oggetto di studio, l’unità di interesse è quella di Canetolo come mostrato nella carta geologica toscana (Fig.4); nell’area di Patigno l’importanza che riveste è dovuta al fatto che costituisce il substrato dei principali dissesti presenti. Questa Unità tettonica si sovrappone alla Falda Toscana non metamorfica ed è suddivisa nelle seguenti tre formazioni:

1. La Formazione delle Argille e Calcari (Paleocene superiore-Eocene medio), costituita da argilliti grigio scure con intercalazioni di calcari fini marnosi o silicei grigio-chiari e calcareniti scure, in strati di spessore decimetrico; localmente sono presenti strati di torbiditi calcaree o calcareo-marnose, che possono raggiungere 1-2 metri di spessore.

2. Calcari di Groppo del Vescovo (Eocene inferiore-medio), costituiti da torbiditi calcaree e calcareo-marnose di colore grigio chiaro o biancastro, che affiorano ad Est di Patigno sottoforma di lenti isolate, dello spessore massimo di qualche decina di metro.

3. Arenarie di Ponte Bratica, ovvero la Formazione stratigraficamente più alta dell'Unità di Canetolo e litotipo dominante. È costituita da torbiditi arenacee grigio-verdi, composte da una alternanza di strati sottili di arenarie fini micacee e siltiti. Nell'area di indagine risultano interposte alle Argille e calcari, al nucleo di pieghe isoclinali.

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11 Figura 4: Carta geologica regionale, Regione Toscana. 1:10000 (non in scala). A) Sezione 233020; B) Sezione 233060. E’ evidente anche l’intero corpo della Grande Frana

di Patigno, di cui l’area di indagine , a cavallo tra le due sezioni (in rosso) , ne rappresenta una riattivazione.

A

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2.3. Inquadramento geomorfologico

2.3.1. Le frane: cenni teorici

Un fenomeno franoso può essere definito come il movimento di una massa di roccia, detrito o terra lungo un versante (Cruden, 1991). Questo movimento potrà essere superficiale o profondo, rapido o lento e potrà interessare un intero versante e/o parte di esso (Amanti et al., 1994).

Ad oggi risulta ancora in uso la classificazione di Varnes (1978) che considera come caratteristica guida il tipo di movimento:

CROLLI (FALLS): distacco del materiale da una superficie acclive, a cui segue la

caduta libera, i salti, i rimbalzi e il rotolamento di frammenti di roccia o di terreno sciolto.

RIBALTAMENTI (TOPPLES): movimento dovuto a forze che causano un

movimento ribaltante attorno ad un punto di rotazione situato al di sotto del baricentro della massa interessata.

SCORRIMENTI (SLIDES) o SCIVOLAMENTI: movimento che comporta uno

spostamento lungo una o più superfici di taglio. Si dividono in:

- ROTAZIONALI (Rotational): sono dovute a forze che producono un movimento di rotazione attorno ad un punto posto al di sopra del centro di gravità della massa. La superficie di rottura si presenta concava verso l’alto.

- TRASLATIVI (Translational): si verificano in prevalenza lungo una superficie più o meno piana o debolmente ondulata, corrispondente frequentemente a discontinuità strutturali, quali faglie, giunti di fessurazione o di stratificazione o passaggi fra strati di diversa

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composizione litologica, o contatto tra roccia in posto e detrito soprastante.

COLAMENTI (FLOW):

- IN AMMASSI ROCCIOSI (in Bedrock): Il fenomeno comprende deformazioni spazialmente continue e creep sia superficiale che profondo. Esso comporta movimenti differenziali estremamente lenti tra unità che rimangono relativamente inalterate. I movimenti possono avvenire lungo una o più superfici di taglio che apparentemente non sono collegate e provocare piegamenti o rigonfiamenti; sono approssimativamente simili, nella distribuzione delle velocità, ai movimenti tipici dei fluidi.

- IN TERRENI SCIOLTI (in Soils): Il fenomeno si esplica con movimenti, estremamente rapidi o estremamente lenti, entro la massa spostata, tali per cui o la forma assunta dal materiale in movimento o la distribuzione apparente delle velocità e degli spostamenti sono simili a quelle dei fluidi viscosi. Le superfici di scorrimento nella massa che si muove non sono generalmente visibili.

COMPLESSI (COMPLEX): Il movimento risulta dalla combinazione delle

tipologie di frane principali sopra descritte. Molte sono le frane complesse, ma generalmente un tipo di movimento predomina spazialmente o temporalmente sugli altri.

È importante conoscere le cause che concorrono alla genesi di un fenomeno franoso, sia per scegliere correttamente gli interventi di stabilizzazione, sia per prevenire ulteriori fenomeni di instabilità in aree geologicamente simili. Tali fattori possono essere distinti in:

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- Fattori preparatori o predisponenti: legati essenzialmente alle

caratteristiche litologiche, strutturali, tessiturali, giaciturali dei materiali costituenti il pendio e caratteristiche climatologiche della zona.

- Fattori scatenanti: che agiscono su un pendio intrinsecamente

indebolito e sono cosi definiti perché innescano il movimento franoso (intense precipitazioni, attività sismica etc.)

La rottura lungo una data superficie si realizza quando le forze che si oppongono al movimento (resistenza al taglio dei materiali costituenti il versante), sono uguali o minori delle forze che favoriscono il movimento stesso.

L’acqua è uno dei principali agenti destabilizzanti perché un versante non si presenta quasi mai come un corpo compatto e omogeneo, ma è attraversato da fratture, stratificazioni o altre superfici di debolezza (Cruden e Varnes, 1996). Nei materiali non coerenti, l’acqua ha diversi effetti in funzione delle condizioni di partenza: in piccole quantità (non riempie completamente gli spazi vuoti) crea un velo che unisce le particelle per coesione. Questa forza è notevole in terreni a granulometria fine (sabbia fine, limo, argilla). Se invece si ha la saturazione completa del terreno, l’acqua elimina totalmente le tensioni capillari e riduce sensibilmente la resistenza al taglio. Si può verificare la saturazione per piogge molto intense, scioglimento della neve o variazioni del livello di falda.

2.3.2. La Grande Frana di Patigno

La Grande Frana di Patigno (fig.5) è un movimento franoso che prende il nome dall’omonima località situata nella Alta val Gordana. Si sviluppa lungo un versante debolmente inclinato (circa 10°) a partire dalla località Pandegia, dove a 950m di quota è ubicata la nicchia di distacco, fino a raggiungere quota 580m nella parte basale, dove il piede raggiuge il fondovalle, per una lunghezza complessiva di circa 2,5 km ed una superficie di circa 1,360 km2.

