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Trattamento digitale dei residui e miglioramento delle orbite

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Academic year: 2021

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(1)

Università di Pisa

Corso di Laurea Magistrale in Matematica

Tesi di Laurea

TRATTAMENTO DIGITALE DEI RESIDUI

E MIGLIORAMENTO DELLE ORBITE

Relatore: Candidato:

Prof. Andrea Milani Comparetti Marco Gallo

Controrelatore: Mat. 512601

Prof. Giacomo Tommei

(2)

Indice

Indice i

Elenco delle figure iv

Elenco delle tabelle vi

Introduzione 1

Lista degli acronimi e delle abbreviazioni 4

I Paradigmi e teoria di base 5

1 Light-time, Range e Range-rate 6

1.1 Introduzione e prime definizioni . . . 6

1.2 Relatività Generale (GRT) ed Effetto Shapiro . . . 8

1.3 Range, range-rate e metodo iterativo per il calcolo del light-time . . . 9

1.4 Questioni numeriche . . . 11

2 Calcolo degli osservabili di tipo doppler 12 2.1 Frequenza trasmessa dalla stazione di tracking sulla Terra . . 12

2.2 Il parametro M dello spacecraft . . . . 13

2.3 Frequenza trasmessa dallo spacecraft . . . 13

2.4 Frequenza doppler di riferimento . . . 14

2.5 Elenco delle rampe . . . 15

2.6 Valori calcolati degli osservabili doppler . . . 15

2.6.1 Premesse . . . 15

2.6.2 Valori calcolati in assenza di ramping degli osservabili doppler Two-Way (F2) e Three-Way (F3) . . . 16

2.6.3 Valori calcolati in presenza di ramping degli osservabili doppler Two-Way (F2) e Three-Way (F3) . . . 17

2.7 Algoritmo per la valutazione della relazione per il calcolo degli osservabili F2 e F3 in presenza di rampe . . . 18

(3)

3 Determinazione orbitale e struttura di ORBIT14 21

3.1 Prime definizioni e formulazione del problema . . . 21

3.2 Problema ai minimi quadrati . . . 23

3.2.1 Problema ai minimi quadrati lineare . . . 23

3.2.2 Problema ai minimi quadrati non lineare . . . 24

3.2.3 Metodi numerici . . . 24

3.2.4 Problema ai minimi quadrati pesato . . . 25

3.2.5 Due interpretazioni . . . 26

3.3 Metodo multiarco . . . 26

3.4 Condizioni a priori . . . 27

3.5 Struttura del software ORBIT14 . . . 28

4 Trasformata di Fourier a tempo discreto e filtraggio digitale 31 4.1 Trasformata di Fourier a tempo discreto e sue proprietà . . . 31

4.1.1 Linearità . . . 32

4.1.2 Antitrasformata . . . 32

4.1.3 Shifting nel dominio dei tempi . . . 32

4.1.4 Il teorema di convoluzione . . . 33

4.2 Aliasing e criterio di Nyquist-Shannon . . . 33

4.3 Tecniche di filtraggio digitale . . . 35

4.3.1 Filtri passa basso . . . 36

4.3.2 Filtro passa basso con fattore di decimazione 20 . . . . 38

II Analisi dei dati: la missione Juno 39 5 Juno: Analisi dei dati 40 5.1 Giove in breve . . . 40

5.1.1 L’esplorazione di Giove . . . 41

5.2 La missione Juno . . . . 42

5.2.1 L’esperimento di Gravity Science . . . 42

5.2.2 L’orbita di Juno . . . 43

5.3 Analisi dei passaggi di crociera . . . 44

5.3.1 Analisi DOY 056 (2015) . . . 44

5.3.2 Analisi DOY 064 (2015) . . . 46

5.3.3 Interpretazione dei risultati . . . 52

5.4 Analisi dei passaggi di gravità . . . 55

5.4.1 Analisi P J 3 (ORBIT14) . . . 55

5.4.2 Interpretazione dei risultati . . . 56

(4)

A Quadratura: Formule Gaussiane 62 A.1 Teoria generale . . . 62 A.2 Formule gaussiane . . . 64 A.2.1 Esempio: le formule di Gauss-Legendre . . . 65

B Approfondimento sul filtraggio digitale 66

B.1 Non causalità di un filtro passa basso ideale . . . 66 B.2 Filtro passa basso ideale ed analiticità . . . 68 B.2.1 La controparte sperimentale: il fenomeno di Gibbs . . 69 B.3 Disegnare un filtro: metodo di finestratura . . . 69

C Struttura dei file dei residui prodotti da ORBIT14 70

(5)

Elenco delle figure

1.1 Schema dei corpi coinvolti nella dinamica. . . 7

3.1 Struttura del software ORBIT14. . . 29

4.1 Esempio di aliasing. . . 34

4.2 Esempio di filtro passa basso. . . 37

4.3 Risposta in frequenza del filtro passa basso con fattore di decimazione 20. . . 38

5.1 NASA. Ricostruzione in computer grafica di Giove e della sonda Juno. . . 41

5.2 NASA. Schema della strumentazione presente a bordo della sonda Juno. . . 42

5.3 NASA. Ricostruzione in computer grafica delle orbite stabilite in fase di progettazione che avrebbe dovuto descrivere Juno. . 43

5.4 Residui degli osservabili ad un secondo del passaggio di crociera DOY 056 del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale ORBIT14. . . . 45

5.5 Spettro dei residui del passaggio DOY 056 del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale ORBIT14. . . . 47

5.6 Residui degli osservabili del passaggio di crociera DOY 056 del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale ORBIT14 dopo l’operazione di filtraggio digitale. . . . 47

5.7 Residui degli osservabili ad un secondo del passaggio DOY 056 del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale MONTE. . . . 48

5.8 Spettro dei residui del passaggio DOY 056 del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale MONTE. . . . 48

5.9 Residui degli osservabili del passaggio di crociera DOY 056 del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale MONTE dopo l’operazione di filtraggio digitale. . . . 49

5.10 Residui degli osservabili ad un secondo del passaggio DOY 064 del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale ORBIT14. . . . 50

(6)

5.11 Spettro dei residui del passaggio DOY 064 del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale ORBIT14. . . . 50 5.12 Residui degli osservabili ad un secondo del passaggio DOY 064

del 2015 ottenuti con il software di determinazione orbitale

MONTE. . . . 51 5.13 Spettro dei residui del passaggio DOY 064 del 2015 ottenuti

con il software di determinazione orbitale MONTE. . . . 51 5.14 Spettro di potenza dei residui del passaggio di gravità PJ08

ottenuti con il software di determinazione orbitale MONTE dopo l’operazione di filtraggio digitale. . . 61 5.15 Spettro di potenza dei residui del passaggio di gravità PJ08

ottenuti con il software di determinazione orbitale ORBIT14 dopo l’operazione di filtraggio digitale. . . 61

(7)

Elenco delle tabelle

2.1 Valori del parametro M . . . 13 2.2 Valori del parametro C . . . . 14 5.1 Alcuni dati su Giove . . . 41 5.2 Analisi del file contenente i residui del passaggio DOY 056 del

2015 ottenuto con ORBIT14 : valori della deviazione standard. 54 5.3 Analisi del file contenente i residui del passaggio DOY 064 del

2015 ottenuto con ORBIT14 : valori della deviazione standard. 54 5.4 Analisi del file contenente i residui del passaggio DOY 056 del

2015 ottenuto con MONTE : valori della deviazione standard. 54 5.5 Analisi del file contenente i residui del passaggio DOY 064 del

2015 ottenuto con MONTE : valori della deviazione standard. 54 5.6 Analisi dei file contenenti i residui del passaggio P J 3:

val-ori della deviazione standard. A sinistra i valval-ori relativi a ORBIT14, a destra quelli relativi a MONTE. . . 57 5.7 Analisi dei file contenenti i residui del passaggio P J 6:

val-ori della deviazione standard. A sinistra i valval-ori relativi a ORBIT14, a destra quelli relativi a MONTE. . . 57 5.8 Analisi dei file contenenti i residui del passaggio P J 8:

val-ori della deviazione standard. A sinistra i valval-ori relativi a ORBIT14, a destra quelli relativi a MONTE. . . 57 5.9 Analisi dei file contenenti i residui del passaggio P J 10:

val-ori della deviazione standard. A sinistra i valval-ori relativi a ORBIT14, a destra quelli relativi a MONTE. . . 57 5.10 Rapporti tra la deviazione standard dei residui filtrati (con

il filtro ottimale) e la deviazione standard dei residui ad un secondo. . . 58

(8)

Introduzione

L’elaborato di tesi presentato ha come soggetto principale il problema del filtraggio digitale, tecnica utilizzata da molte branche della scienza come l’elettronica e l’ingegneria delle telecomunicazioni. Come si può facilmente desumere dal titolo della tesi, la tecnica di filtraggio digitale è stata qui utilizzata per l’analisi di dati provenienti da una missione spaziale. In par-ticolare sono stati utilizzati dati della missione della NASA chiamata Juno. Essa appartiene al programma New Frontiers e ha come fine lo studio del più grande pianeta del sistema solare: Giove. Tra i tanti obbiettivi spicca quello denominato esperimento di Gravity Science, atto a determinare il campo di gravità del pianeta al fine di chiarire la questione sui differenti modelli che riguardano la distribuzione della massa interna del “gigante” del sistema so-lare.

