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Introduzione La tecnica LIBS, acronimo di

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Introduzione

La tecnica LIBS, acronimo di Laser Induced Breakdown Spectroscopy, è una metodologia utilizzata per determinare la composizione elementare dei materiali ed è basata sulla analisi spettroscopica delle righe di emissione di plasmi generati sul campione da un impulso laser.

Questa tecnica, in molti casi, costituisce una valida alternativa alle dispendiose tecniche tradizionali di chimica analitica, in quanto permette di ricavare informazioni elementari direttamente dalla radiazione emessa dal plasma senza alcun pre-trattamento del campione sotto analisi e indipendentemente dalla sua matrice. Inoltre non necessita di strumentazioni altrettanto costose e ingombranti, cosa che la rende molto adatta ad un utilizzo in situ.

D’altra parte, uno dei punti deboli della LIBS è la minore sensibilità che questa presenta nei confronti di altre tecniche analitiche: per questo motivo, negli ultimi anni sono stati portati avanti molti lavori di ricerca finalizzati allo sviluppo della tecnica nel tentativo di abbassarne i limiti di rivelabilità (dell’ordine della decina di ppm per la maggior parte degli elementi).

Tra i vari metodi proposti e sviluppati, quello che al momento sembra più promettente è la LIBS a doppio impulso (Double Pulse LIBS; DP–LIBS), che consiste nel creare ed eccitare il plasma con due impulsi laser in sequenza - con un ritardo reciproco nel range 0.1-50 µs - anziché con un singolo impulso laser. La configurazione a doppio impulso ha dimostrato di essere in grado di aumentare la sensibilità della tecnica di circa 1-2 ordini di grandezza. D’altra parte le ragioni fisiche dell’aumento del segnale non sono ancora del tutto chiare ed al momento diverse ipotesi sono ancora aperte. Numerosi lavori vengono pubblicati ogni anno su questo tema.

Nel primo capitolo di questo lavoro di tesi sono descritte le basi teoriche e lo stato dell’arte della tecnica LIBS: le diverse fasi di formazione del plasma indotto da laser, la sua evoluzione dinamica, la determinazione dei suoi parametri termodinamici fondamentali e le condizioni di validità dell’approssimazione di Equilibrio Termodinamico Locale (LTE). Inoltre viene esposta la procedura Calibration Free (CF-LIBS), che si basa su un algoritmo sviluppato e certificato dall'I.P.C.F.- C.N.R. di Pisa. La novità di questo algoritmo consiste nel permettere di calcolare la composizione elementare dei materiali anche senza l’uso di curve di calibrazione, semplificando e velocizzando in tal modo le analisi.

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Infine viene introdotta la tecnica LIBS a doppio impulso, le sue diverse configurazioni (parallela, pre-ablation e re-heating), le potenzialità e lo stato dell’arte della ricerca in tale ambito; vengono poi presentate alcune ipotesi sui processi fisici potenzialmente collegati all’aumento di segnale osservato rispetto alla tecnica LIBS tradizionale.

Nel secondo capitolo sono riportati i risultati di esperimenti eseguiti per studiare l’effetto delle energie degli impulsi laser sul segnale ottenuto nel caso di configurazione DP-LIBS a fasci paralleli. In questo caso è stato condotto uno studio sistematico in cui, oltre alle energie di entrambi gli impulsi, è stato variato il ritardo tra i laser in un range 0.1-50 µs. Tutti i risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti utilizzando un singolo impulso con energia uguale alla somma delle energie dei due laser; allo stesso tempo, è stato studiato il cratere formato sulla superficie del campione mediante microscopia confocale e sono state messe in relazione le variazioni nelle dimensioni del cratere con l’aumento del segnale LIBS ottenuto nella configurazione a doppio impulso.

Nel terzo capitolo, sono riportati i risultati di esperimenti condotti nella geometria a fasci ortogonali sia nella configurazione di pre-ablation che in quella di re-heating. In particolare è stato studiato l’andamento del segnale in funzione del ritardo tra i laser e per diverse distanze del fascio laser parallelo al campione da questo. Inoltre sono state acquisite immagini in shadowgrafia dell’emissione del plasma e dell’onda d’urto prodotta in aria, al fine di ricavare informazioni sulla loro evoluzione dinamica.

Tutte le misure sono state condotte nel laboratorio di Spettroscopia Laser Applicata dell’Istituto per i Processi Chimico-Fisici (I.P.C.F. – C.N.R.) di Pisa.

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Capitolo 1

La tecnica LIBS

La LIBS, acronimo di Laser Induced Breakdown Spectroscopy, è una tecnica finalizzata alla caratterizzazione dei materiali basata sulla analisi spettroscopica delle emissioni atomiche di plasmi generati da laser. Sebbene sia stata inventata più di 40 anni fa, è solo dagli inizi degli anni ’80 che l’interesse della comunità scientifica si è rivolto verso questa nuova tecnica come valida alternativa alle metodologie chimiche e spettroscopiche tradizionali dedicate all’analisi elementare dei materiali [1]. Tra queste vanno ricordate la Inductively Coupled

Plasma- Mass Spectroscopy (ICP-MS), caratterizzata dai più bassi limiti di rivelabilità (Limits Of Detection, LOD) dell’ordine delle parti per trilione (ppt), e alte riproducibilità, precisione ed

accuratezza, e la Inductively Coupled Plasma – Optical Emission Spectroscopy (ICP-OES) caratterizzata da limiti di rivelabilità dell’ordine delle parti per miliardo (parts per bilion - ppb).

Il costo elevato degli apparati sperimentali delle tecniche ICP e il bisogno di un complesso pretrattamento chimico del campione, che è differente per ogni elemento chimico e dipende dalla matrice analizzata, ha portato i ricercatori a sviluppare altre tecniche analitiche, tra cui la LIBS, che permettessero di ricavare informazioni elementari direttamente dalla radiazione emessa dal plasma, indotto sul campione da un impulso laser, senza alcun pretrattamento e indipendentemente dalla matrice sotto analisi.

La tecnica LIBS è infatti in grado di ricavare quantitativamente, almeno in linea di principio, la composizione elementare di qualsiasi tipo di materiale, sia questo solido, liquido o gassoso, con un range dinamico elevatissimo che va dagli elementi maggioritari (%) fino agli elementi in traccia (ppm), e tutto ciò senza la necessità di un pretrattamento chimico del campione. Tra gli altri vantaggi della tecnica va inoltre ricordata la possibilità di utilizzare sorgenti laser con diverse lunghezze d’onda (il processo di formazione del plasma è, infatti, principalmente correlato all’elevata energia dell’impulso laser), la semplicità e il relativo basso costo delle apparecchiature utilizzate e la possibilità di misurazioni sul campo (in situ), come per esempio nell’ambito dei beni culturali, nel monitoraggio delle emissioni industriali, per il controllo della qualità dell’aria ecc.

D’altra parte la LIBS ha una sensibilità più bassa rispetto alle tecniche analitiche precedentemente citate, con LODs dell’ordine del ppm o della decina di ppm a seconda

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dell’elemento analizzato; per questo motivo, negli ultimi anni una particolare attenzione è stata dedicata allo sviluppo della tecnica nel tentativo di abbassarne i LODs [2, 3]. Tra i vari metodi proposti e sviluppati, quello che ha riscosso il maggior successo è la LIBS a doppio impulso che, come descritto nel capitolo successivo è in grado di aumentare la sensibilità della tecnica di 1-2 ordini di grandezza.