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15 Figura 5: Carta geomorfologica della Grande Frana di Patigno (da Federici et al., 2000).

La nicchia di distacco corrisponde con tutta probabilità alla grande scarpata che delimita il versante di Patigno nella zona nord-occidentale, con orientazione NNE-SSW; ha una lunghezza di 600-700m e altezza di circa 100m ed è tutt’ora ben visibile solo nella sua porzione nord occidentale, essendo il resto del tratto interessato da movimenti gravitativi che ne hanno minato la tipica forma concava.

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Nella parte mediana, tra Colle Greta e località Castelletto, il corpo di frana subisce una diminuzione della larghezza fino al raggiungimento della misura minima di circa 500m in prossimità del centro abitato di Patigno, per poi aumentare nuovamente verso Sud, raggiungendo il km di larghezza come valore massimo in prossimità del piede. Tale morfologia è stata interpretata come frutto dell’evoluzione del movimento da rototraslativo a per colamento, anche se la contemporaneità dei due movimenti non è esclusa.

Analizzando infatti il profilo longitudinale del corpo franoso è possibile riconoscere due forme distinte tra la parte settentrionale e quella meridionale, la cui rilevanza risiede nel ruolo principale che la morfologia ha nel determinare l’assetto idrografico e la stabilità. La forma concava della parte a monte, infatti, fa si che vi sia un richiamo di acque meteoriche verso il centro, con successiva infiltrazione in terreni resi così ulteriormente instabili. La testata del corpo franoso presenta superfici in contropendenza, evidenza che il movimento che ha interessato la parte settentrionale della frana è di tipo rotazionale. Nella parte medio-bassa della frana si verifica invece l’opposto: a causa della convessità della superficie e delle re-incisioni laterali del terreno, l’assetto morfologico di quest’area, in cui il movimento diventa per colamento, permette alle acque di defluire ai lati del corpo franoso e convogliare a valle (fig 6).

A

B

Figura 6 A) Carta delle acclività della Frana di Patigno con sezioni trasversali B) Profili

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Il piede si protrae fino al fondovalle intercettando il fiume Gordana; la plausibile interferenza del corpo franoso con il fiume ha destabilizzato la valle dando avvio a fenomeni erosivi sul versante opposto in quel che viene denominato scalzamento al piede, causando il probabile innesco della frana di Coloretta.

La zona al piede è quindi un’area tutt’ora particolarmente attiva, se non la più attiva dell’intera frana, e con tutta probabilità è in avanzamento.

La grande frana di Patigno è caratterizzata da uno stile di attività composito, i cui effetti vengono amplificati da una serie di ulteriori frane di rimaneggiamento; uno studio dell’Università di Pisa (Federici et al., 2000, 2002) ha scomposto la Grande Frana di Patigno in 56 corpi franosi che interessano la massa principale.

I tipi di movimento che interessano i vari corpi franosi costituenti la Grande Frana possono essere riassunti in tre categorie principali:

Frane di crollo: sono le meno rilevanti dal punto di vista numerico e hanno

luogo solo alle quote più elevate; sono facilmente riconoscibili grazie ai caratteristici depositi che creano, formati da blocchi non superiori ai 3m ai piedi della scarpata di distacco.

Frane di scorrimento: sono le più diffuse in questo contesto; tra le più

evidenti figura quella localizzata nella parte settentrionale dell’abitato di Patigno, larga circa 500m e lunga 260m con piano di scivolamento posto a circa 10 metri dalla superficie, e di tipo per scorrimento rotazionale. Nella parte mediana di tale frana sono individuabili in superficie zone a minore inclinazione o addirittura in contropendenza, in cui pali o alberi inclinati verso monte suggeriscono la presenza di una sottosuperficie concava. Procedendo verso sud, nella parte terminale della frana sarà invece riconoscibile una morfologia di superficie dalla forma rigonfia, diretta conseguenza dell’accumulo del materiale mobilizzato; qui pali ed alberi indicatori hanno inclinazioni opposte a quelle incontrate in precedenza, ovvero protendenti verso valle.

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18  Frane per colamento: è un tipo di movimento che tipicamente pervade

gran parte della massa che lo riguarda e anche nel caso di specie interessa grandi porzioni della frane locali; sono individuabili dalla corona di distacco (riconoscibili da quelle delle frane di crollo per i margini meno definiti), rigonfiamenti di forma lobata al piede (dalla cui forma è possibile risalire alla direzione del movimento, parallelo alla direzione di massima pendenza) e fratture centimetriche dei primi cm della copertura. Questi elementi sono visibili nella frana a nord del cimitero di Patigno, ma a titolo di esempio si riportano anche la frana presente nella parte meridionale del centro abitato e quella che interessa la parte occidentale dell’abitato d Val di Termine.

In definitiva, studi geologici e geomorfologici effettuati negli anni hanno permesso di raccogliere un numero di dati sufficienti da poter affermare che la Grande Frana di Patigno è definibile come un movimento per scorrimento e colata, tutt’ora attiva con movimenti lenti ma continui (interrotti saltuariamente da eventi parossistici) nella sua parte mediana, in corrispondenza dei centri abitati di Patigno e Val di Termine; tale stato di attività persiste nella parte terminale del corpo. Forma ed orientazione di fratture e depositi superficiali nel terreno indicano che attualmente la parte sommitale e centrale della frana è interessata da una fase retrogressiva, con migrazione della superficie di rottura in senso opposto rispetto a quello della massa principale, come testimoniano le fratture di trazione nei primi dm di suolo; rientra in questo caso la zona oggetto di studio del presente lavoro, in prossimità della chiesa di S.Lorenzo. Nella parte meridionale della frana, invece, rigonfiamenti e zone di accumulo sulla superficie indicano fenomeni di compressione tipici di aree in avanzamento, quale in effetti è il piede della Frana di Patigno. Quelle appena descritte sono ovviamente le modalità di spostamento prevalenti, ma localmente, a causa di riattivazioni che hanno interessato in tempi diversi la massa, è possibile osservare fenomeni compositi e in controtendenza.