L’elaborato è suddiviso in due parti. La prima, denominata Paradigmi e

teo-ria di base, è preposta a presentare la parte teoretica della questione. Il suo

titolo è ispirato al libro del filosofo della matematica Thomas S. Kuhn inti-tolato La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Egli in quest’opera afferma che con il termine “paradigma” si intende una parte dello scibile scientifico contraddistinto non solo da un carattere innovativo tanto da attrarre uno “stabile gruppo di seguaci”, ma anche dalla libertà di utilizzare tali paradig-mi come strumenti per un futuro progresso scientifico Questa prima parte è, a sua volta, suddivisa in quattro capitoli.

Il primo di questi capitoli, scritto facendo riferimento a [13], ha lo scopo di proporre un modello matematico che tiene conto della Teoria della Rela-tività Generale (GRT), costruito per pervenire al calcolo delle seguenti tre quantità fondamentali: range, range-rate e light-time. Il light-time, definito come il tempo che la luce impiega per raggiungere dalla Terra uno spacecraft e tornare indietro, è fondamentale per il calcolo delle altre due quantità, detti

osservabili. Queste ultime, il range e il range-rate, definite rispettivamente

come lo spazio che intercorre tra l’antenna della stazione di tracking terrestre e lo spacecraft, e la derivata temporale di quest’ultimo, sono calcolate per mezzo di procedimenti iterativi.

(9)

per-2

venire ad osservabili di tipo doppler che si basa sull’uso di una formula di quadratura gaussiana. A conclusione è stato eseguito un confronto diretto con il software di determinazione orbitale ORBIT14 che risulta operare in modo migliore poiché utilizza una formula di quadratura gaussiana di ordine più alto. In questo capitolo, inoltre, è fondamentale il concetto di tecnica

di ramping, tecnica di modulazione di frequenza che ha la finalità di tener

conto della velocità relativa tra la Terra e lo spacecraft. Questo capitolo è ispirato a [10].

Seguendo [9] e [12], nel terzo capitolo, è stata descritta la teoria base della de-terminazione orbitale. Fulcro di questo capitolo è la descrizione del metodo dei minimi quadrati e quello di correzione differenziale, ovvero una variante del metodo di Newton. Il fine di quanto presentato è quello di proporre in ultima istanza la struttura del software di determinazione orbitale OR-BIT14, sviluppato dal Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa in collaborazione con SpaceDys S.r.l., che fa uso di tale teoria.

Il quarto capitolo è il cuore della parte teorica di questo lavoro. In esso è descritto il metodo di filtraggio digitale. Dopo aver proposto la definizione di trasformata di Fourier a tempo discreto (DTFT) con le sue proprietà fon-damentali, si prosegue con lo studio approfondito del metodo di filtraggio digitale. Particolare attenzione è rivolta al filtro passa basso con fattore di

decimazione venti perché utilizzato nella parte sperimentale dell’elaborato.

La stesura di questo capitolo è frutto di un’ampia ricerca bibliografica tra cui spiccano [4] e [11].

La seconda e ultima parte dell’elaborato, intitolata Analisi dei dati: la

mis-sione Juno, è la sezione sperimentale del lavoro. In essa si vuole dimostrare

che il trattamento dei residui degli osservabili doppler attraverso un filtro digitale passa basso con fattore di decimazione venti risulta essere ottimale rispetto all’impiego di altri filtri (e.g. filtro della media); inoltre, si vuole valutare l’impiego del filtro digitale ottimale sui residui degli osservabili per una futura modifica del software di determinazione orbitale ORBIT14, che consiste in una procedura di filtraggio a priori del processo di correzione dif-ferenziale. Questa seconda parte, contiene un unico capitolo nel quale sono state raccolte le analisi condotte su alcuni passaggi afferenti alla missione spaziale Juno. In particolare, nel capitolo sopra citato le analisi condotte si possono suddividere in due macrogruppi: il gruppo dei passaggi di crociera e quello dei passaggi di gravità. I passaggi di crociera analizzati sono il DOY 056 e il DOY 064 del 2015, mentre i passaggi di gravità sono P J 3, P J 6,

P J 8 e P J 10.

Infine, l’elaborato presenta tre appendici. La prima propone un breve ap-profondimento sulle formule di quadratura, che ha lo scopo di completare

(10)

3

il secondo capitolo. La seconda, strettamente collegata al quarto capitolo, propone alcuni dettagli teoretici sul filtro passa basso ideale. Nella terza, infine, è descritta la struttura dei file (in cui sono presenti i residui) dei vari passaggi analizzati.

(11)

Lista degli acronimi e delle

abbreviazioni

ASI Agenzia Spaziale Italiana

BCRS Barycentric Celestial Reference System

BIBO Bounded Input Bounded Output

BJS Barycenter of Jovian System

DOY Day Of Year

DSN Deep Space Network

DSS Deep Space Station

DTFT Trasformata di Fourier a tempo discreto

EMB Earth Moon Barycenter

ESA European Space Agency

FD Fattore di Decimazione

FIR Finite Impulse Response

GRT General Relativity Theory

GS Gravity Science

JD Julian Day

JOI Jupiter Orbiter Insertion JPL Jet Propulsion Laboratory

KaT Ka-band Transponder

LTI Lineare Tempo Invariante (Sistema)

MJD Modified Julian Date

MONTE Mission Analysis, Operation and Navigation Toolkit Enviroment NASA National Aeronautics and Space Administration

SSB Solar System Barycenter

TDB Barycentric Dynamic Time

TDM Mercury Dynamic Time

(12)

Parte I

(13)

Capitolo 1

Light-time, Range e Range-rate

In questo capitolo saranno introdotti dei concetti strettamente correlati tra di loro, fondamentali per il prosieguo: il concetto di light-time, quello di range e quello di range-rate. In particolare si è interessati a descrivere le tappe fondamentali per il calcolo del light-time, al fine di comprendere meglio ciò che sarà trattato nel Capitolo 2. Per la stesura di questa sezione si farà riferimento a [13] in cui i concetti esposti sono relativi alla missione spaziale BepiColombo1.

Prima di eviscerare a fondo tali concetti, si osservi che le misurazioni esegui-te nelle missioni spaziali di nuova generazione (ad esempio BepiColombo o Juno) sono date generalmente in range-rate. Per il calcolo di quest’ultimo è essenziale avere a disposizione il light-time che, come si vedrà, è subordinato al calcolo del range.

1.1

Introduzione e prime definizioni

In questa sezione saranno introdotte le definizioni dei concetti appena citati. Esse sono:

Definizione 1.1. Dicesi light-time il tempo che la luce impiega per raggiun-gere dalla Terra (stazione di tracking) lo spacecraft e tornare indietro. Definizione 1.2. Dicesi range la distanza che intercorre tra l’antenna della stazione di tracking terrestre e lo spacecraft.

Definizione 1.3. Dicesi range-rate la componente della velocità dello space-craft lungo la direzione dell’osservatore o equivalentemente (in termini più pratici) la derivata temporale del range.

1BepiColombo è una missione spaziale dell’ESA che ha come fine l’esplorazione del

pianeta Mercurio. Essa deve il suo nome a Giuseppe, detto Bepi, Colombo (1920-1984), autore della prima teoria della rotazione risonante di Mercurio, e dei metodi di ritorno risonante per raggiungere il pianeta con una sonda spaziale.

(14)

1.1 Introduzione e prime definizioni 7

Figura 1.1: Schema dei corpi coinvolti nella dinamica.