Tuttavia si deve tenere presente che la LIBS è una tecnica relativamente giovane e non ha ancora raggiunto una maturità tale da permetterne un utilizzo ottimale; per questo motivo si avverte la necessità di meglio comprendere i meccanismi fisici che avvengono durante l’analisi di un campione e di definire le migliori condizioni sperimentali per effettuare le misure. Infatti, ottenere precise informazioni quantitative da un processo così complesso e così fortemente dipendente dalle condizioni sperimentali (densità di potenza del laser, lunghezza d’onda, caratteristiche di focalizzazione, composizione e pressione del gas ambiente ecc…) e dalla composizione della matrice che costituisce il campione non è un compito semplice e richiede una profonda conoscenza dei meccanismi fisici che concorrono alla formazione del plasma, al processo di ablazione e all’evoluzione termodinamica e idrodinamica del plasma nell’atmosfera considerata.

1.1. Formazione ed evoluzione del plasma

Nelle misure LIBS, la formazione del plasma si ha quando un fascio laser di energia sufficientemente elevata viene focalizzato in un piccolo volume di un campione gassoso o sulla superficie di un solido o di un liquido. Tipicamente l’irradianza ottenuta sulla superficie di focalizzazione è nel range 109-1011 W⋅cm-2.

Nel caso di campione gassoso il plasma si forma in seguito al processo di breakdown, in cui l’impulso laser viene assorbito dal gas con una crescita esponenziale della temperatura e dello stato di ionizzazione del mezzo.

Nel caso in cui il bersaglio sia un solido, invece, a seguito dell’interazione laser-materia, una piccola quantità di materiale, dell’ordine di pochi nanogrammi per impulso laser, viene espulsa dal campione (ablazione laser) e successivamente viene anch’essa atomizzata e ionizzata con un processo di breakdown, andando così a formare un plasma.

Tuttavia per comprendere appieno il processo di formazione e successiva evoluzione del plasma, è necessario considerare tutti gli effetti fisici che, con peso diverso a seconda della matrice del campione e delle condizioni sperimentali, ne prendono parte: assorbimento di fotoni

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da parte del campione, fusione e vaporizzazione; formazione di un’onda d’urto che si propaga sia all’interno del campione che nell’atmosfera circostante; schermatura laser del campione da parte del plasma; espulsione, nel caso di campioni solidi, di microframmenti dalla superficie; interazione della radiazione emessa dal plasma con la superficie del campione e con l’atmosfera circostante.

Dopo la formazione, il plasma, inizialmente composto essenzialmente di elementi chimici provenienti dal campione, si espande nell’atmosfera circostante raffreddandosi nell’arco di pochi microsecondi. Nei primi istanti dell’evoluzione del plume, per tempi inferiori ad 1 µs, si ha emissione di radiazione continua, dovuta al rallentamento degli elettroni del plasma da parte del campo prodotto dagli ioni positivi (Bremsstrahlung) e alla ricombinazione elettronica. Successivamente, nello spettro emesso, si evidenziano le emissioni di riga caratteristiche delle transizioni tra stati legati, presenti già nei primi istanti di formazione del plasma, ma non osservabili in quanto coperte dalla radiazione continua. Ne deriva che la radiazione emessa dal plasma risulta caratterizzata sia da uno spettro continuo sia dai picchi dovuti ai decadimenti spontanei dai livelli eccitati degli atomi neutri e degli ioni (figura 1.1).

L’emissione del plasma viene raccolta da un apposito sistema ottico, una volta impostati i parametri di acquisizione scelti al fine di ottimizzare la misura:

- ritardo di acquisizione (acquisition delay): deve essere impostato su tempi sufficientemente lunghi da permettere il decadimento del segnale continuo (tipicamente dell’ordine del microsecondo); allo stesso tempo, però, l’acquisizione non deve essere troppo ritardata, altrimenti il rapporto segnale-rumore si deteriora a seguito della diminuzione dell’emissione (causata dal raffreddamento del plasma).

- finestra temporale di acquisizione (acquisition gate): deve avere un’ampiezza sufficientemente ampia perché l’emissione acquisita dia un buon segnale. Nei casi in cui risulti necessario calcolare i parametri termodinamici del plasma (temperatura e densità elettronica), ad esempio per un’analisi quantitativa con algoritmo CF-LIBS, il gate non deve essere troppo lungo per non violare le condizioni di LTE (vedi paragrafo 1.1.2).

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Figura 1.1. Evoluzione temporale di spettri emessi da un plasma ottenuto da un campione di suolo e indotto da un

impulso laser a 308 nm (a) e a 1064 nm (b) in funzione del ritardo di acquisizione dall’impulso laser; immagine tratta da ref. 4.

Solitamente negli esperimenti LIBS vengono utilizzati laser Q-switched con impulsi di durata nel range 5-50 ns, energie dell’ordine di 10-1000 mJ e con lunghezze d’onda che possono spaziare dal vicino infrarosso fino all’ultravioletto.

In letteratura sono riportati molti lavori in cui è stato studiato l’effetto della lunghezza d’onda della radiazione incidente sul processo di ablazione laser e sulla successiva evoluzione termodinamica del plasma [5, 6, 7]. In generale si può riassumere che i laser che emettono nel

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nell’infrarosso producono un plasma che presenta una temperatura più elevata causata dal processo di schermatura laser.

Per comprendere questo effetto va considerato cosa accade ad un solido, per esempio un metallo, quando questo viene colpito da un impulso laser focalizzato di lunghezza d’onda λ: inizialmente si ha creazione di elettroni liberi nel campione dovuta all’assorbimento fotonico attraverso Bremsstrahlung inverso (αIB∝λ3ne2Te -3/2) che causa un rapido riscaldamento del materiale. Successivamente, se l’irradianza del laser è sufficientemente elevata, la superficie raggiunge la temperatura di fusione e successivamente di vaporizzazione. Ad alte irradianze questi processi sono associati all’espulsione di microframmenti di materiale con un processo di tipo esplosivo. Nei primi istanti successivi alla loro formazione, i vapori di plasma che si sono venuti a creare cominciano ad assorbire la radiazione incidente per il processo di

Bremsstrahlung inverso tra gli elettroni e gli atomi neutri; in seguito, dopo che un numero

sufficiente di elettroni è stato generato, il principale meccanismo di assorbimento del laser diviene il Bremsstrahlung inverso elettrone-ione. La transizione tra questi due processi segna il passaggio da un regime di basso assorbimento ad uno di forte assorbimento, caratterizzato da una rapida crescita della temperatura e della densità elettronica; per questo motivo tale transizione prende il nome di soglia di breakdown.

Il coefficiente di assorbimento di Bremsstrahlung inversa (αIB) varia come λ3 e questo spiega il motivo per cui i laser infrarossi producono temperature più alte nelle fasi iniziali del plasma e quindi tempi di decadimento dell’emissione continua più lunghi (figura 1.1). Per questa ragione vengono spesso preferiti laser con lunghezza d’onda nell’infrarosso perché, nonostante la massa rimossa sia minore, creano un plasma più caldo che quindi emette un segnale più forte e più duraturo.

Tipicamente il fascio viene fatto incidere normalmente alla superficie del campione, perché questa configurazione fornisce il segnale maggiore ma in alcuni casi particolari, per esempio per l’analisi di campioni liquidi, può anche essere scelto un diverso angolo di incidenza. Il sistema ottico comunemente utilizzato per la raccolta del segnale è composto da lenti e/o fibre ottiche a seconda dell’accessibilità del campione e della sua distanza. Spesso è preferito l’utilizzo di ottiche al quarzo in quanto presentano una frequenza di taglio inferiore e permettono così l’acquisizione delle righe ioniche che, in buona parte, si trovano a lunghezze d’onda tra i 200 e i 400 nm.

Lo spettrometro utilizzato può essere di tipo tradizionale (per esempio Czerny-Turner, accoppiato ad un analizzatore ottico a multicanale o ad un fototubo) o uno spettrometro Echelle accoppiato ad una camera CCD intensificata (ICCD). La seconda opzione viene spesso preferita

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perché fornisce uno spettro tra 200 e 900 nm con un solo impulso laser. Tuttavia la sensibilità degli spettrometri Echelle è tipicamente inferiore a quella ottenuta con i monocromatori tradizionali e quindi la scelta dello spettrometro-rivelatore è subordinata alle finalità dell’esperimento o dell’analisi condotta. In figura 1.2 è rappresentato un tipico apparato sperimentale per misure LIBS.