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3. CENNI TEORICI

3.1 Simica a riflessione

La metodologia sismica è un tipo di indagine geofisica attiva che ha come principale scopo quello di indagare le strutture presenti nel sottosuolo. Per effettuare un’indagine di questo tipo è necessario generare onde sismiche tramite dispositivi energizzanti di varia natura, i quali rilasceranno energia con modalità impulsiva (esplosivo, massa battente, etc.) o prolungata nel tempo (vibroseis) a seconda delle necessità richieste dall’ indagine. La perturbazione sismica così generata andrà poi in parte a propagarsi in superficie e in parte a diffondersi nel sottosuolo. La caratteristica che differenzia due mezzi in un’indagine sismica è l’impedenza acustica, che corrisponde al prodotto tra velocità dell’onda nel mezzo e la densità del mezzo attraversato ( 𝐼𝐴 = 𝑉 ∗ 𝜌 )

Quando un’onda incidente incontra una repentina variazione nelle caratteristiche elastiche del mezzo, come un’interfaccia separante due mezzi aventi impedenze acustiche diverse, genererà un’onda riflessa e un’onda rifratta; la prima continuerà a viaggiare nello stesso mezzo del raggio incidente, mentre la rifratta si propagherà nello strato inferiore con conseguente cambio della direzione di propagazione del raggio (fig.7).

Figura 7: riflessione e rifrazione del raggio associato ad un’onda incidente su una superficie di separazione tra due mezzi a velocità diverse (da univaq.it)

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Gli echi così generati sulle varie discontinuità presenti nel sottosuolo torneranno poi in superficie dove verranno intercettatati tramite appositi sensori organizzati secondo determinate configurazioni spaziali, chiamati geofoni; questi registrano il tempo che intercorre tra la generazione dell’onda acustica e il suo arrivo alla superficie dopo aver percorso il tragitto nella sottosuperficie (fig.8)

Figura 8: in alto dromocrone di eventi riflessi rifratti e diretti; in basso geometrie dei relativi raggi

(da univaq.it)

L’insieme di tutti gli eventi, siano essi segnale utile o rumore, registrarti da un geofono formano una traccia sismica. L’insieme delle tracce registrate simultaneamente dall’intero array di sensori in risposta ad una singola energizzazione (shot) formano un record sismico (shot gather). Successivamente, attraverso apposite sequenze di elaborazione, sarà possibile ottenere un’immagine sismica che meglio rappresenta la struttura della sottosuperficie a partire dai vari record sismici che costituiscono la linea d’acquisizione.

Comunemente i dati sismici sono acquisiti lungo profili che attraversano longitudinalmente le strutture geologiche interessate (dip), al fine di avere una visione del sottosuolo che ne indichi geometria, direzione e immersione nel modo più corretto possibile, oppure perpendicolarmente per vederne l’estensione laterale(strike).

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3.2 Le Onde Sismiche

Le onde sismiche possono essere considerate come energia acustica trasmessa tramite delle vibrazioni alle particelle che compongono i materiali geologici presenti sulla superficie e nel sottosuolo. L’assunzione più importante che riguarda la propagazione delle perturbazioni sismiche è lo spostamento elastico; infatti le particelle sottoposte a stress si deformano in maniera non permanente, tornando al loro stato di quiete quando non vengono più sollecitate. Corpi che, al contrario, subiscono una deformazione permanente al cessare dello stress, rientrano nel campo delle deformazioni plastiche, come mostrato in fig 9:

Figura 9: A sinistra relazione tra stress e strain nel campo platico ed elastico; a destra variazione dello strain durante l’applicazione dello stress al variare del tempo, nel campo plastico, anelastico ed

elastico. ( Da Lowrie (2007)

Una sorgente sismica è in grado di generare diversi tipi di onde, classificabili in due categorie principali in base alla loro modalità di propagazione: le onde di volume

(body waves), che si propagano all’interno della sottosuperficie e onde superficiali le

quali si propagano, appunto, sulla superficie.

Le onde di volume possono essere a loro volta differenziate in 2 tipologie per modo

e velocità di propagazione ovvero le onde longitudinali e le onde trasversali.

Onde P (Primarie, Longitudinali): sono le onde con velocità più alte, e di

conseguenza sono le prime ad arrivare alle stazioni di registarine. Sono caratterizzate da particelle che vibrano in avanti e indietro lungo l’asse x,

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22 parallelamente alla direzione di propagazione dell’onda e per questo vengono chiamate longitudinali; producono un’onda di volume che si propaga con una serie di compressioni e dilatazioni nel mezzo (fig. 10):

Figura 10: propagazione di un onda longitudinale (P) ( Lowrie 2007).

La propagazione delle onde P nel terreno può essere descritta in base alla teoria dell’elasticità.

L’equazione d’onda in questo caso risulta essere:

Con:

[ θ ] è la deformazione volumetrica ,[ x ] è lo spazio e [ t ] il tempo.

è la velocità dell’ onda sismica

λ è la Costante di Lamé = 1+𝜈𝜈𝐸12𝜈 ν Poisson’s ratio = = 2𝜆𝜆+µ 𝜇 è il modulo di taglio = 21𝐸+𝜈 E è il modulo di young = µ 3𝜆+2µ 𝜆+µ K è il modulo di Bulk = 31𝐸2𝜈 = 𝜆 + 23 𝜇 ρ è la densità del materiale

(23)

23

L’equazione della velocità mostra anche che questo tipo di onde può viaggiare in tutti i tipi di mezzi solidi, liquidi o gassosi poiché tutti compressibili (K≠0); inoltre è possibile notare come la velocità nei dei mezzi solidi differisca da quella dei mezzi liquidi e gassosi poiché quest’ultimi non hanno resistenza al taglio (µ=0).

L’equazione della velocità in presenza di fluidi che ne deriva è quindi:

Per ogni onda incidente P che incontra una superficie di separazione tra due mezzi con impedenza acustica diversa vengono generate, a partire dal punto di incidenza, onde riflesse e rifratte nella seguente modalità (fig. 11):

o due onde riflesse, una longitudinale (P1) e una trasversale (SV1)

o due onde rifratte, una longitudinale (P2) e l’altra trasversale (SV2)

Figura 11: trasmutazione onde P incidente durante la riflessione e la rifrazione.

MEZZO A MEZZO B P P1 SV1 SV2 P2

(24)

24

Le onde SV e P rifratte si propagano nel mezzo B con direzioni diverse da quella originaria, allontanandosi dalla linea perpendicolare alla superficie di separazione dei due mezzi all’aumentare della velocità di propagazione nel mezzo B rispetto al mezzo A. Le onde P1 vengono riflesse con angolo uguale all’angolo di incidenza, mentre le onde riflesse SV1 vengono riflesse con un angolo maggiore.