In prima approssimazione è possibile supporre di essere in un sistema di riferimento piatto (Figura 1.1), nel quale la luce si propaga in maniera istantanea. In una tale situazione, il range si può esprimere attraverso la seguente2:

r =|r| = |(xsat+ xM)− (xEM + xE+ xant)| (1.1)

dove

• xsat è la posizione mercuricentrica del satellite;

• xM è la posizione del centro di massa di Mercurio (M) in un sistema di riferimento con origine nel Solar System Barycenter (SSB);

• xEM è la posizione del centro di massa del sistema Terra-Luna nello stesso sistema precedente (con origine nel SSB);

• xE è il vettore tra il baricentro del sistema Terra-Luna (EMB) e il centro di massa della Terra (E);

• xant è la posizione geocentrica dell’antenna posta sulla terra ovvero rispetto al centro di massa della Terra.

Utilizzare la (1.1) significa considerare il tempo come un parametro assolu-to. Come noto, ciò non è possibile: infatti, a causa del fatto che il segnale inviato da una stazione di tracking terrestre verso uno spacecraft ha velocità

c finita3, è necessario introdurre i tempi tt, tb, tr. Essi sono rispettivamente: 2r in tale modello rappresenta la distanza euclidea.

3

(15)

1.2 Relatività Generale (GRT) ed Effetto Shapiro 8

il tempo di trasmissione, il tempo di rimbalzo e il tempo di ricezione di un segnale.

Al fine di poter sommare i vettori presenti in (1.1), essi devono essere conver-titi in un comune sistema di riferimento spazio-tempo. La scelta di quest’ul-timo è una realizzazione del Barycentric Celestial Reference System (BCRS) chiamata Solar System Barycentric (SSB) dove la coordinata tempo è una ridefinizione del Barycentric Dynamic Time (TDB) come prescritto nella IAU 2006 Resolution B34. Si osservi che i vettori xM, xE, xEM sono già disponibili nel sistema SSB, mentre xant e xsat devono essere convertiti. Inoltre, poiché le osservazioni vengono misurate sulla superficie è necessario definire un’altra coordinata tempo chiamata Terrestrial Time (TT). Quin-di per ciascuna osservazione bisogna convertire il tempo Quin-di trasmissione e ricezione dalla coordinata TT alla coordinata TDB.

Infine bisogna introdurre un’ultima coordinata tempo (locale) propria del pianeta in esame. Nel caso qui analizzato si tratta del Mercury

Dynam-ic Time (TDM). La relazione che permette di esprimere il tempo locale T

come funzione del tempo t del sistema SSB è la seguente:

dT dt = 1 1 c2 [ U + v 2 2 − L ] dove

• U è il potenziale gravitazionale nel centro del pianeta; • v è la velocità del pianeta nel sistema SSB;

• L è un termine costante utilizzato per la rimozione dei termini secolari.

1.2

Relatività Generale (GRT) ed Effetto Shapiro

Nel modello matematico introdotto nella precedente sezione è fondamen-tale l’introduzione di correzioni che fanno capo alla Teoria della Relatività

Generale (GRT), necessarie per raggiungere il livello di accuratezza richiesto.

Tener conto della GRT significa considerare la luce che non si propaga in li-nea retta, bensì in uno spazio curvo. Tale curvatura dello spazio è dovuta alla presenza dei corpi celesti (pianeti, satelliti, asteroidi etc.) e delle loro masse.

Esprimere tale concetto dal punto di vista matematico significa tener conto della correzione relativistica conosciuta come effetto Shapiro. Essa è espressa mediante la seguente: S(γ) = (1 + γ)µ0 c2 ln ( rt+ rr+ r +(1+γ)µc2 0 rt+ rr− r +(1+γ)µc2 0 ) dove

(16)

1.3 Range, range-rate e metodo iterativo per il

calcolo del light-time 9

• rtè il vettore che ha origine nel centro di massa del corpo e che punta verso lo spacecraft;

• rr è il vettore che ha origine nel centro di massa del corpo e che punta verso l’antenna della stazione di tracking terrestre;

• r = |rr− rt|;

• µ0 = Gm0 è la massa gravitazionale del corpo perturbante.

1.3

Range, range-rate e metodo iterativo per il

calcolo del light-time

Di seguito sarà proposto il calcolo del range che, come sarà evidente, risulterà strettamente correlato al calcolo del light-time. Ciò avverrà per mezzo di una procedura iterativa e, infine, sarà brevemente accennato il cal-colo del range-rate. Tuttavia, per approfondimenti su tale tematica, il lettore può fare riferimento a [13].

Come detto nella prima sezione di questo capitolo, i vettori coinvolti nella dinamica devono essere tutti convertiti in uno stesso sistema di riferimento, ovvero il sistema SSB con coordinata tempo TDB. Si supponga di avere a disposizione tali vettori nel sistema di riferimento appropriato. A tal pun-to bisogna definire due diversi tipi di light-time: il light-time in up-leg e quello in down-leg. Si tratta rispettivamente del tempo che la luce impiega per andare dall’antenna terreste all’antenna di ricezione dello spacecraft e il tempo che la luce impiega per fare il percorso inverso. Questi sono definiti al seguente modo:

∆tup= tb− tt, ∆tdown= tr− tb.

Inoltre essi sono presenti implicitamente nella distanza calcolata in up-leg e in quella calcolata in down-leg:

rdo(tr) = xsat(tb(tr)) + xM(tb(tr))− xEM(tr)− xE(tr)− xant(tr),

rdo(tr) =|rdo(tr)|, c(tr− tb) = rdo(tr) + Sdo(γ), (1.2)

rup(tr) = xsat(tb(tr)) + xM(tb(tr))− xEM(tt(tr))− xE(tt(tr))− xant(tt(tr)),

rup(tr) =|rup(tr)|, c(tb− tt) = rup(tr) + Sup(γ). (1.3) Nelle precedenti relazioni Sdo(γ) e Sup(γ) rappresentano rispettivamente l’effetto Shapiro del segnale in down-leg e in up-leg:

Sdo(γ) = (1 + γ)µ0 c2 ln ( rt(tb) + rr(tr) +|rr(tr)− rt(tb)| + (1+γ)µ0 c2 rt(tb) + rr(tr)− |rr(tr)− rt(tb)| + (1+γ)µc2 0 ) ,

(17)

1.3 Range, range-rate e metodo iterativo per il

calcolo del light-time 10

Sup(γ) = (1 + γ)µ0 c2 ln ( rt(tt) + rr(tb) +|rr(tb)− rt(tt)| + (1+γ)µc2 0 rt(tt) + rr(tb)− |rr(tb)− rt(tt)| + (1+γ)µ0 c2 ) . Osservazione 1.4. Si osservi che in down-leg il vettore rt è riferito alla po-sizione eliocentrica dello spacecraft ed è calcolato al tempo di rimbalzo tb, mentre in up-leg esso è riferito alla posizione eliocentrica dell’antenna ter-restre ed è calcolato al tempo di trasmissione tt.

Lo stesso accade per il vettore rr. In down-leg è riferito alla posizione del-l’antenna ed è calcolato al tempo di ricezione tr, mentre in up-leg è riferito alla posizione dello spacecraft ed è calcolato al tempo di rimbalzo tb.

I tempi tr− tb e tb− tt sono le due porzioni del light-time visti nella coordinata tempo (TDB) del sistema SSB. Naturalmente essi devono essere riconvertiti nella scala di tempo della stazione di tracking, ovvero nella coor-dinata tempo TT, dove sono eseguite le varie misurazioni. Si osservi che tr è già disponibile in questa scala di tempo, per cui si necessita solo della con-versione di tt dalla coordinata TDB alla coordinata TT e della conversione di tb dalla coordinata TDM alla coordinata TT. Eseguita tale operazione si può definire ∆ttot la differenza tra questi due tempi nella coordinata TT. Si può a questo punto definire, convenzionalmente, la quantità r(tr) = c∆ttot/2.

Per concludere questo capitolo sarà esposto di seguito il metodo iterativo per il calcolo di tb(tr) e tt(tr) presenti in (1.2) e in (1.3). Come già detto, per il calcolo di queste quantità si farà ricorso a una (doppia) procedura iterativa.