Figura 1.2. Tipico apparato sperimentale per misure LIBS.

Una volta acquisito lo spettro, è possibile procedere con l’analisi quantitativa, che è un procedimento che si basa sull’assunzione che l’intensità integrata delle righe spettrali di una specie sia in correlazione con l’abbondanza relativa di tale specie nel plasma1. Tuttavia tale analisi richiede particolare accuratezza in quanto l’intensità dell’emissione spettrale nel plasma è determinata non solo dalla concentrazione degli elementi chimici e dalla matrice in cui si trovano (effetto matrice), ma anche dalle proprietà termodinamiche del plasma (densità elettronica e temperatura), che a loro volta dipendono da altri fattori come le caratteristiche della sorgente d’eccitazione (energia, densità di potenza, lunghezza d’onda), il tipo di campione e la composizione (e pressione) dell’atmosfera in cui avviene l’esperimento. Inoltre il processo di ablazione laser influenza la quantità e la composizione della massa ablata e deve essere compreso e controllato in modo da ottenere un’analisi quantitativa accurata.

1 In ambito spettroscopico, per specie si intende il grado di ionizzazione di un dato elemento; se, ad esempio, si prende in considerazione l’elemento Pb, per convenzione la notazione spettroscopica indica la specie neutra e di singola ionizzazione come PbI e PbII, rispettivamente.

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1.2. Ipotesi di lavoro per l’analisi spettroscopica del plasma

Da quanto detto fino ad ora, si capisce quindi come il processo di formazione ed evoluzione del plasma sia un fenomeno molto complesso; per questo motivo, al fine di semplificarne il modello interpretativo, sono state introdotte tre ipotesi sulle quali si basano molti dei metodi sviluppati per l’analisi quantitativa e che verranno sinteticamente esposte nei prossimi paragrafi:

- la composizione del volume del plasma sotto esame deve essere rappresentativa della composizione del campione (ablazione stechiometrica)

- il volume del plasma sotto osservazione deve essere in equilibrio termodinamico locale (LTE)

- le righe spettrali misurate devono essere otticamente sottili.

1.2.1. Ipotesi di ablazione stechiometrica

Il termine ablazione laser viene solitamente utilizzato per descrivere l’interazione laser-materia di tipo esplosivo. L’ablazione è detta stechiometrica se la composizione chimica del plasma indotto è la stessa del campione in esame. E’ quindi chiaro come questa ipotesi stia alla base della tecnica LIBS come anche, ovviamente, di tutte le altre tecniche che sfruttano l’ablazione laser come metodo di campionamento (per esempio la spettrometria ICP a ablazione laser).

Le interazioni laser-materia possono essere descritte, in condizioni di irradianza diverse, usando due differenti modelli: vaporizzazione o ablazione [8].

Un processo di vaporizzazione si ha generalmente a densità di potenza laser inferiori a 106 W⋅cm-2, che corrispondono tipicamente a laser CW o impulsi laser della durata di microsecondi o più lunghi. In questo caso il processo è essenzialmente di tipo termico in quanto gli elettroni della superficie assorbono energia a seguito degli urti con i fotoni del fascio laser e la convertono in calore urtando con gli altri elettroni e con i fononi del reticolo cristallino. Infatti dal momento che i tempi caratteristici di collisione del fotone sono dell’ordine di 0.1 ps, si ha che durante un singolo impulso laser (0.1-1 ms) avvengono molte collisioni, quindi si può considerare che l’energia ottica assorbita venga istantaneamente convertita in calore. In tempi dell’ordine di una frazione di ms, vengono così raggiunte e superate le temperature di fusione e vaporizzazione, provocando una rimozione di massa dell’ordine dei mg (crateri con profondità

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di qualche mm). E’ importante sottolineare come la vaporizzazione possa avvenire in maniera differenziale, da cui ne consegue che nei vapori creati saranno più abbondanti gli elementi con una più elevata tensione di vapore, e quindi la composizione del materiale rimosso non sarà, in generale, la stessa di quella del campione.

A densità di potenza più elevate, maggiori di 109 W⋅cm-2, corrispondenti in genere a impulsi della durata di qualche nanosecondo o più brevi, si ha un’esplosione. In questo caso la temperatura di vaporizzazione della superficie è oltrepassata entro una frazione della durata dell’impulso laser e prima che lo strato superficiale possa vaporizzare, il materiale sottostante raggiunge la sua temperatura di vaporizzazione e aumenta notevolmente la pressione, provocando così l’esplosione della superficie, l’espulsione di materiale e la formazione del plasma. In questa situazione, a differenza di quanto avviene per la vaporizzazione, il materiale riscaldato rapidamente ha la stessa composizione del solido e il processo è quindi di ablazione stechiometrica.

L’ablazione laser è quindi stechiometrica quando la densità di potenza sul bersaglio supera i 109 W⋅cm-2, un valore che è comunemente raggiunto nelle misure LIBS.

Nel caso di alte densità di potenza, caratteristiche di una ablazione stechiometrica, è fortemente presente l’interazione tra il materiale fuoriuscito e il fascio laser stesso. Tale processo, che avviene tramite Bremsstrahlung inverso e fotoionizzazione, porta ad un aumento della temperatura e della densità elettronica del plasma e ad una schermatura della superficie del campione.

Nell’intervallo di densità intermedio (tra 106 e 109 W⋅cm-2 )i fenomeni che si osservano sono molto complessi e attualmente in letteratura non sono riportate schematizzazioni che possano descriverli in maniera soddisfacente.

1.2.2. Ipotesi di equilibrio termodinamico locale (LTE)

Per analizzare gli spettri di emissione di plasmi indotti da laser al fine di ottenere informazioni quantitative sull’abbondanza delle varie specie presenti nel plasma, è necessario fare affidamento su un modello che descriva le popolazioni dei diversi stati quantistici degli atomi e degli ioni presenti.

In generale, per ottenere queste informazioni sfruttando un approccio cinetico, dovrebbe essere risolto un complesso sistema di equazioni che descriva tutte le reazioni che avvengono nel plasma e che coinvolgono elettroni, molecole, fotoni e tutti gli stati quantistici

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atomici e ionici. Queste equazioni dovrebbero tener conto dei processi di ionizzazione, dissociazione, ricombinazione, collisioni elastiche ed anelastiche, emissioni radiative, riassorbimento fotonico e Bremsstrahlung.

Tuttavia nelle situazioni pratiche una descrizione così generale è difficilmente applicabile a causa della intrinseca complessità delle matrici dei campioni e della mancanza, per molti materiali, dei parametri di questi tipi di reazioni. Per questo motivo viene spesso preferito un approccio termodinamico al problema. Per una descrizione termodinamica, è fondamentale considerare i contributi di tutte le forme di energia presenti nel sistema: le energie cinetiche di tutte le specie e di tutti gli elettroni, le energie interne degli atomi e degli ioni e l’energia radiativa. Le distribuzioni di equilibrio di tutte queste forme di energia sono date, rispettivamente, dalle funzioni di Maxwell, Boltzmann e Planck, ciascuna caratterizzata da un parametro T (temperatura) definito separatamente e a priori diverso per ogni funzione.

Può però accadere che una distribuzione d’equilibrio esista per una di queste forme d’energia, ma non per un’altra. Per esempio, questo è il caso della radiazione emessa da un plasma sottile, che, non essendo all’equilibrio radiativo, non segue la distribuzione di Planck. Un sistema è in equilibrio termodinamico completo (TE) se tutte le forme di energia sono in equilibrio e questo accade quando tutti i processi sono in equilibrio, cioè quando le velocità delle reazioni sono le stesse sia per i processi diretti che per quelli inversi, facendo così valere il “principio del bilancio dettagliato”. In questo caso il parametro T è lo stesso per tutte le distribuzioni ed acquista il significato usuale di temperatura del sistema.