Le onde S (Secondarie, Traversali) sono caratterizzate da moto oscillatorio

lungo gli assi z e y parallelamente al fronte d’onda e trasversalmente alla direzione di propagazione; è quindi possibile combinare le due componenti in un unico movimento trasversale che avanza nella direzione di propagazione.

A differenza delle onde P, questo tipo di onde sismiche non generano cambiamenti di volume al loro passaggio, quindi non provocano compressioni o dilatazioni nel materiale attraversato (fig. 12).

Figura 12: propagazione di un onda trasversale (S) (Lowrie 2007).

L’equazione d’onda che ne risulta è:

Con:

[ ] componenti di rotazione (x,y,z), [ x] è lo spazio e[ t ] è il tempo.

è la velocità dell’ onda trasversale 𝛽 = √

𝜇 𝜌

(25)

25

La sola proprietà che influenza le onde trasversali è dunque il modulo di taglio ; per tale motivo questo tipo di onde non può propagarsi nei liquidi e nei gas , i quali non subiscono sforzi di taglio( ). Le onde S si propagano con velocità inferiori rispetto a quelle longitudinali e pertanto arrivano ai ricevitori con un certo ritardo; per questo motivo vengono chiamate anche Onde

Secondarie.

Il moto generale delle onde di taglio sul fronte d’onda può quindi essere risolto in due componenti ortogonali, una lungo la verticale (SV) e l’altra lungo l’orizzontale (SH). A loro volta, entrambi le componenti sono costituite da 2 polarizzazioni, come mostrato in fig 13:

Figura 13: polarizzazione delle onde di taglio

Per ogni onda incidente SV che incontra una superficie di separazione tra due mezzi con impedenza acustica diversa vengono generate, a partire dal punto di incidenza, onde riflesse e rifratte nella seguente modalità (fig. 14):

SV Direzione di propagazione X Z y Componente S V1 Componente S V2 Componente S HV Componente S HH S S SH

(26)

26

o due onde riflesse, una longitudinale (P1) e una trasversale (SV1) o due onde rifratte, una longitudinale (P2) e l’altra trasversale (SV2)

Figura 14: trasmutazione dell’onda SV incidente

Per ogni onda incidente SH, invece, viene generato: o un’onda riflessa SH1

o un’onda rifratta SH2

Le onde SH non subiscono quindi trasmutazione; se si generano onde SH si ottengono solo onde di tipo SH (fig.15)

Figura 15: riflessione e rifrazione dell’onda SH MEZZO A MEZZO B SV P1 SV1 SV2 P2 MEZZO A MEZZO B SH2 SH SH1

(27)

27

Per effettuare una corretta acquisizione SHH, è necessario utilizzare geofoni con asse

di oscillazione orizzontale, al fine di non registrare le polarizzazioni SV, e disporli sul

suolo in modo che tale asse sia perpendicolare allo stendimento, per non acquisire le onde SHV. Ciò nonostante, alcune onde di volume non desiderate possono andare a

contaminare le registrazioni; per ovviare a tale problema dovranno essere acquisite molteplici tracce per ogni direzione di polarizzazione (SHH1 e SHH2) per poi utilizzare in

fase di processing delle tecniche che, sfruttando la caratteristica delle onde SH di avere polarizzazione dipendente dalla direzione di energizzazione, migliorino il rapporto segnale/rumore (fig. 16).

Figura 16: Componenti di polarizzazione in base all’energizzazione

Nonostante tali accorgimenti, le registrazioni sismiche non contengono solo le riflessioni desiderate (segnale utile) ma anche vari eventi secondari che vanno a costituire rumore di vario genere e natura (coerente o incoerente). Come è possibile notare dal lavoro contenuto in Roger et al. (2001) visibile in figura 17, nelle indagini sismiche con onde SH sono presenti molteplici eventi rumorosi; questi riducono chiaramente la finestra ottimale e, se presenti, dovranno essere rimossi o attenuati attraverso tecniche di filtraggio in fase di elaborazione dati.

y x Energizzazione Componente SHH1 Energizzazione Componente SHH2

(28)

28

Gli eventi rumorosi più comunemente presenti nelle indagini sismiche a riflessione SH sono:

 Propagazione delle onde di Love: eventi con bassa frequenza e grande ampiezza; diminuiscono la frequenza e aumentano la velocità all’aumentare dell’offset.

 Eventi rumorosi lineari: caratteristiche di frequenza e ampiezza variabili.

 Rumore non coerente: caratteristiche di frequenza e ampiezza variabili.

 Arrivi diretti: si utilizzano per ottenere informazioni relative alle correzioni statiche; vengono poi eliminati in fase di elaborazione

 Arrivi rifratti: si utilizzano per ottenere informazioni relative alle correzioni statiche; vengono poi eliminati in fase di elaborazione

Coherent linear Noise

Figura 17: tipologia di eventi rumorosi che è possibile trovare in indagini sismiche SH. Da Roger et al. (2001).

(29)

29 Le onde superficiali, chiamate anche onde L, si propagano nella parte più superficiale

del terreno e possono anch’esse essere suddivise in due categorie ovvero le onde

Rayleigh (LR) e le onde Love (LQ).

Le onde di Rayleigh (LR) sono generate dall’interazione delle onde SV

con le P; La deformazione che ne deriva è quindi sia di taglio che di compressione. Come vediamo in figura, rispetto alla direzione di propagazione dell’onda, il moto delle particelle può essere descritto come un ellissoide retrograda nel piano verticale dove l’asse maggiore è contenuta nel piano verticale e l’asse minore nella direzione di propagazione (fig.18)

Figura 18: propagazione onde di Rayleigh ( Lowrie 2007).

L’insieme di onde di Rayleigh costituiscono il ground-roll, principale causa di disturbo delle indagini ad onde P

Le onde di Love (LQ) sono onde legate alla stratificazione dei terreni, in

quanto si riflettono all’interno dello strato orizzontale che si trova interposto tra la superficie libera e un semispazio infinito più profondo (fig. 19). Queste riflessioni tra il top e il bottom dello strato possono interferire costruttivamente a generare un onda superficiale con polarizzazione orizzontale. Affinché la loro propagazione avvenga, la velocità delle onde S nel livello superficiale ( β1 ) deve essere inferiore a quella del livello sottostante

(30)

30

che avrà una velocità ( β2 ). La velocità delle onde Love si attesterà quindi tra

i due estremi (β2>LQ> β1) con valori più simili a β1 nel caso di onde ad alta

frequenza e valori più simili a β2 per frequenze basse. Questa dipendenza tra

le due grandezze è chiamata dispersione (Lowrie 2007). Le onde di Love quindi sono sempre dispersive poiché possono propagarsi solo in queste condizioni.