Tale procedura iterativa agisce nel modo seguente. Prima operazione è il calcolo dei vettori xEM, xE e xant al tempo tr. A tal punto si sceglie un valore di partenza tb0 per il tempo di rimbalzo (ad esempio tb0 = tr) e si valutano i vettori xsat e xM in tale valore iniziale. In questo modo è stato avviato un procedimento iterativo che ad ogni passo, tramite la (1.2) pro-durrà un nuovo valore tbk. Il procedimento si arresta quando la differenza tra due iterate consecutive è più piccola dell’accuratezza richiesta. A questo punto si è in possesso dell’ultimo valore tb prodotto dal precedente processo iterativo che viene utilizzato in un secondo ciclo iterativo. Esso opera in tal modo: dopo aver calcolato i vettori xsat e xM in tb, viene scelto un valore iniziale tt0 per il tempo di trasmissione (ad esempio tt0 = tb). Utilizzando questo valore vengono calcolati i vettori xEM, xE e xant. In modo simile a quanto già fatto, tramite la (1.3), ad ogni passo viene calcolato un nuovo valore del tempo di trasmissione. Il processo, come in precedenza, si arresta una volta che la differenza tra due iterate consecutive è minore dell’accu-ratezza richiesta.

Infine, convenzionalmente, è possibile definire il range nel modo seguente:

r = rdo+ Sdo+ rup+ Sup

(18)

1.4 Questioni numeriche 11

Il calcolo del range-rate è molto più complicato rispetto a quello del range perché, tenuto conto che tt e tb sono funzioni di tr, quando si calcolano le derivate rispetto a tr di rup e rdo si dà luogo a equazioni implicite. Ciò suggerisce ancora una volta l’uso di un processo iterativo. Infine, in modo analogo al caso del range, è possibile dare la seguente definizione di range-rate istantaneo: dr dtr = drdo dtr + dSdo dtr + drup dtr + dSup dtr 2 . (1.4)

1.4

Questioni numeriche

Nonostante gli sforzi fatti per pervenire a tali formulazioni, la (1.4) non può essere usata. Il corretto modo di operare richiede di misurare differenze di fase tra le onde del segnale generate nella stazione terrestre e quelle di ritorno dallo spacecraft su un certo intervallo di integrazione ∆. Quindi l’osservabile altro non è che una differenza di range

r(tb+ ∆/2)− r(tb− ∆/2)

o equivalentemente il valore medio del range-rate sull’intervallo di integrazione 1 ∆ ∫ tb+∆2 tb−∆2 ˙r(s) ds = 1 ∆ ∫ tb+∆2 tb−∆2 dr dtr (s) ds. (1.5)

Per concludere, si osservi che l’utilizzo della (1.5) da un punto di vista nu-merico è preferibile poiché permette un maggior controllo di problematiche legate al rounding-off come descritto in [9, Cap. 17].

(19)

Capitolo 2

Calcolo degli osservabili di tipo

doppler

In questo capitolo si è interessati ad esporre le modalità per il calcolo dei valori osservati e calcolati di osservabili di tipo doppler.

Ad oggi questi valori, distribuiti da Deep Space Network (DSN), non ven-gono dati sotto forma di range-rate dello spacecraft, bensì sotto forma di frequenza, cioè la differenza tra la frequenza del segnale in uplink e di quello in downlink.

Inoltre, durante la trattazione sarà introdotta la cosiddetta tecnica di

ramp-ing. L’impiego di quest’ultima è reso necessario a causa dell’effetto Doppler,

poiché la frequenza trasmessa dalla stazione terrestre non ha sempre lo stes-so valore quando arriva all’elettronica ricevente dello spacecraft. Al fine di risolvere tale problematica, ovvero di tener conto della velocità relativa tra lo spacecraft e l’antenna trasmittente presente sulla terra, tale frequenza viene modificata.

2.1

Frequenza trasmessa dalla stazione di tracking

sulla Terra

La frequenza trasmessa dalla stazione di tracking terreste, che natural-mente può essere costante o rampata, è una quantità che dipende dalla ban-da di trasmissione del segnale. Il suo calcolo è subordinato alla quantità fq. Quest’ultima è legata all’elettronica trasmittente e risulta avere un valore approssimato di 22 Hz.

Nel caso il valore di tale frequenza (fq) sia costante, si procede nel seguente modo. Per un segnale trasmesso in banda S la frequenza trasmessa è calcolata attraverso la seguente

(20)

2.2 Il parametro M dello spacecraft 13

Tabella 2.1: Valori del parametro M Banda in downlink Banda in uplink S X Ka S 240221 880221 3344221 X 240749 880749 3344749 Ka 3599240 3599880 33443599

mentre per un segnale in banda X (segnale in uplink)

fT(t) = 32fq(t) + 6, 5× 109. (2.2) Ora si supponga fq rampata. In tale situazione si procede convertendo il valore di fq(t), preso all’inizio di ciascuna rampa, nel valore fT(t) utilizzando (2.1) oppure (2.2). Inoltre vengono calcolati i ramp rate di fT(t) per ciascuna rampa utilizzando le seguenti formule, che non sono altro che le derivate temporali delle formule (2.1) e (2.2).

Per un segnale in banda S

˙

fT = 96 ˙fq mentre per un segnale in banda X

˙

fT = 32 ˙fq.

2.2

Il parametro M dello spacecraft

Il parametro M è un numero (appartenente aQ) che dipende dal transpon-der presente sullo spacecraft1. Esso è definito come il rapporto tra la frequen-za trasmessa in down-leg dallo spacecraft e la frequenfrequen-za ricevuta in up-leg dallo stesso. La Tabella 2.1 contiene i valori standard di M utilizzati da DSN.

2.3

Frequenza trasmessa dallo spacecraft

Fino ad ora si è assunto che il trasmettitore sia posto a terra nella stazione di tracking. Se si suppone che il segnale sia di tipo one-way, ovvero un singolo segnale a “senso unico” allora è lo spacecraft a giocare il ruolo di trasmettitore. In tal caso la frequenza trasmessa è calcolata tramite la seguente:

fT(t) = CfS/C dove

(21)

2.4 Frequenza doppler di riferimento 14

Tabella 2.2: Valori del parametro C Banda in downlink Banda in uplink

S 1

X 880240

Ka 3344240

• fS/C è il valore in banda S della frequenza trasmessa dallo spacecraft che ha un valore di 2300 M Hz;

• C è un valore che converte la frequenza trasmessa dallo spacecraft in

una certa banda voluta in downlink.

Nella Tabella 2.2 sono presenti i valori standard del parametro C usati da DSN.

2.4

Frequenza doppler di riferimento

Prima di introdurre il concetto di frequenza doppler di riferimento indi-cata con fREF, bisogna definire alcuni concetti di base.

Si dirà osservabile doppler one-way, denotato con F1, un osservabile

calcola-to in presenza di un singolo segnale che parte da una stazione trasmittente terreste e che arriva all’elettronica ricevente dello spacecraft.

Si dirà osservabile doppler two-way, denotato con F2, un osservabile calcolato

in presenza di un segnale che parte da una stazione trasmittente terreste, che arriva all’elettronica ricevente dello spacecraft e che viene ridirezionato verso l’elettronica ricevente della medesima stazione che ha trasmesso il segnale. Infine, si dirà osservabile doppler three-way, denotato con F3, un osservabile

calcolato in presenza di un segnale che parte da una stazione trasmittente terreste, che arriva all’elettronica ricevente dello spacecraft e che viene ridi-rezionato verso l’elettronica ricevente di una diversa stazione rispetto a quella che ha trasmesso il segnale.

Si definisce frequenza di riferimento doppler, indicata con fREF(τ ), una fre-quenza generata dalla stazione terrestre ricevente. Il suo impiego è fonda-mentale nel calcolo dei valori osservati e calcolati dei suddetti osservabili F1,

F2 e F3. Essa è calcolata al seguente modo

fREF(τ ) = MRfT(τ ) (2.3)

(22)

2.5 Elenco delle rampe 15

• fT(τ ) è la frequenza trasmessa calcolata al tempo di ricezione del se-gnale (τ ) dall’elettronica ricevente nella stazione terrestre di ricezione. Naturalmente tale frequenza può essere costante o rampata;

• MR è il parametro che dipende dallo spacecraft osservato e generato dall’elettronica ricevente nella stazione di ricezione terrestre.

2.5

Elenco delle rampe

Un elenco delle rampe per una stazione di tracking contiene i valori ram-pati della frequenza trasmessa fT(t) e della sua derivata rispetto al tempo

˙

f , calcolati al tempo di interpolazione t. Tale tempo è quello di trasmissione

(misurato nella scala di tempo locale della stazione e indicato con ST acro-nimo di Station Time) della stazione terrestre di tracking.

Ciascuna rampa, inoltre, è specificata dalle seguenti quantità:

• il tempo iniziale t0;

• il tempo finale tf;

• il valore della frequenza rampata trasmessa, calcolata al tempo iniziale f0;

• il ramp-rate ˙f.

Il valore della frequenza trasmessa valutata al tempo di interpolazione è calcolata come segue:

fT(t) = f0+ ˙f (t− t0).