Sotto le condizioni di TE, la popolazione dei livelli eccitati per ogni specie segue la distribuzione di Boltzmann: T k E s s i s i B i e n T U g n = − ) ( 1.1 dove ns

i indica la densità di popolazione del livello eccitato i della specie s, Ei e gi sono

rispettivamente l’energia e la degenerazione del livello i-esimo, ns è la densità totale della specie

s nel plasma, kB è la costante di Boltzmann e Us(T) è la funzione di partizione interna della

specie alla temperatura T:

= i T k E i s i B e g T U ( ) 1.2

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A causa dell’addensarsi dei livelli di energia in prossimità del limite di ionizzazione, il calcolo della funzione di partizione dovrebbe, in linea di principio, includere infiniti termini, provocando la divergenza della somma. Tuttavia la somma si estende all’infinito solo nel caso in cui il raggio atomico si estenda all’infinito. In un plasma, invece, a causa del campo elettromagnetico creato dalle altre particelle cariche, l’elettrone è attratto dal nucleo finché è all’interno di una distanza

finita rD, corrispondente al raggio della sfera di Debye.

2 4 n e T k r e B D π = 1.3

dove e è la carica dell’elettrone e ne la densità elettronica.

A piccole distanze, r < rD, l’interazione predominante tra ioni ed elettroni è quella di Coulomb,

mentre per r > rD il potenziale attrattivo tende rapidamente a zero; per questo motivo è possibile

affermare che cariche positive e negative si compensano approssimativamente all’interno della

suddetta sfera di raggio rD e ogni carica risulta così schermata dal plasma circostante. Questa

condizione di neutralità microscopica è equivalente a ridurre l’effettivo potenziale di

ionizzazione Eion per ogni specie nel plasma di un fattore ∆Eion. Questo fattore, imponendo un

limite superiore alla somma nella funzione di partizione, ne rimuove la divergenza [9].

Per ogni singolo elemento chimico, la popolazione dei differenti stati di ionizzazione nelle ipotesi di equilibrio termodinamico completo è descritta dall’equazione di Saha. Nel caso in cui nel plasma siano presenti solamente specie neutre e a singola ionizzazione (che sono appunto gli stati di ionizzazione predominanti nei plasmi che si hanno tipicamente nelle analisi LIBS), l’equazione di Saha può essere scritta:

(

)

k T E E I II B e I II e B ion ion e T U T U h T k m n n n ∆ − − = ) ( ) ( 2 2 3 2 3

π

1.4

dove nIe nII sono le densità di popolazione delle specie atomiche neutre e a singola ionizzazione

rispettivamente, Eion è il potenziale di ionizzazione delle specie neutre, me è la massa

dell’elettrone, h è la costante di Planck e Eion il fattore correttivo descritto in precedenza.

D’altra parte, se il plasma è in equilibrio termodinamico completo, anche la radiazione al suo interno presenta una distribuzione in frequenza ben definita che dipende dalla sola temperatura. La densità di energia spettrale nel vuoto e alla temperatura T per una singola polarizzazione è quella tipica di corpo nero ed è data dalla funzione di Planck:

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1 3 3 1 exp 2 ) ( −       −       = T k hv c hv v u B π 1.5

Nei plasmi indotti da laser, l’energia radiativa è quasi sempre disaccoppiata dalle altre forme di energia, dal momento che l’equilibrio radiativo richiede che il plasma sia otticamente spesso (vedi paragrafo 1.1.3) a tutte le frequenze (corpo nero). Per questo motivo i tipici plasmi LIBS sono di solito descritti da uno stato conosciuto come Equilibrio Termodinamico Locale (LTE) in cui il non equilibrio della radiazione può essere trascurato e gli atomi, gli elettroni e gli ioni possono essere considerati all’equilibrio. In queste condizioni diviene quindi possibile trovare un parametro T (Temperatura) che soddisfi sia le distribuzioni di Boltzmann e di Maxwell che la legge di Saha. Nel caso quindi in cui la LTE sia una buona approssimazione

dello stato del plasma, la temperatura del plasma T e la densità elettronica ne possono essere

utilizzate per descrivere le caratteristiche del plasma e l’analisi quantitativa diviene possibile. Rimane quindi da stabilire quando la LTE possa essere considerata una buona approssimazione per la descrizione dello stato di plasma.

Valutazione delle condizioni di LTE

E’ chiaro che la condizione di LTE è raggiunta se i processi collisionali sono molto più importanti dei processi radiativi nel determinare i parametri termodinamici del plasma, cioè se i tempi caratteristici di collisione sono molto minori dei tempi caratteristici di decadimento radiativo.

Le collisioni anelastiche degli elettroni con gli atomi e gli ioni determinano la probabilità di transizione degli elettroni legati da uno stato quantistico ad un altro:

) ( ) (m e A n A e+ → + 1.6

La sezione d’urto di tale processo, rappresentato dall’equazione precedente, può essere calcolata sulla base dell’equazione di Bethe-Born e prende la forma:

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(

E

)

( )

x f e mn mn mn ϕ π σ 2 4 2 ∆ = 1.7

dove fmnè l’ampiezza dell’oscillatore per la transizione considerata, ∆Emnè la differenza di

energia tra i due livelli tra cui avviene la transizione, ϕ

( )

x è una funzione adimensionale del

parametro x= /ε ∆Emn (energia ridotta dell’elettrone). Considerando che la sezione d’urto

collisionale aumenta all’aumentare del numero quantico principale n del livello (dal momento

che diminuisce ∆Emn) e la velocità di decadimento radiativo Amndiminuisce con n, risulta chiaro

come le condizioni di LTE siano più facilmente soddisfatte da livelli con elevato numero quantico principale.

Se esiste un livello n′ per il quale le velocità collisionale e radiativa sono le stesse, si

dice che ci troviamo in condizioni di equilibrio termodinamico locale parziale (pLTE), in cui i

livelli n>n′ e gli elettroni liberi sono in equilibrio tra di loro e la popolazione dei livelli è

determinata dall’equazione di Boltzmann, mentre i livelli con n<n′ non sono in equilibrio e la

loro popolazione è determinata dal bilancio tra i processi di collisione e quelli radiativi.

La condizione che la popolazione degli stati ionici e atomici sia regolata dalle collisioni elettroniche, più che dalla radiazione, può essere espressa con la relazione:

mn e

mnv n >> A

σ 1.8

dove i due termini rappresentano le probabilità dei processi collisionale e radiativo e dalla quale si evince quindi come sia necessaria una densità elettronica che sia sufficiente a garantire un alto livello di collisioni. Il corrispondente limite inferiore della densità elettronica, ricavabile dall’equazione 1.8, è dato dal principio di McWhirter [10]:

(

)

3 2 1 12 10 6 . 1 T E ne ≥ ⋅ ∆ 1.9

dove ∆E (eV) è la più alta energia di transizione per cui la condizione è soddisfatta. Questo

principio è condizione necessaria, ma non sufficiente, per garantire l’LTE ed è tipicamente soddisfatto durante i primi microsecondi dopo la formazione del plasma. In accordo col criterio di McWhirter, quindi, la condizione perché i livelli più bassi di energia siano in LTE è che la

densità elettronica sia dell’ordine di 1017 cm-3, un valore tipicamente raggiunto nei tipici plasmi

(15)

acquista importanza e i livelli con numero quantico inferiore, per esempio il livello fondamentale, tendono ad essere sovrappopolati rispetto alla popolazione che dovrebbero avere se valessero le condizioni di LTE.