Figura 19: propagazione onde di Love ( Lowrie 2007).

3.3 La Risoluzione Sismica

Con questo termine si intende la distanza minima che il sistema è in grado di distinguere, prima che il fenomeno dell’interferenza si attui; la riposta di due

oggetti più vicini di tale distanza, quindi, sarà quella di un unico oggetto equivalente alla somma dei due.

Si distinguono due tipi di risoluzione:

Risoluzione Verticale: è definita come un quarto della lunghezza d’onda

(31)

31 Con Rv = risoluzione Verticale

Dove λ= v/f λ= lunghezza d’onda ; f=frequenza V=velocità

La risoluzione ideale si avrebbe con un segnale infinitamente breve; anche se questo non è fisicamente realizzabile, è possibile agire sulle frequenze per diminuire la lunghezza d’onda.

Tuttavia, all’aumentare delle frequenze si riduce la capacità di penetrazione del segnale nel sottosuolo, in quanto le alte frequenze vengono filtrate man mano che l’onda a attraversa il terreno.

Pertanto risoluzione e penetrazione sono due grandezze inversamente proporzionali: un indagine dall’alta risoluzione verticale non raggiungerà profondità elevate, di contro un’indagine a bassa risoluzione raggiungerò profondità maggiori.

o Risoluzione Orizzontale: è compresa all’interno della “Prima Zona di Fresnel”, ovvero l’area dove le onde che differiscono tra loro meno di una lunghezza d’onda interferiscono costruttivamente; come

mostrato in fig 20, per basse frequenze la zona di Fresnel avrà maggiore estensione laterale rispetto alle basse frequenze, e quindi una più bassa risoluzione.

Figura 20: Zona di Fresnell

L’equazione che definisce la risoluzione orizzontale è:

Rv= 𝛌/4

𝑟 = √𝑧𝜆 2 = 𝑣 2√ 𝑡 𝑓 [𝑚]

Con r= risoluzione orizzontale

Dove t=tempo f=frequenza ʎ= lunghezza d’onda v=velocità

(32)

32

3.4 Attenuazione dell’ampiezza

Quando un’onda si propaga nel sottosuolo, allontanandosi dalla sorgente è soggetta ad una variazione di ampiezza a causa di vari fattori che ne diminuiscono il contenuto energetico.

Tra i fattori principali si ha:

Perdita per trasmissione

Quando un’onda incide in un’interfaccia parte della sue energia verrà utilizzata per generare l’onda riflessa e parte per l’onda rifratta; ne consegue che al susseguirsi delle interfacce incontrate in profondità, si avrà un’attenuazione dell’onda rifratta a causa della progressivamente sottrazione di energia ad opera delle varie onde riflesse.

Maggiore è il coefficiente di riflessione all’interfaccia, minore sarà l’ampiezza del segnale trasmesso. il fenomeno è principalmente controllato dal numero di interfacce presenti nel sottosuolo. Infatti la perdita di energia associata ad una singola riflessione, per quanto considerevole, può essere trascurabile rispetto alla perdita causata da numerose superfici riflettenti le quali, nonostante siano singolarmente poco rilevanti per i bassi coefficienti di riflessione che presentano, possono avere un effetto cumulativo maggiore.

Divergenza sferica

Quando un onda di volume si propaga in prossimità del punto di energizzazione, il fronte d’onda (superficie in cui tutte le particelle vibrano con la stessa fase) ha una forma sferica ma all’aumentare della profondità la curvatura diminuisce fino ad una distanza tale da poter essere considerato piano. La direzione perpendicolare al fronte d’onda corrisponde alla direzione di propagazione dell’onda (fig. 21).

(33)

33 Figura 21: a sinistra propagazione fronte d’onda; a destra propagazione onde di volume e di

superficie. Da Lowrie (2007).

Nel caso ideale, dove la velocità di propagazione non varia con la profondità, l’ampiezza delle onde di volume tende a diminuire proporzionalmente all’inverso della distanza che separa il fronte d’onda dal punto di energizzazione (A= 1/r , con r = raggio).

Nel caso reale, in cui la velocità dipende anche dalla profondità, il fronte d’onda non è esattamente sferico, e ciò comporta l’introduzione di un fattore di divergenza (D) volto alla compensazione del decadimento di ampiezza dell’onda.

con

Tali equazioni sono valide se le condizioni di orizzontalità e offset nulli sono approssimativamente rispettate; nel caso di situazioni geologiche più complesse è necessario ricorrere a tecniche di ray-tracing, le quali richiedono la conoscenza del campo di velocità di propagazione.

Assorbimento delle alte frequenze

Questo fattore, a differenza dei precedenti, provoca una reale perdita di energia a causa della conversione irreversibile di energia sismica in calore per frizione interna tra fluidi e matrice solida nei materiali geologici. Questo fenomeno fa si che avvenga un’attenuazione delle alte frequenze all’ aumentare del tempo di transito poiché l’onda sismica diminuisce di ampiezza e frequenza. Tale fattore riveste una maggiore importanza in acquisizioni effettuate tramite sorgenti ad alta frequenza rispetto a quelle eseguite con energizzatori a bassa frequenza.

(34)