Tale frequenza viene quindi utilizzata come già descritto per calcolare il va-lore di fREF(τ ) attraverso la (2.3). È possibile, però, che un elenco di rampe possa specificare valori di fq anziché valori di fT, quindi si deve operare una conversione come descritto nel Paragrafo 1.1.

Infine, si osservi che la stazione di tracking potrebbe trasmettere simulta-neamente in due differenti bande. In tale caso un elenco di rampe dovrebbe contenere ulteriori informazioni sulla banda di trasmissione. Ed è infatti pro-prio quest’ultima la tecnica che viene adoperata oggi per le missioni spaziali di nuova generazione.

2.6

Valori calcolati degli osservabili doppler

2.6.1 Premesse

Per ricavare il valore degli osservabili doppler (F1, F2 e F3), bisogna

(23)

2.6 Valori calcolati degli osservabili doppler 16

possibile distinguere il caso in cui sono sono presenti rampe dal caso in cui esse sono assenti. In particolare l’osservabile one-way F1 è calcolato sempre

in assenza di rampe.

Al fine di dare una formula per calcolare i valori osservati di F1, F2 e F3,

verranno introdotte le seguenti quantità con le relative notazioni:

• fR(τ ), la frequenza del segnale ricevuto nella stazione terrestre al tempo di ricezione τ ;

• Tc, l’ampiezza dell’intervallo di ricezione del segnale;

• T , detto time tag, il punto medio dell’intervallo di ampiezza Tc;

• τs e τe, rispettivamente l’estremo sinistro e destro dell’intervallo di ricezione, i cui valori sono calcolati nel tempo locale della stazione. La loro espressione è la seguente:

τs= T 1

2Tc τe= T + 1

2Tc; (2.4)

• Tc′, ts, te, quantità analoghe alle precedenti ma riferite al segnale trasmesso.

Introdotte le precedenti, i valori osservati di F1, F2 e F3 possono essere

calcolati al seguente modo2:

F1= 1 Tcτe τs [CfT0 − fR(τ )] dτ (2.5) F2,3 = 1 Tcτe τs

[M fT(t)− fR(τ )] dτ (in assenza di rampe) (2.6)

F2,3=

1

Tcτe

τs

[fREF(τ )− fR(τ )] dτ (in presenza di rampe) (2.7)

2.6.2 Valori calcolati in assenza di ramping degli osservabili doppler Two-Way (F2) e Three-Way (F3)

Si osservi che in un intervallo di trasmissione dt, dn cicli di frequenze costanti fT(t) sono trasmesse da parte dell’elettronica trasmittente, e durante il corrispondente intervallo di ricezione dτ , M dn cicli sono ricevuti. Quindi il rapporto tra la frequenza ricevuta e quella trasmessa si può esprimere al seguente modo fR fT = M dn dt dn = M dt

(24)

2.6 Valori calcolati degli osservabili doppler 17

dalla quale si ottiene

fR(τ ) = M fT(t) dt dτ. (2.8) Sostituendo la (2.8) in (2.6) si ottiene: F2,3= M fT(t) Tc [ ∫ τe τs dτ−te ts dt ] . (2.9)

Sviluppando e riordinando i termini si ha:

F2,3= M fT(t) Tc [ (τe− te)− (τs− ts) ]

A tale punto introducendo le quantità denotate con ρe e con ρs3, light time con tempi di ricezione rispettivamente τe e τs, è possibile riscrivere la precedente al seguente modo:

F2,3=

M fT(t)

Tc

(ρe− ρs). (2.10)

Si osservi che le quantità ρe e ρs non includono correzioni dovute alla presenza della troposfera e alla presenza di particelle cariche. Si indichi con ∆ρe e con ∆ρs le correzioni4 di ρe e ρs che tengano conto di questi due fattori. Si può quindi esprimere al seguente modo la correzione dei valori calcolati in assenza di ramping degli osservabili doppler F2 ed F3:

∆F2,3 =

M fT(t)

Tc

(∆ρe− ∆ρs).

Infine dalla (2.10) è possibile calcolare la derivata parziale rispetto ai parametri considerati e raccolti in un vettore q:

∂F2,3 ∂q = M fT(t) Tc ( ∂ρe ∂q ∂ρs ∂q ) .

2.6.3 Valori calcolati in presenza di ramping degli osservabili doppler Two-Way (F2) e Three-Way (F3)

Al fine di illustrare la formula attraverso la quale si possono ottenere i valori calcolati degli osservabili F2 e F3 in presenza di ramping, si consideri

l’espressione (2.7). Sostituendo in essa la (2.3) e la (2.8), si ottiene

F2,3 = MR Tcτe τs fT(τ ) dτ M Tcte ts fT(t) dt (2.11) dove 3

Per dettagli su tali quantità si veda [10, Cap. 11].

(25)

2.7 Algoritmo per la valutazione della relazione per il calcolo

degli osservabili F2 e F3 in presenza di rampe 18

• fT(t) è la frequenza trasmessa (rampata) dalla stazione trasmittente terrestre. Il valore di tale frequenza si ottiene dall’elenco delle rampe della stazione che trasmette il segnale;

• M si ottiene dalla Tabella 2.1;

• MR è “costruito” dall’elettronica ricevente sulla terra.

Si osservi che, a causa del ramping, le funzioni integrande presenti in (2.11) non sono di classe C1.

Per il calcolo di ciascun osservabile, sono richieste due soluzioni (round-trip) light-time dello spacecraft con tempi di ricezione τe e τs, registrati dall’elettronica ricevente della stazione terrestre di ricezione. Per il calcolo di queste soluzioni light-time si veda [10, Cap. 8, Sez. 8.3.6]. Da queste soluzioni, infine, è possibile calcolare ρe e ρs.5

A questo punto, il fine è di valutare gli integrali presenti nella formula (2.11). Per tale motivo si necessita non solo dell’ampiezza dell’intervallo di ricezione

Tc, ma anche di quello di trasmissione che è calcolato al seguente modo:

Tc′ = Tc− (ρe− ρs).

Inoltre, sempre al fine di valutare (2.11) sono richiesti gli estremi dell’inter-vallo di trasmissione. Essi possono essere ottenuti in molti modi. Uno di

questi è il seguente: {

ts= τs− ρs

te= τe− ρe

Operare in tale modo equivale ad un guadagno in accuratezza poiché con tale metodo il calcolo degli estremi è subordinato alle quantità ρs e ρe, le quali contengono alcuni termini piccoli che rendono il calcolo più accurato. Infine osserviamo che se fREF fosse costante, allora la (2.11) si ridurrebbe ad essere la seguente: F2,3 = fREF(τ )− M Tcte ts fT(t) dt.

2.7

Algoritmo per la valutazione della relazione per

il calcolo degli osservabili F

2

e F

3

in presenza di

rampe

Dopo aver presentato la relazione dalla quale si ottengono i valori calco-lati degli osservabili doppler F2 e F3, è possibile introdurre un algoritmo ad

5

(26)

2.7 Algoritmo per la valutazione della relazione per il calcolo

degli osservabili F2 e F3 in presenza di rampe 19

hoc per valutare la suddetta relazione. Al fine di semplificare la trattazione,

dato che i due integrali presenti in (2.11) si possono valutare allo stesso mo-do, verrà posta l’attenzione su un singolo integrale.

Sia

te

ts

fT(t) dt

l’integrale da calcolare e W l’ampiezza dell’intervallo di integrazione [ts, te]. Poiché l’algoritmo di valutazione di tale integrale fa leva sull’elenco di rampe, prima di esporre l’algoritmo si ricordi che una rampa è caratterizzata da un tempo di inizio (t0), un tempo di fine (tf), il valore della frequenza trasmessa al tempo t0 (f0) e il ramp-rate ( ˙f ).

L’algoritmo di valutazione si articola nelle seguenti parti:

• Cambiare il tempo di inizio della prima rampa da t0 a ts;

• Calcolo della frequenza di trasmissione nel punto di inizio della prima

rampa

f0|ts = f0|t0 + ˙f (ts− t0);

• Se l’intervallo di integrazione W contiene due o più rampe, calcolare

l’ampiezza di ciascuna rampa i, eccetto l’ultima

Wi= tf− t0

dove t0 è il valore ottenuto al primo passo;

• Se W contiene due o più rampe calcolare l’ampiezza dell’ultima rampa

Wn= W

n−1i=1

Wi

mentre in caso contrario si ha

Wn= W1 = W ;

• Calcolo della frequenza media di trasmissione per ciascuna rampa i fi= f0+

1 2f W˙ i;

• Valutazione dell’integrale attraverso la seguente

te ts fT(t) dt = ni=1 fiWi

(27)

2.7 Algoritmo per la valutazione della relazione per il calcolo

degli osservabili F2 e F3 in presenza di rampe 20

• Calcolo della frequenza trasmessa in te

fe= f0+ ˙f Wn.