In un plasma che evolve nel tempo, oltre al criterio di McWhirter, deve valere anche un’ulteriore condizione per assicurare le condizioni di LTE. Dal momento che il plasma si

espande e si raffredda, è necessario che i tempi caratteristici con i quali T e ne variano siano

molto maggiori del tempo τrel necessario al plasma per raggiungere l’equilibrio (che corrisponde

all’incirca al tempo di collisione, almeno nel caso in cui valga il criterio di McWirther). In questo caso si può supporre che il plasma si evolva passando attraverso una serie di stati di LTE successivi. Se non siamo in questa situazione, il plasma si evolve troppo velocemente e non riesce a raggiungere uno stato di equilibrio. Questa condizione è più facilmente soddisfatta a tempi lunghi rispetto al momento di formazione del plasma, quando appunto il plasma evolve più lentamente, ed a pressione atmosferica piuttosto che nel vuoto, dal momento che in questo

ultimo caso ne è maggiore e l’espansione più lenta.

Infine, per stabilire se le condizioni di LTE siano soddisfatte o meno deve essere presa in considerazione anche la disomogeneità del plasma. Infatti è necessario che le tipiche distanze

spaziali di variazione di T e ne siano molto maggiori del cammino medio delle particelle Ldiff

durante il tempo di rilassamento:

(

)

12

rel diff D

L = ⋅τ 1.10

dove D è il coefficiente di diffusione. Questa condizione si traduce nelle disuguaglianze [11, 12]:

(

)

(

)

(

0

)

1 0 << = = − = x T L x T x T diff 1.11

(

)

(

)

(

0

)

1 0 << = = − = x n L x n x n e diff e e 1.12

Se queste condizioni non sono verificate, gli stati di eccitazione e di ionizzazione in ciascun punto del plasma non sono determinati dalla temperatura del plasma in quel punto, bensì dalla “storia” delle particelle. Questa condizione è più facilmente violata per gli strati più esterni del

(16)

Le condizioni per il raggiungimento delle ipotesi di LTE nei plasmi sono state investigate sperimentalmente e tutti i lavori riportati in letteratura sono giunti alla conclusione

che tipicamente tali ipotesi sono verificate nei plasmi LIBS, meno che nei primi istanti

immediatamente successivi alla formazione del plasma (1-2µs) [13]. La spiegazione di questo comportamento è da ricollegarsi alla rapida espansione del plume. E’ infatti possibile che nei primi istanti dopo la sua formazione, il plasma si evolva e si raffreddi tanto rapidamente che i tempi di rilassamento termodinamico (in particolare i tempi per raggiungere l’equilibrio del processo di ionizzazione-ricombinazione) siano più lunghi della tipica scala temporale con cui il plasma evolve. Praticamente è come se nei primi istanti successivi alla formazione il plasma si raffreddasse tanto velocemente da non riuscire a passare attraverso una successione di stati di equilibrio, mentre dopo 1-2 µs l’evoluzione fosse sufficientemente lenta da permettere al plasma di raggiungere l’equilibrio in ogni stadio evolutivo.

Tuttavia, anche se consideriamo il plasma ben oltre i 2 µs dalla sua formazione quando cioè le condizioni di LTE sono generalmente soddisfatte, è chiaro che l’affidabilità di questa ipotesi dipende principalmente da parametri sperimentali come l’energia del laser, la durata dell’impulso, l’atmosfera in cui avviene l’ablazione, la finestra di acquisizione del segnale ecc. E’ quindi consigliabile scegliere attentamente questi parametri e controllare sempre a posteriori la validità dell’approssimazione LTE al fine di trovare delle condizioni sperimentali ottimali.

1.2.3. Condizione di plasma otticamente sottile

Tutti i metodi utilizzati nelle analisi LIBS per ottenere informazioni quantitative sulla composizione elementare di un campione fanno uso della relazione lineare che intercorre tra l’intensità di una riga e la concentrazione della relativa specie. Sfortunatamente, nelle tipiche condizioni sperimentali, alcune righe, specialmente quelle risonanti o quelle che presentano un’ampiezza di oscillazione elevata, mostrano un comportamento non lineare evidenziando effetti di saturazione. Lo stesso fenomeno si può presentare anche per righe non risonanti di elementi che sono però presenti in elevate concentrazioni [14]. Il motivo di questo effetto non lineare, conosciuto come autoassorbimento, è la rottura delle ipotesi di plasma otticamente sottile, ed è dovuto ad un parziale riassorbimento della radiazione emessa dagli atomi di un dato elemento da parte di altri atomi dello stesso elemento che si trovano nei livelli più bassi di energia.

(17)

La giustificazione teorica dell’autoassorbimento risiede nella teoria dell’ottica. Una

radiazione di intensità I e apertura angolare dΩ che si propaga in un mezzo omogeneo provoca

sia assorbimento che emissione di fotoni da parte del mezzo stesso. Dal bilancio dei processi di

emissione e assorbimento in uno spessore infinitesimo dx si può ricavare una equazione

differenziale, conosciuta come equazione del trasporto:

(

)

(

)

(

) (

)

x I x k x dx x dI , , , , ν ν ν ε ν − = 1.13

dove k(ν,x) (cm-1) è il coefficiente di assorbimento eε

(

ν,x

)

(cm-3) è l’emissività di frequenza ν

emessa per unità di volume nell’angolo solido d nel punto x che, nel caso di emissione

discreta tra due livelli k e i prende la forma:

(

)

( )

π ν ν ν ε 4 ,x =h kiAkinkg dΩ 1.14

in cui h è la costante di Planck, Aki è la probabilità di emissione spontanea di un fotone, νki è la

frequenza centrale della transizione, nk è la popolazione del livello superiore di energia k e g

( )

ν

è la forma normalizzata della riga, definita in modo che sia soddisfatta la condizione di normalizzazione:

( )

∞ = 0 1 ν ν d g 1.15

A sua volta, il coefficiente di assorbimento k

(

ν,x

)

può essere espresso come:

(

)

( )

π ν π λ ν 4 8 , 2 Ω       − = n g d g g n g g A x k k k i i i k ki ki 1.16

dove λki è la lunghezza d’onda della radiazione e gi e gk sono le degenerazioni dei livelli

energetici inferiore e superiore rispettivamente. Nel caso di un mezzo radiativo omogeneo e stazionario di spessore L, la soluzione dell’equazione differenziale 1.13 è:

(18)

(

)

(

)

( )

( )

( )

( )

[

k L

]

L k e k e I L I ν ν ν ν ε ν ν, = ,0+ 1 1.17

Trascurando I(ν,0), intensità emessa ai bordi del plasma, l’eq. 1.17 assume la forma:

) 1 ( ) 1 ( 8 ) , ( 3 ( ) i k k i L k k i i k ki n n g g e g g n n hc L I − − = − ν λ π ν 1.18

Quando vale la condizione k

( )

ν L<<1, tutti i fotoni emessi nell’intervallo in 0<x<L attraversano

indisturbati il mezzo e l’equazione precedente si riduce a:

(

)

( )

( )

π ν ν ν ε ν 4 ,L = L=h A n g LdI ki ki k 1.19

Nel caso invece in cui k

( )

ν L>>1 si ottiene:

(

)

( )

( )

1 1 8 , 2 3 − = = h kT B e c h k L I π ν ν ν ν ε ν 1.20

Si trova quindi che l’emissione del mezzo nella regione in cui è otticamente denso tende a quella

di un corpo nero che si trovi alla temperatura T. Inoltre, poiché la condizione k

( )

ν L>>1 si

raggiunge prima al centro della riga, si presenta un effetto di allargamento (figura 1.3).

In realtà l’approssimazione di un mezzo otticamente omogeneo è poco realistica perché in un plasma LIBS la parte esterna è spesso più fredda. Per descrivere i fenomeni causati da

questo strato superficiale, si può considerare un mezzo di grande spessore L alla temperatura T ′

con alla superficie uno strato sottile di spessore l<<L ed alla temperatura T′′<T′. In questo

caso, generalizzando le equazioni precedenti, si ottiene:

(

)

( )

( )

( )

[

( )

]

( )

( )

[

( )

( )

]

T I T I l k T I e T I e T I l L Iν + = ν ′ −kν l + ν ′′ 1− −kν lν ′ − ν ν ′ − ν ′′ 1.21

In pratica si ha cioè uno spettro invertito in cui le righe spettrali si osservano con una diminuzione di intensità che si manifesta con l’allargamento della riga e con l’apparire di un minimo centrale (self reversal) come mostrato in figura 1.4.