34

4.CAMPAGNA DI ACQUISIZIONE

4.1 Obiettivi

La zona che comprende la Grande frana di Patigno è molto complessa dal punto di vista geologico-strutturale e per questo motivo negli anni sono stati commissionati, dalla provincia di Massa Carrara, vari studi geologici e geofisici eseguiti da enti pubblici e privati, tra i quali il Dipartimento di Scienze Geologiche di Pisa. I movimenti franosi che interessano l’area hanno minato la stabilità di vari edifici tra cui la chiesa situata in zona S. Lorenzo, poco a sud del centro abitato di Patigno; per questo motivo, oltre ai suddetti studi, sono state effettuate congiuntamente dai Dipartimento di Scienze Geologiche di Pisa e di Milano indagini geofisiche approfondite riportate in Stucchi et al. 2013. L’uso di molteplici metodologie geofisiche, quali la sismica riflessione e rifrazione a onde P, sono state applicate con lo scopo di risalire alla plausibile geometria del corpo franoso per comprenderne la dinamica. I risultati sono stati ottimi per l’individuazione della superficie di scivolamento profonda, con risultati concordanti con quanto affermato nel lavoro presentato da Federici et al. (2002), ma sono carenti nel fornire risposte riguardanti le geometrie dei corpi più superficiali del dissesto; tali lacune non sono il prodotto di un’errata applicazione delle metodologie, ma diretta conseguenza dei limiti teorici propri dei suddetti metodi, che lasciano quindi poco margine di miglioramento alla risoluzione verticale ottenibile. Al fine quindi di poter investigare le porzioni superficiali del corpo franoso, si è creata la necessità di trovare un metodo geofisico che fosse idoneo ad essere usato in questi contesti geologici e che nel contempo avesse una buona risoluzione superficiale. Ne è conseguita la possibilità di testare una metodologia che, seppur poco usata in questi ambiti, possiede molti dei presupposti teorici necessari per ottenere un buon risultato, ovvero la sismica a riflessione SH. L’obiettivo finale è quello di valutare, tramite una sezione sismica del sottosuolo, se tale metodologia sia efficace nel produrre un buon risultato nel contesto geologico di attuazione in accordo con i precedenti studi.

(35)

35

4.2 Strumentazione e Metodologia

Al fine di poter confrontare i dati sismici ed elettrici con quelli provenienti dalla nuova indagine sismica a riflessione SH, è stato necessario approntare la linea di acquisizione in corrispondenza della stesa sismica ed elettrica effettuata nel precedente lavoro (Stucchi et al. 2013). Tuttavia, necessità logistiche hanno portato alla decisione di effettuare solo parte di tale stendimento, più specificatamente la sua porzione settentrionale come mostrato in figura 22:

Figura 22: in evidenza nel cerchio rosso l’area di acquisizione dati. A) linee di acquisizione sismiche ed elettriche in Stucchi et al. 2013. B) in nero linea di acquisizione SH

La Strumentazione utilizzata per effettuare l’acquisizione dati si compone di:

2 Sismografi Summit Compact Unit:

trasformano il segnale elettrico proveniente dai cavi in un segnale digitale 2 cavi da 24 canali:

Trasportano il segnale elettrico generato dai geofoni ai sismografi

48 geofoni con asse di oscillazione orizzontale

Trigger:

dispositivo che sincronizza le vari componenti per la determinazione del tempo zero

2 batterie:

utilizzate per l’alimentazione dei sismografi

Cablaggi vari

A

N

(36)

36  Unità centrale:

Notebook con guarnizioni antipioggia adatto per indagini di campagna, dove vi è installato il software “Summit” atto alla gestione dei sismografi.

 Sistema di energizzazione a pendolo

I vari componenti sono collegati tra loro nella modalità riportata in figura 23:

Figura 23: 1) Batterie; 2) Sismografi; 3) Geofoni; 4) Trigger; 5) Unità centrale; 6) Piastra; 7) Massa battente

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37

Due batterie alimentano i sismografi (presenti in due unità in quanto ognuno ha capacità di gestione di massimo 24 canali) i quali sono collegati ai geofoni ed al trigger. Questo è a sua volta collegato tramite cavi elettrici all’unità centrale e al sistema energizzante. Le due componenti principali della sorgente sono collegate tra di loro tramite un circuito elettrico che andrà a chiudersi nel momento in cui la massa battente andrà ad urtare la piastra, attivando così il trigger che determinerà il “tempo zero” della registrazione effettuata dai sismografi.

Il sistema di energizzazione è stato appositamente ideato per il presente lavoro ed è stato realizzato grazie alla collaborazione del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. Il progetto è stato realizzato con l’intento di costruire una struttura in grado di trasferire energia trasversale al terreno sufficiente, ma che al contempo fosse facile da trasportare e avesse costi di realizzazione contenuti. Ne è risultata una struttura a forma di altalena (figura 24) con energizzatore a pendolo, costituita da una impalcatura di tubi d’acciaio componibili tramite filettature, alta 2.20m; nella parte sommitale sono stati saldati 2 anelli di acciaio che, tramite una corda, sostengono una sfera di ghisa del peso di 16 Kg che costituisce la massa battente del sistema, lasciata sospesa e libera di oscillare.

Figura 24: energizzatore a pendolo con dettaglio

Il sistema si compone poi di una piastra formata da lastre saldate tra loro che verrà posizionata sul terreno in corrispondenza della massa battente sospesa. Tale piastra, è formata principalmente da una lastra verticale, che costituisce una superfice libera su cui poter applicare la forza energizzante trasversale, ed una orizzontale che va ad

(38)

38

appoggiarsi al terreno e che ve ne trasferisce l’energia. La lastra orizzontale presenta quattro fori alle estremità su cui possono essere inseriti dei paletti di acciaio da infiggere nel terreno per garantire la continuità tra il sistema energizzante e il substrato. Quando la palla viene lasciata cadere da una altezza di circa un metro va a colpire trasversalmente la lastra verticale, generando onde di tipo S che andranno a propagarsi nel terreno tramite la lastra orizzontale e i paletti che la fissano al terreno (fig. 56). Come già accennato, questo tipo di energizzatore è stato progettato per essere trasportato in una normale utilitaria e poter essere assemblato e usato da 2 operatori.

Figura 25:a sinistra piastra infissa nel terreno; a destra sistema energizzante in azione

Il segnale che verrà registrato con questo sistema di energizzazione sarà probabilmente affetto da una quantità non trascurabile di rumore, in parte coerente e in parte random. Appartengono alla prima categoria le onde P convertite, le SV e le onde superficiali, mentre rientrano nel rumore random varie componenti quali, per esempio, il non perfetto accoppiamento piastra-substrato, la non perfetta replicabilità degli shot ed il rumore ambientale. Per poter attenuare Il rumore coerente in fase di processing, è necessario acquisire tracce con polarità opposta, mentre per favorire l’attenuazione del rumore random sono stati effettuati shot ripetuti per la stessa polarità.

Nel caso di specie, per ricondurci alla situazione desiderata, ovvero per poter evidenziare in fase di processing solo il segnale SH desiderato e diminuire la

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39

contaminazione del rumore, sono stati effettuati per ogni stazione 6 shot con una polarità (direzione Coloretta-Noce, località limitrofe) ed altrettanti in direzione opposta (Noce-Coloretta). Questa modalità operativa consentirà in fase di elaborazione dati di migliorare il rapporto segnale-rumore, tramite procedimenti che verranno illustrati nel capitolo 5.