L’algoritmo appena presentato verte su una formula di quadratura gaus-siana di grado di precisione uno. In pratica, in un generico intervallo Wi(dove la rampa è costante) viene calcolata la frequenza media fi per poi approssi-mare l’integrale in tale sottointervallo con l’area del rettangolo di lati Wi e

fi. Si osservi che tale approccio risulta essere ottimale quando l’intervallo di ricezione del segnale è relativamente piccolo. Non appena si considera un intervallo di ricezione più grande tale metodo fallisce. Per ovviare a questo fallimento è possibile utilizzare formule di quadratura gaussiane di grado di precisione più alto. E’ proprio questo il caso di ORBIT14, software per la determinazione orbitale sviluppato dall’Università di Pisa in collaborazione con SpaceDyS S.r.l. Tale software, che sarà descritto nella prossima sezione, utilizza una formula di quadratura di Gauss-Legendre a sette punti ovvero gli zeri del polinomio ortogonale di Legendre di grado sette6. Essa è quindi

una formula di grado di precisione quindici, che risulta indubbiamente più efficace rispetto all’algoritmo esposto in precedenza.

(28)

Capitolo 3

Determinazione orbitale e

struttura di ORBIT14

Nel presente capitolo sarà esposta la teoria sulla quale si fonda la determi-nazione orbitale usata per una generica missione spaziale utilizzando, come riferimento per fare degli esempi, la missione Juno. Infine, verrà descritto il software di determinazione orbitale ORBIT14. Per approfondimenti sulle precedenti problematiche si colsultino, rispettivamente, [9] e [12].

3.1

Prime definizioni e formulazione del problema

Sia F : Rp × R × Rp′ → Rp una funzione sufficientemente regolare. L’equazione del moto è un sistema di equazioni differenziali ordinarie

   dy dt = F (y, t, µ) y(t0) = y0,

dove y è il vettore di stato, µ il vettore dei parametri dinamici e t il tempo.

Osservazione 3.1. Il vettore dei parametri dinamici potrebbe contenere i

coefficienti del potenziale gravitazionale e la massa dei pianeti, mentre il vettore di stato potrebbe essere composto da posizione e velocità del corpo in esame.

Il fine è quello di risolvere il precedente problema di Cauchy assegnate le condizioni iniziali.

Definizione 3.2. Dicesi orbita una soluzione dell’equazione del moto. Nel seguito una generica orbita verrà indicata con y = y(y0, t, µ).

Una volta introdotto il concetto di orbita, verrà discusso quello di osser-vazione, fondamentale nell’ambito della determinazione orbitale.

(29)

3.1 Prime definizioni e formulazione del problema 22

Definizione 3.3. Sia ν ∈ Rp′′ un vettore di parametri cinematici e sia

r = R(y, t, ν) la funzione osservazione. Si definisce funzione predizione la

composizione tra la funzione osservazione e l’orbita, cioè:

r(t) = R(y(t), t, ν).

Siano r1, ..., rmosservazioni rispettivamente ai tempi t1, ..., tme r(t1), ..., r(tm)

le predizioni. In generale, fissato j ∈ {1, ..., m} risulta rj ̸= r(tj). In base a tale osservazione risulta legittima la seguente definizione.

Definizione 3.4. Dicesi residuo al tempo ti la seguente quantità:

ξi = ri− r(ti). Il vettore dei residui è: ξ = (ξi)i=1,...,m.

Osservazione 3.5. Il vettore dei residui ξ ha una dipendenza funzionale dalle

condizioni iniziali e dai parametri dinamici e cinematici.

La determinazione orbitale ha il fine di calcolare sia l’orbita dei cor-pi celesti in esame sia alcuni parametri dinamici e cinematici. Per tale motivazione si introduce la seguente definizione.

Definizione 3.6. Dicesi vettore dei parametri di fit un sottovettore x∈ RN del vettore (y0, µ, ν).

Al fine di determinare i parametri di fit, lo strumento base della teoria classica della determinazione orbitale (introdotto da Gauss nel 1809) è la

fun-zione obbiettivo. Essa è una funfun-zione che dipende dal vettore dei parametri

di fit ed, inoltre, deve godere di adeguate condizioni di regolarità e conves-sità. La scelta più semplice che si può adoperare è quella in cui tale funzione è proporzionale alla somma dei quadrati dei residui

Q(ξ) = 1 mξ ξ = 1 m mi=1 ξ2i.

Essa presenta la seguente dipendenza funzionale: Q(x) = Q(ξ(x)).

Introdotte tutte le nozioni opportune è possibile enunciare il principio

del minimo:

Il principio del minimo afferma che la soluzione nominale è x∗∈ RN tale che

Q∗ = Q(x) = min x∈V Q(x), dove V ⊆ RN è un opportuno insieme di parametri.

(30)

3.2 Problema ai minimi quadrati 23

3.2

Problema ai minimi quadrati

3.2.1 Problema ai minimi quadrati lineare

Si supponga che la funzione predizione sia una combinazione lineare di N funzioni f1, ..., fN con coefficienti i parametri di fit. Inoltre, siano

λ1, ..., λN le osservazioni, rispettivamente, ai tempi t1, ..., tN. Allora i residui assumeranno la seguente forma:

ξi(x) = λi− Nj=1

xjfj, ∀i ∈ {1, ..., m}.

Inoltre, la funzione obbiettivo sarà la seguente:

Q(x) = 1 m mi=1λiN j=1 xjfj   2 .

Definizione 3.7. Dicesi matrice di disegno la seguente:

B = (bi,j) = ( ∂ξi ∂xj ) .

Osservando che ∀i, j, bi,j = −fj(ti), allora è possibile riscrivere la fun-zione obbiettivo come segue:

Q(x) = 1 m(λ + Bx) (λ + Bx) = 1 m ( λλ + 2λBx + x⊤B⊤Bx ) .

Utilizzando il principio del minimo, la soluzione nominale sarà la soluzione del seguente sistema:

m∂Q ∂x = 2 ( λB + x⊤B⊤B ) = 0.

Definizione 3.8. La matrice C = B⊤B è detta matrice normale. Ponendo

D =−B⊤λ allora si può scrivere l’equazione normale:

Cx = D.

Infine, dall’equazione normale è possibile pervenire alla soluzione nomi-nale. Infatti, supponendo che C sia di rango massimo e definendo la matrice

(31)

3.2 Problema ai minimi quadrati 24

3.2.2 Problema ai minimi quadrati non lineare

Nel caso generale, ovvero il caso dei minimi quadrati non lineare, la fun-zione obbiettivo non si presenta come una funfun-zione quadratica, pur restando differenziabile rispetto ai parametri di fit. Essa si presenta nella seguente forma:

Q(x) = 1

mξ

(x)ξ(x).

Si può nuovamente definire, a tale punto, la matrice di disegno e la matrice delle derivate seconde:

H =

2ξ

∂x2.

Per la ricerca del minimo, bisogna risolvere il seguente sistema di equazioni non lineari al fine di calcolare i punti stazionari di Q(x):

∂Q ∂x(x) =

2

mξ

B = 0. (3.1)

La risoluzione di quest’ultimo non è sempre agevole, poiché si può incorrere in due problemi. In primo luogo, tale sistema non sempre possiede una soluzione esplicita. Ciò può essere superato adoperando un metodo iterativo per la ricerca della soluzione. Il secondo problema è legato al fatto che un punto stazionario non è necessariamente un minimo assoluto. Potrebbe verificarsi, infatti, che un punto stazionario sia un minimo locale o un punto di sella. Per tale motivo, non solo bisogna analizzare la matrice delle derivate seconde per escludere eventuali punti di sella, ma è necessario anche l’utilizzo di qualche metodo iterativo (computazionalmente oneroso) per garantire che un minimo locale sia effettivamente un minimo assoluto.

3.2.3 Metodi numerici

Il problema della risoluzione del sistema (3.1), come già precisato, sug-gerisce l’uso di un metodo iterativo. Si può procedere in due diversi modi. Il primo approccio verte sul classico algoritmo di Newton, dove si definisce la successione (xk)k delle soluzioni approssimate del problema nel seguente modo: xk+1= xk− [ 2Q ∂x2(xk) ]−1∂Q ∂x(xk) = xk− ( B⊤B + ξ⊤H )−1 B⊤ξ

dove B e H sono valutate in xk. Come noto la convergenza di tale metodo è fortemente condizionata dalla scelta del dato iniziale dal quale si fanno partire le iterate.