(19)

Figura 1.3. Simulazione della riga Cu 324.7 nm per diverse densità assolute di rame nel plasma (e quindi diversi livelli di autoassorbimento). 6098 6099 6100 6101 6102 6103 6104 6105 6106 6107 0 100 200 300 400 In te ns ità ( u. a. )

Lunghezza d'onda (A)

Figura 1.4. Esempio della riga spettrale Ca I 610.3 nm con un marcato effetto self-reversal.

L’autoassorbimento in un plasma può essere controllato sperimentalmente applicando il metodo delle curve di crescita (COG) [15].

(20)

Ponendo il termine (1 ) i k k i n n g g

− uguale a 1 nella eq. 1.18, che equivale a trascurare l’emissione

stimolata rispetto all’assorbimento, si ricava che l’intensità integrata misurata di una transizione tra i livelli i e k di una data specie per un plasma omogeneo è espressa dall’equazione:

− − = ν λ π α ν d e g g n n hc I k L k i i k ki ki (1 ) 8 ( ) 3 1.22

dove α è un fattore costante che tiene conto della risposta dell’apparato strumentale [16]. Per un

plasma disomogeneo il termine k(ν)L deve essere sostituito dal suo integrale sul cammino ottico:

Lk l dl

0 ) ,

(ν . 1.23

Tenendo conto delle componenti Lorenziana e Gaussiana della larghezza di riga, l’eq. 1.16 può essere riscritta:

∞ ∞ − − + − = dt a x t e a k k t 2 2 0 ) ( ) ( 2

π

ν

1.24

che rende esplicita la dipendenza di k(ν) dalla frequenza secondo il profilo di Voigt, dove k0 , a e

x sono definiti dalle seguenti relazioni:

b f n c m e k i e 2 2 3 0 =2π 1.25 2 ln D L a ν ν ∆ ∆ = 1.26 D b= π ∆ν 2 ln 1.27 2 ln ) ( 2 D ki x ν ν ν ∆ − = 1.28

(21)

con f ampiezza dell’oscillatore della transizione, ∆νL, e ∆νD componenti Lorenziana e Gaussiana

della larghezza a metà altezza del profilo di riga. Il contributo Gaussiano, dovuto all’agitazione termica degli atomi (effetto Doppler), è dato da:

2 ln 8       = ∆ M T k c B ki D π ν ν 1.29

dove M (kg) è la massa dell’atomo.

Il calcolo teorico della componente Lorenziana è difficile perché è il risultato degli allargamenti naturale, di risonanza, di Van Der Waals e Stark. Nelle condizioni tipiche di un plasma indotto da laser, la larghezza naturale è trascurabile e la larghezza di Van der Waals è

molto più piccola di quelle di risonanza e Stark. Per calcolare teoricamente ∆υL è necessario

conoscere le sezioni d’urto collisionali dei differenti atomi nel plasma, le densità assolute degli elementi ed i parametri Stark.

Le curve di crescita teoriche si ottengono poi rappresentando su scala bilogaritmica l’intensità della riga spettrale in funzione della densità delle varie specie; le curve così ottenute si caratterizzano per un andamento asintotico della pendenza che tende a 1 (zona lineare) e a 0.5 (zona di forte autoassorbimento) rispettivamente per valori bassi e per valori alti della concentrazione. Le COG sperimentali, invece, si trovano misurando l’intensità della riga in unità arbitrarie, sempre in funzione della concentrazione dell’analita. Dal confronto si riescono ad ottenere utili informazioni sulla presenza di righe spettrali saturate e quindi anche sui coefficienti di autoassorbimento.

Figura 1.5. Curve di crescita teoriche per le righe di Cu I @ 324.7 nm (a) e Au I @ 302.9 nm (b) per differenti

(22)

1.3. Analisi quantitativa

In letteratura esistono vari metodi per ottenere informazioni quantitative da misure LIBS tra i quali i più comuni sono quelli che comportano l’uso di standard interni o di curve di calibrazione [17]. I primi si basano sulla conoscenza della concentrazione di un elemento chimico, preso come standard interno, già presente o appositamente introdotto nel campione. L’utilizzo delle curve di calibrazione, invece, permette di ottenere informazioni quantitative dal confronto tra l’intensità di una riga selezionata di un campione incognito con quella corrispondente di un campione certificato.

Purtroppo piccole variazioni nella composizione del campione, influenzando le sue proprietà termiche, possono produrre sensibili differenze nei parametri termodinamici del plasma e quindi grandi differenze nelle intensità misurate (effetto matrice). In questo modo l’uso di curve di calibrazione necessita, in principio, di una conoscenza a priori della composizione del campione in modo da costruire delle curve di calibrazione su matrici molto simili ad esso. Questa esigenza limita di fatto l’applicabilità e l’affidabilità di questo metodo.

Un nuovo approccio al problema è stato proposto nell’ambito del gruppo di Spettroscopia Laser Applicata dell’I.P.C.F. presso il C.N.R. di Pisa: il metodo, chiamato “Calibration Free LIBS” (CF-LIBS) [4], consente l’analisi LIBS senza l’utilizzo di curve di calibrazione e permette di superare anche il problema dell’autoassorbimento. La sua applicazione, però, richiede che siano conosciuti la temperatura e la densità elettronica del plasma.

1.3.1 Misura della temperatura del plasma

Esistono vari metodi per determinare la temperatura del plasma, basati sull’intensità assoluta o relativa delle righe. Se le ipotesi di LTE sono soddisfatte, la temperatura del plasma può essere calcolata dal rapporto dell’intensità di una coppia di righe spettrali dello stesso elemento che provengono da livelli energetici diversi, ma con uguale stato di ionizzazione. Infatti, assumendo che la popolazione del livello obbedisca alla distribuzione di Boltzmann e che la riga sia otticamente sottile, l’intensità di riga integrata (numero di transizioni per unità di volume per unità di tempo) che corrisponde alla transizione tra il livello più alto i e il più basso j può esser scritta come:

(23)

T k E s s i ij ij s i ij B i e n T U g A A n I = = − ) ( 1.30

Prendendo il logaritmo di entrambi i membri dell’equazione si ottiene:

T k E T U n A g I B i s s ij i ij −       = ) ( ln ln 1.31

A questo punto, ammesso che le probabilità di transizione siano note, è possibile valutare la temperatura del plasma dalla misura dell’intensità di due righe relative a differenti stati

d’eccitazione della stessa specie ns. Infatti considerando l’eq. 1.31 per due diverse righe e

sottraendo membro a membro si ottiene la relazione

T k E E A g I A g I B m i mn m mn ij i ij − − = − ln ln 1.32

in cui è assente la dipendenza da ns e Us(T).

Utilizzando molte righe di una stessa specie è possibile ridurre l’errore sul calcolo della temperatura. Rappresentando le diverse righe osservate in un grafico (chiamato piano di Boltzmann, vedi figura 1.6), in cui il primo membro dell’equazione 1.31 è espresso in funzione

di Ei, e fittando con regressione lineare i diversi punti ottenuti si ottiene una retta con pendenza

pari a -1/kBT.

Figura 1.6. Esempio di un diagramma di Boltzmann per una lega di alluminio;il fit dei punti di diverso colore, che

(24)

Solitamente, però, in un plasma indotto da laser sono presenti righe d’emissione provenienti dai differenti stati di ionizzazione di ogni elemento, e quindi per misurare la temperatura elettronica si può usare anche una combinazione della relazione di Saha per la ionizzazione e la distribuzione di Boltzmann per l’eccitazione [18]. Questo metodo presenta il vantaggio di fornire valori di temperatura più precisi ma richiede la conoscenza della densità elettronica del plasma.