Una corretta registrazione dati richiede particolare attenzione nelle fasi iniziali di acquisizione, specialmente per la scelta del corretto posizionamento dell’attrezzatura.

Per poter generare onde di taglio SH, è necessario energizzare il terreno trasversalmente rispetto alla direzione di acquisizione, la quale non è stata scelta in tale sede ma è stata realizzata con coordinate corrispondenti a quelle del lavoro in Stucchi et al. 2013, al fine di poterne confrontare i risultati. Ne consegue che il corretto posizionamento della sorgente, per generare onde della giusta polarizzazione, è quello in cui il movimento della massa battente è perpendicolare alla linea di acquisizione. Fondamentale importanza ricopre anche il corretto posizionamento dei geofoni lungo la stesa; le onde S generate dalla sorgente infatti hanno una componente verticale (SV) ed una orizzontale (SH); per poter registrare solo le onde SH è necessario quindi escludere le onde SV dalla registrazione, disponendo i sensori con direzione di oscillazione perpendicolare alla linea di acquisizione. L’eventualità di registrare anche eventi relativi ad onde P convertite è stata esclusa a priori, almeno teoricamente, in quanto i geofoni non registrano le componenti verticali (fig. 26)

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40

Quindi le contaminazioni del segnale da parte di onde con polarizzazione diversa da quella di interesse sono teoricamente eliminate in fase di acquisizione. La geometria di acquisizione è stata scelta in modo da poter ottenere il massimo vantaggio dall’acquisizione, cercando di gestire al meglio la strumentazione in dotazione e considerando il tipo di situazione geologica complessa da investigare. La prima scelta da prendere è stata quella riguardante il valore dell’offset minimo e massimo, del group-interval e source-interval. Inoltre vi è la necessità di acquisire con una buona continuità laterale (indispensabile per ricostruire gli andamenti caotici e discontinui tipici di una frana) senza però rinunciare a offset sufficienti a distinguere eventi iperbolici da quelli rettilinei e ciò ha portato al compromesso di 0.75 m di distanza group-interval; per limitare i tempi di acquisizione, è stato scelto un valore di 1.5m per il source interval. Per quanto riguarda l’offset, invece, i valori variano da un minimo di 0m (sorgente-ricevitore teoricamente coincidenti) a un massimo di 42m, con valori variabili al variare della posizione della sorgente all’interno dei vari stendimenti.

La schema di acquisizione eseguito si compone di 6 stendimenti, come mostrato in figura 27:

Figura 27: stendimento di acquisizione con numerazione stazioni; in giallo i geofoni, in rosso le sorgenti.

Per il primo stendimento, la sorgente è inizialmente posizionata in corrispondenza della prima stazione della linea sismica, con offset minimo di 6m, e segna l’inizio della linea a quota 687m s.l.m. I restanti shot sono stati eseguiti spostando progressivamente la sorgente di 1.5m lungo la linea, ottenendo quindi una graduale

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diminuzione dell’offset minimo (che diventa nullo al 5° shot) e un passaggio da off-end a split-spread negli ultimi due shot. Giunti a questa fase, la sorgente è stata lasciata in posto, mentre i geofoni sono stati traslati in avanti di 8.25m lungo la stesa, configurando così il secondo stendimento in cui il suddetto procedimento è stato ripetuto. La modalità di acquisizione rimane invariata fino all’ultimo stendimento, dove la sorgente viene progressivamente spostata lungo la linea fino alla conclusione dell’acquisizione, alla stazione 115.

Di seguito vengono riportati in tabella i parametri principali dell’acquisizione effettuata:

Tabella 1: Parametri di acquisizione

Tabella 2: caratteristiche di acquisizion PARAMETRI DI ACQUISIZIONE

Ente Dipartimento Scienze della Terra Pisa

Data Luglio 2013

Tipologia Sismica riflessione SH

Formato file Seg2

Lunghezza tracce 1024 ms, 2048 campioni

Intervallo campionamento 0.5

CARATTERISTICHE DI ACQUISIZIONE

Sorgente Massa battente a pendolo

Tipo ricevitore Geofono polarizzazione orizzontale

Numero ricevitori 48

Numero shot 763

Lunghezza totale stendimento 85.5m

Numero pattern 6 Minimo offset ̴0m Massimo offset 41.25m Source interval 1.5m Group interval 0.75m Copertura massima 24° Datum riferimento 687 m

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42

5. ELABORAZIONE DATI

I dati raccolti in fase di acquisizione non forniscono informazioni tali da rendere immediata la comprensione dei risultati ottenuti. Come tutti i dati sismici, anche questi necessitano infatti di operazioni numeriche, eseguite tramite specifici software in grado di affrontare passaggi di elaborazione, spesso complessi. Nel caso di specie, è stato utilizzato il software commerciale ProMax® di proprietà della

Landmark Ltd., in dotazione al Dipartimento di Scienze della Terra di Pisa. Tale

software permette, tramite l’ausilio di specifici tools, l’attuazione di caratteristici schemi di elaborazione al fine di manipolare i dati sismici grezzi (Raw Data).

L’elaborazione dati è una fase di lavoro molto importante in quanto i dati sono affetti da una quantità di rumore spesso considerevole, che deve essere attenuato là dove non è possibile eliminarlo del tutto; al tempo stesso, si tratta anche di una fase delicata in quanto non sempre è possibile discernere la componente del segnale utile da quella rumorosa; l’attuazione di tool atti a rimuovere elementi di non interesse possono andare a danneggiare quel che si vuole preservare, provocando artefatti che facilmente porteranno a conclusioni errate. Altro fattore molto importante da considerare è che segnale e rumore non hanno una definizione teorica stabilita, ma dipendono dal contesto in cui si lavora: quello che può essere segnale utile in un caso può rappresentare segnale indesiderato in un altro e viceversa. È quindi molto importante saper valutare come incrementare il rapporto segnale/rumore in base al contesto e allo scopo perseguito.