(32)

3.2 Problema ai minimi quadrati 25

di Newton. Essa è chiamata metodo di correzione differenziale ed è ottenu-ta dal metodo di Newton trascurando i termini che contengono la derivaottenu-ta seconda. La generica iterata è ottenuta attraverso la seguente:

xk+1 = xk− (

B⊤B

)−1

B⊤ξ = xk− ΓB⊤ξ

dove Γ e B⊤ξ sono valutate in xk.

3.2.4 Problema ai minimi quadrati pesato

In questa sezione verrà considerata una funzione obbiettivo diversa da quella introdotta precedentemente. Questo approccio è dovuto alla neces-sità, ad esempio, di dare importanza ad un set specifico di osservazione piuttosto che ad un altro oppure semplicemente per esprimere i residui in una diversa unità di misura. Tale argomento sarà esposto in breve. Per un approfondimento si veda [9, Cap. 5].

Definizione 3.9. Data una matrice dei pesi W ∈ RN×N simmetrica e semidefinita positiva è possibile definire un problema ai minimi quadrati

pesato attraverso la seguente funzione obbiettivo:

Q(ξ) = 1

mξ

W ξ.

Osservazione 3.10. Si osservi che, utilizzando la precedente funzione

ob-biettivo, la matrice normale assumerà la seguente forma: B⊤W B. Inoltre,

il membro destro dell’equazione normale sarà: −B⊤W ξ.

I due casi di interesse legati a tale problematica sono:

• il caso di pesi uniformi, in cui la matrice dei pesi è definita in tal modo:

W = s−2I. Questa casistica risponde ad un problema di cambio di

scala. Data una W siffatta allora C = s−2B⊤B e D =−s−2B⊤ξ. Ciò

significa che la soluzione dell’equazione normale rientra ancora nella casistica classica in cui non sono presenti i pesi, mentre si osservi che la matrice di covarianza cambia;

• il caso di pesi non uniformi risponde alla necessità di dare maggiore

importanza ad un set specifico di osservazioni. In tale caso la matrice dei pesi è: W = diag(s1−1, ..., sN−1

)

. Definendo i residui

ξi′= ξisi ∀i ∈ {1, ..., N},

(33)

3.3 Metodo multiarco 26

3.2.5 Due interpretazioni

La problematica sino ad ora analizzata si presta a due possibili interpre-tazioni: l’interpretazione di ottimizzazione e l’interpretazione probabilistica. La prima delle due asserisce che x è la soluzione ottimale del problema ed inoltre che anche valori di poco più grandi del minimo sono accettabili. Per tale motivo è possibile definire l’insieme delle soluzioni accettabili detto

regione di confidenza Z(σ) = { x∈ RN : Q(x)≤ Q∗+σ 2 m } ,

che dipende da un parametro di confidenza σ > 0, la cui scelta non è banale. Per il problema ai minimi quadrati la regione di confidenza è:

Z(σ) = { x∈ RN : Ni=1 ξ2i ≤ mQ∗+ σ2 } .

Quanto detto significa che una soluzione x appartenente alla regione di con-fidenza corrisponde ad un errore di osservazione più grande di quello di x. Nonostante ciò, tale soluzione risulta ancora accettabile perché compatibile con le informazioni disponibili sulle procedure di osservazione.

La seconda interpretazione è di tipo probabilistico e verte su un teorema enunciato e dimostrato da Gauss, che interpreta gli errori di osservazione come variabili aleatorie con una certa densità di probabilità. In questa trat-tazione sarà esposto solo l’enunciato di tale teorema e all’interno di esso sarà utilizzata la notazione N (m, G), che indicherà la densità di probabilità di una variabile aleatoria gaussiana multidimensionale di media il vettore m e matrice di covarianza G.

Teorema 3.11. Sia il vettore dei residui ξ un vettore aleatorio con densità

di probabilità p(ξ) = N (0, I)(ξ), dove I indica la matrice identità. Allora la soluzione del problema ai minimi quadrati ha una densità di probabilità gaussiana con media pari alla soluzione nominale x e matrice di covarianza pari alla matrice normale C.

Grazie a tale teorema, la matrice di covarianza calcolata a convergen-za - cioè Γ(x) - contiene informazioni sulla deviazione standard e sulla correlazione tra i parametri che si stanno ricercando, infatti:

σ(xi) =√γi,i, corr(xi, xj) =

γi,j

σ(xi)σ(xj) ∀i ̸= j.

3.3

Metodo multiarco

In molti casi modellare la dinamica di uno spacecraft attraverso un sin-golo set di dati iniziali risulta pressoché impossibile. Ciò avviene, ad esem-pio, quando le accelerazioni gravitazionali agenti su uno spacecraft non sono

(34)

3.4 Condizioni a priori 27

conosciute in modo abbastanza accurato oppure quando esso durante la sua traiettoria esegue una serie di manovre. Il metodo multiarco permette di superare in maniera agevole tale problematica. L’idea è quella di dividere in sottointervalli disgiunti l’intero tempo di osservazione. Un tale sottointer-vallo è detto arco osservato o più semplicemente arco. Inoltre, ciascun arco possiede il proprio set di condizioni iniziali, come se ogni singolo arco fosse osservato da un nuovo spacecraft.

Sia n il numero di archi selezionati. Per quanto detto in precedenza, sia le osservazioni che i residui devono essere divisi in n sottovettori. Inoltre, il vettore dei parametri da ricercare sarà diviso in due sottovettori: g e

h rispettivamente il vettore dei parametri globali e il vettore dei parametri locali. In formule: ξ =    ξ1 .. . ξn    , x = ( g h ) .

Inoltre, il vettore dei parametri locali è suddiviso a sua volta in n vettori hj, ciascuno dei quali sarà associato al corrispondente arco di indice j in modo tale che il residuo di un arco non dipenda dal parametro locale associato ad un diverso arco, cioè:

Bg(j)= ∂ξj ∂g, B (j) hi = ∂ξj ∂hi = 0 (i̸= j).

Operando in tal modo la matrice normale assumerà la seguente struttura a freccia: C = ( Cgg Cgh Chg Chh ) =      Cgg Cgh1 . . . Cghn Ch1g Ch1h1 0 0 .. . 0 . .. 0 Chng 0 0 Chnhn     .

Così facendo si ottiene una semplificazione del problema poiché, a questo livello, risolvere il sistema normale C (xk+1− xk) =−B⊤ξ significa risolvere n + 1 sistemi normali di dimensione minore1.

3.4

Condizioni a priori

Può accadere, a volte, di essere in possesso di una o più informazioni sui parametri che si stanno cercando. Ciò può avvenire quando, ad esempio, un altro spacecraft ha già osservato il pianeta in esame o quando qualche stazione di osservazione terrestre ha già collezionato dati utili su di esso. Quando si hanno a disposizione informazioni di questo genere è possibile

(35)

3.5 Struttura del software ORBIT14 28

tenerne conto durante il processo di correzione differenziale al fine di stabi-lizzare il fit, poiché la ricerca delle soluzioni è limitata ad un sottoinsieme dello spazio dei parametri. Si osservi, inoltre, che tali informazioni possono essere utilizzate per eventuali problemi di deficienza di rango2.

Si supponga di avere informazioni su un set di parametri, ovvero di essere in possesso di xP, un vettore di parametri conosciuti a priori. Inoltre, sia σi

la deviazione standard associata ad ogni xi = xPi . Ponendo CP = diag(σi−2)i=1,...,N è possibile scrivere CPx = CPxP. Inoltre, la funzione obbiettivo modificata tenendo conto delle informazioni a priori è:

Q(x) = 1 m + N [ ξξ + (x− xP)⊤· CP(x− xP) ] .

Il sistema normale diventa: (

C + CP)(xk+1− xk) =−B⊤ξ + CP(xP − xk).

Osservazione 3.12. La formula appena esposta può essere usata anche nel

caso in cui un sottovettore di parametri soddisfa j relazioni lineari. Sia

F (xP−x) = 0 il sistema delle equazioni lineari in questione dove F ∈ Rj+N, allora si definisce la seguente matrice normale a priori:

CP = F⊤WPF

dove WP = diag(σi−2)i=1,...,N è la matrice dei pesi a priori.