Riscrivendo l’equazione 1.30 utilizzando gli apici I e II riferiti alle specie neutre e a singola ionizzazione rispettivamente, si ottengono le due equazioni:

T k E I I i ij I ij B i e n T U g A I = − ) ( 1.33 T k E II II m mn II mn B m e n T U g A I = − ) ( 1.34

Prendendo poi il rapporto tra le equazioni 1.34 e 1.33, è possibile sostituire il rapporto tra le

densità delle specie ionizzate e neutre ( I

II

n n

) facendo uso dell’equazione di Saha (eq. 1.4). Si ottiene: T k E E E E e B e I ij i ij m mn II mn B ion ion i m e n h T k m I g A g A I − − + −∆ = 3 2 3 ) 2 ( 2 π 1.35

Il logaritmo di questa espressione fornisce un’equazione che ha la stessa forma dell’equazione

1.32 ma con in più la presenza dei termini ln(2(2 3 ) )

2 3 e B e n h T k m π e T k E E E B ion ion m+ −∆ − : T k E E E E n h T k m g A I g A I B ion ion i m e B e i ij I ij m mn II mn )ln( )=ln(2(2 ) ) − + −∆ ln( 3 2 3 π 1.36

Quindi, per riportare sullo stesso piano di Boltzmann sia le intensità delle righe neutre che di quelle ionizzate, è sufficiente riscalare le energie e le intensità delle righe ioniche con le sostituzioni:

(25)

) ) 2 ( 2 ln( ) ln( ) ln( * 3 32 e e m mn II mn m mn II mn n h kT m g A I g A I π − = 1.37 ion ion m m E E E E* = + −∆ 1.38

Con queste sostituzioni l’equazione 1.36 diventa:

T k E E g A I g A I B i m i ij I ij m mn II mn − − = − * * ln( ) ) ln( 1.39

Nella sostituzione dell’equazione 1.37 deve essere prestata particolare attenzione al termine che contiene il parametro incognito T, che è il parametro che dovrà essere determinato dal fit. Tuttavia, dall’equazione 1.36 si vede che la dipendenza dalla temperatura è predominante nel

secondo termine a secondo membro, perché T1 varia molto più rapidamente di ln( 32)

T . Così

la temperatura può essere facilmente determinata con un processo iterativo. Si parte da un valore iniziale di temperatura e di densità elettronica da cui estrapolare un primo set di ordinate per le righe ioniche sfruttando l’equazione 1.36. Facendo poi un fit lineare su tutti i punti (atomi neutri e ioni) dal grafico di Botzmann si determina un nuovo valore di temperatura con cui correggere nuovamente le ordinate dei punti ionici: si ripete poi il processo finché i valori della temperatura così ricavati convergono. Questo metodo è molto efficace dal momento che i valori di temperatura così ottenuti convergono già dopo la terza iterazione (con un errore sulla terza cifra decimale) anche prendendo un valore di temperatura iniziale con un errore del 25%. In figura 1.7 è raffigurato un piano di Boltzmann in cui sono riportati i punti relativi alle specie neutre e quelli relativi alle specie ionizzate (opportunamente riscalati secondo il metodo appena descritto) rappresentanti righe di alluminio e magnesio; la temperatura viene poi ricavata prendendo la media aritmetica delle due rette ottenute dai due elementi chimici.

Come già accennato all’inizio del paragrafo, questo metodo presenta il vantaggio di migliorare l’accuratezza delle misure di temperatura. Infatti, l’errore relativo sulla temperatura

può essere scritto, trascurando il fattore ln( 32)

T , come: R R E T k T T B ∆ ∆ = ∆ 1.40

(26)

dove E=EmEi+Eion −∆Eion è la differenza in energia tra i livelli superiori di energia delle

transizioni relative alle righe scelte per il calcolo (riscalate con i valori delle energie di

ionizzazione), R=Iij / Imn è il rapporto delle intensità di emissione misurate, e ∆R è l’incertezza

associata a tale rapporto [16]. Com’è evidente dall’equazione 1.40, prendere grandi valori di ∆E

(ed è questo il caso del metodo Saha-Boltzmann) riduce l’incertezza su T.

Figura 1.7. Esempio di un diagramma di Boltzmann per una lega di alluminio; i punti relativi alle specie ionizzate

sono stati opportunamente riscalati secondo il metodo descritto in questo paragrafo.

1.3.2. Misura della densità elettronica

I metodi spettroscopici tradizionalmente usati per misurare la densità elettronica del plasma sono due. Il primo richiede la misura del rapporto delle popolazioni di due stati di successive ionizzazioni dello stesso elemento mentre il secondo richiede la misura dell’allargamento Stark delle righe del plasma..

(27)

a) metodo Saha-Boltzmann

Quando la condizione di LTE è valida, la densità elettronica può essere ottenuta dal rapporto d’intensità di due righe corrispondenti a differenti stati di ionizzazione dello stesso elemento. Infatti, generalizzando la formulazione dell’equazione Saha-Boltzmann, si ricava una

relazione esplicita tra ne e il rapporto tra le intensità:

(

)

kT E E E E II mn I ij i m ij mn B e e B ion ion i m e I I g g A A h T k m n ∆ − + − = 3 2 3 2 2 π 1.41

dove l’apice I si riferisce alla riga neutra dovuta alla transizione tra i livelli i e j e l’apice II si riferisce alla riga ionizzata dovuta alla transizione tra i livelli m e n.

Lo svantaggio di utilizzare questo metodo è che, oltre a prevedere la condizione di LTE, necessita la conoscenza di un certo numero di parametri che spesso portano con sé errori non

trascurabili tra cui la curva di efficienza strumentale, la temperatura (dipendenza T3/2) e le

probabilità di transizione Aki e Amn (gli errori sulle probabilità di transizione possono essere

anche del 30%)

b) metodo basato sulla misura dell’allargamento Stark

Il profilo di una riga è il risultato di molti effetti, ma in condizioni LIBS tipiche il principale contributo alla larghezza delle righe è dato dall’effetto Stark. Infatti, il campo elettrico generato dagli elettroni e dagli ioni nel plasma perturba i livelli energetici di atomi e ioni, provocando l’allargamento delle righe d’emissione. L’allargamento Stark di una riga atomica o neutra ben isolata è dunque uno strumento utile per stimare la densità elettronica e viene espresso come la FWHM (ampiezza a metà altezza) in nanometri:

[

]

      −       +       = ∆ −13 16 4 1 16 16 3.5 10 1 10 10 2 e D e e Stark n w BN n A n w λ 1.42

dove B è un coefficiente pari a 1.2 o 0.75 per righe neutre o ioniche, rispettivamente, w è il parametro d’impatto elettronico (o semi-ampiezza relativa ad una densità elettronica uguale a

(28)

secondo membro è dovuto all’interazione elettronica, mentre il secondo è generato

dall’interazione ionica. ND è il numero di particelle nella sfera di Debye:

2 1 2 3 9 10 72 . 1 e D n T N = ⋅ 1.43

con T espressa in eV. Tipicamente, nelle condizioni degli esperimenti LIBS, il contributo dell’allargamento ionico è trascurabile e l’equazione diventa:

=

16

10

2

e Stark

n

w

λ

1.44

Assumendo che le altre sorgenti di allargamento (naturale, Doppler, etc) siano trascurabili, si

ottiene ∆λline ≅∆λstark, dove dal termine ∆λline è stata sottratta la larghezza introdotta

dall’apparato, e ottenere il valore di ne. Il valore di w, dipendente dalla temperatura, può essere

trovato in letteratura [19]. Da notare che la determinazione di ne con questo metodo è

indipendente dall’assunzione della condizione LTE e necessita della conoscenza solo della larghezza di riga e del parametro w. L’accuratezza della misura della densità elettronica con questo metodo, generalmente migliore di quella del metodo Saha-Boltzmann perché il calcolo è più diretto, è comunque limitata dalla ridotta larghezza delle righe e dalla possibile presenza di autoassorbimento.