5.1 Flow Chart

Viene di seguito riportata sinteticamente la sequenza di proccesing eseguita nel presente lavoro, ricordando però che i passaggi effettuati seguono spesso un procedimento iterativo, come verrà affrontato in dettaglio nei paragrafi successivi. Lo schema presenta colori diversi in base al dominio in cui sono stati effettuati i passaggi, secondo il seguente criterio:

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43

In giallo: dominio shot gather

In arancione: dominio CDP

In verde: dominio stack in tempi (ms)

In blu: dominio stack in profondità (m)

In rosso: raw data e dato finale elaborato

RAW DATA

POPOLAMENTO HEADER

 Coordinata X e Y della Sorgente

 Variabile TRSL (traslazione pattern ricevitori; 1-6)

 Coordinata X e Y dei Ricevitori

 Numerazione delle Stazioni

BILANCIAMENTO TRACCE

 Ensamble Balance, RMS

 Trace equalization, MEAN

 Ensamble Balance, RMS

SOMME DELLE TRACCE

 Rinominazione tracce per rendere sommabili i canali degli shot con polarità NC/CN (Creazione e compilazione variabile Sum_N )

 Sommare per canali 6 shot CN e 6 shot NC ottenendo 1 shot con polarità CN e 1 con polarità NC ( somma variabile Sum_N)

 Inversione polarità tracce CN

 Rinominazione tracce per rendere sommabili i canali degli shot con polarità (CN-1) e NC (Creazione e compilazione variabile Sum2_N )

 Sommare per canali 1 shot CN-1 e 1 shot NC ottenendo 1 shot con polarità

positiva (somma variabile Sum2_N)

CREZIONE GEOMETRIE  Compilazione Pattern  Compilazione Sources  Compilazione Elevation  Interleaving  Assegnazione midpoint

 Binning sources e receiver stations

(44)

44 FILTRAGGIO POST-STACK

 Time variant filter

 Spatial filter

MIGRAZIONE  Kirchhoff Depth Mig

 Kirchhoff Time Mig + Depth Conversion

 Depth Conversion

GAIN

INTERPOLAZIONE TRACCE ELIMINAZIONE PRIMI ARRIVI

GUADAGNO

NMO

STACK (time) STATICHE RESIDUALI FILTRO FK

CREAZIONE SUPERGATHER E ANALISI VELOCITA’ FILTRAGGIO

 Band Pass Filter

 Horizon Flattering + Eigen filter

 FK Filter

 Band Pass Filter

FILTRO FK

Stack (depth)

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45

5.2 Raw data e popolamento header

I dati sono stati acquisiti tramite il software Summit con formato il SEG-2, caricabili in ambiente ProMax tramite il tool floppy input.

Parte integrante dell’acquisizione dati è l’inserimento delle informazioni nelle header dei file; tali informazioni vengono in parte registrate in automatico dal software

Summit al momento dell’acquisizione, in parte necessitano di un inserimento

manuale da parte dell’operatore. Tale passaggio può essere effettuato in campagna o, come nel caso di specie, successivamente in laboratorio.

Sono state inserite le seguenti voci di header, relativa di ogni traccia:

 Coordinata X della sorgente: indica la distanza dall’inizio della linea (origine) che ha generato la traccia (fig 28)

Figura 28: in ascissa coordinata x, in ordinata numerazione sorgenti, scala di colore numerazione sorgenti

 Coordinata Y della sorgente: è nulla per tutte le tracce (le sorgenti sono posizionate in linea)

 Assegnazione variabile TRSL (traslazione): Indica il pattern di appartenenza della traccia (fig. 29)

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46 Figura 29: A sinistra shot 1, a destra shot 300. In rosso numerazione della variabile TRSL

Coordinata X dei ricevitori: indica la distanza dall’origine del ricevitore che ha registrato la traccia (fig. 30)

Figura 30: in ascissa coordinata x, in ordinata numerazione ricevitori, scala di colore numerazione ricevitori

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47  Coordinata Y dei ricevitori: è nulla per tutte le tracce (i ricevitori sono

posizionati in linea)

 Numerazione delle stazioni: assegnazione stazione della sorgente e del ricevitore per ogni traccia (fig. 31, 32)

Figura 31: in ascissa numerazione sorgenti, in ordinata numerazione stazione, scala di colore distanza dall’origine

Figura 32: in ordinata numerazione ricevitore, in ascissa stazione ricevitore, scala di colore distanza dall’origine

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48

5.3 Eliminazioni tracce rumorose

Il primo passaggio dell’elaborazione riguarda l’eliminazione delle tracce troppo rumorose. Questi disturbi possono essere causati da:

Geofoni non correttamente accoppiati con il terreno

Rientrano in questa categoria due casistiche: quella in cui i geofoni non erano stati infissi nel terreno per motivi logistici, ed hanno quindi registrato solo rumore non coerente, e quella in cui pur essendo posizionati non presentavano una buon accoppiamento con il terreno.

Vengono riportati a titolo di esempio due shot: nel primo (fig. 33) sono state eliminate tramite il tool trace kill le tracce registrate da geofoni non infissi nel terreno a causa di una momentanea non disponibilità dell’area di lavoro.

Figura 33: A) shot originario B) shot dopo applicazione kill trace

Nel secondo caso (fig 34) il geofono 25 ha registrato una traccia inutilizzabile a causa del non perfetto accoppiamento con il terreno.

(49)

49 Figura 34: A) shot originario B) kill trace traccia 25

L’individuazione delle tacce da eliminare richiede in questo caso particolare attenzione da parte dell’operatore. Non sono rari i casi, infatti, in cui tracce che a prima vista sembravano essere generate da geofoni non accoppiati con il terreno risultassero invece rumorose ma comunque utilizzabili. Per poter distinguere i due casi è utile la visualizzazione dell’intero shot con un guadagno basso, al fine di diminuire l’ampiezza delle singole tracce per verificarne la validità. Viene di seguito

riportato un esempio (fig.35)

Figura 35: A) Shot originale B) Shot originale con guadagno basso C)

dettaglio a tempi bassi

A

B

A

C

A A B

(50)

50  Energizzazione non corretta

Consiste principalmente in rimbalzi ripetuti sulla piastra, che provocano una replica del segnale a tempi maggiori. Rispetto al caso precedente, è stato eliminato l’intero shot senza causare una perdita rilevante di dati in quanto questi tipi di errori costituiscono una piccolissima parte dell’intero dataset acquisito (fig. 36).

Figura 36: Esempio di shot completamente eliminato.

Tempo zero non correttamente rilevato

Quest’ultimo caso riguarda la non corretta registrazione del “tempo zero” da parte del trigger. Questo ha provocato la registrazione di uno shot traslato a tempi maggiori rispetto a quelli appartenenti allo stesso gruppo. Anche in questo caso, trattandosi di un errore isolato, è stato eliminato l’intero shot, come nel caso sotto riportato (fig.37).

Figura 37: due shot consecutivi con tempo zero diversi (FFID 429 errato),

completamente eliminati

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