Infine è da notare che per un tale approccio è fondamentale l’uso di informazioni aggiornate e attendibili non solo nel valore, ma anche a livello di incertezza al fine di evitare il rischio di generare soluzioni fittizie.

3.5

Struttura del software ORBIT14

ORBIT14, sviluppato dal Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa in collaborazione con SpaceDys S.r.l., è un software per la determi-nazione orbitale e stima di parametri per l’analisi delle missioni BepiColombo e Juno. La sua struttura, riassunta nella (Figura 3.1), è molto semplice. Il suo nucleo fordamentale è detto correttore differenziale.

Il correttore differenziale ha il compito di risolvere l’equazione del moto cal-colando le dinamiche di tutti i corpi coinvolti, calcolare gli osservabili seguen-do quanto discusso nel Capitolo 1 e implementare il metoseguen-do dei minimi quadrati non lineare utilizzando la correzione differenziale seguendo quanto detto nei paragrafi precedenti. Tutto ciò è fatto al fine di stimare le seguenti quantità:

(36)

3.5 Struttura del software ORBIT14 29

Figura 3.1: Struttura del software ORBIT14.

• condizioni iniziali dello spacecraft ad un dato tempo; • armoniche sferiche del campo di gravità di Giove; • numeri di Love per la deformazione mareale di Giove; • parametri che definiscono il modello di rotazione di Giove;

• il momento angolare di Giove avvalendosi dell’effetto Lense-Thirring; • condizioni iniziali per il Baricentro del Sistema di Giove (BJS).

Infine, si noti che gi osservabili dipendono da molteplici dinamiche. Al fine di fornire tali informazioni al programma principale, è necessaria una propagazione delle dinamiche che avviene per mezzo di una integrazione numerica - detta propagatore - che usa i corrispondenti moduli dinamici e risolve le equazioni del moto per un certo intervallo di tempo. Così facendo si riesce ad archiviare gli stati (tempo, posizione, velocità, accelerazione) in memoria al fine di renderli fruibili all’occorrenza. Ad esempio, per quanto concerne la missione Juno le dinamiche considerate sono:

• dinamiche dello spacecraft;

(37)

3.5 Struttura del software ORBIT14 30

• rotazione di Giove e della Terra;

• dinamiche di altri corpi: i pianeti da Mercurio a Nettuno (escludendo

(38)

Capitolo 4

Trasformata di Fourier a tempo

discreto e filtraggio digitale

Il seguente capitolo sarà destinato all’introduzione della trasformata di

Fourier a tempo discreto e delle sue proprietà, dando per scontata la

conoscen-za della trasformata continua di Fourier, per il cui approfondimento si riman-da a [3]. In particolar modo, l’interesse maggiore sarà rivolto alla proprietà conosciuta come teorema di convoluzione. Questo è dovuto alla sua rilevan-za nel discorso del filtraggio digitale, tecnica usata per l’analisi di output provenienti da integrazioni numeriche.

4.1

Trasformata di Fourier a tempo discreto e sue

proprietà

Si consideri il generico segnale rappresentato mediante la funzione f (t). Inoltre sia xn = f (nτ ), dove n ∈ Z, il segnale campionato con passo di campionamento τ .

Definizione 4.1. Si definisce trasformata di Fourier a tempo discreto del segnale campionato{xn} la seguente:

ˆ x(ω) = +k=−∞ xke−ikωτ = +k=−∞ f (kτ )e−ikωτ

dove i è l’unità immaginaria.

Si noti che in seguito per simboleggiare la trasformata di Fourier a tempo discreto saranno usati indistintamente i seguenti: ˆ·, F {·}.

Osservazione 4.2. La funzione appena definita è periodica in ω con periodo

la frequenza di campionamento ωs=

τ , cioè:

ˆ

(39)

4.1 Trasformata di Fourier a tempo discreto e sue proprietà 32

4.1.1 Linearità

Si consideri il segnale axn + byn = af (nτ ) + bg(nτ ). Attraverso un semplice calcolo diretto si verifica che la trasformata di Fourier a tempo discreto gode della proprietà di linearità. Infatti:

+k=−∞ (axk+ byk)e−ikωτ = a +k=−∞ xke−ikωτ+ + b +k=−∞

yke−ikωτ = aˆx(ω) + bˆy(ω).

4.1.2 Antitrasformata

Definizione 4.3. Fornito il concetto di trasformata di Fourier a tempo di-screto, si può definire la trasformata inversa di Fourier (o antitrasformata) come segue: xn= τ π τ −π τ ˆ x(ω)einωτdω.

Si può pervenire a tale relazione a partire dalla seguente identità: ∫ π τ −π τ e−i(k−n)ωτdω = { τ k = n 0 k̸= n.

Infatti, attraverso un calcolo diretto:

τ π τ −π τ ˆ x(ω)einωτdω = τ π τ −π τ +k=−∞ xke−i(k−n)ωτdω = τ +k=−∞ xkπ τ −π τ e−i(k−n)ωτdω = xn.

4.1.3 Shifting nel dominio dei tempi

Si consideri il segnale f (nτ ) “shiftato” attraverso un intero j ovvero

f ( (n− j)τ ) . Allora vale: f ( (n− j)τ ) = τ π τ −π τ ˆ x(ω)ei(n−j)ωτdω = = τ π τ −π τ [ ˆ x(ω)e−ijωτ ] einωτdω.

(40)

4.2 Aliasing e criterio di Nyquist-Shannon 33

Proposizione 4.4. Si consideri il segnale f ( (n− i)τ ) . Allora vale: F { f ( (n− j)τ )} = e−ijωτx(ω).ˆ 4.1.4 Il teorema di convoluzione

Prima di enunciare il teorema di convoluzione e di dimostrarlo, bisogna dare la seguente definizione:

Definizione 4.5. La convoluzione discreta dei segnali campionati x e y, indicata con∗, è definita nel modo seguente:

zn= (x∗ y)n=

+

k=−∞

xkyn−k.

Data tale definizione è possibile enunciare e dimostrare il seguente: Teorema 4.6. Si consideri il segnale dato da (x∗ y)n. Allora vale:

F { (x∗ y)n } = ˆx(ω)ˆy(ω). Dimostrazione. ˆ z(ω) =F { (x∗ y)n } = +n=−∞

(x∗ y)ne−inωτ = (definizione di convoluzione)

= +n=−∞ +k=−∞

xkyn−ke−inωτ = (scambio delle sommatorie)

= +k=−∞ xk +n=−∞

yn−ke−inωτ = (proprietà di shifting)

= ( ∑+ k=−∞ xke−ikωτ ) ˆ y(ω).

4.2

Aliasing e criterio di Nyquist-Shannon

Al fine di descrivere il fenomeno conosciuto come aliasing, è necessario introdurre la nozione di trasformata di Fourier di un segnale continuo x(t).

(41)

4.2 Aliasing e criterio di Nyquist-Shannon 34

Figura 4.1: Esempio di aliasing.

Definizione 4.7. Sia x(t)∈ L1(R) una funzione che rappresenti un segnale continuo. Allora si definisce trasformata di Fourier continua1 la seguente:

ˆ

xF(ω) =

Rx(t)e

−iωtdt.

Si può dimostrare che la trasformata di Fourier a tempo discreto è legata alla trasformata continua attraverso la seguente relazione2:

ˆ x(ω) = 1 τ +j=−∞ ˆ xF(ω + jωs) j∈ Z.

Tale formula si può interpretare nel seguente modo: il campionamento pro-duce un numero infinito di immagini dello spettro del segnale continuo ori-ginale centrate nei multipli interi della frequenza di campionamento.

È proprio nella suddetta situazione che può verificarsi il fenomeno noto come aliasing (Figura 4.1), ovvero tali spettri potrebbero mischiarsi a se-guito del calcolo della trasformata di Fourier a tempo discreto del segnale campionato xn. Risultato di questa situazione è che ogni linea spettrale con frequenza|ω| > ωs/2 darà origine ad un alias a bassa frequenza nella regione [−ωs/2, ωs/2]. Precisamente, questo alias si troverà alla frequenza:

ωalias= ω− kaωs dove ka è la parte intera del numero

ω ωs

+1 2.

Tuttavia è possibile evitare che si verifichi tale fenomeno. Il rimedio per ovviare all’aliasing è conosciuto come criterio di Nyquist-Shannon. Esso af-ferma che la frequenza di campionamento (ωs) deve soddisfare la seguente disuguaglianza:

ωs> 2ωmax

1È possibile, inoltre, definire la trasformata di Fourier continua anche nel caso in cui

la funzione x(t) appartenga allo spazio L2(R).

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