Un modo per superare questi due inconvenienti è la misura dell’allargamento Stark

della riga alfa della serie Balmer dell’idrogeno (Hα @ 656.3 nm) secondo la relazione:

( )

23 2 / 1 9 10 5 . 2 e H = ⋅ ⋅ ⋅n ∆ − α λ α 1.45 dove α λ)H

(∆ è la larghezza a metà altezza della riga espressa in angstrom e α12è un parametro,

debolmente dipendente dalla temperatura, che è tabulato in letteratura [19]. L’utilizzo di tale riga presenta il vantaggio di fornire un risultato che non è sicuramente affetto dall’autoassorbimento. Inoltre l’effetto Stark lineare responsabile dell’allargamento della riga, provoca in questo caso un allargamento molto elevato a cui è associato un errore di fit più basso e che può essere facilmente misurato anche con sistemi di rivelazione spettrale che presentano bassa risoluzione.

(29)

1.3.3. La tecnica “calibration-free” (CF-LIBS)

Come già accennato nell’introduzione, l’idea alla base della CF-LIBS è compensare l’effetto matrice applicando le equazioni, derivate dall’assunzione LTE, ai dati spettrali per rendere ogni singola misura auto-consistente ed evitare la necessità di un confronto con curve di calibrazione o campioni di riferimento [4, 20].

Da un punto di vista pratico, il metodo richiede misure di almeno due righe di emissione della stessa specie, per calcolare la temperatura elettronica del plasma, e almeno una riga per ogni elemento presente nel plasma, con parametri spettroscopici noti. L’intensità integrale misurata di una riga può essere riscritta a partire dall’equazione 1.33:

( )

T k E S i ij S ij B i e T U g A FC I − = 1.46

dove F è un parametro sperimentale che tiene conto dell’efficienza dell’ottica di raccolta, del

volume e della densità del plasma e Cs è la concentrazione della specie s.

Inoltre, l’intensità di riga nell’equazione 1.46 è riscalata per l’efficienza spettrale dell’apparato strumentale, che viene misurata una sola volta per ogni set di misure. È importante notare che può essere determinata solo la risposta relativa del sistema, poiché l’informazione sull’intensità assoluta delle righe è inclusa nel parametro costante F.

Nell’equazione 1.46, l’intensità integrale di riga Iij è il risultato della misura, i

parametri spettroscopici Aij, gi e Ei sono tabulati nei database spettrali, e i valori F, Cs e T

possono essere ottenuti dai dati sperimentali. La funzione di partizione di ogni specie, a sua volta, può essere calcolata dai database quando la temperatura del plasma è stata determinata.

Prendendo il logaritmo di entrambi i membri dell’equazione 1.46 e definendo le seguenti quantità: ij i ij A g I y =ln 1.47 i E x= 1.48 T k m B 1 − = 1.49

(30)

) ( ln T U F C q s s s = 1.50

l’equazione 1.46 può essere riscritta nella forma lineare:

s

q mx

y= + 1.51

A questo punto i valori delle intensità di ogni riga sperimentale possono essere rappresentate con punti sul piano di Boltzmann, dove le singole specie atomiche giacciono su rette parallele

ognuna con pendenza m (proporzionale a 1/T) e intercetta qs (proporzionale al logaritmo

naturale della concentrazione della specie).

A condizione che per ogni specie presente nel plasma sia osservabile almeno una riga di emissione, dopo il calcolo della temperatura elettronica, che secondo l’assunzione LTE è la stessa per tutte le specie, è possibile calcolare la concentrazione delle specie e di conseguenza quella dell’elemento corrispondente.

Inoltre, la procedura permette l’analisi quantitativa anche quando è visibile l’emissione di una sola specie (neutra o ionizzata) per ogni elemento chimico presente nel campione, dato che è possibile risalire alla concentrazione totale dell’elemento tramite l’equazione di Saha (eq. 1.4), una volta calcolata la densità elettronica.

Per rimuovere il fattore sperimentale incognito F, è possibile sfruttare il fatto che la somma delle concentrazioni relative di tutte le specie presenti nel plasma deve essere pari all’unità; ciò si traduce nella relazione di normalizzazione:

1 ) ( 1 = =

s s q s s s e T U F C 1.52

In linea di principio, assumendo che le incertezze sulle intensità delle righe e sui parametri sperimentali siano trascurabili, l’errore minimo relativo ai risultati è dello stesso ordine di grandezza della concentrazione del più abbondante elemento presente nel campione non rilevato. Poiché una misura LIBS è generalmente capace di rivelare la maggior parte degli elementi con sensibilità dell’ordine delle ppm, le misure CF-LIBS possono teoricamente raggiungere precisioni molto alte. Tuttavia, spesso le misure LIBS sono caratterizzate da

riproducibilità non superiore al 3-5% e i valori della probabilità di transizione, Aij , riportati in

(31)

risultati statisticamente più precisi nella determinazione della concentrazione di una specie, è quindi preferibile usare quante più righe spettrali possibili.

Per questo motivo, dovendo analizzare un campione incognito, diventa fondamentale raccogliere uno spettro il più ampio possibile (tipicamente da 200 a 800 nm). Chiaramente, sistemi di rivelazione spettrale a banda larga sono più adatti ad esplorare le potenzialità della procedura CF-LIBS, perché sono capaci di acquisire una larga regione spettrale in un singolo impulso laser, evitando i problemi di riproducibilità tipici dei sistemi di rivelazione che necessitano di più acquisizioni per coprire l’intero range spettrale.

Recentemente, la procedura CF-LIBS è stata aggiornata per tenere conto dell’effetto di autoassorbimento, inserendo un metodo di correzione che opera tramite un algoritmo ricorsivo e si basa sulle COG [21]. La procedura richiede di eseguire una valutazione iniziale della composizione del campione con un’applicazione della procedura CF-LIBS a tutte le righe misurate, senza alcuna correzione. Questo permette di ottenere una prima stima per la temperatura, per esempio dall’equazione di Saha-Boltzmann, e della densità elettronica,

dall’allargamento Stark della riga Hα. Il passo successivo è calcolare la densità numerica ns di

tutte le diverse specie di questa prima stima e la relativa abbondanza di tutti gli elementi, Cs,

insieme alla densità totale del plasma che si può ricavare imponendo la condizione di neutralità del plasma. Infatti, poiché ogni elettrone nel plasma corrisponde praticamente a un singolo ione, si può scrivere la seguente espressione:

e s s

n

II

n

=

(

)

1.53 dove ns

(II) rappresenta la densità numerica dello ione di un elemento s nel plume. Introducendo

l’abbondanza relativa di ogni specie come TOT

s s n II n II C ( )= ( ) , l’equazione 1.53 diventa: e s s TOT

C

II

n

n

(

)

=

1.54

Figura

Figura 1.4. Esempio della riga spettrale Ca I 610.3 nm  con un marcato effetto self-reversal
Figura 1.5. Curve di crescita teoriche per le  righe di Cu I @ 324.7 nm (a) e Au I @ 302.9 nm (b) per differenti
Figura 1.6. Esempio di un diagramma di Boltzmann per una lega di alluminio;il fit dei punti di diverso colore, che
Figura 1.8. Diagramma di flusso dell’algoritmo ricorsivo per la correzione dell’autoassorbimento
+7

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Se pren- diamo come polo l’intersezione tra le rette perpendicolari alle pareti nei punti di contatto con la sbarra vediamo che entrambe le reazioni hanno momento nullo, di

Inoltre dato che il corpo può ruotare liberamente attorno all’asse x il vincolo non può applicare momenti paralleli ad esso?. Dato che inizialmente il parallelepipedo ha solo un moto

Sappiamo però che il cilindro durante l’urto applica un impulso orizzontale J al blocco, e quindi possiamo scrivere?. M 2 ∆V

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